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Capitolo 27


Appena rientriamo a casa, Alizée va spedita in bagno. Lascia la porta aperta, così la raggiungo. Si sta struccando, passandosi le salviettine intrise di struccante sugli occhi. Si mordicchia il labbro e i suoi movimenti si fermano per un istante appena si accorge di me. Ma non dice niente.

Suo padre è riuscito a contattarla e non voleva parlarne davanti ai miei? È l'unica ragione per cui mi spiego il suo comportamento taciturno da quando è rientrata dal bagno al ristorante.

«Ti hanno trovata?» sussurro, rimanendo sulla soglia.

Si toglie la camicetta, che la intralcia nei movimenti, e rimane con la canottiera. «No.» Continua a passarsi le salviettine sul viso, togliendo il trucco, e poi si sciacqua il viso.

«Che succede, allora?» le chiedo. Non credo che si sia persa nel suo mondo, perché è sempre un qualcosa che dura al massimo pochi minuti e non tutto questo tempo.

«Ho sentito quello che ti stava dicendo tuo padre mentre non c'ero» ammette, fissando i suoi occhi verdi nei miei. È seria, indecifrabile. «Non so come l'ho presa, da un lato sono contenta che tu abbia difeso ciò che c'è tra noi, dall'altro...» Sospira, poi mi sfila accanto per andare in camera, portando con sé la camicetta.

Ci ha sentiti. Non volevo che sapesse di Gabrielle, né delle pressioni che mio padre mette su di me. Non volevo che le trasferisse anche a lei, non voglio che si senta obbligata a sposarmi o ad avere dei figli con me. Sono il primo a non sentirsi pronto, senza considerare che è presto.

La raggiungo in camera, dove si sta cambiando.

«Mi dispiace» le dico. «È già opprimente con me, non volevo che lo fosse anche con te.»

«Non si tratta di questo.» Si morde ancora una volta il labbro, nervosa, come se stesse raccogliendo tutte le sue forze, e abbassa lo sguardo. «Avresti dovuto parlarmene, invece di dirmi soltanto che il suo comportamento a volte ti infastidisce. Tra essere infastiditi e avere un padre che ti assilla perché vuole che tu torni con la tua ex c'è una differenza.»

Mi siedo sul letto accanto a lei, che indossa la canottiera traslucida del pigiama.

«Alizée, io non volevo che avessi anche questo pensiero.»

«Tu sai tutto di me» dice lei, con sincerità. Rimane in piedi, fronteggiandomi con sicurezza. «Tutto, Jérémy. Del mio, di padre, di Pierre, di cosa mi hanno fatto in questi anni. Perché io non avrei dovuto sapere di te? Sono qui, lontana da casa di così tanti chilometri che non saprei contarli, perché provo qualcosa per te. Tu, invece, non stai dimostrando di tenermi in considerazione al punto da rivelarmi certi dettagli importanti. Avremmo potuto parlarne, ti ascolto se ne hai bisogno.»

«Hai ragione» le dico, con altrettanta sincerità. «Ho sbagliato a non raccontarti come stanno le cose, ma l'ho fatto per...»

«Per proteggermi?» mi anticipa Alizée. Il suo tono di voce è calmo, non dà in escandescenze come avrebbe fatto qualsiasi altra ragazza. «Da cosa? Tuo padre non mi sembra una persona violenta, non c'è bisogno che mi protegga da lui. Sono in grado di difendermi a parole, finché sono queste che vengono usate per attaccarmi. Non ti sei accorto di quante volte l'ho fatto con Pierre?»

Ora è il mio turno di abbassare lo sguardo, fissando le piastrelle chiare della nostra camera. Non credo di essermi mai vergognato tanto, neanche quando ho messo Gabrielle alla porta dicendole che non potevamo più continuare a stare insieme, dopo averla quasi illusa che ci saremmo sposati.

Ma ora con Alizée è diverso. È diverso perché entrambi abbiamo messo tanto in gioco.

«Mi dispiace, non mi sono comportato in modo intelligente» ammetto.

«Non si tratta di intelligenza, ma di sensibilità» mi rimbecca lei. È la prima volta da quando stiamo insieme che abbiamo un diverbio e il fatto che non si faccia nessun problema a rimproverarmi me la fa amare ancora di più. Mi rendo conto di quanto sia forte, addirittura più di quanto credessi. «Non hai pensato a come mi sarei sentita se l'avessi scoperto da sola? Anzi, a come mi sto sentendo adesso? Io so che non era nelle tue intenzioni, ma mi sono sentita esposta. Come se fossi su una vetrina e in quella accanto a me ci fosse la tua ex e tuo padre volesse spingerti dall'altra coprendomi con un lenzuolo.»

«L'hai appena detto, non era nelle mie intenzioni. Alizée, non ci ho pensato. Non è facile neanche per me, perché ogni volta insiste con questa storia e io non voglio che...»

«Non vuoi che cosa?» mi interrompe lei, con lo stesso tono calmo. D'altra parte, neanche io mi sto infervorando. «Non vuoi parlarne con me? Pensi che non capirei? Che non ascolterei i tuoi sfoghi?»

«Non ero pronto, non mi sento pronto» le dico, pacato. «Dopo due settimane dovremmo già parlare del motivo per cui ho lasciato la mia ex? Vuoi parlare di avere dei bambini?»

Glielo sbandiero perché è ciò che ha allontanato me e Gabrielle. E il motivo per cui non ho intenzione di tornare sui miei passi e implorarla di perdonarmi. Spero che capisca, perché per me si tratta ancora di una questione delicata.

«Non sto dicendo questo.» Si siede accanto a me, portandosi i capelli sulla spalla opposta. Pianta i suoi smeraldi sul mio viso e mi stringe una mano. «Ti sto dicendo che ti ascolto. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, io sono qui per ascoltarti e aiutarti. Jérémy, sono venuta con te sin qui, questo vorrà pur dire qualcosa, no? Avresti dovuto rendertene conto da solo prima, però. Non voglio litigare, non con te. Ma ti prego di capirmi.»

Sui suoi occhi c'è una patina lucida, che mi fa desiderare di baciarla e mettere fine alle sue angosce. E infatti la bacio, attirandola a me, stringendola tra le mie braccia, ma Alizée mi respinge debolmente. Non serve che ponga altra forza, perché mi separo da lei.

«Non possiamo risolverla così» mormora.

«Non voglio che tu pianga, non per me.»

«Ne riparliamo domattina a mente più lucida» mi suggerisce. Mi accarezza il viso con dolcezza, come se non fosse risentita con me, come se non fosse ferita. E mi sento un verme a non averle aperto il mio cuore così come lei ha fatto col suo.

«Va bene, domani ne riparliamo.» La stringo a me in un abbraccio in cui infondo tutta la dolcezza di cui sono capace, tutto l'amore che merita da parte mia, tutte le scuse che non riesco a dire a voce.

Alizée si lascia stringere e ricambia le carezze sulla mia schiena, regalandomi almeno la sicurezza che quello di stasera non è un diverbio insanabile.

Sono mortificato, era sul punto di piangere per colpa mia. Ho cercato di essere sempre attento e trasparente con lei e ho perso di vista ciò che ci ha uniti nella fuga a Villafiore da Villeurbanne: i suoi problemi familiari che l'avrebbero destinata a una vita tremenda, di cui mi ha parlato alla nostra prima uscita.

E io non sono stato altrettanto sincero con lei.

Quando mi risveglio nel letto, Jérémy non è al mio fianco ancora immerso nel sonno. Mi rigiro tra le coperte leggere, tirando un profondo sospiro.

Sarà già uscito di casa, sottraendosi di nuovo al confronto con me? Come ha fatto ieri sera baciandomi invece di darmi una spiegazione?

Non volevo essere brusca con lui – anche se non credo di esserlo stata – né volevo ferirlo – cosa che invece temo di aver fatto. Ma vorrei che capisse anche il mio punto di vista.

Si è sempre comportato da persona matura che sa cogliere tutti gli aspetti di ciò che lo circonda. Perché stavolta non è stato così? Cos'è che lo frena? Perché proprio con me non si è aperto? Vorrei capire questo, più che i suoi problemi con il padre.

Che mi parli anche di quelli sarà solo una conseguenza. Non vorrei aver minato la sua fiducia in me, ma non posso permettere che i non detti aleggino tra noi. Non quando la sincerità e l'urgenza ci avevano spinti a parlare al nostro primo appuntamento. Forse era per l'urgenza di trovare una nuova squadra che non mi ha parlato del padre?

Ora però non c'è motivo per cui scappi da me.

Mi alzo dal letto e mi infilo le ciabatte. Dalla cucina proviene il gorgogliare del bollitore, così vado lì e trovo Jérémy alle prese con il pan carré su cui sta spalmando della marmellata di fragole, la mia preferita.

Mi rivolge un'occhiata seria, prima di continuare la sua opera. Sul ripiano della cucina ha disposto un paio di piatti su cui sta mettendo il pane con la marmellata, oltre a due tazze con due filtri di tè e il bollitore attaccato alla presa di corrente.

Prende i piatti e li porta nel salone, dove scopro che ha apparecchiato per la colazione, con anche i biscotti, il succo di frutta e due bicchieri. Fa altri viaggi dalla cucina al salone per portare anche le tazze di tè, il pan carré e un barattolo di Nutella.

«Non basterà questo a farti perdonare» gli dico.

«Serve a creare un'atmosfera piacevole, non a farmi perdonare.» Jérémy mi sorride, invitandomi con un gesto della mano a sedermi di fronte a sé.

Al suo sorriso quasi dimentico di essere risentita. Dovrei essere arrabbiata, perché pur di non parlare prepara una colazione da albergo, ma non ci riesco. Non ci riesco, se lui vuole creare un clima tranquillo per dissipare la tensione che serpeggiava ieri sera.

Mi siedo, scaldando le mani intorno alla tazza ancora fumante. Addento una fetta di pane e marmellata sotto il suo sguardo attento. Mi sta studiando, vuole capire fino a che punto sono offesa per ieri. Ma io non sono offesa, sono solo... non saprei neanche dire cosa sono rispetto a ciò che ci siamo detti, oltre a quello che già sa.

«Ho lasciato Gabrielle due anni fa» dice, rompendo il silenzio. «Stavamo insieme dall'ultimo anno di scuola, era amica di amici e ci eravamo conosciuti a una serata. Le cose sono diventate serie presto, abbiamo iniziato a convivere e anche quando mi sono trasferito al Bourg è venuta con me.»

Ho una spiacevole sensazione. Sembra esattamente ciò che è accaduto tra noi. Ma almeno ha deciso di raccontarmi cosa è accaduto, così lo ascolto senza fiatare.

«Tra un'allusione velata e l'altra, le avevo lasciato intendere che avevo intenzioni serie, che ci saremmo sposati, anche se non le ho mai dato modo di farsi un'idea delle tempistiche. Sapevo solo che l'avrei sposata, perché tutto era perfetto e sembrava funzionare a meraviglia. Mi sentivo felice ma, a ripensarci ora, non lo ero. Ero un illuso, ecco.»

«Illuso?» ripeto.

«Gabrielle prendeva la pillola anticoncezionale. Quindi... be', non usavamo preservativi. Un giorno ho scoperto che aveva smesso di prenderla perché voleva avere un figlio da me. Qualche tempo prima, però, le avevo detto che era presto, che avevamo solo ventitré anni, che... non ero pronto. Non mi sentivo pronto a fare il padre, è una grossa responsabilità, significa prendersi cura di qualcuno e poi lasciarlo libero nel mondo con la paura costante che gli capiti qualsiasi cosa. Ho paura di non essere fatto per tirare su un figlio, e quando accadrà voglio essere certo che sarà il momento giusto, che io sarò giusto.»

«Tu sai prenderti cura delle persone. È quello che hai fatto con me.» Appena taccio sento le mie guance avvampare. «Non è la stessa cosa» provo a mediare. «Ma intanto è un'insicurezza in meno. Sai essere amorevole e ti rendi conto quando c'è un problema. Ti sembrerà una cosa da poco, e invece è tanto. Io sono cresciuta in una famiglia in cui nessuno si accorgeva delle mie esigenze e il prendersi cura di me era dettato da altre motivazioni.»

Accenna un sorriso, rincuorato. «Però non sono tuo padre.»

«No, ma penso che in tanti vorrebbero un padre come te» gli dico, con naturalezza. «Non voglio dire che dovresti avere un figlio adesso, ti sto dicendo che ne sarai in grado più di gente che ha ne già avuti, tutto qui.»

Fa un lieve cenno di assenso, come a lasciarmi intendere che ha compreso il senso delle mie parole. «Quando l'ho scoperto mi sono sentito tradito. Mi fidavo di lei e pensavo che rispettasse la mia decisione, che comunque era temporanea, che capisse i miei dubbi, che mi avrebbe aiutato a risolverli e che avrebbe aspettato che mi sentissi pronto. Invece, mi stava ingannando. Un figlio mi avrebbe legato a lei per tutta la vita, anche se non fossimo più rimasti insieme, e mi sono sentito raggirato, come se volesse tenermi solo per sé... Forse non è un ragionamento logico, ma ho perso la testa, immaginavo tutti gli scenari peggiori. Credevo di impazzire. Stavamo insieme da quattro anni, ero sicuro che con lei sarebbe durata per sempre e invece da un giorno all'altro è crollato tutto. I miei genitori non sanno tutta questa storia della pillola, a loro ho detto solo che Gabrielle voleva dei figli, io no e così ci siamo lasciati. Per questo mio padre ogni volta insiste che debba tornare da lei. Mia madre sa che è stato doloroso, per questo non gli dà ragione. Credo che capisca che sia stato un trauma. Dall'oggi al domani ho perso fiducia in una persona che pensavo sarebbe rimasta al mio fianco per tutta la vita.»

Abbassa lo sguardo sul pezzo di pane tra le sue dita, affranto. Mi sento in colpa per averlo costretto a parlare, nonostante il mio bisogno di conoscere la verità. Sembra riprendere fiato, come se avesse appena corso da una parte all'altra del campo di basket.

«Mi dispiace» gli dico in un filo di voce. Non avevo idea che per lui fosse tanto delicato, né che avesse provato un tale senso di smarrimento. C'è della fragilità, in Jérémy, una fragilità che però me lo rende ancora più forte. Per me ha rischiato, per me si è messo in gioco. Significa che si fida di me. «Sappi che io sarò sempre sincera con te e che non ti farò mai niente di nascosto.»

Accenna un sorriso. «Lo so, Alizée. Lo so da quando mi hai raccontato cosa hanno fatto Pierre e tuo padre al tuo ultimo ragazzo. Un'altra, una qualsiasi con il solo desiderio di venire a letto con me, non me l'avrebbe rivelato. Non quella sera. E io... io mi sento un verme per non essere stato sincero allo stesso modo. Forse perché mio padre era un problema che ancora non ti avrebbe coinvolta, e quando sono arrivati qui cercavo di convincermi che dirtelo avrebbe minato la tua serenità. Da quando siamo a Villafiore stai bene. Nonostante quei messaggi di tuo padre e di quello stronzo, stai bene. Non hai più paura e io non volevo fare niente che ti togliesse la tranquillità che meriti.»

«Io merito la verità. Tuo padre non è un problema, so gestire chi a parole vuole spingermi ad agire in un modo o in un altro. È questo che mi ha ferita, ieri: sapere che non mi consideravi abbastanza da...»

«Ti considero abbastanza» mi interrompe lui. Si alza e si avvicina a me, inginocchiandosi accanto alla mia sedia. Mi guarda con tenerezza, una tenerezza che normalmente mi avrebbe fatta sciogliere, ma che ora mi allarma.

Che gli è saltato in mente?

«Che stai...»

«Ti prego di perdonarmi» mormora, gli occhi fissi nei miei, le mani che stringono le mie. «E di non odiarmi per avertelo nascosto.»

Il cuore riprende a pulsare al solito ritmo. C'è stato un momento in cui ho creduto che stesse per compiere uno di quei passi troppo affrettati, come tutto ciò che è stato tra noi.

«Non potrei mai odiarti.» Lo raggiungo sul pavimento, inginocchiandomi anche io, e lo abbraccio.

Mi stringe, con quel tenero calore che mi fa stare bene, che mi fa sentire a casa. Non ho mai conosciuto un uomo come lui. Se questo era il suo trauma, io sono qui per risanare le sue ferite come lui ha fatto con le mie. È questo che significa amarsi.

«A proposito» dice lui, ora tornato il ragazzo tranquillo di sempre. «Julie e Jeanne mi hanno regalato i preservativi per questo. Sai, il discorso sui rischi... con Julie mi è sfuggita tutta la storia. Per fortuna non l'hanno mai detto ai nostri genitori.»

«Non ci posso credere!» scoppio a ridere, tra le sue braccia, e ridiamo insieme.

Mi lascia un bacio sotto l'orecchio. «Grazie, Alizée. Grazie per non avercela con me.»

Non devi ringraziarti, non ce l'ho con te perché ti amo.

Mi rimane sulla punta della lingua, non riesco a dirglielo ad alta voce e così lo lascio a sospirare con il suo respiro che mi scalda la pelle, ancora stretti l'uno all'altra.




Spazio autrice

Immaginavate questo passato di Jérémy? Vi ha sorpreso?

Non riesco a far rimanere questi due innamorati con il broncio troppo a lungo, perché sono fin troppo buoni e dolci l'uno con l'altra! Vi dirò, questo è uno dei capitoli che mi è piaciuto di più scrivere, perché amo quando i personaggi si svelano e raccontano il loro passato mostrando le proprie debolezze. Siete d'accordo con me? O preferite le parti più di azione?

Grazie per aver letto e baci a tutti (e buon finesettimana!),
Snowtulip.


Ps. Non riesco a inserire il divisore di fine capitolo, wattpad sta facendo i capricci D:

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