Capitolo 16
Tento per l'ottava volta di telefonare a Jérémy. Ho passato la notte in bianco ad aspettare un segnale, un qualsiasi segnale da parte sua... Devo vederlo, sapere che sta bene. Dopo quello che Pierre stava per fare ieri, ho un disperato bisogno di vederlo e di dirgli che sono disposta a trasferirmi da lui anche adesso pur andare via da questo posto.
Sono sicura che quello stronzo si presenterà appena si alzerà dal letto, ignorando le raccomandazioni sullo stare a riposo. E non sono sicura di poter sopportare la sua vista. Quando mi aveva baciata poi ero stata a pezzi e ieri stava per fare qualcosa di molto peggiore. Se non fossero intervenuti Nicole e Luis...
«Hai finito? Tra poco qui dobbiamo aprire!» Mia cugina appare sulla soglia del laboratorio, accompagnata dal pasticcere, che dev'essere arrivato subito dopo di noi.
«Non mi risponde» le dico. E solo a dirlo si forma un orribile pensiero nella mia testa. Se Thomas era finito in ospedale, a Jérémy cosa potranno aver fatto? Nonostante la certezza che durante la festa del vecchio Lefort fosse all'allenamento, sono tesa come un filo del bucato. «Devo sapere che sta bene, non lo sento da ieri mattina.»
«Vedrai che avrà sicuramente una spiegazione» prova a rincuorarmi Nicole. Il suo tono vuole essere rassicurante, persuasivo. Ma ora che sono qui, dove ieri Pierre mi ha lasciato intendere che potrebbe fargli del male, non sono affatto tranquilla. «Adesso dobbiamo aprire.»
«Ma se...»
«Andiamo, Zézé, ti ha chiesto di fuggire insieme, non credo che sparisca senza motivo! Se apriamo, lui arriva e può dirti perché non ti ha più scritto!»
«Ti ha chiesto di fuggire insieme?» esclama Luis. «E tu cosa gli hai detto?»
Scrollo le spalle, prima di riprovare un'altra volta a chiamarlo. «Secondo te? Dopo quello che Pierre stava provando a fare ieri, rimarrei ancora qui? Sono giorni che sto portando via i miei vestiti da casa, così appena cambia squadra vado con lui.»
«Xavier non lo sa, vero?» mormora il pasticcere guardandosi attorno con circospezione, come se temesse l'arrivo di mio padre da un momento all'altro.
«E non deve saperlo.» Sospiro, sentendo all'orecchio che gli squilli suonano a vuoto. «Non mi risponde.»
«Forse gli hanno solo rubato il telefono, prova a pensare in positivo.»
«Ieri sera Pierre...» Non riesco nemmeno a dirlo ad alta voce. Evito di guardare Luis, facendo partire un'altra telefonata, visto che anche questa è andata a vuoto. «E lui oggi non mi risponde: come faccio a pensare in positivo?»
Inforna i cornetti, riflettendo tra sé. «Lo fai pensando che dopo lui verrà qui a prendersi il solito ginseng e che avrà una spiegazione.» Mi porge una mano per alzarmi in piedi e raccogliere tutto il mio coraggio e le mie forze per andare da Nicole mentre i primi clienti iniziano ad arrivare. «E se quella merda di Pierre si fa vedere, non mi faccio nessun problema a mandarlo dove deve. E cioè a fanculo.»
«No, non farlo.» Lo blocco quando è già all'uscita del laboratorio. «Se lo fai, mio padre se la prenderà con me e non sarà servito a niente. Lascialo stare, si occuperà Nicole di lui.»
«Se ti fa qualcosa, qualunque cosa, sentiti libera di venire qui a prenderti una pausa, ti sostituirò io.»
Gli sorrido, riconoscente, e lo lascio a preparare l'impasto per altri cornetti, andando da mia cugina, già sulla pedana e pronta a preparare il caffè per il primo cliente della giornata, un ragazzino dall'aria stanca e smarrita che probabilmente ha fatto nottata in giro e che ancora deve rientrare a casa.
Quanto lo invidio.
L'inizio del turno trascorre senza nessuna nota fuori posto, nonostante mio padre arrivi prima rispetto al solito, con i componenti del quartetto che arrivano un po' alla volta e il vecchio Lefort che ci fa i complimenti per la festa di ieri sera, perché, a suo dire, è stata la migliore della sua vita, nonostante il piccolo incidente di quello scavezzacollo del nipote.
«A forza di andare in palestra e di pomparsi, finirà ad avere il cervello ridotto a una nocciolina!» ridacchia, prendendolo in giro in sua assenza. Sentire la sua voce gracchiante che lo ridicolizza è un balsamo alla mia ansia. «L'ho detto, a tutti quanti, che devono tornare presto perché qui siete tutti bravissimi!» conclude entusiasta tornando a parlare della festa, quando Nicole gli porge una ciambella. «Ed è uno dei posti migliori del mondo!»
Inarco le sopracciglia, sperando che non mi veda. Questo è il posto da cui voglio andarmene il prima possibile, altro che il migliore del pianeta.
Prende anche la sua tazza e se ne va al tavolo dove sono seduti gli altri, che lo accolgono prendendolo in giro perché è invecchiato di un anno.
Mi giro a preparare i caffè per i dipendenti dell'ufficio di fianco ma, appena sento il suono della campanella e dei passi un po' più pesanti della norma, lascio tutto a Nicole e mi volto.
Jérémy sta entrando, lasciando che la porta si richiuda da sola alle sue spalle. Si guarda intorno, saluta con un cenno i pensionati e raggiunge il solito punto accanto alla macchina del ginseng, mentre gli impiegati lo scrutano con curiosità. Ha il viso pieno di lividi, così come sulle braccia e, da quello che riesco a vedere dallo scollo della maglia, anche sul petto. E un taglietto medicato su una guancia.
No, non è possibile...
Con che coraggio è venuto qui, dopo quello che gli hanno fatto?
«Scusami per ieri» mormora, in modo che possa sentire solo io. «Ho avuto un contrattempo poco piacevole e non volevo spaventarti.»
«Che ti hanno fatto?» gli chiedo invece. «Così mi spaventi molto di più!»
Abbozza un sorriso, passandosi il dorso della mano sulla guancia, nel punto in cui è medicato. «Per fortuna è intervenuto un mio amico e se la sono data a gambe.»
Faccio per scendere dalla pedana per andare da lui e abbracciarlo, per scaricare tutta la paura che mi ha pervasa, ma la porta si apre di nuovo e stavolta è Pierre, che con aria strafottente si accosta al bancone, piazzandosi proprio accanto a Jérémy.
«Nottataccia?» mi sbeffeggia Pierre, alzando la mano in direzione di Alizée, come se stesse ordinando il suo caffè con questo semplice gesto.
«Tu perché sei qui?» sbotta lei, infastidita e con le guance che le vanno a fuoco. «Non dovresti riposare?»
Riposare?
Sorride, sardonico. «Mi sono già riposato, non potevo privarti del piacere della mia compagnia.»
«Mi avresti fatto un piacere più grande se non ti fossi proprio presentato» continua Alizée, forse incoraggiata dalla mia presenza. O forse perché intuisce cosa mi è accaduto davvero ieri e voglia tirare fuori le unghie per difendermi.
«Te l'ho detto, ha il cervello ridotto a una nocciolina a furia di pomparsi!» grida il vecchio Lefort, seduto a un tavolo con gli altri della compagnia, che sghignazzano divertiti.
«E io vi ho detto che sto bene!» salta su Pierre, alzando la voce.
«Ieri sera è svenuto durante la festa» mi spiega Nicole. «Forse è stato un calo di zuccheri o forse ha bevuto troppo.»
«Non ho bevuto troppo, sto bene» ribadisce lui. «Alizée, il mio caffè?»
Lei lo ignora, sistemando il mio ginseng su un piattino e porgendomi il contenitore con le bustine dello zucchero di canna. Mi rivolge un sorriso che cerca di essere controllato, eppure non riesce a nascondere tutto il suo turbamento.
«Hai avuto un frontale con un tir?» mi prende in giro il carciofo.
Rido, amaramente. Ho la netta impressione che, se non è stato proprio lui a picchiarmi, devono essere stati i suoi amici. «No, ho avuto un diverbio con un compagno di squadra. Ce ne vuole uno grande e grosso per ridurmi così... O forse erano in cinque, non li ho contati bene.»
«Amico, spero che tu gliele abbia ridate.» Gli rivolge un sorrisetto strafottente. Lo sa benissimo, è stato lui a far sì che trovassero il posto dove abito... E se lo sapesse e Alizée corresse dei pericoli per questo? Se a lei facessero di peggio di quanto hanno fatto a me?
«Sono contro la violenza, li ho lasciati fare» replico, atono, prima di sorseggiare il ginseng.
«Non mi sembra una cosa molto intelligente, guarda come stai!» esclama Nicole, turbata.
«Sto bene, sto bene.» Faccio una piccola smorfia di dolore, dando le spalle a Pierre, poi guardo Alizée. «Potresti prendermi un croissant, vero?»
«Sei stato in ospedale?» mi chiede invece lei.
Non ho il tempo di rispondere, perché Xavier sbuca dal retro e ci guarda con disapprovazione. «Avete impacchettato le torte per la signora che deve passare dopo?»
«Ti sembro un pasticciere?» ribatte la figlia, dura. «Sto facendo il mio lavoro.» Gli dà le spalle e va sul retro, forse per prendere un croissant appena sfornato. Sta tenendo testa persino a lui, dev'essere al limite della sopportazione.
«Ah, sì, le torte...» Nicole ha il tono di chi ha sempre la testa tra le nuvole. «Zio, non sono sicura su una, ho bisogno del tuo parere.»
Xavier nota i miei lividi e il taglio sul viso. I suoi occhi si illuminano nel vedere come sono ridotto, si starà godendo il mio aspetto malconcio, confermando la mia ipotesi che lui e Pierre sono i mandanti del pestaggio. «E tu che hai fatto? Ti sei cacciato in una rissa?»
Poggio i gomiti sul balcone, con una smorfia ironica e amara. «Mi hanno coinvolto, io non ho fatto del male a nessuno.»
«Hai l'aria di uno che se le è cercate e che poi le ha prese!» ridacchia il padrone del bistrot.
Alizée, sbucata dal laboratorio con un croissant tra le mani, impallidisce, tanto che temo che possa svenire. Ha capito anche lei quello che supponevo già io, e sentire suo padre che mi deride le sta solo dando un'ultima conferma.
«Puoi credere quello che vuoi.» Alzo le mani e rivolgo un sorriso alla figlia, che mi sta porgendo il croissant caldo. «Comunque, sono stato in ospedale e appena ho detto cosa era successo, hanno chiamato la polizia. Mi hanno aggredito dei tizi incappucciati...»
«Non li hai riconosciuti?» chiede uno degli impiegati della banca qui vicino che si sta prendendo un momento di pausa e un caffè.
«Forse erano solo dei tifosi scontenti» ride Pierre.
«C'è poco da ridere, guarda che gli hanno fatto!» esclama Alizée, spazientita.
«Non ti preoccupare, ho un'idea su chi potessero essere» le dico, pacato. «Ho fatto dei nomi alla polizia, anche se non ho prove concrete.»
«Hai fatto i nomi?» si incuriosisce Xavier. Ha perso l'arroganza di poco fa, ora è preoccupato. E fa bene a esserlo, deve immaginare cosa gli ho raccontato e che il primissimo nome che ho detto è stato proprio il suo. «Attento a non calunniare nessuno.»
«Non calunnio proprio nessuno.»
Lui sembra accettare la mia presenza – forse perché sono ridotto male – e torna nel laboratorio, da cui spunta Luis con dei croissant, ciambelle e bomboloni che sistema nella vetrina. Il pasticcere mi rivolge solo un'occhiata, ma non fa domande. Immagino che gliene parlerà Nicole più tardi.
«Sembri uno sfigato, almeno io non ho un occhio nero!» mi sfotte ancora Pierre, ringalluzzito.
«Sono messo male, ma ho abbastanza forza per darti uno schiaffo e mandarti al tappeto» lo minaccio pacatamente, come fanno i cowboy negli spaghetti western. «Non vorrai cadere a terra di nuovo dopo lo svenimento, no?»
Luis trattiene una risata mentre sistema le ciambelle, mentre Alizée sorride splendida.
Pierre si rabbuia, come se fosse reduce da un brutto sogno, e china la testa sulla tazzina vuota davanti a sé.
Faccio cenno ad Alizée di avvicinarsi e le sussurro: «Devo parlarti».
«Ora non posso» mormora lei, e con la testa indica il bastardo che ha le orecchie tese.
Finisco di mangiare il croissant soffice che mi ha portato e poi dico a un volume normale: «Ho un appuntamento importate, auguratemi buona fortuna».
«Incrocio tutte le dita per te.» Nicole mi fa l'occhiolino, complice.
Indietreggio per trovarmi alle spalle di Pierre, poi sillabo con le labbra rivolto ad Alizée, in modo che il carciofo non possa sentirmi: «Dopo ti scrivo, ho delle novità.»
Saluto tutti cercando di non metterci troppa enfasi. Potrebbe essere stata l'ultima volta che ho messo piede alla Marée du Jour.
Sono già certo che non mi presenterò all'allenamento da Tremble, non voglio farmi vedere da lui in questo stato... Devo ancora passare da Vivienne a prendere gli ultimi vestiti di Alizée, così mi dirigo all'automobile, mentre leggo l'ultimo messaggio che mi ha mandato Adrien.
"Tra poco ho una videochiamata con la Vulnus di Villafiore. Do la disponibilità totale?"
"Sì" gli rispondo. "Fammi partire il prima possibile da qui."
Spazio autrice
Un piccolo capitolo di passaggio, ma la preoccupazione di Alizée e il suo calmarsi alla vista di Jérémy (per poi dare in escandescenze con il padre e Pierre) meritavano tutto un capitolo.
Ci stiamo avvicinando al giro di boa della storia, con la prima parte che si sta per chiudere (se ci fate caso, le mie storie hanno sempre una cesura più o meno a metà). Il che significa che sì, presto arriveremo a Villafiore e ritroveremo anche gli altri personaggi.
Per avere già un'idea di chi sono, potete andare a dare un'occhiata alle altre storie (soprattutto "Amore all'Overtime", perché c'è più spazio per la squadra), così potrete essere felici quando li ritroveremo qui <3
Anche stavolta vi ricordo che ho un profilo su instagram (@snowtulip_autrice) e se siete miei lettori vi ricambio molto volentieri!
Baci a tutti e buon finesettimana,
Snowtulip.
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