Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

La giustizia non è mai dalla parte dei giusti | @SaraAutor

di SaraAutor

«Ci conosciamo bellezza?» l'uomo, rivolgendosi alla ragazza che aveva di fronte, le porse un boccale di birra.
«Non credo, ma se vuoi possiamo farlo ora…» lo sguardo della ragazza era ammiccante.
«Dai, vieni con me alle stalle, ho voglia di divertirmi un po'...» l'uomo le cinse la vita e si avvicinò con il naso ai suoi capelli che profumavano di camomilla.
«Il tuo profumo è inebriante… mi fai perdere la testa»
La ragazza dai lunghi capelli color caramello e gli occhi azzurri come una gemma preziosa, lo seguì senza indugiare.
Era rimasta per troppo tempo ad aspettare. Quest'uomo poteva essere ciò che lei stava cercando.
I ricordi inondarono la sua mente, portandola a quel giorno. Lo ricordava bene, come fosse il presente. Ricordava come, dal momento che i suoi occhi incrociarono quelli di lui, il suo cuore si era lasciato andare a quel sentimento chiamato amore, anche se lei all'epoca era troppo piccola per sapere cosa fosse veramente. Lui le aveva promesso una vita fuori da quel posto chiamato: "Cenerentola ama la notte". Le aveva detto che sarebbe rimasta lì per poco tempo, ma quando l'uomo sparì, la ragazza si sentì ingannata e tradita. Non si era mai sentita una sguattera e sognava ancora una vita degna di essere vissuta, ma il destino, si sa, mescola sempre male le carte in tavola.

Il corpo della ragazza giaceva lì, spoglio di ogni indumento, coperto solo da un po' di paglia. I suoi occhi spalancati e la bocca violacea semichiusa, piena di piccoli tagli, esprimevano terrore. Le braccia legate dietro la schiena, con una corda che aveva reciso la sua pelle bianca come il latte, erano piene di piccole ecchimosi. Le gambe ancora spalancate dopo quell'interminabile amplesso, erano sporche di fango e altre sostanze.

Sempre la stessa sera…
La musica folcloristica risuonava mischiandosi agli schiamazzi della gente ormai alticcia. Sulle panche di legno, in mezzo alla piazza, si brinda con boccali di vetro traboccanti birra. Una leggera nebbiolina copriva quei corpi di donna che si muovevano a ritmo di musica. Non molto distante, le stalle erano tutte aperte per inaugurare la stagione dell'allevamento e il vento portava con sé, l'odore acre della paglia umida.
«Posso unirmi a voi?», al suono di quella voce, quasi celestiale, il gruppo di uomini intenti a brindare, si girò per capire chi avesse pronunciato quelle parole.
«Rafael!» esclamarono in coro alzando i calici.
L'uomo dall'aspetto simile a un angelo si avvicinò per abbracciarli.
«Finalmente sei tornato…» gridò uno.
«Sei tornato per restare o te ne andrai di nuovo?» domandò un uomo di mezza età con il baffone ingiallito.
«Diciamo che sono tornato per lavoro, poi non si sa…» Rafael cercò di nascondere quel suo mezzo sorriso dietro al boccale di birra.
«Brindiamo al ritorno di Rafael» i cinque uomini alzarono i boccali di birra e li mandarono giù tutto d'un fiato, manco fosse acqua naturale.
«Julia come sta? È da tanto che non si vede in giro» domandò Armando il parrucchiere del paese.
«Non l'ho ancora vista. La prima tappa è stata salutare voi…»
«Sei ritornato biondo! Mi sono sempre piaciuti i tuoi capelli ricci e folti»
«Sono ritornato alle origini dopo aver cambiato vita… in tutti i sensi» affermò strizzando un occhio all'uomo, che ricambiò con una pacca sulla spalla.
Un gruppo di ragazze vestite con i Dirndl ballano avvicinandosi agli uomini, con movenze accattivanti; i più anziani si buttano loro addosso, visibilmente ubriachi. Nella confusione del momento, Rafael ne approfittò per allontanarsi dal gruppo e percorrere la strada che lo avrebbe condotto a casa. Pensò a Julia, sua sorella. Il suo ultimo ricordo era quasi sbiadito, o forse la sua mente aveva preferito cancellare ogni traccia di quel periodo. O forse qualcuno aveva rimosso i suoi ricordi?
Si domandò cosa avrebbe trovato, se fosse stato tutto come lo aveva lasciato, oppure se quel luogo che un giorno chiamava casa, oggi non esisteva più. Per quanti anni era stato fuori?
Iniziò a percorrere la via delle stalle. Si accovacciò per raccogliere un piccolo stelo di grano già secco e lo avvicinò alla bocca, camminando piano. Respirò a pieni polmoni quegli odori di natura viva che tanto gli erano mancati. Amava l'odore della terra bagnata e dell'erba appena falciata. Il rumore dei suoi passi risuonava in quei vicoli ciottolosi consumati dal tempo. Il vento faceva oscillare le lanterne in ferro battuto, poste ai lati sulle facciate dei palazzi, creando un gioco di luce ombra, che fece rabbrividire l'uomo. Qualche pipistrello volava basso e Rafael rischiò di colpirne uno con la propria testa. Un'ombra nera lo avvolse e d'istinto si schiacciò sulla parete di pietra alla sua destra. Osservò guardingo assicurandosi di non essere seguito da nessuno. D'istinto portò la mano sul suo fianco destro e toccò quel ferro freddo che lo fece ritornare sui suoi passi. Doveva abituarsi nuovamente alla vita silenziosa e poco frenetica del suo paesino di montagna. La città non gli era mai piaciuta, ma dovette farsela piacere per un lungo periodo di tempo.
Il civico 66 non era molto distante, se la sua memoria non lo tradiva. Per allentare la tensione che provava in quel momento, decise di accendere una Marlboro rossa. Il fumo gli riempì i polmoni e il sangue iniziò a fluire nelle vene costantemente.
Eccolo lì, era arrivato. Si guardò intorno e gli sembrò di tornare a quando lui era solo un adolescente e sua sorella una bambina. Quella panchina rossa, sotto a due lampioni in ferro, sul marciapiede di fronte al portone della loro casa, gli fece ricordare, tutte quelle volte che Julia lo aspettava, per rientrare insieme. Vedeva scorrere immagini ingiallite nella sua mente, ricordi belli, ma allo stesso tempo dolorosi. Una morsa al petto gli fece mancare l'aria e lo fece appoggiare alla parete dell'abitazione. Quelle disilluse aspettative e quelle menzogne campate in aria, lo assalirono.
Cercò di aprire la porta, ma notò subito che la serratura era scardinata. Si guardò intorno e con un colpo secco del piede destro, la buttò giù ed entrò in quella vecchia casa. L'odore acre di muffa e umido permeò il suo essere, tanto da creargli una scarica elettrica, accompagnata a un conato che lo fece vacillare. Tentò di accendere la luce, ma capì subito che la corrente era staccata. Con il suo accendino si fece strada, andando ad inciampare in quello che sembrava un grosso libro, non lo raccolse ma lo lasciò lì accanto ad una poltrona rovesciata. Attorno a lui sembrava che fosse passato un uragano: cocci rotti, lampade, sedie e poltrone, era tutto ammassato su quei mattoni logori.
I ricordi iniziarono a gridare nelle sue orecchie. Avrebbe voluto spegnere il suo cervello premendo un semplice interruttore. Voleva addormentarsi e risvegliarsi in un'altra realtà. Sperava che la luce del giorno che sarebbe arrivata, gli avrebbe regalato una consapevolezza che ora non aveva.
Decise di andare a pernottare in un B&B che aveva intravisto sulla strada percorsa. Osservò per un'ultima volta quella casa e posò la porta al suo posto, poi voltandosi si allontanò.

«Si? Capo mi dica…»
«Sei sul posto?»
«Sì, lo sto seguendo da come ha messo piede qui»
«Dove si trova ora?»
«È appena uscito da casa sua…»
«Continua a seguirlo, e mi raccomando non farti vedere!»
«Va bene Capo, non si preoccupi»

Rafael estrasse il cellulare dal taschino interno della sua giacca e controllò l'ora, era da poco passata la mezzanotte, non si era nemmeno accorto dei rintocchi delle campane che risuonavano alle sue spalle. Non c'era nessun avviso di chiamata: "meglio così" pensò continuando a camminare. Gli venne un'improvvisa voglia di bere, prima di andare a dormire, ma non della solita e insensata birra, lui aveva bisogno di qualcosa di più forte che spegnesse i suoi ricordi. Era da tanto che non sentiva questo bisogno. Entrò nel locale, si accomodò sullo sgabello di fronte al bancone e ordinò un Jack Daniels, non riuscì nemmeno a portare il bicchiere alla bocca, che il suo telefono iniziò a suonare.
«Sì?» rispose l'uomo a un numero che non aveva in rubrica.
«Dottore buonasera, scusi l'ora. So che ancora il suo incarico non è partito, ma abbiamo avuto una segnalazione e mi hanno ordinato di chiamarla…»
«Non si preoccupi, mi dica il posto…» le parole uscirono dalla bocca dell'uomo stanche e svogliate.
«Alle stalle, è stato trovato il corpo di una donna»
«Sono nelle vicinanze… porta tutto l'occorrente, arrivo!»
Ingollò il whisky, buttò i soldi sul bancone e uscì imboccando la via delle stalle. I suoi passi ora, erano più veloci, quasi impazienti. Incrociò qualche sguardo che stava tornando nella propria casa, dopo essersi divertito. Salutò gente che credeva di conoscere, ma la realtà era che non sapeva nemmeno lui più chi fosse veramente.

«Rafael Smith, sei proprio tu?» L'ispettore Taylor, un uomo di qualche anno più giovane del dottore, che era sul posto, sembrava sbalordito. Sollevò il busto e si avvicinò esaminandolo.
«Taylor… chi non muore si rivede!»
«Bella battuta Dottore. Tu ne sai qualcosa, visto che di morti ne vedi a migliaia…» l'ispettore buttò fuori le sue parole come fossero lame.
«Cosa abbiamo qui?» Smith si avvicinò al corpo facendo finta di non aver sentito. Fece segno al suo assistente, che era già vicino a lui, di passargli i guanti e si inginocchiò.
«Astrid Copper, era una delle escort che faceva parte della casa di incontri "Cenerentola ama la notte"»
Rafael tolse i guanti, gettandoli a terra, quasi con impeto, dopo aver dato una piccola occhiata veloce al corpo, coperto da un telo verde.
«Potete portarla in obitorio…» ordinò agli uomini che avevano appena appoggiato la cassa da recupero.
«Cosa mi sai dire sulla sua morte?» domandò Taylor passandosi la sua penna a sfera tra i capelli neri corti.
«Sembra essere morta per soffocamento, ma appena avrò fatto l'autopsia, saprò dire di più»
Il dottore era impaziente di andare via di lì. Voleva mettere le sue mani, nude, su quel cadavere. Quell'odore percepito e quel viso, avevano risvegliato in lui quel tepore assopito da troppo tempo.
Rimase ancora per un po' sul posto a osservare quella stalla. Si ricordò della sua prima volta, con Julia, sua sorella per gli altri, ma non per lui. Quell'amplesso fu per lui l'inizio della fine.
La sua famiglia era molto rispettata. Suo padre un noto dottore del paese, rimasto vedovo, con lui appena di dieci anni, si risposò con una benestante, anch'essa vedova e con una figlia di cinque anni. Ricordava ancora i suoi occhi verdi, con quelle pagliuzze gialle all'interno, che gli sorridevano ogni qualvolta lui facesse una battuta.
Le mani di Rafael iniziarono a tremare, aveva bisogno della sua carica. E l'unica che poteva dargliela era Astrid. Chiamò un taxi e si fece accompagnare all'obitorio.

«Capo, ma che cazzo è successo?»
«Andres vieni subito in centrale, c'è un cambio di programma…»

L'odore acre della polvere e del marciume, fece perdere stabilità all'uomo che aveva appena varcato la porta antincendio. Le luci a neon sfarfallano illuminando un interminabile corridoio freddo, adornato solo con qualche sedia in formica, vecchia, logora, sparsa. La sua mente aveva solo un obiettivo, non c'era più niente che potesse fargli cambiare idea, l'avevano tenuto lontano troppo a lungo. L'avevano rinchiuso, come lui aveva rinchiuso lei, per curarlo dicevano. Lui invece per salvarla. Ma loro volevano solo preservare il nome della loro famiglia. Perché la sua identità non era idonea a un ceto elevato come il loro.

«Mi spiega per quale motivo mi ha detto di tornare?»
«È tornato, ma è cambiato. E se ci stiamo sbagliando?»
«Cosa intende? Si spieghi meglio..»
«Se non fosse lui l'uomo che noi stiamo cercando?»
«Il nome corrisponde, l'aspetto anche… è lui ne sono sicuro» l'agente si girò di scatto e si incamminò verso la porta, ma prima che potesse aprirla, l'ispettore lo fermò.
«Non muoverai un dito fino a quando non te lo dirò io… intesi?»
L'uomo lo fissò serio, girò le sue spalle e andò a posizionarsi dietro la sua scrivania.

Era finalmente arrivato alla sala settoria, le uniche luci ad illuminarla a intermittenza erano quelle del corridoio. Rafael intravide la salma, posta su di un lettino d'acciaio e si avvicinò velocemente. Fece un giro completo di trecentosessanta gradi, sfiorando con l'indice quella pelle ormai fredda. Si fermò a contemplare quei capelli increspati, sparsi su quella lastra lucida come uno specchio.
Accarezzò quelle labbra carnose e si avvicinò per sentirne l'odore. Iniziò a togliere la giacca. Si guardò intorno, chiamò per constatare che non ci fosse più nessuno e posò sul lavandino, alla sua destra, la pistola che portava sempre con sé. Guardava quegli occhi vitrei e bramava quel corpo di donna. Sì denudò lentamente. Tolse la camicia, gettandola per terra, mentre sussurrava alla donna parole accattivanti. Accarezzò l'addome della donna e solcò una linea sottile dall'ombelico al pube. Si ritrasse. Slacciò la cintura dei pantaloni e li fece scivolare al suolo, tolse anche i boxer e con la sua mano stretta intorno alla verga, salì su quel lettino. Il freddo dell'acciaio fece rizzare i suoi peli. Sì posizionò a cavalcioni su quel corpo inerme, ormai privo di ogni telo e iniziò a contemplarlo. Le sue mani percorsero i seni, salivano e scendevano velocemente. Iniziò a baciare, leccare quella pella fredda come il ghiaccio. Doveva possederla, era l'unico suo obiettivo.
Un click fece arrestare l'uomo che rimase fermo e immobile senza respirare. Quella canna fredda fece stillare gocce di sudore che andarono a bagnare quel corpo di donna. Rafael non si muoveva, ma una risata sadica uscì dalla sua gola e fece vibrare tutto nella stanza.
«Mi hai trovato… ora ammazzami se hai le palle»
Con uno scatto l'uomo scese da quella lastra e, incurante di avere una pistola puntata sulla testa, si mise di fronte all'uomo che lo osservava silenzioso.
«Unisciti a noi… so che ti piace ciò che vedi» il dottore riprese a sfregare la verga gonfia e pulsante, senza staccare gli occhi dall'uomo di fronte a lui. Staccò la mano e se la leccò per poi ritornare nuovamente a masturbarsi.
«Ispettore…» le parole erano soffocate dal piacere «sapevi bene dove trovarmi eppure non sei mai venuto»
«Taci…» la mano che impugnava la pistola iniziò a tremare e l'ispettore si tirò indietro.
«Un tempo eravamo noi…»
«Sta zitto Rafael…»
«Guarda… non sei stato capace nemmeno di badare a Julia»
«È lei che non mi ha voluto»
«Lei amava me, ma scopava te…»
L'ispettore ormai disarmato fece il giro della salma, contemplando la sua bellezza anche da morta.
«Hai permesso a tuo padre di rovinarle la vita. Sei riuscito a persuaderla fino a farla innamorare di te. Io osservavo sempre da lontano…» Taylor si girò di scatto e si avvicinò all'uomo che nel mentre si era appoggiato con le mani al lavandino e il bacino piegato. Il contatto procurò all'uomo una scarica elettrica e d'istinto inarcò il bacino fino a strofinare le sue natiche all'erezione dell'uomo alle sue spalle.
«Sei stato sempre un bambino capriccioso» lo incalzò continuando a sfregare su quella erezione ormai dura come il marmo. Rafael portò la sua mano alla sua erezione e si girò di fronte all'uomo, che ora si reggeva al lavandino e respirava affannosamente. Le loro bocche si unirono, mescolando respiri e saliva. Il dottore denudò l'ispettore e lo fece avvicinare alla salma. Accompagnò la mano di Taylor sul corpo della donna e si posizionò alle sue spalle. Lo penetrò e l'uomo sussultò aggrappandosi a quel corpo freddo. Il tempo non esisteva, in quell'istante esistevano solo loro e la loro goduria. I respiri erano sempre più pesanti fino a squarciare quel silenzio tombale. Le prime luci dell'alba stavano affacciando al nuovo giorno, da quelle piccole finestre antincendio. I due uomini si godevano il momento, distesi uno accanto all'altro, quando una voce interruppe le loro effusioni: «La giustizia non è mai dalla parte dei giusti».
Quelle parole vennero accompagnate da una scarica di proiettili che lasciarono i due uomini agonizzanti, grondanti di sudore e sangue, su quelle piastrelle bianche e lucide.





Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro