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Capitolo 4: Un'altro coltello nella ferita [R]


James entra urlando.

<<Ma sei stupida? Mi hai fatto prendere un infarto. Meno male che sono un genio a localizzare i cellulari. Sai cosa ho pensato con quel tono che avevi? Ho pensato che ti fossi suicidata!>>

Sinceramente non ho mai preso in considerazione l'idea del suicidio, ma ora che mi ci fa pensare avrei potuto farlo, tanto ormai non ho nulla che mi leghi a questa vita.

<<Perché sei qui?>> Chiudo la porta e mi trascino verso il letto, sedendomi ai suoi piedi.

<<Madison ti cercava>>.

<<Ah, sì?>> Dopo una leggere pausa riprendo: <<Le hai detto dove sono?>>, chiedo, leggermente in ansia.

<<No>>.

<<Allora perché sei qui? Chi sei tu?>>, chiedo in tono ormai esasperato.

<<Non mi allontanare>>, sussurra avvicinandosi fin troppo per uno sconosciuto.

<<Non ti sto allontanando, perché non ti ho mai fatto avvicinare>>, rispondo in modo sarcastico.

Lui si avvicina ancor di più, fino ad arrivare  a meno di una spanna di distanza. Mi sembra di sentire il suo respiro: sa di nocciola misto fragola. È piuttosto ammaliante.

<<Allora permettimi di avvicinarmi>>. Si fa sempre più vicino e la sua bocca è a pochi centimetri dalla mia.

<<Perché dovrei farlo?>> mormoro sbattendo ripetutamente le palpebre come un cerbiatto.

Lui posa le labbra sulle mie.

È una sensazione mai provata: è come se la testa smettesse di funzionare, è come fluttuare nello spazio. La sua bocca preme la mia con dolcezza e mi sembra di essere in paradiso.

Il mio primo bacio.

Non ho mai avuto la possibilità di baciare nessuno. Ovunque andassi, ero sempre la piccola ombra rotonda di Madison: "Ah, sì. Tu sei l'amica di Madison".

Le nostre labbra rimangono attaccate per qualche minuto, ma la cosa che più mi sorprende è che non è come viene sempre descritto nei libri, anzi mi sento molto imbarazzata.

Cosa dovrei fare? Toccarlo? Abbracciarlo? Toccargli i capelli? Le spalle?

A un certo punto vado nel panico e lo spingo via quando le sue mani iniziano a vagare sotto la mia maglietta.

Si stacca da me, va in bagno e in un attimo esce dalla stanza come se non fosse accaduto nulla, mormorando sottovoce qualcosa.

Mi sento confusa. Entra nella mia stanza, mi salta praticamente addosso e ora se va con indifferenza, come se non fosse successo nulla?

Non capisco.

Mi sdraio a riflettere, ma dopo qualche secondo crollo in un sonno profondo.


Le parole di Madison continuano a rimbalzare di continuo nella mia testa, accoltellandomi lentamente.

Qualcuno bussa alla porta. Di nuovo. 

Se è James lo mando al diavolo adesso...

<<Evelyn?! Apri! Sono tua madre! Apri immediatamente>>. Mamma? Cosa ci fa qui? Come ha fatto a sapere che...?

Alzandomi sbatto contro il comodino e la poltrona vicino al letto. Apro la porta e trovo mia madre più splendida che mai. Ovviamente...

<<Perché non rispondi al telefono? Cosa ci fai qui? Dov'è Madison? Cosa le hai fatto?>>, chiede insistentemente mentre entra impetuosamente nella stanza.

Cosa le ho fatto?

<<Mamma, sei venuta fino a qui per chiedermi come sta Madison?>>, chiedo sarcasticamente.

<<L'hai messa in imbarazzo! Ti rendi conto? Dopo quello che lei ha fatto per te!>>, grida come un'isterica.

Non capisco! Io? Cosa ho fatto? Dopo quello che lei ha fatto a me?

<<Non capisco>>.

<<Evelyn, hai letto il giornale della Brown di oggi? Dice che sei andata a fare la puttana in un motel e qui ci sono anche delle tue foto. Sono venuta con l'aereo fino a questo lurido motel, perché Madison mi ha chiamata>>. Mi sventola in faccia il giornale, come se riuscissi a leggerlo, se lei continua ad agitarlo come se fosse una bandiera.

Le strappo il giornale dalle mani. L'ansia si accumula nello stomaco e i conati di vomito iniziano a farsi sentire.

"Da dark a puttana: la strada è breve", di James Moriarty.

Di recente la compagna di Madison Jonhson, Evelyn Brooke, si è trasferita in un motel nei dintorni di Boston per iniziare una nuova carriera. Evelyn Brooke era conosciuta nel campus come..."


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