Capitolo 18
Ripiego una delle mie maglie invernali, prima di riporla nella valigia. In Italia, avrò tutto il tempo di potermi comprare altri vestiti, seguendo di più il mio gusto, senza pensare alle tante limitazioni che ho avuto per troppo tempo.
"Questo no, è troppo scollato, quella gonna ti lascerebbe le gambe troppo nude... Hai un bel viso, perché devi far in modo che la gente guardi il tuo corpo?" I discorsi di mia madre mi tornano in mente. Eppure, non ho mai avuto il desiderio di maglie troppo scollate o di minigonne che coprono a malapena l'intimo. Erano solo dei vestiti normali... Non si rendeva davvero conto, era troppo influenzata da mio padre.
Jérémy è seduto al tavolo, con il portatile aperto e un bicchiere di limonata. Sta parlando con l'allenatore della sua prossima squadra e credo con il dirigente che si è occupato del suo trasferimento lì. Stanno parlando in inglese, quindi riesco a capire cosa si stanno dicendo.
L'allenatore gli sta spiegando i piani per la stagione, sia gli obiettivi alla portata, come entrare nei primi otto e provare a dare fastidio alle più forti per la vittoria finale del campionato, sia quelli che permetterebbero alla Vulnus di alzare il livello, e cioè la vittoria di una coppa europea di cui non ricordo il nome.
Di sicuro non è l'Eurolega, perché quella la ricordo e Jérémy ha detto che in questa squadra non ci giocherà.
Chiudo la valigia, stupita del fatto che tutti i miei vestiti, invernali, estivi e di metà stagione, possano entrare in un bagaglio solo, quando invece lui ha faticato a far stare tutto nel suo. Ho uno zaino da riempire con i miei effetti personali, ma ho veramente poco da metterci, esclusi alcuni libri che ho deciso di portare con me.
Un suono dalla camera mi richiama, così vado a controllare. È il mio cellulare che sta vibrando per una telefonata. E immagino anche di sapere da parte di chi.
Stamattina non sono andata alla Marée e Vivienne non avrà saputo dare delle spiegazioni su dove fossi. Addirittura meno ne avrà sapute dare Axel, che ha accettato di andare al mio posto senza chiedermi perché.
Tutto questo avrà mandato mio padre fuori di testa.
Rimango immobile a fissare lo schermo del telefono, spero che presto si stufi di rimanere come uno stupido ad aspettare che gli risponda. Non ho intenzione di farlo.
Torno al salone, dove Jérémy sta ascoltando le parole del suo futuro allenatore.
«Si è sentito qualcosa?» gli chiedo a bassa voce, sperando di non disturbare.
Lui si scusa un momento con gli interlocutori, poi si rivolge a me, in francese. «Che succede?»
«Mi sta chiamando mio padre» sussurro. «Si sente che vibra il telefono?»
Aggrotta le sopracciglia, confuso, ma mi fa cenno di no.
«Scusami se ti ho interrotto.»
Sorride, affabile, come se non fosse accaduto niente. «Non ti preoccupare.»
Si scusa con l'allenatore, ma gli dice che era una questione importante. Solo sentirglielo dire mi scalda dentro e mi fa sentire più sicura. Per lui è importante che mio padre mi stia alla larga, per lui è importante che io stia bene.
Mentre parlavo con lui, è riuscito a farmi un'altra telefonata. Guardo lo schermo, senza toccarlo. Poi inizia a inviarmi dei messaggi.
"Alizée, dove sei? Vivienne è arrivata senza di te, dove sei?"
Sono dove tu non vuoi.
"Alizée, rispondimi!"
Non ci penso proprio.
"Ti è successo qualcosa? Stai bene? Vuoi far preoccupare tua madre?"
Prendo il telefono e scrivo, solo perché ha nominato mia madre. "Sto bene. Non deve preoccuparsi."
Lui visualizza, poi mi telefona di nuovo. Ma quando capisce che non ho intenzione di rispondergli, ricomincia con i messaggi.
"Dove accidenti sei finita? Vuoi far preoccupare anche me?"
Dubito che a lui importi davvero di me.
"Sei con quel poco di buono, vero? Che ti ha fatto?"
Jérémy non è un poco di buono, al contrario del suo amatissimo Pierre.
"Alizée! Non farmi incazzare! Dove sei? Devo venire a prenderti e riportarti a casa?"
No. Non torno indietro.
Lascio il telefono a vibrare, e finisco di riempire la mia valigia, che Jérémy aveva già preparato con i vestiti che avevo portato qui da lui.
"Ti sta deviando, ti sta portando lontano da noi! Come fai a non capirlo?"
Trattengo una risata isterica. Lui mi ha deviato? Lui mi sta facendo del male?
Sento Jérémy salutare il suo allenatore e concludere la sua videochiamata.
"Se non torni subito, non mi dici dove sei e non mi rispondi, vado a denunciarlo per rapimento. Vuoi averlo sulla coscienza?"
«Che succede?» sussurra alle mie spalle. Mi abbraccia da dietro, lasciandomi un bacio leggero sulla guancia.
Ma io continuo a guardare il telefono e tutti i messaggi che mio padre sta inviando.
"Va bene, sto andando dalla polizia."
Mi sento tremare, stretta tra le braccia di Jérémy. «Andiamo, mostriamo tutto alla polizia. L'ho già denunciato io, questo andrà solo contro di lui.»
Rimango immobile, incapace di realizzare cosa mi sta proponendo. Vuole che denunci mio padre? Nonostante tutto quello che ho passato a causa sua, non avevo mai pensato di farlo, ho sempre creduto che sarebbe stata l'ultima spiaggia. E ora...
«Hai paura?»
«Sì.»
«Non devi averne. Tra un paio d'ore saremo sull'aereo e saremo lontani da qui. E lui non potrà raggiungerci.»
Odile Blanc, la cugina di Adrien, ci precede fuori dalla stazione di polizia di Lione, a cui ci siamo rivolti poco meno di ventiquattro ore fa. È stata ferrea nel parlare con gli agenti, è partita all'attacco come se fosse in tribunale a perorare la nostra causa.
«Vedrete che non la passeranno liscia» ci assicura, stringendo un lembo della giacca bianca, che indossa stoicamente nonostante il caldo. I capelli biondi svolazzano intorno al viso, e il naso affilato sembra minaccioso per chiunque intralci il suo cammino. Sono rincuorato che un'avvocata dal carattere deciso come lei abbia preso in consegna la nostra denuncia.
Alizée rimane in silenzio, come se fosse incapace di reagire a tutto ciò che le sta accadendo intorno. È stordita, spaesata... e mi fa tenerezza. Ora deve lasciare Villeurbanne, il tranquillo quartiere di Cusset dove ha vissuto per tutta la vita, e intraprendere un nuovo viaggio.
Le porto un braccio attorno alle spalle, senza dire niente. Lei solleva lo sguardo, puntando quegli occhi cristallini nei miei.
«Ne è sicura?» chiede alla donna. Nella sua voce avverto un tremolio.
«Sicurissima.» Odile Blanc sistema la tracolla della borsa da lavoro, in cui ficca la mano libera per controllare qualche scartoffia. «Se dovessero esserci delle novità, contattatemi subito.»
«Noi stiamo per lasciare la Francia» le dico.
«E niente impedirebbe a quei due scellerati di cercarvi anche all'estero» ribadisce lei. Passa ad Alizée un biglietto da visita. «Mi raccomando, alla prima avvisaglia contattatemi. Fosse anche nel cuore della notte.»
La mia ragazza accenna un sorriso, confortata. «D'accordo. La ringrazio.»
«Non deve ringraziarmi, faccio questo mestiere per senso di giustizia.» Anche l'avvocata sorride, convinta. «E il tuo caso è meglio che passi dalle mie mani, non è la prima volta che mi occupo di una situazione simile.»
La salutiamo, mentre lei si allontana in direzione della sua automobile. Agita la mano nella nostra direzione pur dandoci le spalle, con i capelli biondi che le volano dietro come un velo da sposa.
«Quando Adrien mi ha detto che sua cugina era avvocata, la immaginavo diversa» commento ad alta voce, facendo ridere Alizée. «Che c'è?»
Sorride, bellissima. «Come ti aspettavi che fosse? È stata seria, professionale e molto interessata a quello che ci è successo. Io immagino così gli avvocati.»
Le prendo una mano, intrecciando le dita alle sue. «Dobbiamo andare.» Lascio cadere il discorso su Odile Blanc, e mi incammino verso la macchina che abbiamo lasciato in una traversa vicina. Abbiamo già caricato le valigie, ho svuotato l'appartamento in cui ho vissuto nell'ultimo anno e mezzo e sono pronto a partire con Alizée.
«Come ti senti?» le chiedo, appena ci siamo seduti e messi le cinture.
«Non lo so» mormora lei. «Eccitata, in ansia, non vedo l'ora... Ma sono anche un po' spaventata.»
«Per tuo padre?»
«Per l'aereo, non ne prendo uno da anni.»
«Non preoccuparti, andrà tutto bene. Saremo da soli e andremo lontano da qui.»
Rimane in silenzio, fino a quando non parcheggio all'aeroporto Saint-Exupéry. Alizée recupera uno zaino e un paio di trolley, lasciando a me un altro zaino e una valigia pesante.
«Non credevo che il mondo di due persone potesse entrare in così poco spazio» commenta, guardando il riflesso di entrambi sul vetro dell'automobile. «O forse abbiamo solo cose essenziali.»
«La seconda» le dico, incamminandomi verso l'ingresso. Traggo un profondo sospiro, cercando di fare mente locale, ricordando le indicazioni da seguire. «Il nostro è un volo privato, ce l'ha messo a disposizione la società.»
«Quale, l'Asvel?»
«La Vulnus. Ho detto che avrei firmato con loro appena sarei arrivato e che avevo urgenza di partire. Ieri mi hanno offerto un volo privato per arrivare da loro e ho accettato.»
«A loro non hai raccontato di...» Si ferma, inspirando ed espirando lentamente, come se cercasse di raccogliere le energie per questo ultimo passo. Ha paura che abbia parlato con estranei della sua situazione?
«No, Alizée. È una questione privata, ne parlo solo se per te va bene.» Le sorrido, facendole cenno di raggiungermi.
Si raccoglie i capelli su una spalla prima di afferrare il bagaglio del trolley e rimettersi in cammino. «Non sono pronta a parlarne» dice, forse rassicurata dal fatto che attorno a noi ci sono solo turisti diretti o in transito all'aeroporto. «Sto ancora cercando di realizzare cosa sta succedendo.»
«Hai il documento, vero?» le chiedo, cambiando bruscamente argomento. Non mi era venuto in mente che potesse non averlo con sé.
«Certo. Dobbiamo partire e non lo porto?»
«Ho temuto che...» inizio, ma poi lascio in sospeso la frase. Sono proprio l'ultimo che ha da temere qualcosa, tra noi due.
«No, no, il documento ce l'ho sempre con me» mi assicura lei. «Se voglio andare via da qui mi serve. Almeno, mi basta per andare in Italia.»
Arriviamo all'ingresso del nostro gate. Mi fermo a guardarla: splende di una luce sua, ha un bagliore negli occhi che mi fa pensare che aveva ragione quando mi diceva di essere entusiasmata all'idea della partenza.
E ora ci siamo.
Spazio autrice
Questo è un capitolo di passaggio, prima di... be', di tornare a Villafiore. Non vedevate l'ora, vero?
Se non l'avete già fatto, vi consiglio di recuperare le mie altre storie, così avete già un'idea di chi sono i personaggi che Jérémy e Alizée stanno per incontrare (e quelli che noi stiamo per ritrovare!). Inoltre, potete seguirmi su instagram (sono @snowtulip_autrice), perché lì scrivo aggiornamenti di scrittura e di pubblicazione. E ho già dato qualche piccola e bella novità!
Approfitto di questo spazio per dirvi anche che ho stilato la timeline delle storie che ho scritto e delle prossime che scriverò (così da avere il quadro completo da condividere con voi). Ma non le farò uscire in "ordine cronologico" (infatti con la prossima faremo un piccolo salto in avanti alla prossima stagione)... alcune saranno dei prequel, e mi servono per raccontare i personaggi più importanti che abbiamo avuto fin qui e che non hanno ancora avuto una storia tutta loro. Mi sto dilungando troppo, vi spiegherò tutto su instagram ;)
Baci a tutti e grazie per aver letto!
Snowtulip.
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