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CAPITOLO 36-Capire il sentiero

(Yeela)

Leggo, misto alla fibrillazione, il panico puro negli occhi di Quassus immediatamente.

-Merda - sussurra. Scorre il codice a velocità pazza.

-Si sta autodistruggendo - sentenzia. L'ultima parola veicola un'idea d'incredulità.

-Dove sta andando? - chiedo. Il panico si è trasmesso rapidamente anche a me.

-Cazzo - sussurra ancora, senza rispondermi. -Devo assolutamente bloccare il suo codice prima che arrivi chissà dove.

Comincia subito a digitare pile di stringhe. -Il livello si estende fino al terreno, no?

Io rispondo di sì, per poi ricacciare rapidamente il pensiero dalla mente. Finire spappolati contro quello stesso terreno è qualcosa di neppure umanamente immaginabile. Lui continua le sue spiegazioni. -Manderò un virus ad eliminare il codice che determina la caduta. Poi lo farò ritornare.

Wow, la fa facile. Riesce, col computer, a trovare soluzioni semplici a situazioni che un umano normale troverebbe disperate.

Mentre digita lo sento riflettere ad alta voce: -Allora, qualsiasi caduta è provocata da questo ordine... quindi... comando di ricerca... comando di inseguimento... comando di distruzione selettiva... poi acceleriamo tutto il virus...

Dalle sue parole, ma soprattutto dalle sue dita, traspare chiaramente la fretta. Di certo non possiamo sprecare neppure un secondo. L'ansia mi viene come trasmessa, tanto che comincio a muovere irrefrenabilmente le gambe in qualsiasi direzione, solo perché una tale adrenalina non le lascerebbe mai ferme.

-Un ultimo comando per assestare la riparazione... fatto - annuncia, premendo il pulsante Invio. Nel mentre, un sorriso soddisfatto gli compare sulle labbra. Vedo tutta la tensione che aveva accumulato fuggirgli dal corpo.

A destra della passerella, compare, come sorgendo di colpo dal nulla, una bolla bianca circondata da un'aura luminosa rossa.

Non appena mi rendo conto della sua presenza quella sfreccia verso il basso, rincorrendo la parte spezzata del solido, in caduta libera.

Vado nel vuoto e mi sdraio prona, per vedere cosa succede. Appoggio i gomiti su un cubo di vetro, che appare subito per proteggermi, e così accade per il resto del corpo.

Vedo volare il fascio rosso del virus, simile ad una cometa, filando come uno shuttle. Quassus deve aver impostato una velocità altissima, perché già dopo qualche secondo ha raggiunto quella maceria.

Alla fine me l'aspettavo. Ma adesso sono curiosa di vedere come agirà.

E lo vedo subito. Semplicemente i blocchi rocciosi in caduta vengono avvolti dalla luce e, quando questa si estingue, divengono di un colore rosato. Anche se sono parecchio lontani perché si veda bene, capisco che si sono fermati.

Lentamente, comincia a reingrandirsi, segno che sta risalendo. Mi alzo in piedi, mentre Quassus guarda tutto con un sorriso. In fondo è un genio, poteva forse aspettarsi un fallimento?

Guardiamo insieme il tutto avvicinarsi. I nostri occhi si spostano lentamente verso l'altro, in sincrono.

I mattoni restano rosati mentre si muovono lentamente verso il resto del solido. Quando raggiunge di nuovo l'altitudine normale, affiancandosi alla passerella, i movimenti si fanno come accorti. Si muove lentamente verso sinistra per ricongiungersi alle altre pietre. Si incastra nel totale silenzio, ricomponendo il parallelepipedo in un unico blocco, come non fosse successo nulla. Non c'è la minima crepa e la spaccatura precedente è completamente sigillata.

Lo guardiamo un attimo. Lui ha un'aria soddisfatta. Io sono foriera di ammirazione.

Poi rompo il silenzio. -Andiamo. - Stavolta non lo trascino, perché so che mi seguirà. Vado all'interno e svolto direttamente a destra, senza pensarci un secondo.

Per fortuna, niente pericoli in vista. Davanti a me le fiamme sono scomparse, rivelando la ghiottoneria che celavano.

In questa parte del parallelepipedo il pavimento è completo, mentre alcune parti delle pareti sono insolitamente scure. Al centro però si vede chiaramente, e quello attira la mia attenzione, un computer, uguale a quello nascosto del sesto livello. Già intravedo la barra di ricerca e le caselle dietro alla sedia.

Quassus arriva subito dopo di me, e non perde un attimo a sedersici davanti. Io mi accorgo improvvisamente del drone che dovrà ricomporre le fiamme, che è rimasto impassibile sulla passerella fino ad ora. È proprio accanto a me.

Mi avvicino a lui e mi sporgo a guardare il monitor, poggiandogli il mento su una spalla.

Ha già scritto "Soggetto 2201", e l'opzione compare.

Clicca senza darsi neppure un momento per respirare. Compare la sua foto, e l'informazione: "Tutte le informazioni sul soggetto nel documento 723923."

Sotto, una postilla: "SOGGETTO RICERCATO."

Sussurriamo contemporaneamente: -Cazzo.

Si sono messi già sulle nostre tracce. Mi pare, poi, quasi ovvio ritenere che abbiano marchiato a quel modo anche la mia scheda.

-Allora, cerchiamo di organizzarci - dice. Tento anch'io di mantenere il sangue freddo e ragionare. Lui avanza la prima proposta: -Per prima cosa torniamo al giardino sotto una protezione, e vediamo se i droni sono tornati. Con loro, potremo capire meglio la mossa successiva da fare.

Annuisco per approvare. -Se sono sulle nostre tracce, dobbiamo andarcene al più presto.

Non mi viene nulla di più intelligente da dire. Preferirei aspettare il ritorno di tutti quei droni.

-Allora... al giardino. - sentenzia. Ritornando un attimo sul suo computer, prima esce ritornando sulla linea della passerella, ed io lo seguo, intuendo cosa voglia fare. Dà un comando, ed il drone proietta uno schermo di luce rossa sull'area, e di nuovo lo spazio torna sigillato dalle fiamme ultranocive, come se non fossimo mai passati. Dopo programma rapidamente un terminale ad autodistruzione rapida.

Allora, mi afferra per un braccio così all'improvviso che sobbalzo mentre mi scaglia con se stesso sul terminale.

Siamo, per l'ennesima volta, di nuovo nell'erba. E stavolta abbiamo una gradita sorpresa.

Sull'erba, rilucenti alla luce del sole, fluttuano i droni.

-Oh, i nostri cocchi - dice Quassus con un tono di vero affetto, che quasi mi rende gelosa.

Riapre il computer per attinger da loro i dati.

-Vediamo... il primo dovrebbe aver decrittato il messaggio, il secondo analizzato quel codice anomalo, il terzo trovato il tuo documento...

-Partiamo dal primo - sentenzio.

Lui non batte ciglio ed obbedisce. Scribacchia qualcosa attorno al messaggio, e dopo un secondo un foglio di carta scritto mi compare tra le mani.

-Ha trovato questo.

È scritto in codice informatico, ma non fatico troppo a leggerlo. Lo trovo abbastanza facile.

Comincio a spiegare, cercando di tenere un filo logico. -Allora... praticamente quel codice anomalo, qualunque cosa sia, è progettato, ehm... per passare sotto tutti i livelli della Datospiana... e, poi, dovrebbe come riemergere nel decimo livello... - mi interrompo un attimo cercando prima di capire, poi di spiegarmi. -E, da lì, dovrebbe arrivare ad un passaggio segreto... è fatto in modo molto strano. Credo porti al livello misterioso.

Lui alza un sopracciglio.

-Poi... è strano che... sia separato dal codice anomalo...

Vorrei dire qualcos'altro ma non trovo le parole per descriverlo. Anzi, neanch'io ho ben chiaro cosa vorrei esprimere. Forse non vale la pena farlo.

-Ok - dice semplicemente lui, tornando al computer. -Vediamo la programmazione anomala.

Si rigira verso il computer e comincia a spiegare. -A vederlo nel suo complesso, sembra una sorta di palazzo. È tipo tutto bianco, ed ha finestre, guglie, torri, è di un'altezza immensa, e...

Si ferma. Forse non può descrivere altro, o forse capisce che ho afferrato.

-Ultimo punto... il mio documento è?

Torna verso il computer. Ma là vedo gli occhi sgranarglisi, al che mi preoccupo.

Quando si rigira, però, la sua espressione sembra più di stupore.

-Il suo responso è... il tuo documento è dentro quel palazzone.

Eh?

Rimugino un attimo sulle sue parole, poi riguardo il documento. -L'operazione che ti ho descritto è prevista tra... che giorno è oggi?

Prima mi osserva, poi svia lo sguardo, come roteando gli occhi. -Non ne ho idea.

Corre alla volta della baita, ed io gli corro dietro.

Ci scaraventiamo contemporaneamente sulla porta. Io però la faccio scorrere per prima, e per di più lo spingo indietro, ridendo. Cade con un tonfo fuori dalla pedana d'accesso, atterrando sull'erba.

-Stronza! - mi grida da dietro rialzandosi, barcollante. Sento che sulle mie labbra si sta delineando un ghigno demoniaco.

Mi avvento contro il tavolo ed afferro un tablet. Guardando la data, però, inorridisco.

Quassus è già arrivato. Ma prima che possa proferir parola, mi afferra avvolgendomi con un braccio le clavicole, come rapendomi, e mi tira contro di sé. Gemo.

-Come hai osato spingermi, infame? - urla, anche se un velo di risate dietro c'è.

Comincio a ridere anch'io, mentre mi trascina per la stanza continuando a punzecchiarmi. Facendolo, digrigna i denti ed assume una voce crudele, da rapitore vendicativo. -Eh? Eh?

Solo alla fine, mi scaglia sul letto. Ci atterro supina. Sbatto, senza farmi troppo male, la testa contro la parete, mentre il resto del corpo, gambe escluse, atterra sul materasso di taglio. Nonostante il lieve dolore, non riesco a smettere di ridere.

Adesso mi incombe sopra, torreggiando, e la sua faccia è sempre mascherata da una finta serietà. -Ora pagherai.

Con un movimento felino le sue mani mi raggiungono i fianchi e cominciano a farmi il solletico.

Esplodo in un'altra risata. Il diaframma comincia ad affaticarsi e chiudo gli occhi, per poi ritrarmi nel tentativo di sottrarmi alle sue dita.

Liberata così dalle sue mani torturatrici, li riapro, e riacquisto istantaneamente coscienza.

Per allontanarlo definitivamente, lo schiaffeggio su entrambe le braccia con forza.

Sembra funzionare, perché la pelle gli diventa già rossa. Ma sta ancora ridendo, mentre arretra. E sto ridendo ancora anch'io, mentre mi siedo. La baita è invasa dalle risate.

Si placano poco a poco, finché Quassus non prende posto accanto a me sul letto. La sua faccia ha sempre un abbozzo di sorriso, anche se è evidentemente ritornato alle questioni serie.

-Comunque non mi hai ancora detto quando fosse quel fantomatico progetto - constata, girandosi verso di me.

Io inorridisco di nuovo. Con una smorfia sbigottita e le sopracciglia alzate, pronuncio: -Domani.

Il suo sorriso, contrariamente alle aspettative, si allarga. -Molto bene.

Torna a guardare la porta aperta. -Già da domani potremo agire, andarcene e farla prendere in quel posto al nostro Darth Vader e la sua massa di rincretiniti.

Ed in effetti, vedendo che i colori del tramonto stanno già tingendo il cielo, capisco che in realtà non aspetto altro.

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