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CAPITOLO 9-Giochi di dadi

(Yeela)

Per l'ennesima volta riemergo nel soffitto della Rubratorre. Devo ammettere di non avergli ancora dato un nome.

Quassus, intanto, emerge dalla botola alla mia destra. Mi riavvicino a lui, che dopo un attimo di esitazione fa lo stesso.

Ora dovrò spiegargli anche questa parte del livello. Da dove cominciare...?

Lascerò parlare la mia sola eloquenza: -Allora, vedi quella pedana? – gliela indico, e lui viene subito attratto dalla luce verde che campeggia. – Lì c'è il terminale del terzo livello. Ma per raggiungerlo serve un'ultima prova. Non preoccuparti, è una cosa abbastanza indolore. – Va be', a chi voglio darla a bere...

Lo prendo per un braccio e lo conduco ad un lato della torre, dove sta, come sempre, il vaso dei dadi. Ed effettivamente ricordo che non c'è nulla da spiegargli, al che sorrido.

-Ti spiegherà direttamente lui – esordisco. –Il vaso dei dadi.

Lui sembra confuso. –Non vedo nessun dado...

-Lo vedrai – lo ammonisco, e poi premo il pulsante per far apparire le istruzioni. –Deliziati – gli dico, e lui comincia a leggere ad alta voce: -Cari scalatori della Rubratorre, benvenuti al gioco della Rubraoca! Cavolo, che nome fantasioso – commenta, strappandomi una risatina. -La vostra vittoria vi darà accesso al terzo livello.

-Prima di avventurarvi per il terminale – continua - riponete le mani nel vano perché vengano erogati i vostri cinque dadi, che prenderete, poi scegliete un percorso, ne avete tre a disposizione. State tranquilli, nessuno è più difficile o pericoloso dell'altro: anzi, cambieranno ogni volta che li visiterete, se mai avrete la galanteria di tornare a giocare con noi. (Mi stai dando del maleducato?) – quest'ultima frase non è chiaramente del testo, ed ascoltandola scoppio dalle risate, anche se oggettivamente non la troverei così divertente. Ma lui continua imperterrito: -Avanzando sul percorso vedrete delle Pedanesorpresa: ognuna può nascondere un imprevisto che dovrete affrontare, oppure graziarvi. Nel caso non voleste affrontare la prova, potete gettare uno dei dadi sulla pedana, al che quella verrà risucchiata permettendovi di passare indenni. Se riuscirete ad arrivare sani e salvi, il terminale sarà a vostra disposizione. Buona fortuna – e conclude, con un'intonazione bassa che rivela che chiaramente non è tanto entusiasmato quanto lo scrittore del cartello.

Capisco che può sembrare davvero un gioco strano, ma... non l'ho inventato io. –Mi sembra di giocare con un boia.

Capisco la battuta, ma non rido, mi limito ad annuire ed a continuargli a spiegare: -Come ha detto, troverai delle Pedanesorpresa camminando: una buona parte è vuota, ma altre contengono delle penitenze, che dovrai per forza affrontare. La composizione cambia spesso, ma in generale su 50 pedane, 20 sono vuote, una decina contengono delle semplici ventole, che non fanno molti danni, al massimo ti raffreddano o ti sollevano gli abiti, in casi estremi... ma le altre sono più serie: alcune pedane contengono letti di coltelli, o per meglio dire fosse, liquidi corrosivi, paletti invisibili per farti cadere, braci ardenti, e spesso cambiano (certo che questo gioco è stato inventato da un vero sadico) – aggiungo quasi dicendolo tra me e me - una pedana nera, provvista di bomba, fa esplodere l'intero tavolato al tocco, quindi devi necessariamente conservare un dado per quella. Normalmente la gravità delle penitenze è crescente, quindi io ti consiglio di risparmiare ed incassare sempre alle prime 20-25 pedane, poi usali solo per quelle molto gravi o che potrebbero comunque compromettere il tuo arrivo, o la tua "vita" stessa. Soprattutto, conserva sempre un dado nel caso ti capitasse la bomba davanti. Non è affatto bello affrontarla, e per di più controproducente.

-E se provassi a saltarla?

-Non puoi. Al posto della pedana successiva si materializza un campo di forza che ti costringe a subire la penitenza. Se arrivi senza dadi a quel punto ti converrebbe ritornare indietro aspettando che il gioco si riavvii, ovviamente lontano dalla tua vista. Sempre che tu ci riesca, visto che toccata la prima pedana l'entrata viene chiusa da un altro campo di forza.

-Insomma si è fottuti.

-Esatto. –confermo. - Al massimo permetterai a me di uscirne indenne.

Non perdo altro tempo e metto la mano nel vano, ed i cinque dadi vengono erogati. Li tengo in mano. Quassus fa lo stesso.

-Io prendo quel percorso concentrico – dico indicandoglielo. –Tu?

-Il ponte.

La stessa scelta che feci io la prima volta. È sicuramente più figo, ma considerando quanto successe ho alla fine deciso di non utilizzarlo più di tanto e di concentrarmi sui due percorsi concentrici, un po' per superstizione, un po' per provarli tutti. Tutti i percorsi alla fine hanno lo stesso livello di difficoltà.

Mi posiziono all'entrata ed appare la prima pedana, che è vuota. Bene.

Dietro sento distendersi il campo di forza a bloccare ogni via di fuga. Ora non posso tirarmi indietro, dovrò soffrire. E così Quassus. Ma mentre per me è qualcosa di ormai quasi abituale grazie al centinaio di volte che avrò giocato questo macabro gioco, per Quassus è la prima volta e magari non ha sviluppato quel senso di giudizio che io potrei avere. Spero lo sviluppi in fretta e non combini cavolate.

Non posso vedere cosa gli stia capitando, ma probabilmente caccerà di tanto in tanto qualche urletto. E ne deve cacciare, altrimenti vorrà dire che avrà sprecato tutti i suoi dadi subito, ed allora sarà nei guai. Magari perché detesta il freddo od è troppo pudico per lasciare che la sua maglia si sollevi.

La pedana successiva non è ancora nulla di grave: una ventola, neanche troppo potente, che mi trasmette una gelida brezza lungo il corpo. Ma non mi danneggia: anzi, assaporo quel freddo. Freddo e brividi temprano.

Passo altre sei pedane vuote o con penitenze piuttosto blande, ma poi arrivo ad una pedana lavica, che non posso certamente affrontare. La ventola, più potente delle precedenti, della pedana in cui sto ora, lo fa volare un attimo, ma un dado cade nella lava, che si ritira dissolvendosi rapidamente lasciando spazio ad una pedana vuota, cementificata e grigia. Ne trovo qualcun'altra vuota, poi appaiono di seguito due letti di coltelli. Non è difficile affrontarli se si cammina coi piedi poco tesi... soprattutto se si indossano scarpe, come me. Quindi non spreco dadi.

Vedo che Quassus se la cava piuttosto egregiamente. –Quanti dadi hai ancora?

-Quattro! – dice.

–Bravo, ti voglio proprio così! Coraggioso ed imperturbabile!

Lui annuisce e sorride. Potrei raggiungere il terzo livello più facilmente di quanto pensavo.

Le cose cominciano ad inasprirsi: trovo un altro letto di coltelli, e poi una pozza di liquidi corrosivi. Non mi conviene sprecare il dado subito, così la attraverso di corsa sperando che sia qualcosa di lieve. Non tanto perché mi avrà consumato mezza suola delle scarpe in un secondo, ma per fortuna la pedana successiva è vuota. Sono ormai più o meno a metà del percorso, ed ho ancora tre dadi. Ne posso usare due, in attesa della fatidica bomba che potrebbe essere persino doppia, od apparire all'ultimo punto.

Trovo altre ventole. Bah.

Poi trovo una pedana vuota. La attraverso, ma scopro che era una trappola per farmi inciampare e costringermi a subire la penitenza successiva, costituita da, ahimè, carboni ardenti, in cui tuffo la faccia, che sembra venire avvolta da una maschera di calore e bruciare fino alle ossa.

Il mio battito raddoppia in meno di un secondo e mi dimeno per divincolarmi da quella morsa ardente: poco dopo riesco a spostare i piedi sulle braci, e facendo forza sulle mani già semi-ustionate mi rimetto in piedi, mandando indietro qualche cubetto di carbone. Mi guardo: sembro uscita da un forno. Ho ovunque tagli e scottature. Prima di partire per il terzo terminale mi conviene fermarmi un attimo con Quassus perché mi curi. Per fortuna lo zaino non ha subito danni, visto che sono caduta prona.

Riguardo Quassus, e scopro che ha ancora tutti e quattro i dadi in mano. Che resistenza, avremo ormai raggiunto le trentacinque caselle!

Incontro una pedana con un cubone d'acqua da attraversare: sono ben felice di farlo, calmerà le ustioni. Prendo aria ed una volta immersa in quella frescura mi sento un pesce. Potrei stare in questo stato per sempre, se solo avessi le branchie. Chi ha detto che qui ci sono solo penitenze? Ah be', io...

Ma la dopo due pedane la successiva è di nuovo di carboni ardenti. Non potrei sopportarla dopo essermi già riempita di ferite ed ustionata, nonostante mi sia oi immersa, per di più con una passatina nelle due pedane precedenti, sotto un tetto di vetro, che come una serra amplificava ogni calore, facendomi ardere come un forno. Altro che escursione termica.

Dopo tutto questo, dovrò anche bere.

Getto un dado ed il fosso si richiude col cemento lasciando una pedana vuota. Mi restano due dadi, e devo sfruttarli bene perché tra poco troverò la bomba. Passo in una cella termica temporanea, in cui sono costretta a rimanere per quindici secondi: è rovente, ancora più della precedente, tanto che mi secca la pelle, accrescendo così la mia sete e facendo urlare ogni centimetro della pelle ustionata. Vorrei urlare anch'io, ma ho la gola secca.

Dopo c'è una pedana vuota, dopo la quale mi appare un'altra cella termica, ma fredda. Accoppiata perfetta. Mi si gelerà tutto il sudore ed avrò uno sbalzo di temperatura orribile, forse mi verrà la febbre. Ma non posso sprecare il dado sapendo che potrebbe esserci qualcosa di peggio oltre... così affronto questi quindici secondi di pura e gelida sofferenza. Una volta finiti mi sento sul punto di svenire per l'escursione termica e per il capogiro, ma davanti trovo una pedana nera dall'aspetto esplosivo. Strano a dirsi, ma lo è.

La riconosco, è la bomba.

Non perdo tempo in decisioni: getto un dado sopra. Ed ora, a meno che non ne trovi un'altra (nel qual caso sarei decisamente fottuta), ho un solo dado a disposizione.

Per fortuna trovo solo qualche pedana vuota, altri letti di coltelli, ventole (molto più fredde) e penitenze blande; le uniche degne di nota sono due, per di più consecutive. Nella prima, da un foro che sembrava una ventola, viene spruzzato in pochi secondi su tutto il mio corpo una poltiglia che sembra vomito... ah, no, è vomito. Stesso odore. Da far svenire, o vomitare a propria volta. Per fortuna mi trattengo, per fortuna, perché non mi avrebbe fatto bene svenire od aprire la bocca sulla pedana successiva, in cui vengo travolta da un getto, dall'origine imprecisata, di sangue bollente. Più orrenda della precedente.

Non spreco i dadi in prevenzione di una seconda bomba (come mi è già capitato altre, seppur poche, volte), e termino il percorso prima con la penultima pedana, vuota, e poi con una ventola, dalle temperature polari. E se dico polari... sono polari.

Mi accascio sul pavimento, debole e danneggiata, accanto al terminale, aspettando che Quassus arrivi. Questa volta è stata molto più dura delle precedenti... cosa mi sta succedendo?

Intanto lui deve attraversare l'ultima pedana. Ed è quella della bomba, vedo.

Be', che aspetti? Getta il dado, no?

Ma non lo fa. Resta impietrito, con lo stesso mio aspetto malconcio, ferito e non ustionato, ma ghiacciato. Percorsi complementari?

Poi inorridisco vedendolo saltare oltre la pedana. E gli grido: -CHE CAZZO FAI...?!

Troppo tardi: il campo di forza lo respinge gettandolo sulla bomba, al che tutte le mie speranze si frantumano. Quassus, io ti ucciderò.

E tutto esplode, salta in aria, e ci ritroviamo catapultati in aria mentre di sotto il soffitto esplode tra le fiamme ed il riverbero del suono, mentre io prendo coscienza che dovrò di nuovo affrontare il dolore del game over. In questo stato, e cadendo dalla Rubratorre. Seppur nel secondo livello, è uno dei peggiori che abbia mai incontrato.

Non so se infuriarmi con Quassus o meno, ma come potrei ed a cosa mi servirebbe, qui ed ora?

Non penso a niente mentre cado giù dall'altissima Rubratorre, né quando con uno schianto tocco il suolo, e tutte le ossa sembrano frantumarsi facendomi esplodere nuovamente con più forza ustioni e ferite, il tutto abbinato a quelle crescenti ed infernali fitte al petto che anticipano il game over. Non ho la forza per urlare: per urlare proporzionalmente al dolore, dovrei farmi sentire dall'intera Datospiana. Non vedo Quassus, ma non me fotte, mi occuperò più tardi di quell'imbecille.

E con quest'ultimo pensiero il dolore raggiunge il culmine, e poi chiudo gli occhi.

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