CAPITOLO 22-Deserti e tempeste
(Yeela)
Quassus sbatte sonoramente la testa sul pavimento di marmo.
-Ahi - dice come fosse in un fumetto.
Gli do qualche secondo per riprendersi e poi, alzandomi in piedi, lo informo: -Allora Quassus... ti conviene esplorare un attimo questa bellissima casetta di marmo in ogni angolo, magari facendoti luce col tablet - guardo la lampada in alto, che emette una fioca luce azzurra - negli angoli più bui, poi andiamo. Non si può rientrare, quindi attento.
Lui si guarda ancora un po' stordito intorno. -Ma mettere una finestra no?
Scrollo le spalle.
Lui non ribatte, anzi si mette al lavoro tra le varie credenze e cassettiere alla ricerca di eventuali novità. Normalmente si trova sempre qualche oggetto, anche abbastanza utile, persino pistole (di solito quasi scariche, ma meglio di niente). Roba che serve là fuori.
Prima di andare però mi chiede: -Ma allora cos'era questo tuo conto in sospeso?
Assumo un'aria di sufficienza. -Nulla di che. Semplicemente, quando tre o quattro anni fa lo affrontai per la prima volta...
-Tre o quattro anni? Ci sei arrivata dopo così tanto?
Domanda intelligente. Certo che ne sta facendo di progressi. -Be', sì. I livelli dopo il secondo sono difficili da superare quando non ne si conoscano i meccanismi. Tu magari non te ne sei accorto perché ti guidavo.
-Sempre modestissima la ragazza.
Per l'ennesima volta in questi giorni mi porto le mani al petto con vanità. Poi mi ricompongo e continuo la storia: -Stavo dicendo, quando lo affrontai per la prima volta, siccome non sapevo minimamente cosa aspettarvi, appena lo vidi mi venne un infarto - prendo un momento per respirare - e così scappai in un angolino tra le montagnozze. C'era una specie di passaggio segreto, ma... - mi si accende una lampadina pensandolo - era chiuso da una combinazione.
Sono una cogliona del cazzo.
Avevo Quassus con quel computerone favoloso qui accanto. E non gli ho chiesto di esaminarla.
Con un sorriso commenta: -Scommetto vorresti tornare indietro.
Che acume. -Già. Però i terminali funzionano solo in un senso. Non potresti manipolare il codice?
-Mmh, difficile. Nelle nostre stringhe - dice riesaminandole - non c'era nessuna indicazione sul livello o delle coordinate che possa modificare.
Riguarda di nuovo lo schermo, poi si gira un attimo verso la massa di credenze contro la parete, ed infine esordisce: -Però posso approfittarne per mostrarti cos'ho combinato. - Ma non dice "combinato" con la faccia preoccupata che mi aspetterei. -Non ho solo dato a te il potere di creare un'arma dal nulla.
Stende la mano in avanti come per ricevere qualcosa che cada dal cielo e dice: -Servimi.
Faccio fatica a non spalancare la bocca vedendo due immagini grigie, una orizzontale ed una verticale, apparire davanti a Quassus dal nulla come fossero ologrammi solidi. Be', SONO ologrammi solidi. Infatti scrive qualcosa sull'immagine orizzontale, una tastiera, e quella verticale cambia. È uno schermo.
-È collegato al computer centrale, ma ora sarà tutto molto più facile. Per dire, potrei dirti cosa ci sia qui dentro adesso.
Mmh. Interessante. -Vai.
Scorre un pochino le stringhe e poi borbotta: -Nessun oggetto, ma abbastanza cibo da organizzare un banchetto regale.
Strizzo gli occhi incuriosita e con l'acquolina in bocca. -Vale a dire?
-Una mela marcia nell'ultima credenza a destra.
Demente.
Appiccico una faccia da "ahahahah! No" sul mio sorriso e poi mi rivolto verso la credenza, dove effettivamente c'è solo una mela marcia, il che mi attesta che non ha mentito. Per vendicarmi della mia provocata delusione, me ne esco con un commento: -Comunque già che hai quel potere potresti metterti una faccia più decente.
La sua voce si incupisce mentre si gira verso di me. -Ha parlato Miss Universo.
-Di certo sono meno cessa di te.
-Ma vaffanculo - sbotta - adesso vedi come ti rispalmo tutte quelle cicatrici sulla pelle e ti tolgo il potere.
Sentendo quelle parole mi volto con un tuffo al cuore, poi corro ad abbracciarlo, passando attraverso i due ologrammi. -Quassus, ma io sono la tua Yeela. Sai che ti voglio bene. - Dopo aver stretto la presa, alzo la testa e faccio gli occhioni più seducenti che mi riescano. In fondo, ho avuto grandi esperienze di conquiste maschili in questi sei anni passati in un cazzo di deserto pieno soltanto di trappole merdose.
Lui fa uno sguardo disinteressato (anche se sotto le retine leggo un lampo improvviso di desiderio) e poi divaga: -Be', comunque ora che ci siamo spifferati pure il colore che preferivamo a sette anni ed otto mesi, possiamo continuare?
Annuisco e mi stacco, anche se al mio interno sento una sorta di repulsione che mi chiede di rimanergli avvinghiata.
Cosi vado verso il portone metallico e lo spalanco.
Quassus assume un'espressione abbastanza sconcertata ed impaurita vedendo una saetta colpire il terreno dell'uscio.
Si dovrà abituare, visto che questo è un deserto in cui cadono sempre e dovunque saette.
Infatti, vedendo che oltre, dal cielo ricoperto di nubi tempestose, cadono continuamente saette sul terreno di ghiaia grigia, avanza: -Mmh, potrei fare qualcosa a questo punto.
-Sono un po' troppo potenti perché si possano schermare, penso. Riescono a produrre un'onda d'urto dal raggio di dieci metri.
Borbotta qualcosa. -Allora creerò un segnale di avvertimento.
Scorre e scrive alcune stringhe. Impiega circa un minuto, in cui io lo osservo con occhi attenti, cercando di vedere qualcosa in quel mare di codici. -Ecco. Ora, quando ci sta per cadere un fulmine in testa, dovremmo diventare verdi. E vedere verde.
Mmh, buona come idea, anche se non dà moltissime possibilità.
Così lo incito: -Allora usciamo.
Attraversiamo insieme la porta, mentre Quassus pronuncia: -Eclissati. - Il computer scompare trasformandosi in una massa di zeri che poi collassano svanendo in una caduta nel nulla.
Cominciamo a farci strada nel deserto. C'è molta strada da fare, come ricordo aprendo il tablet per riprendere la mappa: -Teoricamente la casa d'uscita si trova andando sempre dritto, ma non ci riusciremo facilmente con queste saette. - In quel momento un lampo attraversa la mia visione periferica.
Lui annuisce mentre mi segue con lo zaino in spalla. Intanto ha riaperto il computer, e sta scandagliando il codice. -Più in là sembra esserci qualcosa. Ma non riesco a definirla.
Mi guardo un pochino in avanti e vedo che c'è uno dei classici ostacoli.
Una sfera cacciatrice. Una specie di palla metallica avvolta da una corazza, e provvista di un sistema computerizzato in grado di individuarti. Per venire a romperti il cazzo lanciandoti bombe e vari dardi. Almeno negli esemplari superiori. Posso sperare ancora che questa sia provvista solo di spada.
Un bip elettronico seguito dall'accensione di una lucina rossa mi informa che siamo stati individuati.
-Non c'è molta difesa, Quassus - lo informo, - puoi soltanto scappare ed aspettare si schianti contro qualcosa che la rompa. Io, almeno, non ho un modo per combatterla. Tu?
Intanto quella viene verso di noi. Produce un ronzio continuo. Nel mentre lascia dietro di sé una scia fumosa. Quando si avvicina diventa man mano più inquietante. Sì, dev'essere un modello a spada.
-No - dice scandagliando il codice rapidamente. - È protetta da parecchi firewall, e comunque sembra poter resistere a qualsiasi arma tradizionale.
Non ho in mente armi innovative.
-L'unica soluzione è correre. - dico.
Non aspetto una sua parola per cominciare: corro semplicemente cercando di evitare quel coso.
Lui mi segue a ruota, ma ad un certo punto, mentre guardo la sfera, che si sta avvicinando pericolosamente, mi chiama: -Yeela, sei verde!
Un secondo dopo anche la mia vista viene appannata da quel colore.
La sfera è ancora più vicina. -Quassus, allontanati! - gli grido, con un'idea in testa.
Corro lontano dalla sfera sperando che la sorte sia dalla mia parte.
Infatti, un secondo dopo il verde si intensifica.
Merda.
Sento uno schianto dietro di me. Ma poi sono ancora in piedi, ed allora mi giro a guardare.
La sfera è stata travolta da una saetta. Insomma, è stata distrutta.
Ma il verde non è scomparso, ed anche Quassus, che nel frattempo mi ha seguito, si è tinto, è questo può avere un solo significato.
Corro nella direzione del fulmine precedente.
Lui riesce ad imitarmi abbastanza in fretta per uscire dall'area d'azione prima che un'altra saetta cada dove mi ero rifugiata un attimo fa, producendo un'onda d'urto. È abbastanza forte da gettarci a terra.
Fortunatamente, quando mi rialzo, non ho nulla, tranne qualche graffio provocato dalla ghiaia. Quassus sembra nello stesso stato, come vedo mentre mi raggiunge.
Gli faccio segno di continuare.
Infatti riprendiamo il cammino-corsa, schivando di tanto in tanto le aree pericolose. Non sembrano esserci altri ostacoli.
-Comunque ammettilo, senza di me saresti già in game over - esordisce.
-Senti, puoi avere tutti i cazzo di computer che vuoi, ma io resto la veterana.
-Intanto di ho salvato da un game over per spada.
-Intanto io ti ho salvato il primo giorno da un mammut digitale.
Lui sembra arrovellarsi per trovare una risposta.
Poi però aguzzo la vista. -Aspetta - dico. Più in là, c'è una figura lineare ed eretta. Continuiamo ad avvicinarci, ed attivando la visione a microscopio lo vedo distintamente.
È un essere umano.
-Ehi! -chiamo.
Lo vedo girarsi fermando la sua corsa.
Sembra fare un movimento esitante prima che una saetta gli cada esattamente in testa. Lo osservo mentre va in game over incenerendosi in mille pezzi, per poi scomparire.
Stavo per trovare un altro essere umano nella Datospiana, e l'ho perso senza conoscerlo. Sempre che lo fosse.
Fa davvero uno strano effetto vedere qualcuno morire, anche se qui non si può. Si prova un senso di ripugnanza, compassione e dolore guardando la luce vitale uscire da un paio di occhi, ed un insieme di sentimenti, ricordi, l'essenza più profonda di una persona, spegnersi. Dove tutto questo finisca, da sempre l'uomo se lo chiede.
-Ehm, Yeela? - La voce di Quassus mi ridesta. -Cos'è quello? - Indica la sua sinistra.
C'è una sfera cacciatrice superiore.
Corazza color oro, luce verde, bip ancora più fastidiosi e doppio della velocità. Tanto che sarà a cinque metri da noi.
Sfido chiunque ad indovinare cosa si debba fare. -Corri!
Vado in avanti, correndo. Faccio ancora più attenzione alle saette, anche se non ne compaiono. Vado in linea retta controllando il tablet per assicurarmi un arrivo diretto e preciso all'obiettivo.
Quassus mi segue cercando di scampare alle tenaglie della sfera, ma ho paura non potrà scamparla per molto.
Per fortuna, in lontananza, comincio ad intravedere un puntino rosso. La casa di porfido.
-Forza, siamo quasi arrivati! - Lo incito.
Lui sembra farsi forza, e si dà di speroni. La sfera sembra abbastanza ancora distante.
La casa si avvicina sempre più, ma qui nei pressi delle saette ricominciano a comparire.
Le schivo abilmente. Quassus mi segue, quindi per fortuna è al sicuro. Questo anche grazie alla protezione che mi ha installato.
La sfera, però, sembra abbastanza furba da seguirci evitando i pericoli.
Continuo a correre. Ho solo un pensiero in testa: varcare quella porta in titanio e togliermi dalle scatole quell'aggeggio. Schivo le saette, mi concentro solo su quel puntino fino al momento in cui tocco il metallo.
Quassus è due metri dietro di me, ancora inseguito a poca distanza dalla sfera.
-Su! - Mentre grido spalanco la porta entrando.
-Arrivo! - dice mentre vedo che si sta tingendo di verde.
Lui sembra capire mentre dico: -Forza...!
Troppo tardi.
Una saetta si è già abbattuta dietro di lui.
Non lo ha colpito in pieno, ma almeno la sfera è stata distrutta. Ma l'onda d'urto lo ha gettato parecchio in avanti, praticamente davanti a me.
-Quassus! - grido come stesse morendo e mi chino ad esaminarlo. Ha parecchie ferite.
Lo prendo in braccio per portarlo dentro.
Non sembra abbastanza in forma per curarsi col computer, quindi estraggo dallo zaino le mie care vecchie scorte mediche.
Mentre lo fascio lui dice con un filo di voce: -Grazie, Yeela. Avevi ragione. Noi due abbiamo un bisogno reciproco, pare.
Almeno stavolta si è lasciato vincere. Ma non intendo rifare il gesto della vanesia. Sorrido e basta, finendo di disinfettare e mettere un ultimo cerotto.
-Sto meglio adesso - dice.
Si guarda intorno, trovando soltanto il terminale giallo per l'ottavo livello, quello che io devo ancora superare. -Aspetta.
Lo osservo con improvvisa curiosità mentre apre il computer e scandaglia l'area. -C'è qualcos'altro.
Aggrotto le sopracciglia. Intanto lui digita qualche stringa. -Guarda.
Preme il pulsante "Invio", e sento un "crack".
Un pezzo della parete destra è scomparsa, e dietro c'è solo nero. Anzi, no. Al centro ci sono quattro vetrini sospesi con una luce verde all'interno.
Fa un qualche altro rapido esame e poi si alza.
Ora che ci penso, è molto simile al passaggio segreto che trovai nel sesto livello ma di cui ho col tempo dimenticato l'aspetto.
Si alza senza proferir parola.
Si avvicina, ed io lo seguo un attimo osservando i vetrini. Recano le cifre "1", "2", "3", "4".
Dice: -Trenta. Novecento. Ventisettemila. Settecentoventinove milioni.
Le cifre diventano di colpo rosse.
I quattro oggetti sembrano annegare nel buio come fosse un fluido. Poi la superficie diventa lentamente bianca.
Entrambi aguzziamo la vista. Un puntino nero si sta avvicinando da lontano.
Lo guardiamo avvicinarci, assumendo una forma sempre più definita, finché non arriva davanti, a grandezza naturale, ossia alto praticamente quanto noi, ed occupa quasi tutto lo spazio bianco.
È un sette.
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