Capitolo 12: L'ammiratore segreto [R]
Francesca
Prima queste sorprese arrivavano una volta alla settimana, poi due, fino ad arrivare a ogni giorno.
Sono le 21:30.
Bip! Un nuovo messaggio!
È Alessandro: <<Ti va un appuntamento? Io e te al bar fra dieci minuti?>>
Sinceramente questa sera sono esausta, perciò preferisco rimanere a casa a dormire e a leggere. Gli rispondo che sono già a letto e gli do la buonanotte.
Prendo un libro dalla libreria e me lo porto in camera. Iniziò a leggerlo, ma cado ben presto in un sonno profondo.
La luce domenicale entra dalla finestra così come l'odore dell'estate in arrivo.
Oggi avevo pensato di andare in un campo qui vicino a leggere un po', perciò mi vesto sportiva, mi lego i capelli, prendo lo zaino ed esco. Dopo essere passata a salutare nonna Elena e Concetta, mi dirigo verso il campo. Il vento mi accarezza il viso e per la prima volta dopo tanto tempo riesco a sentire sulla mia pelle la libertà. Pensavo che prima o poi avrei avvertito la nostalgia di casa, ma non si può sentire la mancanza di qualcosa che abbiamo sempre chiamato casa ma che non reputavamo tale.
Mi siedo sotto un albero e inizio a leggere Orgoglio e pregiudizio.
Sarà la decima volta che leggo questo romanzo, ma ogni volta mi metto a piangere: Mr. Darcy è il mio uomo.
Non so come, ma arrivo a mettere a confronto Mr. Darcy e Mr. Cappotto. Hanno molto in comune.
Aeron
È sotto un albero del campo etrusco a leggere un libro. Sarò qui da circa venti minuti e mi sento uno stalker... ma non è così: ero lì di passaggio a cavallo quando l'ho vista. C'è qualcosa in lei che mi blocca ma, allo stesso tempo, mi fa sentire vivo. L'unica cosa in grado di farmi sentire così è stato il mio lungo viaggio. La vedo asciugarsi la faccia.
Perché piange?
Vorrei avvicinarmi, ma poi inizierei a comportarmi male, perciò mi blocco all'istante.
Chissà se avrà trovato tutto. Le saranno piaciuti?
Faccio un respiro profondo e riparto dopo circa mezz'ora in direzione della mia destinazione.
Francesca
Ho finito il romanzo e ho smesso di piangere. Il sole batte forte sull'erba e per questo motivo non oso mettermi al sole, altrimenti mi trasformerei in una stella marina rossa. Tutta la filosofia e la morale che ci sono dietro questo libro mi sconcertano e mi fanno riflettere: devo assolutamente scoprire chi è questo A.
Quando si fanno le 16:00, decido che è il momento di ritornare a casa. Prima di passare da Concetta, passo dall'edicola e compro un piccolo quaderno rivestito in pelle. Finito di cenare, do la buonanotte a tutti e corro a casa mia.
Arrivata a casa, mi spoglio e mi metto in pigiama. Tiro fuori dallo zaino il quaderno comprato il pomeriggio e con un pennarello indelebile scrivo sulla copertina le lettere A.F. in corsivo.
D'ora in poi lascerò questo quaderno su quel tavolo e comunicherò con il misterioso A. tramite questo quaderno. Sono sicura che funzionerà, poiché nessuno si siede mai a quel tavolo tranne A., anche se con tutto il lavoro che c'è da fare non ho mai avuto l'occasione di vederlo fisicamente.
Scrivo sulla prima pagina una frase:
Ci sono persone il cui destino
è incrociarsi.
Dovunque siano,
ovunque vadano,
un giorno
s'incontreranno.
Chiudo il libro e mi addormento.
Il giorno successivo non accade nulla di particolare: i soliti libri da sistemare anche se sono meno rispetto agli altri giorni proprio perché è lunedì. Attendo con ansia la chiusura della biblioteca per andare a vedere se A. ha trovato il quaderno. Finito di sistemare tutto, corro al tavolo in questione. Il quaderno è stato posizionato al centro del tavolo, mentre io lo avevo lasciato in disparte vicino al muro: questo dovrebbe essere un buon segno. Lo apro e leggo ciò che è stato scritto dopo la mia frase con una calligrafia corsiva perfetta:
Se ferisco non voglio, se sparisco l'orgoglio. A.
Cosa significa?
Se mi ferisce non vuole ma se sparisce è perché è troppo orgoglioso?
Quindi A. deve essere per forza qualcuno che conosco.
Io e il misterioso A. continuiamo a scriverci in questo modo ogni giorno con citazioni di libri e frasi nostre.
Io: Gli occhi parlano, è inutile che li nascondi.
A.: Vorrei aprire la porta e andare, con uno zaino soltanto, spensierato viaggiare. Ma dove andrei? Mi mancherebbe casa, mi mancherebbero tutti. Ma tutti chi? Chi o cosa mi trattiene? La paura di esser soli.
Io: Tutto è così pesante, difficile e meccanico. Voglio qualcosa di naturale, voglio che le mie emozioni esplodano, ma non succede, è tutto noia, tutto uguale.
Quando mi scrivo con lui, sento qualcosa dentro di me che non ho mai provato in vita mia. Sì, ho avuto qualche cotta, ma mai così e mai per una persona che non ho mai visto.
I giorni passavano così come i nostri messaggi.
A.: È molto difficile farsi strada in questo mondo senza essere malvagi a un certo punto, quando è il mondo per primo a essere tanto malvagio.
Io: L'esperienza mi aveva insegnato molto presto che possiamo commettere degli errori indipendentemente dalla nostra volontà, e poco tempo dopo imparai anche che possiamo commettere degli errori senza neanche capire cosa abbiamo fatto e perché siano errori.
A.: Ogni persona al mondo ha una parte speciale nascosta dentro di sé che mostra solo alle persone giuste. Sono giorni che cerco e mi guardo dentro, l'unica cosa di speciale che ho trovato sono gli attimi trascorsi con te.
Io: È raro trovare qualcuno che vede lo stesso mondo che vedi tu.
Più i giorni passano, più cambio: voglio capire chi è A., ma allo stesso tempo vorrei mantenere questo anonimato delle citazioni.
A.: Vorrei darti i miei occhi per farti vedere come ti vedo io.
Siamo a fine giugno: la biblioteca non è molto affollata come durante il periodo scolastico, ma c'è qualche affluenza.
Mi aspettavo che il misterioso A. se ne sarebbe andato con la fine del periodo scolastico, invece il nostro discorso non si interrompe.
Io: Passai accanto a duecento persone e non riuscii a vedere un solo essere umano.
È la sera del primo luglio. La biblioteca ha chiuso le sue porte e ho finito di sistemare i libri nei loro scaffali. Come da routine, prendo il quaderno, ormai quasi finito, e mi metto a leggerlo.
A.: Tutta la mia normalità se ne è andata dal momento in cui ti ho visto.
D'istinto mi guardo intorno anche se so che è impossibile, visto che la biblioteca è chiusa. Quindi A. è vicino a me. Inizio a pensare a chi potrebbe essere.
Qualcuno bussa.
Apro la porta. <<Ciao>>. È Alessandro.
<<Ciao, ti va di fare una passeggiata?>>, chiede imbarazzato.
<<Certo, dammi un minuto. Entra>>.
In questi mesi ho passato molto tempo con Alessandro, siamo usciti spesso insieme e ogni tanto mi offriva una cioccolata. È molto tenero, ma non mi fa accendere come A.
Dopo essermi data una pulita, indosso un jeans nero con una maglietta nera ed esco. Alessandro mi prende per mano e ci dirigiamo verso la parte antica del paese.
Sono le 19:00.
<<Ti devo confessare una cosa>>, afferma mentre camminiamo piano per le strade deserte della parte antica.
<<Che cosa?>>, chiedo mentre osservo il cielo stellato.
Tutto intorno a noi tace. Le luci arancioni danno un'aria sinistra alla strada in pietra e, essendo in collina, si vedono perfettamente le stelle. Siamo letteralmente soli e questo mi agita parecchio.
<<È ora di dirtelo: sono io la persona per cui sistemi in tutta fretta la biblioteca>>.
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