3. LO SO CHE IMPAZZIRAI
Il cellulare abbandonato sul divano continuava imperterrito a squillare, segnalando le numerose notifiche dei vari social e sembrava scandire alla perfezione il tempo: tin, tin, tin, una notifica ogni 10 secondi. Ma il tempo sembrava essersi arrestato quando, di punto in bianco, Alessio aveva comunicato la sua partenza per Los Angeles. I due fidanzati erano nella loro camera da letto, dove le lenzuola stropicciate odoravano di sesso e ammorbidente al gelsomino. Il ragazzo dava le spalle alla bionda, concentrato su cosa mettere in valigia e cosa lasciare a casa. O forse semplicemente non aveva né la forza, né il coraggio di vedere la sua ragazza piangere. Lei continuava a sussurrare parole confuse, parole di disperazione, e lo faceva ogni volta che egli si doveva assentare, lasciandola completamente sola. Si sentiva tremendamente in colpa, ma sapevano entrambi che quello era il modo di vivere di Alessio: tour in varie tappe italiane, spostamenti improvvisi per qualche stupida intervista, firma copie assurdi in città sparse qua e là, e intere giornate passate in studio di registrazione. Ma se a Catherine non andava bene quella situazione, beh poteva averci pensato prima. Non tutto è semplice come si crede, la vita di un cantante è frenetica, in continuo movimento, e le ore passate a casa sono davvero poche. Ma questo era il sogno di Alessio, e se la giovane lo amava veramente come diceva, sarebbe rimasta in silenzio ad osservare, subire, ed aspettare che lui tornasse a casa.
<< Amore, il tempo di fare il doppiaggio e qualche banale intervista e torno casa, promesso >> aveva ripetuto per l'ennesima volta il moro, non distogliendo lo sguardo da quell'immenso borsone da basket che ormai straripava per i troppi vestiti. Finalmente la bionda si era convinta e aveva appoggiato la fronte contro la schiena di lui, inspirando a fondo il suo odore, un odore puramente maschile, di quelli che ti inebriano le narici ipnotizzandoti completamente il cervello, un odore forte di muschio misto a quello invadente del fumo di qualche sigaretta che aveva fumato fino a qualche minuto prima giusto per tranquillizzarsi. Non era riuscito a crederci che fra tutti, sarebbe stato lui a dare la voce al protagonista maschile del film d'animazione Trolls. Ma l'adrenalina che gli scorreva nelle vene era dovuta anche al fatto che avrebbe incontrato una delle sue maggiori fonti d'ispirazioni, Justin Timberlake. Altro sogno che si avverava per lui, mentre a Cat non restava che raccogliere la delusione per rimanere nuovamente a casa da sola. E la corda continuava a tirarsi sempre di più e, si sa, prima o poi si sarebbe spezzata.
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L'aeroporto quel pomeriggio brulicava di persone, e le voci echeggiavano tutto intorno a loro. Alessio sorreggeva a malapena il suo borsone, così pesante da far ingobbire il ragazzo quando camminava, mentre il piccolo trolley con all'interno le sue scarpe, era tirato da Cat, che si guardava attorno, sperando che nessuna fans si avvicinasse.
<< Allora, mi raccomando, chiuditi a chiave anche di giorno se stai a casa, non far entrare nessuno, e se ti chiedono dove sia, rispondigli che devono chiedere informazioni ad internet e non a te. Tutto chiaro? >> Alessio in quel momento sembrava un genitore apprensivo che lasciava a casa da sola la figlia minorenne, ma Catherine era abituata a questa situazione, quindi dopo aver annuito come era solita fare, si era scaraventata tra le braccia del ragazzo, che aveva leggermente barcollato ma era riuscito a far restare in piedi entrambi. L'aveva sollevata leggermente da suolo, facendo scontrare non solo i loro petti ma anche le loro bocche. Le lingue si cercavano, fameliche, come se quello sarebbe stato l'ultimo bacio, ed infatti era così. I loro denti sbatterono li uni contro gli altri per la foga e l'irruenza con cui si stavano baciando. Le labbra pulsavano, gonfie ed estenuanti, e Bernabei aveva passato la lingua sul labbro inferiore della bionda, così da lenire il gonfiore. L'aveva aiutata a poggiare di nuovo i piedi a terra, e recuperò il trolley, pronto per imbarcarsi sull'aereo. Un ultimo bacio sancì il loro saluto, e Catherine rimase ferma, immobilizzata mentre vedeva scomparire dietro le vetrate il suo fidanzato.
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<< Signore e signori, tra qualche minuto atterreremo, vi invitiamo pertanto a tornare al vostro posto e verificare che la cintura di sicurezza sia allacciata. Vi invitiamo a spegnere i vostri dispositivi elettronici e assicurarvi che il tavolino davanti a voi sia chiuso, lo schienale delle poltrone sollevato, gli oscuranti dei finestrini aperti e i bagagli a mano correttamente stivati sotto il sedile davanti a voi o nelle cappelliere. Da questo momento non è più possibile accedere ai servizi igienici... >> la voce metallica dell'assistente di volo aveva fatto rinvenire Alessio, che era riuscito a dormire solo verso la fine del volo. Aveva aperto gli occhi e aveva eseguito ciò che l'altoparlante trasmetteva, stropicciandosi di tanto in tanto gli occhi ancora assonati. Non aveva toccato nessuna bibita, solo dell'acqua naturale, ma sembrava che avesse dentro un concentrato di adrenalina che gli faceva battere forte il cuore e pulsare prepotentemente le vene.
<< Non ci posso credere! >> aveva esclamato il giovane una volta varcata la soglia che conduceva all'esterno dell'aeroporto, dritto in strada. Le macchine sfrecciavano sull'asfalto, e dalla velocità sembrava che stessero sollevate da terra. Il caldo sole batteva forte sulle teste dei passanti che passeggiavano tranquillamente per le vie del paese. California. Tutti sognano l'America, e finalmente Alessio avrebbe conquistato questo paese tanto adorato. E lì, fermo ed imbambolato ad osservare qualcosa di indefinito davanti a sé, Bernabei vide passargli di fronte il film della sua vita, ripensando a tutto: la sua amata Tarquinia, la prima band punk in cui si truccava gli occhi di nero per sembrare un duro, i Dear Jack con cui aveva bruciato ogni tappa diventando famoso in così poco tempo, le discussioni avvenute con chi considerava fratelli, l'uscita dal gruppo, e il tunnel in cui si era insinuato da quando aveva deciso di fare le cose da solo. Ma tutto l'impegno che aveva dato negli ultimi tempi sembrava aver dato i suoi frutti, ed ora si ritrovava a 23 anni a poter dire di avercela fatta. Quella era la dimostrazione di che persona aveva sempre voluto essere. Era tornato alla realtà, quando un'auto aveva suonato il suo fastidiosissimo clacson, facendolo tornare in sé. Aveva sbattuto un paio di volte le palpebre, ricoperte dalle lenti spesse di un paio di Rayban, e si era guardato attorno, accorgendosi di un autista che lo stava aspettando. Faticando a raggiungere quell'uomo talmente alto da sembrare una torre umana, Alessio si era chinato ed aveva fatto pressione sulle ginocchia per sollevare quel dannato borsone, talmente pesante che sembrava contenesse un morto.
<< Are you Mr. Bernabei? >> aveva chiesto l'autista, di cui il moro non aveva fatto in tempo a leggere il nome stampato a carattere cubitali sul tesserino spillato nel taschino della camicia bianca.
<< Sì, penso di sì >> aveva risposto, ancora intontito da tutte quelle novità che lo avevano assalito nel giro di poche ore. Si era preso un momento per respirare profondamente, per poi affermare con sicurezza
<< Yes, I'm Mr. Bernabei >> e riprendere ad osservare le auto che correvano accanto all'Audi in cui era salito.
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