BRIEF - Prologue
Criminal
The suffering
It makes me think like a Criminal
The suffering
When we're alone
Non rabbrividì al suono delle ossa che scricchiolavano sotto alla forza bruta delle proprie mani; epinefrina e norepinefrina correvano in circolo nel suo sistema vitale attraversando capillari, arterie, muscoli e organi come fuoco liquido. Il proiettile conficcato nella spalla destra faceva male e dalla carne perforata continuavano a fuoriuscire piccoli rivoli di sangue a ogni movimento. Eppure riusciva a trascurare quella fastidiosa sensazione di dolore grazie all'adrenalina, la sola cosa in grado di far crogiolare il suo corpo nell'insensibilità momentanea.
L'uomo, stretto nella sua presa, si agitò in preda al panico. I pianti di dolore che emetteva erano dei lamenti indistinti a causa del trauma che gli aveva causato. Il Guerriero era sicuro che avesse quantomeno la mascella rotta, oltre a molto altro.
I suoi occhi, gelidi e taglienti, vennero catturati dal guizzo di un'ombra proiettata sul muro, e subito si posarono, come il mirino di un cecchino, sull'agile figura dell'agente che stava correndo verso la porta. Quest'ultimo non ebbe il tempo di attraversarla poiché cadde rovinosamente a terra con un proiettile piantato nel ginocchio. La pistola che stringeva tra le mani scivolò sulle sporche piastrelle del pavimento, lontana dalla sua presa ormai senza forze.
Il Guerriero aveva abbastanza munizioni per liberarsi di tutte le minacce con facilità. Colpi puliti alla testa sarebbero stati più sicuri e meno strazianti, ma quegli uomini non si meritavano quel tipo di pietà. Che assaporassero il terrore di essere distrutti da ciò che loro stessi avevano creato.
Ruotando la spalla per evitare che i muscoli si indolenzissero troppo, afferrò l'uomo che ora cercava di strisciare via come un verme. L'altro agente a terra cercò di raggiungere la pistola caduta di fronte a lui, ma il Guerriero fu più veloce e gli sparò alla mano, lasciandolo ad agitarsi sofferente.
"Basta," ringhiò, trascinando il primo più vicino a sé. Quell'individuo non avrebbe avuto neanche la capacità di difendersi da un ladro qualunque, figurarsi da uno come lui. Ma ciò non lo fermò dal provare a calciare la presenza ostile che ormai lo sovrastava, tremando con gli occhi spalancati, pieni di terrore e debole rabbia. I calci non erano abbastanza coordinati per fare danni rilevanti, e quindi il carnefice ne approfittò per contrattaccare con un colpo ben assestato, con il quale gli frantumò la clavicola destra. Non doveva essere un uomo abituato al dolore, visto l'urlo acuto che emise. Tossì un po' di volte cercando senza troppi risultati di non strozzarsi con il suo stesso sangue.
"Fai questa cosa come si deve con le buone e ti ucciderò con una pallottola in mezzo agli occhi," ringhiò il Guerriero e, senza sforzo, lo sollevò e lo lanciò sulla sedia della scrivania, in modo che afferrasse il concetto. La targhettina appesa sulla sua tasca traballò, il nome Jack era quasi illeggibile sotto una macchia di sangue. "Combatti, e farò in modo che i tuoi figli non possano riconoscere il tuo viso quando ti costringerò a guardare mentre li uccido uno per uno," sibilò tra i denti con tono gelido, mortalmente serio.
Non aveva bisogno di uccidere i suoi figli; non avevano fatto nulla per quanto lo riguardava, ma non avrebbe esitato a sporcare le proprie mani con altro sangue, se necessario. Anche il verme, questo, lo comprese a dovere.
Si rese conto dell'esatto momento in cui l'idiota agonizzante a terra chiamò rinforzi. Nonostante ciò il Guerriero non se ne preoccupò; in quel modo gli avrebbe solo dato qualcosa su cui sfogare la propria rabbia. Avrebbe anche potuto divertirsi un po' lasciando loro assestare qualche colpo prima di decidersi a farli a pezzi.
Quando riportò la propria attenzione sull'altro uomo, la disperazione e l'orrore sul suo volto livido gli fecero capire di avere la sua totale cooperazione. Questo cercò di parlare, forse per chiedergli di risparmiare i suoi bambini, ma non ne ebbe modo.
"Il codice per la cassa dei medicinali," lo interruppe, indicandogli la cassetta di sicurezza con un movimento deciso del capo. Dalla sua faccia stralunata capì che il tecnico non si aspettava di certo una richiesta come quella, visto tutto il caos che stava causando. Ma non pareva desideroso di correre altri rischi, così allungò comunque la mano destra e iniziò a scrivere una lunga linea di codice alfanumerico su un rapporto abbandonato sulla scrivania, lento e impacciato per via dell'arto rotto. Il Guerriero, in quei pochi istanti di stasi, si guardò intorno, valutando con attenzione l'integrità dei computer. Doveva fare in modo che almeno uno di quelli rimanesse intatto durante lo scontro che sarebbe giunto, ma si sentì fremere, colmo di trepidazione; quel giorno era particolarmente assetato di violenza.
"In piedi," proruppe glaciale, prendendo l'agente per il bavero e rimettendolo in piedi. L'uomo continuò ad agitarsi, pensando di passare inosservato mentre lanciava uno sguardo di sottecchi oltre la sua spalla nella disperata speranza di essere salvato.
Il Guerriero strinse la mascella, innervosito, quando le porte si riaprirono alla spinta del nuovo gruppo di agenti. Riuscì ad abbatterne uno con colpi precisi e ben assestati. Ma la lama in ceramica di un coltello tagliò inaspettatamente la fibra sintetica del suo corpetto prima che potesse respingere l'avversario. Si riprese dalla svista momentanea e con una sicurezza scattante gli tolse l'arma dalla mano, costringendolo a piegarsi su se stesso per poi immobilizzargli il braccio dietro la schiena con una presa decisa. Fece leva fino a che non sentì un sonoro schiocco e il conseguente urlo di dolore, poi lo gettò a terra con un ultimo colpo alla gola.
Ci sarebbero voluti più di due uomini alla volta per abbatterlo, anche se la nuova ferita rischiava di rallentarlo.
Tornò indietro, agguantò il tecnico per il colletto e con una forte spinta lo fece finire in ginocchio. Questo, piangendo, si aggrappò a lui nell'ultimo tentativo di evitare l'inevitabile. Ma aveva concluso la sua utilità e il suo tempo era giunto al termine. Spingendo con violenza verso il basso la testa dell'uomo con la canna della pistola, premette il grilletto.
L'arrivo di un nuovo gruppo fu inaspettato, ma il Guerriero, ebbro di adrenalina e sete di sangue, giocò con loro per più tempo del necessario, facendoli fuori con le sue stesse mani.
Uno degli ultimi sopravvissuti riuscì a sfuggirgli per qualche istante e, in quei secondi che lo dividevano dalla morte, sembrò intenzionato a giocarsi il tutto per tutto lanciando una sfera di metallo che brillò nella luce intermittente delle lampade a neon mezze distrutte. La granata volteggiò nella stanza compiendo un arco a mezz'aria, prima di colpire le grandi vetrate alle sue spalle si frantumarono al contatto. L'esplosione spazzò via parte del muro e frammenti di vetro volarono dappertutto, provocando al Guerriero ferite superficiali e graffi alle braccia che aveva sollevato per ripararsi. Del tutto inaspettata fu la scheggia che gli si conficcò in profondità nella carne della gamba.
Stringendo i denti per il nervosismo e il dolore ci avvolse la mano, la presa scivolosa per tutto il sangue che stava perdendo. Senza permettersi di preoccuparsi delle sempre più numerose ferite e della stanchezza opprimente che lo stava avvolgendo, la rimosse con forza, ignorando il formicolio che si irradiò lungo tutto l'arto, prima di alzarsi e concludere il proprio massacro.
Aprire la cassaforte gli costò più tempo del dovuto, ma solo perché aveva due dita rotte per aver bloccato un violento colpo che lo avrebbe messo fuori gioco. Era stordito per la copiosa quantità di sangue che aveva perso, il che faceva traballare appena il codice scritto sul foglio che stringeva nella mano sana.
Contenitori di sedativi e paralitici caddero a terra quando li scartò. Antidolorifici e fiale di epinefrina finirono nella borsa, avvolti in una vecchia felpa per evitare che si scontrassero tra di loro. Una volta concluso quel compito personale, svuotò dei dati di cui aveva bisogno ogni computer intatto che riuscì a trovare. Si concesse un momento per osservare ciò che restava, poi, senza indugio, attaccò abbastanza esplosivi alle colonne di supporto in modo da ridurre in polvere l'intero edificio.
Stringendo il bottino tra le mani si dileguò in breve tempo e, quando fu abbastanza distante, premette invio sul segnalatore GPS collegato alle bombe. Non si voltò indietro per ammirare il suo operato; nel fumo che l'avvolgeva, la sua figura si mosse silenziosa e inespressiva, lasciandosi alle spalle distruzione e rovina.
Tre mesi prima:
"Ehi, ehi, va tutto bene, sei al sicuro." La voce di Jane si perse nell'ampio spazio del suo ufficio, soffocato dai lamenti indistinti dell'uomo che, poco prima, era entrato con una maschera di panico dipinta sul volto pallido.
"Non posso continuare così, non voglio morire, non voglio..." La litania si concluse in un mugugno indistinto e l'uomo scivolò a terra, tenendosi la testa tra le mani e respirando con affanno. L'attacco di panico non era giunto inaspettato visto le sue condizioni, e Jane aveva provato a mantenere un tono tranquillo e rassicurante, ma come si era aspettata, si era rivelato inutile.
"Nessuno ti farà fare nulla, sei al sicuro qui," cercò di tranquillizzarlo di nuovo Jane, avvicinandosi con lentezza e appoggiando una mano sulla sua spalla quando fu sicura che non avrebbe reagito in modo violento. "Ora respira con me, Jack."
Lui sollevò gli occhi pallidi resi lucidi dalla paura irrazionale. Jane sorrise un poco, mantenendo un'espressione aperta. Continuò a sussurrare parole rassicuranti mentre Jack si calmava.
Lo aiutò a recuperare il controllo del proprio corpo, sentendosi soddisfatta quando anche il minimo tremore si fermò. Con il calore che proveniva dalla consapevolezza di essere in grado di aiutare chi ne aveva bisogno, si alzò e recuperò un bicchiere d'acqua dal dispensatore, per poi riportarlo a Jack.
L'uomo era sfiancato e, in tutte le volte che lo aveva accolto durante le sedute di gruppo, non l'aveva mai visto così, abbattuto e sconfitto dalla propria mente.
Quando sollevò la mano per prendere il bicchiere, la manica della grossa felpa che aveva addosso scivolò appena, permettendole di vedere con estrema chiarezza il Marchio che partiva dal suo polso.
Si bloccò sul posto con i pensieri che correvano a mille miglia.
Conosceva l'AIS e le sue attività, così come tutto il mondo. Quell'agenzia gestiva ogni cosa che andava oltre l'essere umano. Era un universo chiuso e segreto, al pari di altre organizzazioni militari, con la differenza che ciò di cui si occupava era più pericoloso di qualsiasi minaccia che le persone comuni avrebbero mai potuto immaginare. O almeno questo era quello che se ne sapeva. Erano tante le voci, e spesso era difficile capire in cosa credere.
Lei non la disprezzava né la comprendeva, ed era felice di tenersene alla larga, soddisfatta della sua vita semplice e prevedibile. Si meravigliava del fatto che, nonostante fosse passato tanto tempo, non aveva mai saputo che Jack, uno dei suoi pazienti più problematici, ne facesse parte.
Decise di non dire nulla, di ignorare quella striscia di pelle annerita che aveva intravisto.
"Allora, vuoi raccontarmi cosa è successo?" domandò, sperando che il nervosismo non si notasse nel suo tono di voce.
"No, io... no, non sarei dovuto venire qui..." rispose lui in un sussurro, e per un attimo Jane ebbe il timore di ritrovarsi a dover gestire un altro attacco di panico. Il primo non era stato inaspettato, perché si era resa conto del suo tremore e degli occhi agitati dal momento in cui era capitato nel suo ufficio, completamente fuori orario. A discapito dei progressi, Jack si mise in piedi su gambe ancora instabili e, senza incrociare i suoi occhi, scappò con la stessa velocità con cui era apparso.
Jane rimase per qualche istante a osservare la porta del suo piccolo ufficio; non era insolito che un veterano avesse un attacco del genere, neanche la sua fuga l'aveva lasciata interdetta, aveva sperato solo di poter dare un aiuto in più.
Spostò gli occhi sull'orologio, notando che si era fatto piuttosto tardi. Sovrappensiero, recuperò la borsa e iniziò a mettere via le sue cose senza fare davvero caso a ciò che le stava capitando sott'occhio.
Controllò un'ultima volta che non si fosse dimenticata nulla, prima di chiudersi la porta alle spalle e uscire dall'edificio quasi deserto, per poi dirigersi verso casa.
Svuotò la borsa sul tavolo, notando il fascicolo differente dalla manciata che si era portata dall'ufficio. Un gruppo di fogli scivolò via dalla copertina più scura, attirando la sua attenzione con fitti paragrafi e disegni schematici che non riuscì a comprendere.
Spinta dalla curiosità, senza neanche prendere in considerazione il sottile logo che era stampato sul bordo del fascicolo, ne sollevò uno e iniziò a leggere.
Non ci volle molto perché comprendesse che ciò che aveva sotto gli occhi non aveva nulla a che fare con il suo lavoro agli Affari dei Veterani, eppure quei fogli si trovavano tra le sue mani. I suoi pensieri non poterono che correre a Jack e al suo panico, a come fosse corso via. L'unica risposta era che avesse dimenticato nel suo ufficio quel poco che aveva portato con sé e che, a quanto pareva, aveva causato l'attacco di panico. Forse il suo intento originale era stato parlarne con lei, prima che il terrore si impossessasse della sua mente.
Le parole che le scorrevano sotto gli occhi l'avevano come assorbita, donandole un minuscolo spiraglio sulla realtà da cui si era sempre tenuta lontana.
Esalò un respiro tremante e i fogli le scivolarono via, spargendo segreti su cui mai avrebbe dovuto posare gli occhi sul pavimento e sotto i mobili della silenziosa casa, trasportati dalla leggera brezza del cambiamento. Non c'era possibilità che qualcuno non si rendesse conto di quei documenti mancanti.
Quando girò il fascicolo ora vuoto, la dicitura Top Secret la sbeffeggiò in un luminoso inchiostro rosso. Deglutì a fatica, perché poteva già sentire la gelida puntura dell'ago nel dorso della mano, e il conseguente bruciore del sangue Abissale che avrebbe iniziato a scorrerle nelle vene come fuoco liquido. Jane aveva appena sfiorato quella fetta oscura di realtà, ed essa l'avrebbe presa con sé, stringendo lei e quei segreti tra rigide e protettive spire.
Avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto fare più attenzione e non sfidare la sorte, perché da quel momento, come se una forza maggiore avesse deciso che una vita semplice non avesse mai fatto per lei, il suo futuro cambiò del tutto.
NOTE: epinefrina e norepinefrina: rispettivamente adrenalina (per migliorare i riflessi) e noradrenalina. Quest'ultima, insieme all'epinefrina, provoca la risposta di 'attacco o fuga' (fight or flight), attivando il sistema nervoso simpatico per aumentare il battito cardiaco, rilasciare energia sotto forma di glucosio dal glicogeno e aumentare il tono muscolare.
On the air:
https://youtu.be/tu49Fv9o_JQ
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