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16.

[revisionato]

"Miss Anna. Siamo arrivati."

Le parole di Gregor mi svegliarono dal sonno ipnotico nel quale ero piombata non appena eravamo partiti dal luogo dell'incidente.

Sbattei le palpebre e guardai fuori dal finestrino. La sagoma famigliare della facciata di Villa Walker incombeva su di noi a pochi metri di distanza. Con un rapido sguardo abbracciai tutta l'area circostante: la fontana posta esattamente al centro del grande piazzale antistante la casa, le linee armoniose del tetto e delle grandi finestre abbellite da cascate di edera e fiori.

Come ogni volta, tutto mi trasmetteva un senso di sorpresa e di appagamento: stavo guardando la realizzazione di ogni mio sogno, cosa impensabile fino a pochi anni prima quando...

Mi riscossi. Non era il momento per lasciarsi andare a ricordi spiacevoli.

Passai una mano sugli occhi e sui capelli mal messi. Prima di incontrare i miei era necessario che mi dessi una riassettata generale, il che avrebbe voluto dire un paio d'ore spese fra idromassaggio, trucco e parrucco. Attesi impaziente che Gregor finisse di aprire la mia portiera e scesi dall'auto.

"Porta la mia borsa in camera e di' ai miei genitori che li raggiungerò appena possibile", gli dissi mantenendo lo sguardo fisso sulla villa e incamminandomi verso la scalinata che conduceva al portone d'ingresso.

"Miss Anna mi permetto di farle notare che suo padre ha detto di andare da lui non appena fosse arr..."

Mi voltai di scatto, lo fissai e ripetei secca "Appena possibile andrò da loro." Poi ripresi a camminare, salii la scalinata e finalmente entrai in casa.

I miei occhi impiegarono qualche attimo ad abituarsi alla morbida penombra dell'interno, ma sapevo esattamente dove andare per cui, senza fermarmi, attraversai l'elegante salone di ingresso e salii al primo piano dove si trovava la mia camera.

Non appena vi fui entrata, come prima cosa mi buttai a pesce sul grande letto a baldacchino che troneggiava in mezzo alla stanza, sospirando soddisfatta a occhi chiusi. Casa, finalmente.

Alla mia destra udii aprirsi la porta del bagno. Una voce femminile che conoscevo bene mi fece alzare la testa.

"Buongiorno miss Anna. Ho già preparato il bagno, immaginando che avrebbe gradito rilassarsi un po' dopo questa brutta avventura."

"Bene, Greta. Che nessuno mi disturbi per un'ora", risposi sollevandomi dal letto.

"Bene, signorina" la udii dire mentre chiudevo la porta del bagno.

Mi svestii in fretta e mi immersi nella vasca idromassaggio con un mugolio soddisfatto. Ora si cominciava a ragionare di nuovo. Appoggiai indietro la testa e chiusi gli occhi per assaporare appieno il mio momento di relax. Avevo la sensazione che per incontrare i miei genitori avrei avuto bisogno di essere molto lucida e riposata e sapevo perfettamente che, quando la mia solita vocina mi urlava qualcosa, era molto meglio per me darle ascolto.

Dopo neanche due minuti di quel paradiso il trillo insistente dell'interfono rovinò tutto.

Mi nascosi sotto acqua per non sentirlo, sperando che smettesse, ma invano. Con uno sbuffo riemersi e allungai la mano fino a prendere la cornetta, pronta a dirne quattro a chiunque avesse avuto la malsana idea di disturbarmi.

"Avevo detto espressamente di non..."

"Entro cinque minuti ti voglio nel mio studio."

Il tono tagliente di mio padre mi fece passare all'istante la voglia di restare a crogiolarmi in vasca, non perché avessi paura di lui ma perché detestavo sentire le sue prediche sul rispetto, sulla puntualità e tutto il resto.

Sbattei giù la cornetta, sapendo che dall'altra parte la conversazione era già stata troncata.

"Accidenti!" imprecai uscendo dall'acqua e prendendo un accappatoio appoggiato di fianco alla vasca. "Possibile che non si riesca a stare in pace neppure in casa propria?"

Finii in fretta di asciugarmi e andai in camera a prendere un vestito qualsiasi da mettere addosso. Legai i capelli ancora umidi e uscii dalla camera, più innervosita di quando ero entrata.

Non riuscivo a capire l'urgenza di parlarmi e mi preoccupava che mia madre, al telefono, avesse detto quel cognome. Poteva essere in qualche modo collegato all'insopportabile ragazzo che continuavo a trovarmi tra i piedi?

Con una certa apprensione bussai lievemente sulla porta dello studio per farmi annunciare ed entrai.

"Oh. Finalmente ci degni della tua presenza."

"Buongiorno anche a te, padre. Mamma" salutai, sedendomi su una grande poltrona bianca e osservando attentamente i due visi di fronte a me. Mio padre, o meglio il mio patrigno, era seduto alla sua scrivania e aveva un cipiglio che non lasciava presagire niente di buono mentre mia madre, come sempre elegantissima e perfettamente truccata e pettinata, era tranquillamente sprofondata nell'altra poltrona come se non avesse un pensiero al mondo.

"Tesoro mio come sei ridotta... Non potevi darti una sistemata prima di venire da noi?"

La incenerii con lo sguardo. "Quella era l'intenzione, ma non me ne avete dato il tempo", replicai di scatto. "Allora, cos'è questa cosa tanto urgente che non può aspettare neanche mezz'ora?"

"Signorina cambia i toni" si intromise Nathan Walker alzandosi e girando attorno alla scrivania per venire a sedersi di fronte a me. Mi limitai a guardarlo, in attesa. Nonostante lui e mia madre fossero sposati ormai da dieci anni, fra noi non si era mai creato alcun legame affettivo. Lui era l'essere più freddo e senza scrupoli che avessi mai incontrato e, sebbene gli fossi grata per tutto ciò che mi aveva dato dal punto di vista materiale, avevo sempre preferito stare a distanza di sicurezza per cui di fatto per me lui era quasi un estraneo.

Si sedette sul divano posto di fronte a me e mi squadrò da capo a piedi scuotendo appena il capo, evidentemente scontento quanto mia madre che io fossi così in disordine. Stavo iniziando a scocciarmi.

"Vengo subito a punto, Anna. Tu sai che fra poco inizierà la campagna elettorale per il Senato."

Annuii, perplessa. Non capivo cosa questo avesse a che fare con me.

"Ho buone chance di essere eletto, ma potrei avere ancora più possibilità se avessi dalla mia parte il senatore Hawthorne".

A quel nome mi sollevai di scatto, improvvisamente attenta.

"Lui è il patriarca di una delle famiglie più antiche e potenti di Boston, se diventasse dei nostri avrei la vittoria in pugno. Ha una certa età ma è un osso duro e quando ci siamo incontrati non ha detto né sì né no. Ho bisogno di qualcosa che lo... diciamo... aiuti a prendere la decisione giusta. E qui entri in gioco tu."

"Non vedo come. Io non vivo qui, ma al Dartmouth College e non ho intenzione di tornare per..."

"È proprio perché stai lì che potrai aiutarmi. Io lo sapevo che farti entrare in quell'università così prestigiosa avrebbe dato i suoi frutti prima o poi!"

"E cosa dovrei fare?" chiesi sottovoce, guardinga.

"È presto detto. Pare che un suo nipote si sia trasferito alla Dartmouth. Aiuterebbe il vecchio a decidersi il fatto di sapere che mia figlia è diventata amica... intima... di suo nipote."

Nell'udire quelle parole mi alzai in piedi di scatto, furiosa.

"Mai! Non puoi obbligarmi a fare una cosa del genere! Ho conosciuto già il nipote del tuo prezioso senatore e ti assicuro che è una persona disgustosa, arrogante e antipatica. Non ci sopportiamo a vicenda per cui cerca un altro sistema per portare Hawthorne dalla tua. Io non ci sto."

Avevo parlato quasi senza riprendere fiato. Non appena finii mi sentii svuotata. Chiusi gli occhi e ripiombai sulla poltrona. Non avrei mai fatto una cosa del genere, al solo pensiero mi si rivoltava lo stomaco.

"Non era una domanda, Anna." Nonostante la frase fosse appena sussurrata, avvertii chiaramente il tono minaccioso. Riaprii gli occhi e li piantai in quelli neri e gelidi dell'uomo di fronte a me. Non sprecai tempo a guardare mia madre, tanto lei non riusciva mai a farsi valere.

"Tu sarai ubbidiente e farai quanto ti ho detto. A meno che, naturalmente, a te non interessi mantenere lo status e i privilegi acquisiti a seguito del matrimonio di tua madre con me e non preferisca tornare in quella fogna del Queens da cui vi ho tirate fuori dieci anni fa."

"Questo è un ricatto bello e buono!" Ero senza parole. Mi girai verso mia madre, anche se sapevo di stare perdendo il mio tempo. "E tu non dici niente? Anche stavolta sei d'accordo con lui?"

"Ma cara... Cosa mai ti ha chiesto? Sei proprio esagerata"

"Esagerata? Mi chiede di andare insieme a un tizio, che incidentalmente è detestabile, per ottenere i suoi scopi e io sono esagerata a reagire così?"

"Anna, smettila e calmati. Sei stata iscritta alla Dartmouth per tutte le relazioni sociali rilevanti che avresti potuto tessere. Questo è un ottimo modo per mettere a frutto l'investimento che ho fatto su di te. E non è negoziabile."

"Mi stai trattando come un oggetto", sussurrai.

Alzò le spalle. "Io la vedo come un'ottima opportunità per te di salire la scala sociale e avere accesso ai più esclusivi salotti di Boston. Vista l'alternativa non avrei dubbi sulla decisione da prendere", terminò senza smettere di fissarmi.

Mi alzai e mi diressi verso la porta, lì dentro non si riusciva a respirare. Avevo appena messo la mano sulla maniglia che la voce di Nathan mi raggiunse di nuovo.

"Immagino che questo tuo silenzio significhi che accetti. Un'ultima cosa: siamo a settembre, ti do tempo fino a Natale. Dovrebbe bastarti per portare a termine la tua conquista."

Mi irrigidii e mi morsi la lingua per non rispondere. Poi uscii dallo studio e andai verso una finestra del corridoio.

Aveva ricominciato a piovere a dirotto e il cielo era carico di nuvoloni neri. Appoggiai al vetro la fronte, sperando che il fresco mi avrebbe schiarito le idee.

Da qualsiasi parte la guardassi non avevo scelta, dovevo accettare quel patto. Non potevo neppure pensare di perdere tutto ciò che avevo e di tornare nel misero monolocale in cui ero vissuta con mia madre fino al giorno in cui l'auto di Nathan Walker, magnate della finanza, aveva forato davanti al negozio in cui lei lavorava come commessa. Lui ci aveva portate via da quella miseria e dato ogni genere di lusso possibile e di questo gli ero grata, anche perché era ciò che avevo sempre sognato, ma ora voleva un pagamento salatissimo per tutto ciò.

Tuttavia non c'erano vie d'uscita e lo sapevo, non volevo tornare nel Queens e perdere ogni cosa.

Avrei dovuto conquistare Matthew Hawthorne.

Un brivido gelido mi corse giù per la schiena. Detestavo quella persona con tutte le mie forze, come sarei riuscita a fingere il contrario?

In più sapevo benissimo che, se era vero che avrei potuto avere ai miei piedi ogni singolo studente del College, con lui era tutta un'altra storia.

Le parole che mi aveva sussurrato la notte precedente mi rimbombarono nella testa.

'Neanche se fossimo gli ultimi due esseri rimasti sulla faccia della Terra potrei essere in qualche modo attratto da te.'

Avevo un enorme problema da risolvere.

____________

Ciao!
Scusate se ho fatto attendere un po' il nuovo capitolo, ma febbri varie mi hanno impedito di farlo prima. Spero che almeno vi sia piaciuto, così vi ho ripagato dell'attesa!

Altra cosa... La storia ha superato i 4k di visualizzazioni... GRAZIE!!!! *___* wow sono felicissima

Un abbraccio, a presto!
:-*

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