Capitolo 32
Guardo soddisfatto il terrazzo. Alla fine ieri pomeriggio io e Alizée ci siamo fatti prendere la mano e oltre a due piante di ibischi – che abbiamo travasato all'alba, pur di farlo insieme – siamo passati a un negozio di mobilia per prendere un tavolo da esterni e un paio di tende gigantesche per riparare tutto il terrazzo dalla pioggia o dal sole.
Poi io sono andato all'allenamento e lei è salita da Sasha. Le ho consigliato di rimanere lì per tutto il tempo in cui non sarei stato a casa o mentre gli operai del negozio di mobili montavano tavolo e tenda e lei ha accettato.
Per fortuna, oserei dire, perché le ho fatto una sorpresa: ho comprato un dondolo, di quelli da esterno. Mi ha accennato che ne avrebbe voluto uno, quindi ho deciso di tornare lì e prenderlo.
Con me sono venuti Niko e Teo, che mi hanno aiutato a sistemarlo dopo che gli operai se ne sono andati. Sta sul lato corto del terrazzo – che è comunque abbastanza largo – tra i due vasi con gli ibischi aranciati che sembrano ricambiare il mio sguardo con riconoscenza, come se non volessero più stare al vivaio e cercassero anche loro un posto nel mondo. Come Alizée.
«Sei sicuro che le piacerà?» mi chiede Niko. Non è molto convinto del mio acquisto, mentre invece Teo ha mostrato un briciolo di interesse in più e mi ha ascoltato con attenzione quando gli ho spiegato perché volevo prenderlo di nascosto.
Ed è d'accordo.
Niko riceve un messaggio da Pippo per andare da qualche parte e ci lascia da soli.
«Avete un bel balcone» commenta Teo, dando un'altra occhiata generale. Si siede al tavolo, su cui passo un panno per ripulirlo della polvere e della terra che abbiamo sollevato nelle ultime due ore.
«Posso chiederti una cosa?»
Annuisce, incrociando le braccia al petto. Mi guarda serio, come se avesse già intuito il tenore della mia domanda.
«Tu quando hai capito che... Insomma, che Anja era la donna giusta? Che volevi stare con lei per tutta la vita, che volevi metterci su famiglia e magari...» ... Avere dei bambini.
Mi spaventa il solo pensarlo, ma è un pensiero che sta prendendo sempre più forma nella mia mente. Appena Xavier sarà sbattuto in prigione, dove merita di stare, io e Alizée potremo fare quei passi in più per consolidare il nostro rapporto. Vorrei che lei non dovesse fare i conti con tutto questo, vorrei che fosse libera di decidere, di scegliere...
La scelta più grande che ha preso è stata quella di seguire me. Di stare con me.
E io vorrei farle capire che anche io la amo, che le mie paure sull'inadeguatezza si stanno affievolendo, che con lei posso superarle.
«Non l'ho capito. È successo. Un giorno siamo usciti per un gelato, un giorno ci siamo baciati, un giorno siamo andati a cena fuori, un giorno ero in ginocchio davanti a lei per chiederle di sposarmi. È stato naturale.»
«Tra me Alizée le cose non sono proprio naturali» provo a spiegargli. «Abbiamo dovuto prendere delle decisioni improvvise per stare insieme. Siamo stati messi di fronte a un bivio più di una volta: o stavamo insieme o crollava tutto. Io sono uno che corre quando sta bene con una ragazza, me ne rendo conto. Ma lei non mi ha mai chiesto di rallentare, ha sempre accettato le mie proposte, da quella di uscire, ad andare a letto, a venire qui con me.»
«Forse è così che devono andare. Non tutte le coppie funzionano allo stesso modo, guarda Niko e Sasha. Loro stanno insieme da parecchio, ma non pensano a sposarsi, per loro c'è un altro ritmo. Forse tu non devi aspettare di sentirti pronto, perché già lo sei e non te ne accorgi.»
«E se lei non fosse pronta?»
«Dopo tutto quello che mi hai detto e quello che ho visto tra voi, è pronta anche lei. Ti dirà di sì, quando glielo chiederai: è questa la vostra naturalezza.»
«Non posso chiederglielo.»
«Per suo padre?»
«Per suo padre.»
Teo tamburella con le dita sul legno del tavolo. «Tu vuoi chiederglielo?»
«Ecco, io... sì, penso di sì. Ma ora non posso, perché se lo facessi e suo padre lo scoprisse...»
Ho una grossa rivelazione: io con Alizée voglio trascorrere il resto della mia vita. Non è un vorrei ipotetico e che mi sembra lontano nel tempo, come quando pensavo di chiederlo a Gabrielle. È un sì deciso: lo voglio ora, da adesso. Voglio che torni a casa per stare insieme a lei, per vivere con lei ogni momento libero che ho.
«Se mi dicesse di sì, ho un altro problema.»
«Dimmi.»
Gli racconto in breve di Gabrielle e del discorso avere bambini. Gli dico anche dei ragionamenti che ho fatto con Alizée quando gliene ho parlato, in modo che conosca tutta la situazione, incluso mio padre che vuole disperatamente che abbia dei figli.
«Se noi ci sposassimo,» concludo, «il passo successivo sarebbe avere dei figli. E non so se è la cosa giusta, almeno adesso. Cioè, io non mi sento pronto a fare il padre, è una grande responsabilità... E Alizée ha avuto una famiglia tremenda.»
«Se ti inizi a preoccupare, ti fai solo altri problemi. Ma se ti poni il dubbio, significa che tu vuoi essere un buon padre e quindi farai di tutto per esserlo. Ne devi parlare con lei, perché è una vostra scelta.»
«Ma noi stiamo correndo, tutto tra noi sta correndo. Se mi ritrovassi a essere padre e neanche me ne fossi accorto? Se poi un giorno Xavier tornasse nella nostra vita, io come faccio a proteggere un figlio da lui?»
«Tu non devi proteggerlo. Devi prepararlo: non è uguale. Jemmy, tu corri troppo con le paure. Vuoi sposare Alizée? Sposala. Vuoi chiederle di avere un figlio insieme? Chiediglielo. Vuoi essere un buon padre? Siilo. Io non so dirti come fare, anche io imparo ogni giorno a prendermi cura di Anja e a crescere i miei figli. Non è facile, ma lo faccio affrontando un giorno alla volta.»
«Ma cosa faccio? Le dico tutte queste cose in una volta sola? Non voglio avere dei segreti con lei, ma questo... questo potrebbe essere troppo.»
«Tu continui a preoccuparti quando non dovresti. È stata matura quando le hai spiegato di cosa hai paura, no? Ti capisce più di quanto credi. Perché non le dai la possibilità di aiutarti? Tu hai fatto tanto per lei, perché non fai sì che lei faccia qualcosa per te? Con questo» mi fa un cenno come a dirmi di stare zitto, perché stavo per parlare «non intendo dire che tu e lei dobbiate darvi qualcosa a vicenda per ciò che dà l'altro. Ma forse Alizée vorrebbe aiutarti e tu ti comporti come un uomo che non vuole ammettere le proprie debolezze e che non vuole accettare il sostegno della donna che ama.»
Mi torna in mente un discorso che mi aveva fatto Alizée, su come lei volesse essere alla mia altezza, visto che io le sembravo perfetto in tutto... ma parlava del sesso quella volta!
E se i due discorsi non fossero distanti quanto credo? E se dovessi dirle tutto ciò che mi passa per la testa perché sarebbe un bene per entrambi? E se negli ultimi due giorni avessi sbagliato tutto?
«Ne ha passate tante» provo a spiegare. «Le darei solo altre preoccupazioni.»
«E se lei volesse queste preoccupazioni? Concentrati su cosa vuole e daglielo.»
Cosa vuole Alizée più di tutto?
La normalità, quella normalità che qui potrebbe avere. Il dondolo sistemato con i cuscini imbottiti, un tavolo per cenare sul terrazzo, una casa da poter chiamare sua, libertà da genitori opprimenti, dalla schiavitù di un lavoro che l'avrebbe condotta solo a un'altra prigionia... Vuole solo una vita normale.
Jérémy mi manda un messaggio per dirmi che gli operai sono andati via, così saluto Sasha e scendo in ascensore al nostro piano. Mi sistemo il giacchetto di cotone, che mi stava scivolando sulla spalla, e apro la porta di casa. C'è una luce soffusa, come se...
E le vedo. Due candele sul terrazzo, la tenda nuova abbassata per evitare che un soffio di vento le spenga. Altre sono sparse per il soggiorno, che attraverso per raggiungere Jérémy all'esterno.
Lo abbraccio e gli lascio un bacio sulla guancia rasposa. «Come mai le candele?»
«Volevo farti una sorpresa. Non sapevo se ti piacevano, così ho provato. E ho preso anche quello.»
Seguo il suo sguardo, che mi indica un dondolo, proprio come lo immaginavo e come lo desideravo. C'è posto per più di una persona, così ci sediamo insieme.
«Ti piace?» sussurra Jérémy.
«Sì, è magnifico.» Mi lascio cullare dal dondolio e mi appoggio alla sua spalla. Lui mi cinge con un braccio e restiamo fermi così, io con i piedi che non toccano terra, lui che detta lentamente il tempo dell'oscillazione.
«In questi giorni ho sbagliato tutto» dice.
«Sbagliato? Abbiamo avuto due idee diverse, non è così grave. Può succedere.»
Mi bacia sui capelli. «Sì, ma... quando ci sono state le rose di quello stronzo, abbiamo perso di vista ciò che contava di più. Per te è comprensibile, ma per me no e non mi perdono per non essermene accorto subito.»
Di cosa si sta colpevolizzando?
«Non devi perdonarti o meno, io non te ne faccio una colpa... non ce l'aspettavamo e ci siamo spaventati.»
«Sì, ma... ecco, non riesco a credere di essere stato così stupido. Siamo venuti qui per diversi motivi, io per una nuova squadra in cui giocare e tu per... per?» Mi guarda, serio, aspettando una risposta che conosce, ma che vuole ascoltare da me.
«Per andare via da mio padre e da Pierre» sussurro, abbassando il mento. «E per stare con te. Se non fossi stato più a Villeurbanne, come avrei fatto? Noi ci stavamo appena conosc...»
Posa un dito sulle mie labbra. «Stavi cercando la normalità, quella normalità che la tua famiglia, a parte Nicole, non ha mai saputo tardi. E io ti ho promesso che te l'avrei data.»
«No, Jérémy, tu mi hai promesso di portarmi via con te.»
Mi fa un cenno di dissenso. «Quando siamo arrivati qui, tu mi hai fatto subito capire che avevi bisogno di normalità. E io voglio darti quella normalità, anche a costo di...»
Esita, come se temesse di completare la frase. Ma io voglio sapere cosa ha da dire.
«Di?»
«Di mostrarti le mie debolezze. Sono un uomo che sbaglia, Alizée. E ho sbagliato tanto, anche con te. Dovevo dirti subito di mio padre, non dovevo pensare che i tuoi problemi fossero tanto enormi da far sì che eclissassero i miei. Non dovevo nasconderti i miei pensieri, le mie paure, perché ascoltare il tuo punto di vista mi fa prendere consapevolezza della persona che sono. Da due giorni ho questo pensiero fisso. Mi sono confrontato con Teo, perché è più grande, ha più esperienza, è quello a cui si rivolgono anche gli altri quando hanno un problema... E mi ha fatto capire che penso troppo.»
«A cosa?»
«A quello che vorrei chiederti.»
Non ci posso credere, vuole davvero...?
«Jérémy, se non ti senti sicuro, fermati» lo anticipo, perché il suo discorso sta andando in una direzione ben precisa.
«Io mi sento sicuro. Non so se tu sei pronta. Quindi io te ne parlo, e tu ci pensi per tutti e due.»
«Mi stai dando una grossa responsabilità.»
«Alizée, io voglio darti la normalità. Voglio costruire con te la normalità giorno dopo giorno e non voglio proiettarla nel futuro. Voglio farlo da oggi, per tutti i giorni della mia vita. Ma ho paura e sono spaventato, perché la nostra storia sta correndo a una velocità imbizzarrita e dopo la convivenza arriva il matrimonio e dopo il matrimonio i figli... E io ti ho detto che non sono sicuro di potermene prendere la responsabilità, ma insieme sarebbe diverso. Corro sempre quando sto bene con una ragazza e, anche se stavolta sto correndo fin troppo, credo che ne valga la pena. Che per te ne valga la pena. Scusami, sto andando male.»
Abbassa lo sguardo, poi si alza in piedi e si mette in ginocchio davanti a me.
Sono paralizzata, non so cosa fare, non so cosa dire. Me lo sta davvero chiedendo. E io che credevo che per lui fosse un tabù. Non sta andando male, io non saprei immaginare una dichiarazione diversa.
«Quando ti sentirai sicura, quando tutta la storia con tuo padre sarà finita, vorresti essere la donna della mia vita? Quando vorrai tu. Mi dirai tu quando sarà il tempo giusto per ogni passo che affronteremo insieme, perché io da solo non ne sarei capace. Da solo funziono male, non riesco a essere me stesso, ma tu mi rendi migliore. Vuoi rendermi un uomo migliore per il resto dei miei giorni? Io ti prometto che farò di tutto perché tu ti senta libera e felice. Ti prometto che ti amerò per sempre. È un tempo che mi spaventa, ma per te lo farei.»
Ho le lacrime agli occhi. Stringe le mie mani tra le sue, emozionato e per un istante esita, non si è preparato il discorso e sta andando a briglia sciolta. Ma va bene così.
«Quando ieri mi hai detto che mi ami, mi sono sentito impotente. Non all'altezza. Perché io cerco di farti capire che ti amo attraverso i gesti, con le parole cerco solo di non farti del male e di farti stare bene. Ma dirlo è diverso, anche quando è ciò che provo. Ti amo e voglio amarti per il resto della mia vita. Non sono pronto a tutto ciò che ci aspetta, ma voglio affrontarlo al tuo fianco. Tu vuoi essere al mio?»
«Mi ami» ripeto in un soffio, con il cuore in gola. Annuisce, ma mi guarda fisso perché ancora non gli ho dato una risposta. Mi inginocchio a terra davanti a lui. «Sì.»
Lo abbraccio, con la leggerezza nel petto. Ha ragione, abbiamo una marea di problemi enormi che ci aspettano e con cui avremo a che fare. Ma superarli insieme è ciò che voglio anche io.
Mi accarezza la schiena, con dolcezza. «Ti ho fatto la peggior dichiarazione del mondo e non ho neanche un anello da darti.»
«Non importa. Quando con mio padre sarà finita, me ne prenderai uno. Io ti sposo, ma quando non dovremo più preoccuparci di lui. E la tua dichiarazione era perfetta.»
«E su tutto il resto? Non sei spaventata, non hai paura?»
«Se sono spaventata? Da morire. Ma hai ragione: tutto ciò che vorrei è la normalità che non ho mai avuto. E con te sto bene, con te mi sento normale.» Appoggio il mento sulla sua spalla, mentre lui continua ad accarezzarmi e stringermi a sé, così come io sto stringendo lui. La sua presa ferrea, il calore delle sue mani mi fanno sentire a casa. Non pensavo che mi sarei sentita così quel mattino di gennaio, quando è entrato alla Marée per la prima volta e ha preso il suo primo ginseng.
«Ti amo, Alizée.»
«Ti amo anch'io, Jérémy.»
Spazio autrice
Quanto sono belli questi due? Sappiate che questo è uno dei miei capitoli preferiti di sempre tra tutti quelli che ho scritto <3
Con questa dose di dolcezza vi auguro un buon Natale, che possiate passarlo con persone a cui volete bene e in serenità!
Baci a tutti,
Snowtulip.
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