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Capitolo 13

Il vestito che mi ha prestato Vivienne mi fascia i fianchi, per ricadere morbido sulle gambe. Ha uno spacco elegante sulla sinistra e la scollatura sembra fatta apposta per mettere in risalto la mia catenina.

«Il nero ti dona, sei uno spettacolo della natura» sorride lei, affiancandomi nel riflesso dello specchio.

Con la piastra ha accentuato il boccolo che mi ricade vicino alla guancia destra, mentre i capelli sono fissati con uno chignon e legati con un laccetto con un grosso ibisco nero.

Non mi sono mai vista così bella, sembra che il mio viso risalti ancora di più e che le mie forme solo accennate siano persino eleganti.

«Prima che scendi, devo farti una foto.» In un attimo punta il telefono sullo specchio e scatta. Poi mi passa una giacca leggera da abbinarci, mentre ricevo il messaggio di Jérémy, che mi dice di essere arrivato. Prendo anche una borsetta che mi ha prestato Nicole, bianca con dei ricami neri, e mi accingo a scendere.

Ma mia cugina, appostata alla finestra, mi fa cenno di aspettare. Rimane nascosta dietro la tenda, spiando se Pierre – o chi per lui – sia in agguato. Finora non ha notato nessuno di sospetto, ma ha deciso che è meglio essere previdenti e si è piazzata lì, dove può osservare bene la strada.

«Via libera» dice, poi mi rivolge uno sguardo colmo di tenerezza. «Zézé, sei da urlo.»

Sorrido, un po' imbarazzata. Spero che Jérémy mi trovi altrettanto bella.

«Tranquilla, ti portiamo lo zaino domattina, tu goditi la serata e il tuo bel ragazzone» dice Vivienne, prima di accompagnarmi alla porta.

Saluto lei e Nicole, e scendo le scale di corsa. Quando Vivienne mi ha proposto di prestarmi anche le scarpe con il tacco, mi era preso un colpo, ma ha un numero più piccolo del mio e così ho potuto tenere i miei sandali bassi.

Arrivo al piano terra ed esco all'aperto, accolta dall'afa del tramonto. Jérémy si è fermato in seconda fila, proprio davanti al portone della mia amica, e mi apre la portiera dall'interno con un sorriso che gli va da un orecchio all'altro.

«Wow, sei stupenda.» Mi dà un bacio sulla guancia, ma io lo attiro a me, posando le mie labbra sulle sue. Sono morbide, e la sensazione che mi danno è inappagabile. Niente è come i suoi baci.

Anche quando sono veloci come questo.

Riparte subito, aveva ancora il motore acceso quando sono arrivata. «A tuo padre hai detto che sei da Vivienne?» mi chiede.

«Sì.» Mi soffermo a guardarlo mentre guida. Indossa una camicia bianca e dei pantaloni abbastanza eleganti, come se immaginasse che mi sarei vestita bene e non volesse essere da meno. Ed è uno spettacolo niente male. «Dove andiamo?»

«A Lione. Sono riuscito a prenotare in un posto tranquillo.» Si ferma a un semaforo e mi guarda con aria seria. «Ho dato un'occhiata ai posti che frequenta il carciofo di solito insieme alla sua famiglia... E questo non rientra tra quelli. Se dovessimo incontrare qualcuno che ci conosce, potremmo andare via subito. Ho anche pensato di prenotare tutto il locale, ma era un po' tardi per farlo.»

Accenna un sorriso, ma il mio cuore batte all'impazzata. Avrebbe prenotato tutto un ristorante solo per stare insieme a me? Per essere certi che Pierre – e con lui mio padre – non sapesse di noi?

«Potevamo rimanere a casa, non era necessario...» gli dico, un po' in imbarazzo. «A me avrebbe fatto piacere lo stesso.»

Sorride, riprendendo a guidare. «Sì, era necessario. Sei sempre al chiuso, devi prendere un po' di aria e un po' di vita, no?»

Avvampo ancora una volta. Si sta preoccupando per me, si sta prendendo cura di me. «Be', Jérémy... grazie.»

«Non sto facendo niente di straordinario.»

«Per me lo è.»

Accende la radio, come se volesse ignorare il mio imbarazzo per non farmelo pesare. «Decidi tu cosa ascoltare.»

Mando avanti i canali finché non sento la voce di Indila cantare Dernière danse, così lascio che le sue note rimbombino nell'automobile di Jérémy.

«Non pensavo che ti piacesse» commenta lui.

«No?»

«È difficile interpretare i tuoi gusti se al bistrot fai sempre scegliere la musica agli altri.»

L'ha notato.

«Perché mi piace un po' tutto. E preferisco che i ragazzi si sentano a loro agio mentre sono al lavoro, e la musica aiuta a stare meglio, anche in situazioni di stress.»

«E tu come fai a sopportare le situazioni di stress?»

«Aspettando che tu arrivi a prendere il solito ginseng.» Glielo dico con naturalezza perché, dopo la nottata che abbiamo trascorso insieme, mi sento senza veli con lui. Mi sembra normale dirgli che da quando è entrato alla Marée, tanti mesi fa, il pensiero di lui e delle sue buone maniere, del suo sguardo gentile e che mi incanta, mi aiuta.

Anche a sopportare Pierre e mio padre.

Rimane in silenzio, forse colpito dalla mia sincerità, finché non parcheggia in una via secondaria di Lione, che non conosco.

Scendiamo sul marciapiede e mi prende per mano, camminando fianco a fianco fino al ristorante. È normale, così meravigliosamente normale poter andare in giro con le dita intrecciate tra loro...

Se è un sogno, non voglio svegliarmi mai.

Al ristorante, prendiamo posto in un angolo distante dai tavoli già presi d'assalto. Mi guardo intorno, soffermandomi in particolare sulle pareti a cui sono appesi dei quadri e delle lanterne ornamentali. I dipinti sono repliche di quadri famosi, soprattutto di impressionisti. Alle spalle di Jérémy c'è una riproduzione di un Degas, in cui le ballerine si esercitano nei loro movimenti.

Rimango a fissare le loro gonne di tulle per un tempo che mi pare interminabile. La seconda metà dell'Ottocento è un periodo che mi ha sempre affascinata, sin dai tempi in cui l'ho studiato a scuola.

Lui sorride. «Ti piace qui?»

«Sì» gli sorrido anche io di rimando, estasiata. «Stando qui, con te... mi sembra di vivere la vita di qualcun altro. Non hai mai questa impressione?»

Riflette per un momento, con lo sguardo puntato sul vetro del bicchiere. «No, in realtà no. Io faccio la vita che ho sempre voluto fare sin da ragazzino. Nonostante alcuni incidenti di percorso, come il mio allenatore, ho ciò che ho sempre desiderato: gioco a basket da professionista.»

Abbasso il mento, imbarazzata. Lui ha la vita che vuole, non deve limitarsi a sognarla... come invece sono costretta a fare io.

«Vorrei che anche tu avessi ciò che hai sempre sognato. Che avresti voluto fare?»

«Io...» esito, perché la riposta è umiliante più della mia routine di tutti i giorni. «Non lo so. Avrei voluto continuare a studiare, ma non sono riuscita a dire a mio padre che volevo andare all'università perché mio zio se n'è andato mentre io e Nicole stavamo finendo il liceo, così ci siamo dovute occupare del bistrot che loro avevano comprato insieme. E da lì... be', ci sono stati i debiti risanati dai Lefort, e poi Pierre. Quello che ho voluto da quel momento in poi era solo andarmene e fuggire da Villeurbanne.»

Persino essere a Lione per me è un'avventura, a prescindere che ci sia con lui.

«Che cosa avresti voluto studiare?»

«Lingue. Con l'inglese e lo spagnolo me la sono sempre cavata molto bene, ma avrei voluto studiarne anche altre... Sai, se fossi stata a Parigi, sarebbe stato utile per lavorare con i turisti, magari anche in un bistrot del centro, però non è che ci abbia mai pensato più di tanto. Sono solo sogni, non posso andarmene da qui.»

Lui si rabbuia, ma per fortuna arriva il cameriere che ci serve una zuppa.

Infilo il cucchiaio nel piatto e lo guardo, incerta. «Ho... ho detto qualcosa che non va?»

«No, no» mi rassicura subito lui, con un sorriso tiepido. «Non proprio. Ma tu dici di non poter andare via da qui, mentre era proprio quello che volevo proporti io.»

Avvampo dall'imbarazzo. Ho sentito bene? Vuole chiedermi di lasciare Villeurbanne insieme a lui? Rimango immobile, non so come reagire.

«Quando ti ho detto che non sarei rimasto all'Asvel a lungo, intendevo proprio che era una questione di giorni. Ho chiesto al mio agente di intensificare i contatti con le squadre che mi hanno cercato e potrei davvero andare via da un momento all'altro. Vorresti venire con me?»

«Con te?» La mia voce è un sussurro sorpreso, un suono che mi esce dalle labbra ancora prima che possa rendermene conto.

Andare via da qui, non preoccuparmi di come pagare il biglietto, lasciarmi alle spalle Pierre e la sua ossessione per me?

«Non puoi, vero?» ipotizza, con un filo di dispiacere. «Ti capirei, hai tua cugina, i tuoi amici... Però pensavo che se tuo padre ti obbliga a sposare quell'idiota, non saresti felice.»

Allungo una mano sul tavolo e la poso sulla sua. Emana un calore reso più intenso dalle sue parole. «Jérémy, io non posso andarmene da qui perché non ho i mezzi per farlo. Con quali soldi comprerei il biglietto per andare ovunque vorrei? I miei soldi li ha mio padre, quando ne ho bisogno mi dà solo pochi euro alla volta, e spesso sono quanto basta per la spesa che dovrò fare.»

«E se fossi io a occuparmene? Per me i soldi non sono un problema.»

Accenno un sorriso, facendo scorrere gli occhi sulla sala. «Lo vedo, guarda dove siamo!»

Sorride. «Accetteresti? Di fuggire insieme a me?»

«Accetterei.»

Richiudo la porta di casa e senza neanche aspettare un istante sono già da Alizée. La stringo a me e la bacio, con tutta la passione che ho, e lei risponde al mio bacio con lo stesso entusiasmo.

È bello sentirla tra le mie braccia è bello sapere di darle quella libertà che altrimenti non potrebbe mai avere. E io sono l'uomo più felice del mondo a poterle regalare la realizzazione di un sogno.

Se il suo è la fuga, la fuga avrà.

Senza staccarci l'uno dall'altro, arriviamo in camera. Mi siedo sul letto e lei su di me, con le mani sulla mia schiena, come se temesse che possa allontanarmi da un momento all'altro. Niente di più sbagliato, vorrei restare qui con lei per tutta la vita.

Porto una mano sulla sua coscia, che si scalda sotto il mio tocco. Stasera è veramente uno spettacolo, con questo vestito elegante, ma spero che non le dispiacerà se le abbasso la zip, così muovo le dita libere a tentoni per raggiungerla e tirarla giù.

Alizée interrompe il nostro bacio e sorride, con fare un po' impacciato e le guance di quella sfumatura oro-porpora che mi fa impazzire. «Sotto... Vivienne mi ha detto di non mettere niente.»

Le do un bacio a stampo, cercando di farla rilassare. «Ti imbarazza?»

«Solo un po'» ammette. «Con te sto bene, ma...»

«Ma?»

Arrossisce ancora di più, ma non mi risponde. Mi bacia, iniziando a sbottonarmi la camicia. La lascio fare, godendomi il calore delle sue mani che mi sfiorano nei movimenti, e mi libero della camicia sfilandomela dalle braccia, mentre lei passa ad abbassarmi i pantaloni.

«Vorrei fare una cosa» dice, con aria seria. Si siede al mio fianco e libera le caviglie dai lacci dei sandali. «Ma tu non pensare male di me.»

Scalcio via le scarpe dai piedi e mi tolgo anche i pantaloni. «Non penserei mai male di te.» Le accarezzo la guancia, e lei si abbandona a un sospiro rilassato. «Sentiti libera di fare tutto quello che vuoi.»

Mi dà le spalle e si porta una mano alla zip del vestito, a cui però non arriva perché già l'avevo abbassata io di qualche centimetro, così finisco di tirarla giù. Si sfila il vestito dall'alto, mostrandomi la schiena nuda e accenna all'abat-jour sul comodino. «Possiamo tenere accesa solo la lampada?»

«Certo.» Mi alzo in piedi per spegnere la luce, mentre invece Alizée si abbassa per far scattare l'interruttore più piccolo che ricade con un filo di plastica accanto al mio letto. Ritorno da lei, che sta spostando il suo vestito su un cassetto che avevo lasciato aperto. «Che volevi fare?» le chiedo in un soffio.

«Ci sto già ripensando...»

«Alizée, io non ti costringo. Sii spontanea, fai quello che vuoi e quello che ti senti di fare. Qualsiasi cosa sia quella che pensavi, a me piacerà di sicuro.»

Accenna un sorriso. «Che a te piacerà è sicuro, ma non sono sicura di saperlo fare bene, l'ho fatto una volta sola.»

Mi sdraio sul letto, invitandola a fare lo stesso. Il suo corpo quasi del tutto nudo che si muove alla flebile luce della lampada è uno spettacolo per i miei occhi. È coperta solo dalle mutandine nere, che la coprono come se fosse una modella di intimo e il suo sedere così piccolo e morbido sta invocando le mie mani a stringerlo. Mi impedisco di farlo solo per non farmi trascinare dalla foga.

«Fai quello che vuoi» le ripeto. Non devo neanche alzarmi a prendere i preservativi, li ho già lasciati sul comodino per evitare il teatrino di ieri sera. Incrocio le braccia dietro la testa, aspettando che lei decida o no di fare qualcosa. Mi sono fatto un'idea di cosa abbia in mente e voglio godermela... E se lei non lo saprà fare bene, non importa: nessuno nasce sapendo fare tutto. Se a lei piacerà farlo ancora, potrà sempre migliorare.

Si china a sfilarmi i boxer e lo prende in mano. «Dimmelo se non va bene.»

Le sorrido. Non ho la minima intenzione di dirglielo.

Avvicina le labbra alla punta e inizia a succhiarlo, dapprima con un po' di imbarazzo ed esitazione, poi sembra abituarsi e si spinge sempre più a fondo. Ogni tanto ne approfitta per leccarmelo e io spero solo di non avere un orgasmo proprio ora perché la metterei a disagio più di quanto lo sia stata lei nel propormelo.

«Vai... vai benissimo...» le dico, ansimando.

Lei va avanti ancora per un po', facendomelo ingrossare e indurire sempre di più, ma si ferma in tempo. «Davvero andava bene?» Si sdraia al mio fianco, poggiando la testa sulla mia spalla.

«Sì» ripeto. Non serve che le menta: è stata brava, più di quanto la sua incertezza mi aveva lasciato immaginare. Decido di prendere tempo, perché se continuassimo a fare l'amore, raggiungerei l'apice del piacere in pochissimo tempo. È una tortura, ma una dolce tortura. Le accarezzo la guancia, e lei sorride al mio tocco. «Sai cosa potremmo fare?»

«No.»

«Potremmo preparare le valigie insieme. Non ora» preciso. «Intendo nei prossimi giorni. Per te sarà difficile continuare a venire qui regolarmente senza che tuo padre si chieda dove sei... Ma se ogni giorno porti dei vestiti a Vivienne e Nicole di nascosto e io poi passo da loro a prenderli, potremmo metterli in valigia.»

Il suo viso si illumina. «Sì, potremmo. Così quando avrai una nuova squadra, dovremmo solo partire, senza preoccuparci di nient'altro.»

Mi sporgo verso di lei e la bacio a fior di labbra. Con la mano le sfioro un seno, anche se cerco di non salirle subito sopra. È lei, però, a desiderarlo, perché mi passa uno dei preservativi. Lo scarto e lo indosso, mentre Alizée si toglie anche le mutandine e rimane nuda sotto di me.

«Non vedo l'ora di partire» dice lei, poco prima che mi infili tra le sue gambe.

Le do un bacio sulla guancia, continuando a muovermi su di lei. «Anche io.»

Sorride, iniziando ad annaspare e gemere per il piacere. Socchiude gli occhi e rimango a guardarla mentre si abbandona a me e al mio tocco. Mi fa impazzire più di quanto potrebbe fare qualsiasi altra ragazza sul pianeta. Rimarrei per sempre così, con lei, nel mio letto, a scambiarci effusioni e coccole, e a sognare insieme un futuro roseo.

«Jérémy...» sussurra, poco dopo che ho raggiunto l'orgasmo. Non ho smesso di starle sopra perché non ero certo che fosse lo stesso anche per lei – e ho fatto bene.

Vado a buttare il preservativo in cucina. Quando torno in camera la trovo raggomitolata sotto il lenzuolo. Le passo le mutandine, in modo che possa indossarle di nuovo, se si sente in imbarazzo a rimanere del tutto nuda, e lei lo fa.

La trovo adorabile, amo persino questo suo lato un po' timido ma che si scioglie con qualche carezza per tornare al pudore appena entrambi abbiamo finito di godere l'uno tra le braccia dell'altro.

Mi sdraio al suo fianco e le faccio cenno di appoggiarsi al mio petto, così con la mano le accarezzo la schiena, mentre lei si rannicchia addosso a me, cercando ancora di più il contatto fisico. Come se finora non fosse stato abbastanza.

«Mi fai stare bene» mormora, spontanea.

Non le rispondo, limitandomi a lasciarle un bacio tra i capelli e lasciandole implicitamente intendere che anche io sto bene insieme a lei.

Spazio autrice
Sì, avete letto bene: Jérémy e Alizée pianificano insieme la loro fuga romantica. Riusciranno ad andare via senza il rischio che Xavier e Pierre li sorprendano? O il loro tentativo sarà inutile?

Prometto che nelle prossime settimane tornerò ad aggiornare con regolarità (le ultime sono state molto traballanti). Vi consiglio di seguirmi su instagram (sono sempre @snowtulip_autrice) perché presto vi inizierò a dare notizie succolente e molto importanti. Curiosi?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se si è atto attendere.
Vi mando un grosso bacione e vi auguro di passare un bel finesettimana!
Snowtulip.

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