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Capitolo 5

-Perché sembrava che il tuo cervello stesse per esplodere da un momento all'altro prima in classe?- chiese ironico Can guardando il suo orologio da polso.


-Perché non ti tagli quei capelli che sono cresciuti?- risposi distratta pensando ad aprire il mio armadietto accanto al suo.


-Hey! I miei capelli sono perfetti così come sono- esclamò guardandomi indignato.

-Certo, credici- sbuffai trattenendo un sorriso divertito.

-Io vado prima di ritardare- sospirai prima di avviarmi in direzione della classe.

Brutta scelta.

Appena prima di varcare la soglia dell'aula sentii dei singhiozzi.

Il mio cuore si strinse.

Per me quei maledetti suoni, chiunque lo emettesse, era pura fonte di sofferenza.

Sospirai mentre sentivo il cuore balzarmi in gola.

-Tutto bene?- chiesi quando vidi una ragazza massimo del terzo anno singhiozzare con le ginocchia al petto e il viso nascosto tra le mani.

Sotto gli occhi c'era solo in mascara sbavato e le guance erano ricoperte da lacrime nere.

Aveva pianto così tanto che i suoi occhi erano rossi e le guance quasi del tutto nere.

-Scusami, sono entrata pensando fosse vuota- singhiozzò la ragazza alzandosi lentamente e avviandosi verso l'uscita.

-Aspetta!- la fermai prendendole il braccio.

Una luce bianca si formò tra la mia mano e il suo braccio e si spense un secondo prima che lei girasse il viso.

I suoi singhiozzi ora si erano fermati e un sorriso le illuminò le labbra, anche il mascara era sparito e il trucco era di nuovo perfetto.

-Cosa c'è che non va?- mi chiese ingenuamente.

Sorrisi per la sua innocenza e orgogliosa per il mio operato.

-Nulla, volevo solo sapere il tuo nome- le dissi sinceramente.

-Hope. Hope Vanya Tonkin- ricambiò il mio sorriso per poi sfuggire dalla mia presa e uscire fuori dall'aula ormai silenziosa.

Sorrisi voltandomi verso la finestra.

Avevo fatto del bene, avevo reso felice una persona al contrario di...

Un grande e forte applauso interruppe i miei pensieri.

Dietro di me c'era la persona che più speravo di non affrontare.

Alex.

-Ma che scenetta commovente Annabeth cara. Direi che un vero piacere vedere che usi così impulsivamente, senza ragionare i tuoi poteri e di più per situazioni completamente infantili- ringhiò velenoso il ragazzo davanti a me.

-Cosa vuoi Alex? Sono stanca di te e dei tuoi giochetti, e poi non sono solo io quella che usa i proprio poteri. La differenza è che io lo faccio per dare bene, tu lo fai per dare male- ribattei altrettanto velenosa iniziando pian piano a perdere la mia pazienza per niente illimitata.

-Quello che voglio è che per una volta tu mi faccia lavorare senza problemi. Il capo non ci ha mandati qui per nulla, Annabeth. Siamo qui per vedere quali di quei cinque ragazzi meritano davvero il dono della vita, sai cosa succede se...- si interruppe quando il vetro di una finestra si scheggiò improvvisamente.

Sospirai. La regola.

-Meglio che vada, non possiamo stare nello stesso spazio senza che ci siano conseguenze, tu ricorda quello che ti ho detto e guai a te se ti rivedo usare per quelle buffonate i tuoi poteri- disse ricomponendosi e lanciando velatamente una minaccia che non mi fece né caldo né freddo.

Non avevo paura di lui.

-Tutto bene?- mi chiese Can guardandomi attentamente.

-Sì, perché mai me lo chiedi?- risposi distrattamente guardando con attenzione il problema davanti a me.

Lui osa minacciarmi? Prima usa la sua magia per ogni cosa e poi osa arrivare a dirmi di non usare i miei poteri perché "Il capo ci ha dato una missione e non possiamo avere distrazioni"? Ma chi si crede di essere? Più di un millennio che siamo sulla Terra e ancora deve cambiare quello smidollato, se solo potessi squartarlo...

-Beh, sembra che tu stia nel mondo di Annabethlandia- ironizzò prima di sbuffare rumorosamente attirando l'attenzione del giovane professore.

-Qualcosa la disturba signor. Lewis- chiese irritato il professore rimanendo comunque in una posizione composta e rigida.

-No, prof. Anzi, devo ammettere che sta' lezione è interessante- rispose Can provocando alcuni risatine da parte degli altri compagni di classe che avevamo.

-Allora stia zitto e ascolti- contrabatté il professore prendendolo contro piede, per poi continuare a spiegare scrivendo dei nomi sulla lavagna.

Guardai Can divertita e guardai di nuovo la lavagna.

Lui non poteva rovinarmi la giornata.

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