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CAPITOLO 35-Cartelle a bottoniera

(Quassus)

Sì, è un vero shock.

Scorrendo, vedo l'elenco di tutti i soggetti. Sono solo una fila di numeri sterili ("Soggetto 1", "Soggetto 2"...) senza nient'altro.

Solo una postilla in alto a destra riporta la dicitura "1-1000".

-Quassus - mi sento chiamare.

-Sì? - rispondo. Già dalla voce capisco che è Yeela.

-Per prima cosa, perché hai di nuovo aperto il computer telepaticamente?

Eh?

Alzo un attimo gli occhi. Ed in effetti, come incastrato nel computer che sto esaminando, c'è il mio solito schermo grigio. Che non ho mai chiamato. È come se il monitor venisse attraversato di taglio da un oggetto intangibile.

-Ma non l'ho aperto io - sussurro. -È successo... da solo.

Anche se le do le spalle intuisco che mi sta guardando stralunata. -Che sia quello?

-Quello cosa?

Non ricevo risposte, ma le mie guance vengono afferrate con forza e voltate come un timone verso sinistra.

È infatti comparso un altro di quei rettangoli a parete bianchi, come alla fine del settimo livello. La figura è già emersa completamente: è un quattro, nero come granito, a campeggiare sullo spazio vuoto.

"Nessun computer è soggetto ad un essere umano, quando non specificato dalla legge precedente."

Questa scritta torreggia nell'aria davanti al numero, in caratteri bianchi pixelati. -La solita frase di un manuale d'informatica? - chiedo.

Stavolta però mugugna indecisa. -Mmh... no, veramente. Anche se già il testo è leggermente macabro. - Gira su una scarpa ritornando verso il computer. -Comunque, non ti sembrano strane quelle... gelatine? Tutte riportano un numero ed una regola, che sembra concepita perché i computer imperino. E per di più sono chiuse da un codice, quindi devono essere davvero importanti.

-Mettiamole nella lista che ci preoccuperemo davvero di risolvere una volta fuori - liquido. -Adesso volevo più che altro vedere... tu sei il soggetto 480...

Scrivo il numero nella barra di ricerca, e compare il blocchetto "soggetto 480". Ci clicco sopra.

Nel frattempo Yeela ha avvicinato la testa, tanto che le nostre guance si toccano.

Si apre una sorta di sua scheda, molto simile ad una carta d'identità. In alto c'è infatti una sua foto.

L'unica riga recita: "Tutti i dati sul soggetto nel documento 4356870".

-E questo merdoso documento dove sarebbe? - chiede retoricamente.

-Non ne ho idea. Sguinzagliamo un drone - propongo, mentre fisso il numero per imprimerlo a fuoco nella memoria (sono abbastanza sicuro di ricordarlo). Ma parlando di droni mi viene in mente una cosa... -Ah, cavolo. Non ho tirato fuori gli altri dalla sandbox.

Mi alzo dalla sedia e mi volto verso il muro per vedere correttamente il monitor. È una fortuna che avessi caricato le sandbox nei nostri avatar, con cui è giusto che i droni siano collegati. Perciò mi basta cancellare un paio di stringhe perché davanti a ciascuno di noi appaiano questi gioiellini elettrotecnici. Virtuali.

Per ora, escludendo il joystick della mano e la possibilità di sparare, sono pagine bianche. Aspettano solo che modifichiamo il codice, per divenire più specializzati.

So già cosa affidare al mio drone. Lo manderò a cercare il documento. In fondo io non ho bisogno di protezione, con questo computer; e, d'altra parte, un drone lavorerà senz'altro più silenziosamente di me. Yeela invece non ha a disposizione un'arma potente come questa, seppur non onnipotente. Ma è forte e resistente, e può combattere. E se porterà qualche aiuto diventerà un'ottima guerriera, non ho dubbi.

Apro il palmo e posiziono il pollice per attivare. Premo subito il pulsante sul polso, "cambia codice", poi sulla tastiera luminosa azzurra digito una sola e rapida stringa. Un lavoro di qualche secondo. Inserisco anche un comando perché cambi livello. Per fortuna conosco una struttura più sintetica di quella tradizionale. Ora che ci penso, avrei dovuto insegnarla a Yeela. Ma ormai è troppo tardi, e comunque l'avrà di certo programmato.

Il drone esce da questo stanzino filando all'esterno, in esplorazione.

Mi sento strano io stesso mentre propongo: -Ed ora che si fa? - Normalmente sono io a prendere iniziative. Ma stavolta la lascerò decidere, come ai... vecchi tempi.

Comincia: -Be', io ho un pochino di sonno, quindi magari tornerei a dormire nel nostro giardino superprotetto.

Ora che ci penso, ho anche io una leggera stanchezza. Be', leggera. Le palpebre mi sembrano di piombo.

-Domani mattina - continua - attenderemo i droni, ed allora decideremo cosa fare in base ai dati. Io comunque proporrei di andare a cercare anche il numero del tuo documento, qualunque cosa contenga. Se questo ne contiene mille, sarà nel terzo archivio. Probabilmente posizionato nell'ottavo livello.

Sono d'accordo. Se ci sono dei documenti su di noi, è meglio esaminarli. Potrebbe persino esserci qualche indicazione su come viene controllato il nostro sonno artificiale.

Mi rimetto al lavoro sul computer e costruisco rapidamente un terminale. Ovviamente lo programmo per autodistruggersi a breve, anche se coperto di firewall: un Darth Vader od un addetto qualsiasi, vedendolo mentre entrasse, avrebbe occasione di stanarci e passarci a fil di spada.

Dato che ho impostato un tempo davvero breve, afferro immediatamente Yeela per un polso e la trascino di peso sulla gelatina. Dopo esser stati avvolti da un vortice, ci ritroviamo in piedi nel giardino. Stacco la mano lentamente.

Ci scambiamo un rapido sguardo. -Chi dorme in terra? - chiedo io.

Lei fa spallucce, offrendosi: -Anche io. Guarda, per quanto ho sonno potrei dormire anche qui.

Fedele alle sue parole, si china e subito si distende sull'erba scurita dalla notte. -Chi se ne frega. Tanto domani o dopodomani volevo anche cambiare camicia.

Pensandoci, non ho voglia di fare passi in più. Per nessun motivo.

Come la scorsa volta, non appena la mia pelle sfiora il manto verde sul terreno, lei intreccia le nostre braccia. Le molli scabrosità dei nostri palmi si modellano per incastrarsi, mentre le dita lo fanno naturalmente, così che il tutto si chiude in una stretta ermetica di forma sferica. Anche polsi ed avambracci, che devono solo aderire, si congiungono.

Non chiedo spiegazioni per quel gesto. Mi limito ad assaporare quel contatto, il suo tepore, termico ed umano, anche perché credo nessuno abbia la forza o la voglia per parlare.

Vengo cullato da questo insieme d'erba e pelle, fino al sonno.

È tutto senza sogni. Niente immagini di madri, ricordi, nulla. Solo una lunga quiete oscura.

Apro gli occhi, stimolati dalla luce del sole.

Inclino la testa. Lei sta ancora dormendo.

Non ho intenzione di svegliarla. Rimango fermo al mio posto, lasciandomi cullare, stavolta, anche dalla luce del sole. Faccio un respiro profondo mentre mi nasce un sorriso.

Mi accorgo soltanto dopo qualche secondo che la sua presa si è come irrigidita. Guardandola negli occhi, li scopro stretti con sforzo, mentre la bocca esibisce una smorfia di dolore.

Sta avendo un incubo.

Impulsivamente, sento di non volere che stia in questo stato.

Le scuoto un braccio, abbastanza forte perché si svegli.

Ma non funziona.

Improvvisamente nel panico, mi alzo lasciando bruscamente la presa e le afferro la testa. La scuoto leggermente. Di nuovo non funziona.

Cazzo. Quegli stronzi devono averci messo lo zampino.

Col cuore a mille, scuoto ancora più forte, chiamando: -Yeela!

Tutto finisce non appena apre gli occhi. Sembra come sorpresa. Emette persino un sospiro.

-Yeela! - sussurro preoccupato, sentendomi un crocerossino. Il mio cuore è stato liberato dal peggior carico di lavoro che mai gli affibbierò. -Stai bene?

Ha una frequenza di respirazione altissima in questo momento, ma lentamente si calma. Osservo il petto balzarle su e giù con foga come un ascensore impazzito, mentre si assesta perdendo velocità.

-Credo di aver avuto un incubo...

Voglio saperne di più. E lo intuisce dai miei occhi.

-So cosa stai sospettando - sussurra ansimando. -Non saprei dirti. Ero rinchiusa in una specie di vuoto oscuro, intravedevo tante cifre e lettere nello sfondo...

Sì, devo constatare di esser peggio di un crocerossino. Infatti mentre parlava il cuore mi è accelerato, e l'ho pure presa in braccio, appoggiandole poi la testa sulle mie gambe. E dire che, tornato in senno, mi aspetterei che cercasse di divincolarsi scalciando e schiaffeggiandomi, invece lascia tranquillamente che le sue scapole mi si adagino nella carne della gamba, mentre i miei palmi irruviditi le accarezzano con una strana e delicata lentezza la pelle morbida. Sta divenendo ben docile.

Essendomi ripreso, cerco un attimo di ragionare. Qual è la mossa più intelligente da fare adesso, con la minaccia di essere attaccati? Mi sembra ovvio, aprire il computer.

La tastiera è praticamente sopra al naso di Yeela, ma non emette lamento. E dire che non morirei certo dalla voglia di avere quei pixel grigiastri luminosi a due centimetri dagli occhi.

Scorro immediatamente il codice fino ai confini. In effetti, proprio qui nei pressi, il firewall che rivestiva il cubo del giardino sembra avere una falla.

-Merda - borbotto. Beninteso, le difese non hanno perso tutto il loro potenziale. Ma una piccola percentuale sì. Il che mi fa ritenere che c'è un alta probabilità che ci sia qualcosa qui dentro.

Per fortuna avevo previsto, data la loro potenza e la mia fallibilità, un firewall inverso, che neutralizzasse le minacce già penetrate. Però neanche quello garantisce tutto.

Fabbrico allora un drone e lo programmo perché scandagli il giardino e distrugga qualsiasi cosa lo stesso firewall protettore sia programmato per attaccare. È già impostato perché ogni danno sia neutralizzato, quindi non mi preoccupo troppo.

Un cubo svolazzante, nero come granito, si materializza proprio sulla punta del suo naso. Ci lasciamo entrambi scappare una risatina. La sua è forse di divertimento, forse di solletico.

Non perde neppure un secondo. Dopo un secondo comincia a suonare ripetutamente, con un suono alto ed acuto, segno che si è allarmato. Comincia a muoversi verso la parete della baita, e solo allora noto la debole sfumatura rossa, miscelata al colore del legno tradizionale, di una trave.

Non ho più dubbi su quale sarà il suo obiettivo.

Infatti dopo pochi secondi si ferma. Non ho neppure il tempo di predirlo che ha già proiettato un lieve raggio energetico, il massimo di cui è capace, comunque sufficiente ad incendiare la trave e disintegrarla con un'esplosione in qualche millisecondo. Scintille come di ferro rovente di una spada in fabbricazione battuto scaturiscono dal vuoto e collassano scomparendo nel terreno.

-Eclissati.

Fissiamo entrambi la scena. Lei ha la bocca spalancata, probabilmente anch'io. Di certo abbiamo entrambi gli occhi sbarrati.

Penso subito a rassicurarla: -Non preoccuparti. Il drone avrebbe comunque spazzato via ogni altra minaccia, era programmato a mo' d'antivirus. I firewall sono impostati perché si riparino rapidamente. Se non ci hanno scatenato addosso un mondo di codice distruttivo, siamo al sicuro.

Aspetta qualche secondo prima di richiudere la bocca ed articolare una risposta. -Vedo.

Anche se capisco la sua incredulità, non può non frustrarmi. -Fidati di me. - Pronunciando quelle tre parole aumento la velocità a cui il mio braccio sta scorrendo e lo dirigo verso la sua mano, facendo per intrecciare le dita. All'inizio le sue si mostrano restie, poi si schiudono permettendo si serrino di nuovo ermeticamente.

Libera un respiro profondo. -Ad ogni modo - dice con un tono più risoluto - se le cose son messe così, non abbiamo molto tempo.

Annuisco. Traducendo, mi sta incitando affinché ci sbrighiamo.

Elaboro mentalmente qualche deduzione ed osservo: -Allora, sembra che i droni ci stiano mettendo più del previsto. Erano invisibili, quindi non possono esser stati catturati. Su questo sono certo.

Vengo momentaneamente allarmato dal pensiero che la barriera del giardino sia però stata penetrata, tuttavia mi rincuoro ricordando che non avevo imposto alcun muro di invisibilità a quello. Se noi siamo invisibili al programma, presupporrei che quel virus sia stato mandato solo in esplorazione. Ed ora che ci penso, forse non è il caso che non faccia ritorno. O no?

Aperto il computer, inserisco un programma di annullamento nel drone, e quello rapidamente risputa la trave, che cade a terra. Contemplo per un attimo il rossore dell'infezione del virus.

Riprogrammo rapidamente il virus perché dia il risultato che vogliamo. Per un momento penso di depistarli lasciando consegnare il responso e fuggendo, ma poi decido che indirizzarli qui darebbe loro in ogni caso una pista.

-Sistemato - dico mentre la luce rossa fugge dalla trave. La guardo con occhi quasi ammirati quando trapassa il muro trasparente che mura questo luogo, pur sembrando sottile quanto un velo.

Resto un pochino così. Poi, ritenendo che non ci sia nulla su cui indugiare, chiedo a Yeela: -Allora, prossima destinazione?

Lei, me ne accorgo solo ora, è ancora distesa a terra, sull'erba, con la testa tra le mie ginocchia, ed il suo naso continua a sfiorare dal basso la tastiera.

Riordino al computer di eclissarsi, ed i suoi occhi incrociano subito i miei mentre trae una specie di sospiro, forse di sollievo agli occhi. O forse le faceva semplicemente impressione.

Sembra persa per un momento, poi assume una faccia da ragionamento. -Allora, nel sesto livello c'erano le schede dalla prima alla millesima. Presuppongo la tua sia nell'ottavo livello - argomenta - a calcoli matematici bruti è la scelta più manifesta. Non penso se ne preoccupino, di certo sono state fornite a quegli schedari delle difese che credono invincibili.

Non trattengo un sorrisetto malevolo.

-Quindi andiamo a cercare nel computer rispettivo?

-Sì.

-Bene, in che zona era?

Mostra i denti digrignati, in una smorfia strana, come sconvolta ed impaurita allo stesso tempo.

-Non lo so. Non lo ricordo più.

Alzo gli occhi al cielo. Poi liquido rapidamente la confessione con una rassicurazione ottimista: -Non preoccuparti, esplorerò col mio, di computer. Preferisco comunque non mandare droni. Potrebbero venir scoperti, e visto lo stato del giardino non ci conviene star troppo qui. Non farà male far perdere un po' le nostre tracce.

Programmo rapidamente un terminale di fronte a noi, che si autodistrugga entro venti secondi. Non si sa mai.

Yeela comincia ad alzarsi dalle mie gambe con aria svogliata. Mi afferra autonomamente il braccio mentre anch'io sciolgo le mie gambe incrociate levandomi. Saltiamo sul terminale.

Arriviamo rapidamente sulla piattaforma di pietra, sotto il sole cocente.

Mentre Yeela comincia a rimirare con faccia neutra il paesaggio, tale e quale a prima, io prendo a riflettere. -È uno spazio completamente aperto. Il computer dev'essere per forza in uno spazio chiuso: ricordo chiaramente di non averlo visto la scorsa volta. Il livello ha un recinto virtuale, quindi non può essere su una pedana nascosta dimenticata dal mondo a qualche chilometro da qui.

A quanto pare le si accende una lampadina, perché esordisce: -C'è una possibilità. - Volge la testa verso il corpo del livello. Lo sguardo sembra mirare molto in fondo. -Ricordo un solo spazio chiuso.

Anche se ha ammesso la sua debolezza mnemonica poco fa, decido di fidarmi.

-Hai tenuto quella figata per camminare nel vuoto? - mi chiede.

Ora che ci penso, non so se ci sia ancora. Riprendo in mano il computer l'ennesima volta per controllare.

Constato che c'è. -Sì. A quanto pare era rimasta racchiusa nei nostri avatar, ma in ogni caso reagirebbe solo a questo vuoto specifico. - sentenzio.

-Allora vieni.

Fa qualche passetto indugiante al di fuori della pedana, mentre i cubi di vetro le scaturiscono dal nulla sotto i piedi. Io la seguo, e cominciamo a camminare nel vuoto. Come quasi sempre oggi, le nostre pelli continuano a sfiorarsi.

Riguardo i pezzi di quel livello che grazie a questo sleale (ma giustificato) trucco non ho mai affrontato. Non che ne abbia voglia, beninteso. Non dev'essere bello arrampicarsi e procedere appesi nel vuoto ad una lastra squadrata di pietra ruvida.

Arriviamo fino a quello che effettivamente è un luogo chiuso, l'unico, pare, di tutto il livello. Non so se già l'avessi adocchiato, ma fa una certa sensazione vedere quel parallelepipedo di pietra sospeso. Da un'apertura vedo che è cavo.

Entriamo all'interno. No, non ci siamo passati la scorsa volta. Non credo proprio. Non ricordo questo sentiero di pietra sospesa nel vuoto della costruzione, che funge da ponte tra le due estremità.

Dentro notiamo, sicuramente entrambi, due cose.

Sulla sinistra, un computer su una pedana rocciosa che si protende dai muri nella cavità di questo solido. È perfettamente uguale a quello che ho esaminato giorni addietro.

Non credo sia quello ad interessarci, quanto ciò che è sulla destra.

Esattamente sull'orlo della passerella c'è un muro di fiamme. Furbo: i più lo penserebbero un semplice ostacolo del gioco. Noi intuiamo che c'è qualcosa di ghiotto dietro.

Sicuramente anche questa misura è progettata per essere infallibile.

Scandaglio il codice. A quanto pare quella barriera di fiamme è progettata per portare automaticamente al game over un soggetto che la tocchi, e disintegrare tutto il resto.

L'incognita è se la nostra invisibilità ci renderà immuni al suo effetto.

Studio un attimo il tutto. Cos'è, vedendola tecnicamente, la nostra invisibilità? I nostri avatar vengono automaticamente omessi da ogni monitor, escludendo il mio computer.

Cos'ho fatto per renderci inattaccabili dai nemici? In realtà, a meno di contatti veri e propri che obblighino lo spostamento delle stringhe, non veniamo rilevati da ogni altro agente nemico. Se proviamo ad agire noi, avviene come se l'azione fosse compiuta da pura energia.

Questo cosa vuol dire? Che anche se non lo rilevassero, le stringhe del muro infuocato sarebbero costrette ad interagire con le nostre modificandole come da programma.

Merda. Dobbiamo trovare un'altra via. Operare una compressione degli avatar sarebbe troppo complesso.

Guardo Yeela, comunicandole con un'occhiata cosa dobbiamo fare. -Come?

Osserva il muro di fiamme per un attimo. Nel mentre, io comincio a pensare che effettivamente si sta facendo valere. Mai più risosterrò quell'affermazione in cui la definivo inutile. -Puoi tenere un drone che eserciti pressione sulle stringhe delle fiamme creando un'apertura?

Mi sembra una soluzione troppo attuabile perché possa funzionare. Infatti, ad un rapido esame del codice, vedo che già è stata disposta un difesa anti-movimento. Dobbiamo trovare un altro modo.

-Distruggiamo il codice - propone Yeela.

-Impossibile. Se provo - nel mentre lo faccio, nonostante ne sia già certo - a cancellare una stringa il comando viene respinto. Non è una strada praticabile. Di certo succederebbe la stessa cosa coi muri, e...

Mi chiude la bocca con la mano, a tradimento. -Quassus, non dobbiamo distruggerlo direttamente, immettendo delle stringhe.

Tolgo la mano con più forza di quanto voglia davvero, leggermente schifato. -E quindi vorresti prenderlo a calci e pugni?

-No, stupido. - La bocca, contorcendosi in una smorfia, mi avverte della prossima fine della sua pazienza. Io allora preferisco tacere e lasciarla parlare. -Invia un virus molto elaborato che distrugga le fiamme. Magari piazza anche un drone ad immagazzinarne il codice ed attivalo dopo perché le ricostruisca, se hai paura di quei cretini. Tanto conosci anche dei comandi di autodistruzione.

Fattibilissima. Ma non la trovo affatto una buona idea. -Yeela, potrebbe esserci una difesa nascosta. E se lo scoprissero capirebbero immediatamente che siamo stati noi. Magari, se monitorano le ricerche, sono già in allarme. - E questo motiverebbe anche il tentativo di violare le difese del giardino.

La sua faccia si fa seria e severa. Mi appoggia delicatamente, con lentezza, le mani sulle spalle. -Quassus - dice, mentre la sua espressione già mi fa mal presagire. - Che cazzo credi, che potrai stare sempre sicuro in una gabbietta ermetica? È ora di correre un rischio, se vuoi uscire da questa stronzata. L'unico modo per tirati fuori è, con tutta probabilità, lì. Vuoi restare?

Questo discorso mi dà quasi un colpo al cuore, così come il ricordo di quello analogo, ma speculare rispetto alle parti. Ero io a farlo.

-E tanto, perché monitorerebbero la loro attività? Sono certi che la difesa sia infallibile.

Dopo queste parole, mormoro un sottile e flebile "d'accordo".

Sorride e mi passa le mani sulle braccia, facendole scorrere. Diffonde per tutta la loro superficie cutanea una carezza fresca, che quasi mi provoca un brivido.

Dopo essere riusciti tornando sulla passerella sospesa nel cielo, in un punto senza trappole, comincio ad impostare il drone. Compongo tre blocchi di codice: nel primo lo programmo perché invii, fino alla loro distruzione, un'orda continua di radiazioni contro il muro, piene di stringhe che intacchino il codice. Sono ad alta potenza, quindi lo abbatterà in pochi colpi. Le stringhe sono mirate per intaccare anche un firewall. È una tattica potente, difficile da mettere in atto, e che molti pochi conoscono. Infatti penso di impiegare anche una decina di minuti a comporla. Meno male che siamo in un punto senza trappole. Il drone dovrà essere di una grandezza superiore alla solita per accogliere una tale complessità.

Il secondo blocco ripristinerà il codice delle fiamme nello stesso punto alla mia parola d'ordine.

Il terzo è semplicemente per l'autodistruzione.

Invio a Yeela, con gli occhi, un segnale, come a dire: "Pronta?"

Lei annuisce.

Ed io confermo il codice.

Il cubo nero, grande il doppio degli altri, si materializza sulla passerella interna. Invia immediatamente una radiazione gialla contro le fiamme. Da qui, vedo subito che si spengono. Si intravede persino una parte di pavimento. Anzi, la passerella era una parte di pavimento tagliata, ad un certo punto, dalle fiamme, per sbarrare l'accesso.

Poi quell'immagine scompare. Perché tutto collassa crollando. La parte prima delimitata dalle fiamme si stacca con un crack secco, poi la vedo, mentre l'altra parte rimane immobile come nulla fosse, precipitare nel vuoto.

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