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CAPITOLO 3-Incontro affrettato

(Yeela)

Il sapore del vino in bocca la mattina è la cosa migliore che si possa avere per affrontare per l'ennesima volta questo primo livello.

Ah, la Datospiana.

Quante volte l'ho cavalcata, fino a livelli che alla mia prima esplorazione non avrei mai potuto immaginare. Non avrei potuto immaginare qualcosa di peggiore di quegli esseri mostruosi da cui scappavo. Per fortuna, col tempo ho imparato a domarli. E, diciamocelo, se, come dicono, la Datospiana è composta da dieci livelli, non è male aver raggiunto l'ottavo. Nonostante sia qui da più o meno sei anni, come testimonia la grande quantità di damigiane svuotate.

Be', mi sono ubriacata abbastanza. Forse più del solito; ma non mi farà male avere un pochino di alcool in più in corpo. Non crollerò per una sbornia od un postumo, sono abituata. Anzi, mi rinvigorirà.
Solo che mi sono neppure vestita per l'occasione. Sono ancora in camicia da notte. Be', ammesso si possano chiamare camicie da notte quei vestiti pluri-usati che porto ogni notte, da quando mi sono svegliata in questa baita. Od almeno quelle che trascorro qui. Per fortuna ne ho altri puliti a disposizione, che comunque devo lavare con le damigiane d'acqua in giardino. Continuano sempre a puzzare di sudore, se si indaga nelle maniche. Ma ormai mi ci sono affezionata, tanto che penso che se un giorno riuscirò davvero a fuggire, potrei continuare a dormire per tutta la vita con quelli, potendo. In fondo sono ormai matura, essendo entrata qui a dodici anni. Cosa già strana, per la mia età e per le mie non altissime capacità informatiche. Ma ero piena di voglia di combattere questi computer, piena di voglia di essere libera. Aspetta, ma come so la mia età? Ah certo, so la mia data di nascita. E quei tablet si premurano di dirti almeno che giorno è oggi.

Be', e, chiusa parentesi, non mi sono neanche lavata. Ovviamente con la solita acqua delle damigiane. Anche se mi stupisce l'idea che anche in questo posto ci si sporchi.

Ma in fondo è prevedibile: per attraversare sudo nei vestiti, anche tra i circuiti si sviluppa la polvere, ce n'è di roba ai livelli avanzati e spesso, quando sono stanca, mi distendo sull'erba, per godermi quest'angolo di natura in mezzo ad un inferno informatico.

Per fortuna ho già preso con me i vestiti, che ho lasciato sul prato, quindi mi verso sulla testa una damigiana d'acqua, a doccia. Dopo esco al sole, che mi asciuga quasi all'istante. Questo sole è caldo, come se fosse sempre estate, tanto che giro in questo giardino quasi sempre in maglietta o camicia. C'è una calura estiva persino quando cala la notte, anche se per me non fa differenza. In fondo la baita non ha finestre. Quando uscirò riuscirò a sopportare di nuovo quell'autentica catastrofe naturale chiamata "inverno"?

Ecco, sono pronta. Posso uscire, come ogni mattina (anche se talvolta sono rimasta nella Datospiana anche per giorni interi, pure senza dormire). Infilo lo zaino preparato ieri notte e mi lancio verso l'uscita, su cui campeggia il cartello "PRIMO LIVELLO DELLA DATOSPIANA". Ah, quanto lo odio, quante volte ti ho dovuto inutilmente affrontare. Lavoro ormai da un anno per superare l'ottavo livello... me la pagherai.

Compare di colpo la Datospiana, col suo mondo di circuiti e catene volanti di codici. I miei occhi vengono subito attirati dalle scintille viola. Che poi ignoro.

Comincio a correre. Impiegai forse quattro mesi per trovare l'uscita di questo labirinto, ma ora so il percorso a memoria, e comunque l'ho segnato sul tablet. Lo troverei anche se questa memoria infame mi tradisse.

E devo dire che ci sono livelli peggiori. Mai dimenticherò i tre giorni di esplorazione ininterrotta forzata con cui trovai l'uscita. Ormai ci arrivo sempre in dieci minuti.

Oggi, svegliandomi, ho scoperto di avere ancora più fretta, così corro. Tengo sempre d'occhio il tablet, per controllare saltuariamente quanto tempo manchi.

Ma noto qualcosa di strano: è comparso un nuovo numero che non avevo mai visto sulla mappa.

2201.

Quel poveraccio sarà ancora nel torpore mattutino o sarà già incappato in quello stupido cavallo di Frisia, lo stesso in cui incappai io anni orsono?

Mah, probabilmente vedendo il mondo di fuori si sarà rintanato nella baita a dormire, mangiando frutta e scolandosi vino. Speriamo che non lo confonda con l'olio per lo spavento.

Devo dire che all'inizio anch'io volli farlo. Ma rinunciai perché pensavo che me ne fossi andata lontana il giorno prima, e che casa mia fosse vicina. Che idea malata, ma secondo te esiste un luogo così là vicino? No, devo averlo scambiato per una DataLuciSala, cioè un posto veramente del cavolo in cui non intendo ritornare manco me lo ordinasse l'imperatore. Il che mi fa ritenere che allora fossi davvero rincretinita.

Percorro il solito sentiero indicato.

Vedo presto uno di quegli stupidi torrioni elettromagnetici sulla mia scia, ma sono abituata a vederli. Dunque li schivo come di consueto, anche se per poco non vengo colpita da una scarica, tanto forte che mi avrebbe messo al tappeto per giorni interi.

Ah, quanto fu brutta la prima volta, al mio quarto giorno. Vagavo da un po' nella Datospiana, ed incontrati quei cosi orribili li credetti un edificio di trasporto ad una via d'uscita. Così feci per arrampicarmi sopra, ovviamente camminando dato che ero ancora all'oscuro di tutti i pericoli che nasconde il primo livello. Inutile menzionare poi la fulminea folgorazione che mi stese lasciandomi svenuta per tre giorni. Soltanto fame, sete e puzza di sudore vinsero quella scarica magnetica che mi tratteneva nello svenimento. Per quanto ero esausta faticai a raggiungere di nuovo il mio giardino, dove finii per, tra bere e lavarmi, svuotare sei damigiane tra acqua e vino, e poi abbuffarmi di mele avvolte completamente dall'olio: ne svuotai così la prima damigiana.

Incontro i soliti ostacoli: due reticelle elettriche deboli e qualche branco di tapiri digitali. Niente di particolarmente temibile rispetto ai torrioni. Devo solo sperare che, come è successo qualche giorno fa, non mi venga incontro un mammut digitale, che sembrano circolare più spesso ed essere più avidi in questi ultimi periodi. Quando fui catturata per la prima volta... ah, che dolore.

Era il mio ventesimo giorno. Queste sono cose che ormai non posso più scordare. Stavo esplorando un pochino i dintorni col tablet, rovistando in qualche giardino che trovavo sempre vuoto. Quel coso mi si parò contro quasi di colpo, lasciandomi paralizzata dalla paura. Non avevo ancora la minima idea della cosa migliore da fare (scappare), così quello ebbe tutto il tempo per prendermi, stritolarmi e sbattermi come un cencio ai quattro venti. E poi scagliarmi a terra provocandomi un'emicrania fortissima, mescolata alle scariche elettriche che permanevano. Per fortuna se ne andò subito (ed io non ne ho ancora scoperto il motivo, così come non ho ancora capito perché cavolo facciano per scacciare dopo aver stritolato e sbatacchiato se sono loro i primi ad inseguirci. Anche se in realtà è ovvio). Stavo morendo dal dolore, ma per fortuna mi svegliai sempre tre giorni dopo. Dopo tornai alla baita a drogarmi e strafarmi di vino. Cavolo, ubriaca per due volte nelle prime tre settimane di permanenza è una cifra di tutto rispetto.

Contiamo che ci saranno decine di migliaia di damigiane di vino in quella spropositata cantina, di cui varie ancora da stappare. Io mi sarò ubriacata centodieci e passa volte. "Hashtag thuglife", direi.

Corro per qualche minuto. Conosco quasi a memoria da qui il percorso, per cui chiudo il tablet e me lo incastro nei vestiti. So che non cadrà, lo faccio da sempre.

Poi noto che si è radunato uno stormo di passeri digitali nell'aria, il che non porta affatto bene.

-Oh-oh – ansimo.

Questi sciami anticipano sempre l'arrivo di esseri di grandi dimensioni, il che sembra confermare la previsione del mammut digitale.

Non posso fermarmi, se voglio sperare anche oggi di superare l'ottavo livello od anche oltre. Non posso fermarmi a questi ostacoli infimi: continuo a correre.

A quanto pare, è stato tutto un falso allarme, il che può capitare: infatti sta scorrendo un'Agotorre, l'imponente torre sottile, slanciata e gigantesca che si muove lungo i circuiti. Anche se per definizione dovrebbero essere ostacoli, per fortuna sono innocue, a meno che non ci si sbatta contro il muso, al contrario dei torrioni elettromagnetici, più rari. Basta tenersi fuori dai circuiti, e meno male che in questa zona ce ne sono pochi. Ho cominciato a cercare di evitarli apposta tempo fa.

Corro, corro. Mancano 100 metri alla porta del secondo livello, dove potrò riposarmi un poco. Mi accorgo di essere diventata in questi sei anni sempre più frettolosa.

Ma come non detto.

Quasi che la mente voglia farmi uno scherzo, trovo un colossale mammut digitale. Ne ho visti raramente pattugliare il portale. Cavolo, mi ha scompigliato i piani, ed ora che mi sono fermata ansimante non riesco ad elaborare immediatamente una via alternativa. Ma se so una cosa sui mammut digitali, è che a differenza di altri animali informatici non posso essere combattuti, li si può solo evitare. Infatti la cosa più semplice, che cercherò di fare, è raggirarlo per raggiungere il portale.

Stranamente, si sta dimenando. Meglio, se sta impazzendo dal dolore, per qualsiasi motivo, non farà caso a me, il che non mi dispiace affatto.

Ma poi noto qualcosa che mi gela il sangue nelle vene.

Scaglia... qualcuno. Che urla, ed atterra su un terminale elettrico: lo capisco dalle scintille luminose che scaturiscono dal terreno. Se continuerà a vessarlo, sarà in grado di provocargli uno svenimento di quattro giorni. Roba da mandarlo in game over. Non posso permetterlo, anche se non ho idea di chi sia. La mia umanità a quanto pare non ha ceduto al tempo.

Ma come aggirare quel mammut? Se proverò soltanto ad avvicinarmi a lui, quel colosso schifoso mi frantumerà. Anche se a farlo mi piange il cuore, la cosa più prudente è filare dritto verso il portale approfittando della sua distrazione. Non vale la pena di rischiare un doppio game over contemporaneo.

Ma improvvisamente, dall'orizzonte opposto, vedo arrivare un'Agotorre. Il che mi dà un'idea lampante, ma per attuarla devo agire in fretta.

Praticamente senza deciderlo, lancio un urlo. Intanto vedo che quel malcapitato sfigatissimo è già svenuto, perché non oppone neppure resistenza. In quella situazione lo farebbe chiunque abbia un minimo di coscienza.

Quel coso volta i suoi occhioni a zero giganti verso di me, ed io sorrido malevola vedendo che ha intanto abboccato a quest'esca. È la prima parte del mio piano salvifico. I mammut digitali saranno pure colossi tutti muscoli, ma a quanto vedo sono decisamente stupidi. Non che abbia mai avuto il desiderio od il bisogno di constatarlo.

Mi insegue. Oltre che stupidi, sono pure irascibili e decisamente programmati, un po' come tutti i computer. Evidentemente si è dimenticato di instillare in loro l'intelligenza.

Corro sopra un circuito, sperando che l'Agotorre punti verso questa direzione. Non ne vedo altri, quindi penso sia questo. Mentre quel robo si dà al mio inseguimento. Già in venti secondi mi avrà bruciato cinque metri di vantaggio, e purtroppo non ne avevo molti.

Accelero nella mia corsa verso l'Agotorre, che si sta avvicinando, mentre comincia a dolermi la milza. Se fallisco questo piano, rischio di andare io in game over, e non sarò certa di aver avuto la consolazione di aver salvato quel poveraccio.

Corro. Dieci metri di distanza mi separano dall'Agotorre. Mentre il mammut sarà a venticinque metri da me, data una rapida stima.

Corro, corro, ma poi mi sbalordisco tanto da rischiare di fermarmi.

L'Agotorre ha cambiato direzione: il circuito devia verso destra.

Ho una sola possibilità: continuo a correre, mentre per questi due attimi di riflessione quel mastodonte ha già guadagnato altri due metri.

Imbocco una traiettoria diagonale, che spero lo confonda momentaneamente. Purtroppo no; anzi, rallenta me. Facendo due rapidi calcoli da tennista, corro verso un punto del circuito, che ora distinguo meglio: per fortuna è un'unica linea retta. Posso farcela.

Corro, sarò a tre metri dall'Agotorre, ma a cinque dal mammut.

Accelero ancora, rischiando di esplodere, cadere e fare game over. Invece resisto, e continuo.

Un metro, e due.

Appena sono davanti all'Agotorre, vado alla sua destra alla massima velocità possibile, a macchina da corsa. Cuore e fegato mi stanno esplodendo.

Ma come speravo, il mammut, che già aveva guadagnato altro terreno, si schianta inaspettatamente contro l'Agotorre, di muso. Rimane di stucco e stecchito, e pure ferito (ammesso che si possa chiamare quella una ferita, gli sono stati portati via alcuni pixel). Per pochi secondi ferma l'Agotorre, che poi ritorna tranquilla a scorrere silenziosa sul suo circuito.

Mi accascio a terra per il dolore e la stanchezza. –Merda.

Sono ancora leggermente sotto l'effetto del vino, senza il quale forse non avrei resistito. Sembro essere così abituata all'alcool che ormai l'ebbrezza non mi danneggia quasi più, ma mi rende più forte. Come se l'alcool fosse un veleno che ho bevuto per anni e da cui non solo sono divenuta immune, ma vengo anche rinvigorita.

Un minuto di riposo è sufficiente, anzi è troppo. Il mammut si risveglierà presto: devo ricordare che per quanto possa essere imbecille, resta un computer posizionato nella Datospiana.

Ricordo ancora bene il percorso, per cui corro indietro, e raggiungo lo sventrato.

È un ragazzo: svenuto, con la testa insanguinata ed attraversata da cariche elettriche, segno dell'azione del mammut. È messo proprio male: rischia davvero il game over. Non posso non aiutarlo.

Ed allora mi infilo, per non perderlo, il tablet nei pantaloni. Mi carico questo tapino sulle braccia, l'unica parte del corpo che non mi dolga, e comincio a correre. Va be', oggi ho proprio voglia di torturarmi. Come se già tutto non mi facesse male, ed il suo peso mi vuole sopprimere.

Per fortuna non incontro molti ostacoli al ritorno, solo le reti elettriche. Passa qualche passero digitale rasoterra davanti a me, mozzandomi il fiato. Non mi arrendo e continuo a correre, con quel gravoso fardello. So solo che un ragazzo potrebbe subire un game over se io non mi sacrificherò così, fino alla mia baita, per lui. Tutte le riflessioni possono aspettare.

Trovo due Agotorri guastafeste che mi sbarrano la strada. Ovviamente non mi fermo per non cominciare ad ansimare per la stanchezza che mi sta affliggendo ogni membro. Le schivo ai lati abilmente. Dovrei essere nominata "Anguilla della Datospiana", se ci fosse qualcuno in grado di farlo.

Spero di non sbagliarmi, ma poso il ragazzo a terra, ancora svenuto (e così resterà per un bel po', spero il meno possibile), e prendo il tablet per controllare. Sì, non mi sbaglio: il mio giardino è questo, proprio ad una quarantina di passi da me.

Ho cominciato ad avere il fiatone, ma non mi importa: per il momento, mi prenderò cura di lui.

Così mi faccio coraggio e me lo ricarico in braccio, percorrendo esausta ed ansimante quei quaranta passi che ci separano dalla baita, dalla salvezza.

ANGOLO DELL'AUTORE
Ed ora avete conosciuto anche Yeela... ovviamente si accettano anche commenti, ma quante stelline per la nostra eroina? :)
Be', non fatevi così presto un'idea di lei. Aspettate i prossimi capitoli...

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