Capitolo 2
—Che fine avevi fatto?— mi chiese con rimprovero il ragazzo davanti a me.
—Calmati Can, non tutti hanno dei genitori con la macchina— sbuffai per poi afferrare il suo braccio e sorridere.
—Ora si può sapere perché sorridi come una deficente?— alzò gli occhi al cielo rilassando i muscoli prima tesi come una corda di violino.
—Perché, nonostante tutto, sono sicura che sarà una splendida giornata quindi ora zitto e cammina che abbiamo solo cinque minuti prima che inizi letteratura inglese— dopo aver dato la giusta "spiegazione" ho camminato più in fretta.
Passammo per i corridoi e mentre salutavo Lilith Carrow i miei occhi incrociarono una figura alta e imbronciata.
Lui.
—Dobbiamo tornare indietro— sussurrai a Can prima di avviarmi velocemente verso l'altra parte della scuola mentre sentivo i suoi occhi su di me.
—Si può sapere che hai? Quella è l'unica via possibile se vogliamo arrivare in orario a lezione— protestò il ragazzo che corse per raggiungermi, ma lo ignorai.
—Puoi rispondermi cortesemente?— ringhiò, irritato per le mie labbra sigillate.
—Annabeth!— sbottò, afferrandomi in mal modo il braccio.
—Cosa?— esclamai in tutta risposta tra la sorpresa di quel suo gesto tanto crudo e l'ansia ancora presente del momento prima.
—Si può sapere perché ogni volta che incontri Alex-non-dico-mai-il-mio-cognome-per-non-so-quale-motivo?— mi chiese con un sopracciglio alzato.
—Sai che non lo sopporto chissà quanto e poi smettila di chiamarlo con un nome così lungo, inventane uno meno lungo, se proprio non vuoi chiamarlo per nome. E poi neanche io so il mio cognome, non giudicare così apertamente— cercai una scusa, incrociando le braccia al petto, e optando di giocare la carta del "cambia discorso".
—E per questo devi cambiare strada se te lo ritrovi davanti agli occhi?— il suo tono era esasperato mentre alzava le braccia al cielo come un pazzo. Evidentemente aveva capito la mia intenzione di chiudere lì il discorso "Alex" e per questo non aveva prestato attenzione alla mia ultima frase.
Can era come un fratello ormai, ma non potevo dirgli la verità.
La sua sanità mentale non poteva sopportare la dolce e amara verità che gli avrei fatto bere facendo uscire una sola parola genuina e onesta dalla mia bocca.
Cavolo, a volte volevo essere davvero come lui.
Lui non si faceva scrupoli a mentire a chiunque su qualsiasi cosa, specialmente se nel suo interesse personale.
Pur sembrando una brutta cosa, delle volte era una capacità necessaria.
—Ascolta, lo so che sembra strano ma devo. Non riesco a vederlo— sospirai, pentendomi subito per la, forse terza, bugia detta.
—Farò finta di crederci e non farò domande, ma ora muoviamoci che siamo già in ritardo— borbottò, lasciandomi il braccio per poi iniziare a camminare davanti a me in cerca di una via per arrivare in classe senza passare per il corridoio in cui c'era lui.
Sarebbe stata una lunga giornata e, per di più, sapevo già che sarebbe stata tutto ma non rilassante come avevo sperato.
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