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CAPITOLO 41-Impotente a priori

(Quassus)

È difficile dire quanto mi senta solo.

Ormai da un giorno Yeela è scomparsa. Ancora non realizzo che sia successo davvero.

È svanita nel nulla, senza lasciar traccia, risucchiata da un teletrasportatore, per di più programmato per autodistruggersi. Per di più riportando tutto al codice normale, così che il portale esibiva un grottesco cinque e la scritta, che non ricordo.

Se solo l'avessi tirata via un momento prima, sarebbe ancora qui, accanto a me, sdraiata sull'erba ottenebrata dalla notte a tenermi la mano. Oppure saremmo già fuori.

Una lacrima mi vela le cornee. Non che vedessi molte cose, prima.

Tentare di prendere sonno è inutile. Sapendo che potrebbero fare di lei qualsiasi cosa, non riuscirò mai a dormire. Sarà il mio cervello ad impedirmelo, ma soprattutto me stesso. Non posso sopportare l'idea che patisca un qualsiasi dolore, o che venga usata per farmi o farsi del male, o che comunque non potremo fuggire insieme. Perché alla fine, sebbene non lo dessi a vedere, tenevo a lei. E lo comprendo solo ora.

Dopo essermi sollevato sui gomiti, scatto in piedi.

Non posso perdere attimi preziosi se voglio passare all'azione. Se non la recupererò stavolta non potrò più, probabilmente.

E visto che ci siamo incamminati insieme, usciremo insieme.

La prima cosa da fare, come sempre, è controllare i firewall. Non appena capitombolo in quel mare di codici ed adocchio il mio, capisco che sono intatti, come la scorsa volta.

Tuttavia non so se questa quantità di difese basterà per ciò che mi aspetta.

In fondo, che cosa mi aspetta? Devo scovare Yeela e poi andare finalmente al palazzone. Tuttavia devo prima rispondere ad una domanda, e cioè: dove la dovrei scovare?

Chi l'ha nascosta si è sicuramente curato di chiuderla in un posto in cui io non potrei arrivare, e da cui comunque non potrei liberarla.

Già la cosa mi fa presupporre che sia fuori dalla Datospiana. I droni sono una struttura davvero semplice e non è troppo complicato ordinar loro di scandagliare un codice intero. Se mi hanno osservato attentamente, sanno che nulla che sia rinchiuso in questi codici non può dirsi sicuro.

Allora mi verrebbe da pensare al livello misterioso. Ma dato che sono riuscito ad accedere anche a quello, come loro sanno dall'arrivo di Yeela (che per liberare ho dovuto tribolare dal sonno artificiale ho dovuto tribolare alla grande), si rifugerebbero ancora lì?

Considerando che vi hanno inviato il palazzone, direi di sì.

Penso sia quello l'unico posto in cui cercare. Sanno, dopotutto, che potrei scandagliare tutto facilmente. L'unico modo per nasconderlo ad un drone sarebbe praticare un'invisibilità del codice. Tuttavia conosco un trucchetto per aggirare questo ostacolo. Che, ora che ci penso, dev'essere lo stesso con cui hanno risucchiato Yeela.

Un simile allarme mi fa gelare, però, il sangue, immediatamente.

Se possono scavalcare la nostra invisibilità, ossia far sì che un loro elemento reagisca alle nostre barriere, è probabile che possano eliminarmi.

Forse i firewall, a questo punto, sono inutili.

Per sicurezza li rinforzo ancora, ma giusto con un altro strato.

Profondo invece le mie energie per rinforzare me stesso. È arrivato il momento in cui si smette di pararsi coi muri e s'inizia a combattere come uomini veri. Stando alla luce del sole.

Ma in tal caso è meglio avere una buona armatura.

Così rinforzo i miei codici corporei. Irrigidisco i tessuti cutanei, per rendere più difficile ferirmi (anche se mai potrò renderlo impossibile); rinvigorisco i muscoli, perché divengano più potenti. Affino il mio udito. Insomma, mi rendo, attraverso quel computer, una perfetta macchina bellica. Provvista persino di mini-cannoncino incastrato tra la pelle delle nocche.

Per finire, -Eclissati - sentenzio.

Ma quando il computer collassa nella consueta massa numerica, c'è qualcosa dietro. Luccica, anche se il corpo si confonde con la notte. Ed è piccolo, di forma quadrata.

È il drone.

Inizialmente faccio per ridistendere il braccio per riprendere il computer, ma poi ricordo che effettivamente, essendo quello l'ultimo drone creato, è il primo che reagirà al comando del mio palmo, se aprirò il controller.

Infatti, dopo aver dischiuso le dita e posto al centro il pollice, appare il joystick azzurro e l'occhiale sull'occhio destro.

Entro immediatamente nella modalità di esplorazione del codice, per accertarmi innanzitutto che quei cretini non abbiano inquinato l'archivio con qualche infamia. Ma a quanto pare i firewall sono intatti, e la cronologia nascosta che avevo installato in casi di emergenza non riporta nulla. L'ho persino resa reversibile in caso di cancellazione, così che non avrebbero mai potuto avere scampo anche se l'avessero cancellata a tradimento. Per fortuna, anche dopo il refresh, tutto rimane identico.

Vado a controllare l'archivio.

È vuoto.

Bene, questo significa una sola cosa: a meno che non abbiano camuffato tutto molto abilmente, nella Datospiana non c'è nulla sui nostri avatar.

Dobbiamo arrivare ai documenti. Anzi, devo. Se quelli contengono tutte le informazioni su di noi, è la mia ultima spiaggia. Per uscire e per ritrovare Yeela. Scandagliare tutta la Datospiana ed il livello segreto è troppo rischioso: ci si metterebbe troppo, ed il drone verrebbe facilmente scoperto o distrutto. Il tempo a mia disposizione ha già tirato la cinghia.

Per fortuna, stavolta potrò manipolare il codice anche nel livello segreto. In fondo, il computer è incorporato.

Lo apro.

Esito un attimo prima di premere i tasti. Questo, in fondo, è probabilmente il tramonto del percorso. Potrei riuscire ad uscire, tornare nel mondo reale a dar filo da torcere alla dittatura. Oppure essere catturato. Condannato all'immobilità tra i codici, od alla morte stessa.

In ogni caso, se mi fermerò, la morte avrà la via libera.

È proprio questo pensiero a caricare le mie dita perché corrano sui tasti a digitare, all'interno del mio avatar, "<view>".

Sento una leggera fitta di dolore mentre tutte le immagini che mi circondavano fluiscono in un vortice, che si butta a capofitto verso di me, lasciando per un attimo il nero completo.

Poi un'immagine comincia a formarsi, sempre meno sfocata, come mi stessi svegliando lentamente da un sogno.

All'inizio distinguo solo un motivo a griglia di blocchi rettangolari, riempite di grigio.

Quando metto tutto meglio a fuoco capisco di essere in una stanza. È cubica, e rivestita, almeno qui dall'interno, da muri di mattoni, che le danno un'aria medievale.

Tutto è così, tranne la porta. Che è un semplice rettangolo azzurro in tinta unita. Non è una porta normale, ma semplicemente uno spazio vuoto tagliato nel muro. Di sicuro nemmeno di un materiale comune: a vedersi sembra avere la consistenza dello schermo di un televisore senza segnale.

Avrei dovuto pensarci. Mi avrebbero forse lasciato accedere al loro rifugio così facilmente?

Quella porta non me la conta giusta. E credo sapessero che l'avrei pensato: è un'ottima tattica per spingermi a tornare indietro.

Tuttavia anche loro devono passare di qui, quindi dev'esserci un accesso attraverso quella porta. E probabilmente posso scoprirlo soltanto studiandone il codice: possibile non abbiano imparato quando ho scassinato gli archivi? 

Quando apro il computer a guardo le stringhe davanti a me, però, vengo amaramente deluso.

Quella porta è un redirect. Non posso neppure substarlo.

Per loro la sicurezza dev'esser valso bene un computer in più che custodisse il codice fuori dalle mie grinfie. Tuttavia, non posso fare a meno di pensare che questo significa che effettivamente ci temono. Sanno che potremmo scappare, ed è convenuto installare qualcos'altro piuttosto che perdere ulteriore energia.

Ora che ci penso, se da noi ricavano davvero energia, fino a dove si estenderà il suo uso?

Per ora è meglio non domandarsi niente. Risponderò a tutto all'esterno: adesso la priorità è uscire.

Non mi ci vuole troppo per elaborare la soluzione. Non posso uscire da quella porta, semplice: meglio non correre rischi. Quindi devo passare dai muri.

-Servimi - dico quasi con noia. Compongo due stringhe di virus: dopo una sferetta rossa fluttua nell'aria davanti al monitor.

Ma resta lì solo un momento. Subito si getta contro il muro davanti a me. È uno spettacolo macabro, ma di un piacere quasi sadico, osservare i mattoni venire scompigliati in mille frammentini minuscoli, probabilmente zeri ed uno del codice, che cadono a terra. Il mio caro sbranatore continua a lavorare fino all'altra estremità del muro, liberandomi.

Certe volte questi programmatori della Datospiana sono abbastanza stupidi. Ma fare un lavoro più accurato?

Vorrei inserire questa cosa tra le domande a cui rispondere una volta fuori, ma in fondo di che mi lamento?

Oltre i muri, però, ho di che lamentarmi.

Fuori c'è un paesaggio dal macabro aspetto vulcanico. Nubi e cielo rossi, terra secca e bruciata fino all'orizzonte.

E davanti a me, ci sono due strani affari. Sono come piramidi di ferro, con in cima un oculo rosso. Che si girano entrambi verso di me, diventando più luminosi.

Ed io dico a voce alta: -Perché devo perdere tempo con questi schifi?

È un'ironia abbastanza sincera, pure. Perché mica sono schifi, di più. Davvero, difensori così sono usitati nei vecchi giochi. Davvero hanno creduto che mi sarei presentato senza nessun'arma? Probabile, visto che pensano che io mi creda invincibile per il solo fatto di avere un computer.

Alzo con sufficienza le nocche contro di loro ed ordino: -Letale.

Due laser verdi, come degli Avada Kedavra, mi scaturiscono dalle articolazioni. Diciamo che avrei preferito a questi modelli invisibili dei cannoncini veri, che sarebbero stati infinitamente più fighi incastrati nelle mani, ma la funzionalità ha la precedenza.

Colpiscono senza pietà le due torrette, che neanche hanno il tempo per una controffensiva. Be', a giudicare dagli oculi, che erano ad una luminosità intensissima, stavano proprio per frantumarmi in poltiglia coi loro, di laser. Quindi sicuramente erano piuttosto rapidi, abbastanza per cogliermi di sorpresa se non avessi avuto questo gioiellino a massacrarli, senza cui sarei probabilmente rimasto imbambolato davanti a loro. Fornendo loro tutto il tempo per fondermi con quelle loro diavolerie.

Invece (da autentici scarsoni) sono loro a spaccarsi in due. Dopo di che vanno in una sorta d'entropia: per prima cosa si spezzano spontaneamente in tanti frammentini, che poi si riducono come a schegge di vetro rosso. Tutte le schegge di ciascuna ex-torretta raggiungono poi un centro, dove si condensano in una sferetta di luce candida; tutto è accompagnato da un suono di sirena, come un allarme antincendio o dei pompieri. Dopo ciò, scompare anche quella.

Così ho campo libero.

Di fuori c'è tutto il livello. Quando esco, sulla sconfinata pianura vulcanica noto in lontananza dei puntini neri sparsi. Non so cosa siano, ma ora la mia priorità è il palazzone.

E dire che non speravo di trovarlo così facilmente.

Infatti è proprio sopra di me, come testimonia non solo l'ampia ombra che grava sul terreno e sulla mia testa, ma anche la mia vista. Appena alzo gli occhi, vedo come un grande disco bianco sospeso ad una quarantina di metri dal terreno. Con tutta probabilità, contiene il palazzo: infatti il bianco non è opaco ma in parte trasparente, così che riesco a vedere cosa ci sia al disopra. E calza a pennello con la descrizione che avevo ottenuto dai droni.

Adocchio, a qualche passo più in là da me, una sorta di cabina. È un cilindro di ferro con un'apertura rettangolare, al cui interno risplende una luce azzurra. Il suo tetto è collegato da una sorta di elica di luce, sempre azzurra, ad un foro nero nel disco.

L'entrata è quella.

Di sicuro tutto il posto è irto di trappole. Dopo tutte le volte che li ho fregati, non daranno nulla per scontato. E d'altra parte anch'io avrei messo difese ovunque in un posto così.

Ora il punto è: come aggirare la difesa di quell'ascensore?

Sicuramente funziona come quella porta azzurra. Sarebbe troppo rischioso entrarci.

Per un attimo penso che forse si aspettavano questo pensiero e proprio per questo non ci sono difese, ma abbandono l'idea. Perché mai dovrebbero assumersi un rischio? Gli umani non sono stupidi. Non agiscono come i cattivi dei film, ossia boriosi e con un'autostima troppo elevata.

Per cercare un'idea da attuare, comincio a scandagliare il codice circostante. La prima parte che setaccio è quella attorno al disco, che dev'essere il pavimento del palazzone: potrei sempre trovare qualcosa da scardinare ai lati. Ma non sembro avere fortuna: tutta la linea del cerchio è circondata da una cortina di virus, programmati per distruggere qualsiasi codice, esattamente come il proiettile con cui ho frantumato i muri. Non sembra esserci molta strada da fare da quella parte: non vedo neppure ingressi nascosti. E, dopotutto, perché mai dovrebbero metterli?

Vediamo piuttosto questo ascensore. Ora che ci penso, di sicuro non ci sono virus distruttori lungo la linea per cui l'ascensore stesso viene sollevato: altrimenti verrebbe anch'esso distrutto. Quando controllo di persona sul computer, la mia ipotesi viene confermata. Per fortuna non ci sono neanche distruttori selettivi. L'unico ostacolo che potrei avere è un programma virale installato ai bordi del disco d'entrata.

Quindi potrei, teoricamente, salire fino al foro ascendendo, fluttuando nell'aria. Senza dover ricorrere a quell'ascensore. Ma prima di fare questo, devo risolvere essenzialmente un problema. Quella cortina di virus è programmata sì per distruggere, e viene disattivata solo alla vista dell'ascensore stesso.

E se gabbassi il programma come ho fatto nel sesto livello, fingendomi Darth Vader?

Guardo meglio il codice. Il comando dice semplicemente di scatenare la cortina distruttiva quando passi un oggetto in movimento che non abbia esattamente il colore dell'ascensore.

Naturale che il comando sia impostato così: essendo delle telecamere a dover decidere se liberare i virus o meno, è l'unica informazione che possono ottenere se sono posizionate sul bordo del foro. Ed a quanto mi risulta lo sono. Non potrebbero mai riconoscere l'intero ascensore, ed un solo dettaglio come quello, almeno per come la vedo io, basta ed avanza. In effetti è piuttosto difficile reperire un oggetto dello stesso colore.

Quindi la soluzione sarebbe semplicemente creare un cilindro cavo dello stesso colore e nascondermici. L'unica incognita è: dopo averlo creato, funzionerà effettivamente? O verrà riconosciuto? Davvero non esiste un metodo più sicuro?

Continuo a pensare, ma non mi viene in mente nulla. Questa pare essere la mia sola opzione.

Ho come il presentimento che oltre quell'apertura mi aspetti una trappola.

La cosa peggiore è che quell'ascensore è programmato da un reindirizzamento, come la porta, quindi non posso copiarlo. E ci mancherebbe altro, perché altrimenti i programmatori della Datospiana sarebbero davvero stupidi. Ma proprio forte.

Così, per prima cosa salgo su quell'ammasso di ferraglia cilindrico.

Per fortuna non sembra provvisto di difese, così posso stare in piedi sulla sua cima tranquillamente.

Dopo, col computer già aperto, comincio a digitare una serie di stringhe. Per prima cosa copio il colore esatto con un programma pipetta, e lo imposto come prima caratteristica dell'oggetto che sto creando. Sarà sempre un cilindro cavo, ma senza porte e soffitto, così che possa uscirne rapidamente e salire restando. Inoltre, potrò vedere l'esterno dall'interno.

Nella seconda parte della sua descrizione, lo programmo per salire in continuazione finché pronuncerò la vocale "A".

Quando è tutto finito, scrivo un ultimo parametro perché mi contenga sin dall'inizio, insomma mi appaia sotto i piedi.

Poi premo il pulsante Invio, e mi appare sotto i piedi un altro strato di ferro. E davanti, sono circondato da altro ferro. Trasparente.

Comincio a dire "A", e questo coso sale davvero, come volando.

Così, tutto tranquillo, continuo a pronunciare quella vocale.

Finché non arrivo al foro, dopo una ventina di secondi.

Non riesco, però, neppure ad esaminare l'ambiente per un secondo, perché già sono minacciato.

Di fronte a me, proprio davanti ai miei occhi, c'è un altro oculo rosso.

È un cannone laser. Con quel luccichio sembra guardarmi, e nel contempo dirmi "è giunta la tua ora".

In preda al panico, non posso trattenermi dall'urlare.

Un grido, un "aaaaah!" puro e selvaggio, prorompe fuori dalla mia bocca.

Il cilindro schizza in alto non appena il laser (probabilmente letale come il morso di un piranha) sprizza in avanti: colpisce prima il fondo del mio mezzo cilindro, che per poco non si brucia. Ho avuto davvero fortuna.

Il resto va contro ciò che mi sta dietro, e che non vedo.

Il getto si interrompe, mentre realizzo ciò che è successo.

Il mio urlo mi ha fatto salire ancora di più. E dire che non avevo previsto una simile cosa. Per di più quel cannone deve aver pensato di avermi eliminato, così ha smesso.

Probabilmente l'ascensore era invulnerabile a quel laser, e quindi non avrebbe corso rischi. Fatto sta che sono riuscito a non farmi colpire.

Come li ho gabbati.

Quando rivedrò Yeela non ci crederà mai.

Ora però ho un piccolo problema.

Il mio urlo mi ha spedito un po' troppo in alto, ed ora per scendere dovrò per forza saltare fuori.

Ne approfitto per guardare un attimo intorno.

Sotto, attorno al foro, c'è un pavimento candido.

A quanto pare tutta la stanza è in realtà un altissimo vestibolo, completamente spoglio. Oltre a pavimento e muri bianchi, l'unica cosa a far capolino sembra essere una scaletta che procede rasente al muro, fino ad un buco nero.

Vedendo tutto questo, la mia mente partorisce una sola idea, anzi, una sola affermazione ragionevole. E cioè: perché mai dovrei correre il rischio di sfracellarmi contro quel pallore?

Visto che ho ancora il computer davanti, o, meglio, messo in disparte visto che tenevo le mani abbassate (e meno male, altrimenti non avrei visto il cannone, che di certo non mi avrebbe fatto nulla di buono), lo prendo e comincio a digitare un paio di ordini per modificare il mio avatar. Per fortuna quello è un accessorio molto facile da installare.

E dopo due secondi, le mie suole sono in grado di assorbire qualsiasi impatto.

Ah, infami programmatori. Non siete abbastanza previdenti, e per questo vi farò un culo incredibile.

Fatto questo, mi butto giù con disinvoltura, dandomi una buona spinta per non ricadere nel foro, e dopo esser precipitato per qualche secondo atterro in piedi, senza sentir quasi nulla, sul pavimento.

Non ci penso neppure per un attimo: vado direttamente alla scala.

La salgo a passetti svelti, quasi in punta di piedi, e raggiungo quel foro. Mi guardo per un momento dietro, vedendo il piccolo cannoncino sull'entrata, che assomiglia ad una telecamera (e quindi forse ha due usi, ossia fa sia da cannone che da telecamera per controllare chi entri), ed il mio cilindroide sospeso.

Poi entro.

All'interno di questo "buco nero", c'è soltanto un tunnel che termina dopo qualche passo.

Non c'è nulla dentro.

Esploro, anche qui, il codice. Ma vedo soltanto le stringhe caratteriali di questo tunnel scavato nel muro candido. Il computer, per qualche ragione, non riesce neppure a vedere oltre: a quanto pare le pareti impediscono il passaggio dei codici.

Però, una cosa mi colpisce, tra tutto quello.

C'è un altro reindirizzamento, in fondo.

Comincio a pensare intensamente.

Quello dev'essere per forza l'interruttore. Ovviamente non farebbero mai sì che possa capire come si attivi.

Tra le altre riflessioni, capisco che, data l'impenetrabilità delle pareti, non devono aver per forza installato nuovi computer che contenessero i redirect. Dev'essere molto più semplice avere un palazzone di queste dimensioni in cui tenere un deposito di codici vari.

Tuttavia, questo non risolve il mio problema. A quei codici non posso accedere neppure io.

E se dovessi inserire una sorta di password? Ma fosse così, non ci sono tastiere, né so quale sarebbe questa fantomatica parola. Anzi, per quanto ne so, potrebbe pure essere un codice numerico, che comunque non saprei dove digitare.

Ma quando il mio pensiero dice "numerico", mi viene in mente un'idea.

In tre livelli non ho trovato tre cifre? Nel sesto c'era un 4, nel settimo un 7, nell'ottavo un 5.

Chi non mi dice che siano stati lasciati come promemoria?

Ovviamente non sono sicuro che quello sia il codice, né so se ci siano altre cifre.

Ma tentare non nuoce.

Non credo a loro convenga mettere una funzione distruttiva per chi sbagli il codice al primo colpo. In fondo, potrebbero avere una dimenticanza anche loro.

Resta solo da capire come vada inserito, e dove.

E, visto come sono messe le cose, penso di poterlo soltanto pronunciare a voce alta.

Così dico: -Quattro, sette, cinque.

Aspetto per qualche secondo.

Non accade nulla.

Se non è questo, che altro potrebbe essere?

Provo con un altro trucchetto. -Quattrocentosettantacinque.

Stavolta, invece, qualcosa accade.

Per un breve istante il fondo del tunnel si colora di bianco. Insomma, diventando un sosia delle pareti.

Poi appare uno schermo. Sopra c'è scritto qualcosa.

Lo leggo.

Sembra un elenco di tutti i reparti, come negli ospedali.

C'è la plancia, una sala motori, vari altri posti che non mi curo di vedere... ma i miei occhi si posano subito sulla scritta "archivio documenti".

Mi sembra quasi impossibile essere qui davanti. Davvero tutto ciò che ho cercato assieme a Yeela per giorni è a portata di click?

Assieme a questo sollievo, però, arriva una domanda ben più macabra: perché mai hanno permesso che qualcuno conoscesse il codice?

Poi, allontanati quei pensieri con la forza, ricordo che il mio primo fine non è arrivare ai documenti, ma liberare Yeela.

Tuttavia, mi viene in mente che forse non è l'idea più intelligente. Finché, fino ad ora, non sono stato notato (di certo quel cannone non ha avvertito nessuno, credo che avvenga sempre, anche quando salga l'ascensore "legittimo", come prova definitiva), ho campo libero e posso fare quello che voglio. Quando l'avrò liberata, avrò tipo mezza Datospiana addosso ed a quel punto dovrò fuggire, ed in fretta.

Mi fa uno strano senso pensare che questo sono, al novantanove percento, le mie ultime ore nella Datospiana, e che poi ne uscirò. Vivo. O morto.

Raccolgo un po' di coraggio, e premo il pulsante "Vai!" accanto a quella scritta.

Tutto, per un attimo, viene coperto da un velo nero.

È il tunnel, che si è chiuso. Non so come.

Poi la copertura scompare senza fare rumore, svanendo, e posso vedere oltre.

Questo dev'essere l'archivio documenti: infatti vedo un lunghissimo corridoio, illuminato da varie lampade dalla luce blu soffusa, che ricordano tanto i castelli dei maghi delle favole.

Accanto alle sue pareti ci sono uno scaffale ciascuna, che le ricoprono completamente, impedendomi di vedere il colore. Tutte sono riempite di fogli e scartoffie.

Comincio a marciare un pochino tra gli scaffali.

Per fortuna ricordo a memoria i numeri dei documenti, quello mio e di Yeela.

Per un attimo li richiamo alla memoria: sono 723923 per me e 4356870 per Yeela.

Bene, ora devo trovarli.

Per fortuna, c'è uno schermo fluttuante all'inizio dello scaffale sinistro, che contiene tutte le indicazioni. Ed a quanto pare i documenti sono disposti in ordine di numero.

Facendo quattro conti, se ogni parete ha cinque scaffali ed ognuno contiene mille documenti a metro.

In effetti, sotto i fogli, ci sono pezzi di scotch di dieci centimetri con le diciture "1-100", "101-200" e così via, probabilmente dei separatori.

Li guardo meglio: sono davvero fogli, anzi, pergamene.

Cavolo, per essere informatici hanno nostalgia del medioevo. Be', probabilmente in caso di necessità li modificano a distanza; non dev'essere un problema per loro.

Mentre m'incammino in avanti, spiando le diciture, decido che ruberò direttamente i documenti. Nel caso ci siano, interromperò qualsiasi collegamento con il database centrale. Non è detto che lo noteranno subito.

Dopo svariati minuti di camminata, arrivo al mio documento, che ho deciso di guardare per primo. Sbircio tra i fogli contando accuratamente, e finalmente ho in mano il documento 723923. Sono quasi alla fine del corridoio, com'era prevedibile. Eppure ne hanno aggiunti di documenti dal mio arrivo.

Finalmente guardo quel foglio.

La prima cosa che noto è la foto abnorme del mio faccione stampata in cima, con un sorriso da carta d'identità.

Sotto, una riga in grande recita: "SOGGETTO 2201". (Hanno rotto con questa storia dei soggetti, davvero, romperò loro il culo).

Ancora sotto, in caratteri più piccoli: "SOGGETTO RICERCATO", in rosso.

Be', non mi impressiona più di tanto.

Non quanto le due righe successive.

"Nome fittizio: Quassus

Nome reale: Stefano Dittali".

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