CAPITOLO 13-Finalmente una gioia
(Yeela)
Penso che io e Quassus stiamo provando esattamente la stessa sensazione, come provano le sue grida: -Ma vaffanculo! – mentre scaglia il computer con un impeto spropositato di forza verso il suolo, infrangendolo completamente. Qualsiasi altra informazione ci fosse dentro non è più accessibile, ma penso che per noi non faccia differenza. Ho esplorato quel codice sorgente in lungo ed in largo e secondo me Quassus ha proprio fatto ciò che quel computer si meritava: cessare di funzionare, come dovrebbero fare tutti quei merdosi computer dittatori.
Poi fa per andare verso i pezzettini, ed io lo fermo: -Eh, no, Quassus, tocca a me!
E mi ci precipito io per calpestarli frantumandoli in mille pezzi, e poco dopo si unisce anche lui alla danza, finché di quei rottami infernali non si vede più neppure l'ombra. Saremo andati avanti per dieci minuti circa, ma ci siamo sfogati abbastanza. È la prima volta in due giorni che la mia rabbia non è indirizzata verso di lui, anzi, la cosa più comica è che stavolta la condividiamo.
Sospiriamo esausti ma appagati camminando sui granelli di ferraglia e dando calci agli isolati frammenti integri.
-Se lo meritava – commento, e Quassus, ancora rosso di furia, ma sorridente, annuisce, e poi chiede: -Ed ora?
-Be', possiamo tornare a casa tua. Ovviamente se mi vuoi dare ospitalità – sorrido.
-Ovviamente sì.
-Ok. Così ci faremo una buona dormita prima di tornare nella Datospiana.
-Intendi tornarci già domani?
-Ho sempre fatto così, Quassus. Ogni giorno che perdi qui dentro è un giorno sprecato, un giorno di cui ritardi una tua possibile fuga da questo inferno.
-Vuoi dire che hai corso e saltato tra i livelli per sei anni senza mai prenderti neppure un giorno di pausa?
Prima di rispondergli, vergognata leggermente della risposta da dare senza un motivo valido, gli faccio segno di rimettersi a correre per tornare al giardino, di cui per fortuna ricordo il percorso senza guardare la mappa sul tablet.
Scandisco lentamente le parole: -No, neppure un giorno.
-E non lo hai mai voluto fare?
-Oh, eccome se l'ho voluto. Mi sarò voluta spaparanzare su quel letto a non fare niente almeno una volta alla settimana, il che dà con due calcoli almeno trecento volte. Ma ho sempre desiderato più ardentemente uscire da questo luogo, e non ho mai disobbedito a me stessa.
Quassus si avvicina di più, per poter stare al mio fianco e guardarmi negli occhi. –E pensi davvero che un giorno di ritardo cambierà le cose?
-Un giorno di vita è sempre un giorno di vita.
-Ma se trasformi ogni tuo giorno in un'ossessione, non è più vita.
Stavo per pensare che ha ragione? –Ok, ma proprio no. Domani andrà come sempre ed uscirò la mattina.
Lui non risponde, e comincio ad intimorirmi delle cose che starà secernendo quella sua testa. Potrebbe essere qualsiasi cosa.
Corriamo per un'altra buona mezz'ora, durante la quale per fortuna non si avvistano ancora orrori digitali ma soltanto sporadici (be', si fa per dire) branchi assordanti di tapiri digitali che corrono sui terminali.
Scoppiamo a ridere quando un'intera fila viene colpita e trascinata da un'Agotorre senza opporre una minima resistenza e continuando a camminare a passi vani contro il nulla, come in quei vecchi bug, mentre noi ci spostiamo tranquillamente dal circuito.
Ma ridiamo tanto fragorosamente che dobbiamo fermarci: non potremmo mai correre con questo fiato. Riderei di meno se qualcuno mi facesse il solletico ai piedi: era davvero una scena troppo comica che non sarei affatto in grado di rendere perfettamente a parole, si deve vedere. Mi sembra di guardare una gag alla televisione, prima dell'età dittatoriale. Ah, ma da quanto non vedo un programma televisivo libero?
Rimpiangere tutte queste cose accresce soltanto quel mio fervente desiderio di abbandonare la Datospiana, che negli anni non è mai scemato. Mi dispiace, ma Quassus si sbaglia.
Rischiamo nuovamente di essere travolti da un'Agotorre, ma la schiviamo in tempo, come sempre. Come mai ho l'impressione che ce ne siano molte più che precedentemente?
Sospiro sollevata vedendo il cartello "SOGGETTO 2201". Precipitatami nel portale d'accesso che mi ricatapulta in un mondo fiorito e stellato, che non vedo in fin dei conti così spesso data l'elevata frequenza delle mie uscite, mi stendo come una bambina sull'erba: ho sempre adorato il soffice tocco del verde, che ti abbraccia e ti culla. Potrei persino dormire qui sopra, ma un letto non si rifiuta mai.
Il sonno mi assale subito piuttosto pesantemente, tanto che comincio a sbadigliare. L'adrenalina della furia e della corsa si è esaurita rapidamente. –Io andrei a dormire subito... tu?
-Anch'io. Solo che penso ti toccherà dormire in terra se vuoi restare qui, non c'è un secondo letto.
Avviandomi verso la baita rispondo: -Oh, non c'è problema. Quel letto mi sembrava abbastanza grande da poterci dormire in due. – Ma poi gli scocco un'occhiataccia gelida: -E non metterti a pensar male!
-Scusa, ma che vuoi, chi ha pensato male!
-Lo stavi per fare!
-Sei tu che non ti fidi di me!
-Sì, certo, ho avuto modo di scoprirlo stamattina. – Pronunciando quella parola vengo quasi scioccata: è davvero passata una sola giornata?
-Ma... io... - evidentemente frustrato, chiude il flusso di parole ed io incasso orgogliosa questo sfottimento vinto. Da dietro lo sento insultarmi sottovoce. Potrei rispondergli molto efficacemente, ma trovo non ci sarebbe alcun gusto a meno che non me lo dicesse direttamente in faccia. Lasciamolo rosicare: godrò ancora di più.
Ah, quanto so esser malvagia.
Entro, ma non accendo la luce: prima di andare a dormire è sufficiente il tablet, che, dopo aver slacciato e tolto gli scarponi per metterli da parte davanti ad una delle tante dispense ancora stra-ricolme vicina al letto, che è direttamente davanti alla porta come il mio, uso per illuminare la faccia di Quassus, che mi chiede: -Non ti cambi?
Vorrei scoccargli un'altra occhiataccia e sfotterlo nuovamente, ma spiego tranquilla: -No, ho sempre dormito con la maglia. Fidati, è più comodo ed anche agevole, ti permette di sprecare meno tempo. Tanto, pur sudando, non si fanno grandi danni perché si suda comunque alla grande nella Datospiana.
Lui sembra perplesso, ma non deluso (il che avrebbe confermato una sua perversione), e fa spallucce: -Come vuoi.
-Consiglierei anche a te di farlo.
-Magari farò una prova. D'altra parte, non ho molta voglia di star fuori a cambiarmi.
Gli sorrido, pur non sapendo bene io stessa il motivo.
Non mi conviene andare a letto ansimando di sete, ma per fortuna ricordo di avere ancora una bottiglietta piena nello zaino, che prendo, apro e svuoto per non dover uscire a bere in cantina da una damigiana. Ora sono dissetata.
Quassus sta trafficando sul suo tablet, mentre io mi stendo sul letto, di cui non occupo neanche la metà: è davvero grande, e non ricordo che il mio fosse di una tale stazza. –Ma che stai facendo, non volevi dormire? – gli chiedo.
-Sì, ma stavo ripensando a quello che avevo appena fatto col computer e non ho resistito ad esaminare anche questi codici sorgente, anche se non sembra esserci nulla di interessante od allettante. E poi è appassionante, per me – replica, spegnendolo ed, una volta poggiatolo su una credenza, sdraiandosi accanto a me senza toccarmi.
-Non sai proprio goderti il mondo.
-Non sai proprio goderti il riposo. – Replica con voce divertita e derisoria.
Gli sferro una gomitata nei fianchi, ma lui non geme, al che vorrei sferrargliene ancora di più, ma francamente il sonno mi sta vincendo.
Così, sbatto un momento le palpebre, poi chiudo definitivamente gli occhi e mi metto nella posizione più comoda che riesco a trovare senza spostare Quassus o cozzare contro di lui.
Sprofondo in un sonno, profondo, per tutte le energie consumate oggi sia per aver corso per la Datospiana sia per incazzarmi con Quassus (al quale dovrei dedicare un bellissimo pensierino serale, ma voglio continuare a perseverare e rincorrere quel lato più civile della nostra alleanza che stiamo costruendo, e forse ancora instaurando), e completamente senza sogni.
Quando sbatto le palpebre riaprendo gli occhi, ancora nel buio della baita, guardo l'orologio da polso di Quassus. Aspetta, ha un orologio da polso? Non lo avevo mai notato.
Comunque segna le otto del mattino. È ora di alzarsi.
-Yeela – esordisce, provocandomi quasi un infarto. Pensavo stesse dormendo. –Buongiorno.
-Buongiorno – ribatto, e poi annuncio: -Su, alzati. È ora di andare.
-Mi dispiace, Yeela – dice lui lasciandomi per un momento senza parole –ma ho deciso che hai proprio bisogno di un po' di riposo dopo sei anni di lavoro ininterrotto, per cui oggi, volente o nolente, resterai in questo giardino immersa nel dolce far niente.
Impietrisco. –Ma cosa...?
-Hai sentito bene.
-Ma piantala con queste cavolate e seguimi – lo zittisco e faccio per alzarmi, ma lui alzandosi rapidamente mi afferra i polsi e mi rinchioda al materasso.
Non riesco a non ridere: -Dai, Quassus, devo andare!
-Dai, Yeela, fallo oggi, e vedrai che mi ringrazierai. Prova almeno fino all'ora di pranzo, e poi deciderai se rimanere od andare, ed io non ti fermerò. Ma passerai qui questa mattina, che tu lo voglia o meno, e se necessario ti placcherò perché non sfugga.
-Dittatore... manco i computer...
-Non ti lascio scelta. Resterai qui questa mattina, indipendentemente da ciò che vuoi.
Alla fine sono costretta a cedere perché mi ha immobilizzata contro il letto impedendomi ogni movimento: non potrei fuggire, è davvero una presa troppo forte. E dire che lo facevo più debole.
Lo insulto sottovoce per poi rispondere: -D'accordo.
Lui molla la presa lodandomi: -Braaaaaaaava, Yeela – e mi accarezza la guancia. Devo dire che non mi piace molto essere trattata come un gatto, ma era da tanto che non ricevevo una carezza.
Finalmente posso alzarmi. –Non cercare di fuggire – mi ammonisce Quassus – se non vuoi che ti tiri la camicia per trattenerti. – "Pervertito", penso.
-Ora rispondimi ad una sola domanda.
-Spara – dice lui convinto.
-Per tutta questa giornata che cavolo intenderesti fare senza uscire da questo giardino?
Devo dire che speravo di coglierlo alla sprovvista, ma per quanto mi risponde in fretta penso ci abbia pensato su per tutta la notte: -Nulla di particolare. Possiamo parlare tra noi, abbuffarci di frutta o vino, giocare ad acchiapparella nel giardino, annusarlo, raccontarci un po' di cose, giocare sui tablet...
-Ma sei un tale morto di noia da pensare a queste cose per un'intera notte?
-Ma sei una tale ingenua da credere che ti lascerei andare via così?
-No, sono abbastanza intelligente da capire che sei oltremodo un despota.
-Ha parlato sua maestà la Gentilezza.
-Ha parlato sua maestà il Pigrissimo.
La discussione di insulti amichevoli concatenati degenera velocemente, e dopo altre due o tre offese ci ritroviamo con le mani addosso. Inutile dire che ho cominciato io.
Quassus, però, mentre tento di sferrargli un poderoso schiaffo, mi afferra nuovamente per i polsi. E, per provocarmi maggiormente, stringe la presa, dandomi un colpo ed un formicolio per il sangue che sta mancando alle dita, e mandandomi ancora più fuori dai gangheri: scuoto selvaggiamente per divincolarmi, ma lui sembra di pietra. E mi sento impallidire. Così raccolgo ogni briciolo di forza che mi rimanga e sferro contro la sua faccia un pugno, al che lui, non prevedendolo, mi lascia andare, ed io ne approfitto per esultare lanciando le braccia in lato e gridando: -Vittoria!
Ma a quanto pare lui non è stato un granché danneggiato dal pugno, così approfittando della mia esultanza si avventa contro le mie clavicole con le braccia e mi spinge scagliandomi di nuovo sul letto. Io rimango scombussolata e da quella posizione tento di tirargli un secondo pugno, ma lui lo afferra e mi blocca entrambe le braccia contro il materasso con una mano. Poi estraendo un ghigno comincia a farmi il solletico ai piedi, al che scopro di soffrire moltissimo (nessuno me lo faceva da anni). Scoppiando a ridere lo imploro: -Dai, ahahah... Quassus, il solletico no!
Ma lui si mette a grattare ancora più velocemente senza pietà. A forza di ridere mi sento i polmoni infiammarsi, per cui cerco di scalciargli verso la faccia visto che mi sta trattenendo solo le braccia (wow, riesco nonostante il solletico ad essere abbastanza lucida da elaborare questa conclusione?), al che lui si allontana, mentre io per vendetta cerco di sferrargli di nuovo un pugno, che schiva tranquillamente.
Sono ancora distesa sul letto, con lui in piedi davanti, ma dilaniata dalle risate. Forse non è proprio il modo peggiore per cominciare la giornata...
Così per continuare ad ingannare il tempo chiedo la prima cosa che mi viene in mente: -Ma esattamente cosa intenderesti fare sul tablet?
-Non saprei. Ieri l'ho un pochino esplorato ed ho anche scaricato Ruzzle, se vuoi possiamo fare una partitina insieme.
-Non ho mai giocato a Ruzzle, penso. – dico riprorompendo in una risata. –Neanche nel mondo reale.
-Ah, be', - balbetta, ma poi comincia ad elogiarlo e lodarlo ed a descrivermi tutte le regole, che sono sorprendentemente poche.
E devo dire che siccome dovrò passare qui dentro almeno altre tre ore, stando all'orologio di Quassus, mi conviene giocarci con lui, tanto non ho nulla da perdere. In fondo non mi va di passare una giornata intera menandolo.
Così mi faccio passare il mio tablet ed apro l'App Store, su cui scarico Ruzzle. Ma questo stupido impiega secoli per scaricare. –Che palle – sbuffo.
È una reazione leggermente esagerata trattandosi soltanto di un gioco, ma Quassus la coglie al volo sfottendomi: -Certo che hai un tablet proprio scarso.
Io lo guardo con aria di sfida. –Ah sì? Ed il tuo sarebbe migliore, scusa? – Pronuncio l'ultima parola avvicinandomi a lui, come se gli dovessi dire con il corpo: "Calma quella lingua prima che ti meni."
Ma lui risponde ancora più strafottente: - Puoi scommetterci che è migliore. E te lo dimostrerò stracciandoti male per tre partite consecutive. – Un sorriso si delinea sul suo volto.
-Hai già perso, Quassus, e mi provochi con questa minaccia?
-È ancora tutto da vedersi, Yeela.
Tzé. Non sa che se voglio fare qualcosa niente mi ferma. Be', tranne quando mi costringe a forza di solletico a restare in questa baitaccia. Ma gli dimostrerò che io qui sono la leader.
-Ad ogni modo, devo raccontarti quel sogno che ho fatto stanotte.
Raddrizzo le orecchie di colpo. -Eh?
-Ricordi che ho ti ho parlato di una discussione che ho avuto con mia madre per la Datospiana? Dormendo l'ho sognata, ed ho scoperto svegliandomi che era tutto vero. Ora me lo ricordo chiaramente.
Certo, sta recuperando i ricordi. Bene, sentiamo. Potrebbe far bene sapere qualcosa del suo passato. -Racconta.
-Allora, semplicemente stavo già parlando con mia madre... il dialogo era più o meno così:
"Mamma, voglio andare nella Datospiana" ok, ho compresso questa parte.
"Non se ne parla!"
"Ma vuoi continuare a vivere in questa dittatura?"
"Non importa, tu non andrai lì dentro!"
E qui arriva la frase che mi ricordo meglio. "Vuoi davvero sottometterti a quei coglioni che hanno fatto fuori mio padre?"
Io, allora, sbatto gli occhi. -Tuo padre?
-Sì, me ne sono ricordato. A quanto pare, fu arrestato all'inizio della dittatura. Scomparve così un giorno, di punto in bianco. Noi non sapemmo mai né di cosa fosse accusato, né dove fosse finito. Dopo tanti anni, credo sia morto ormai.
Potrei dirgli una sola cosa. -Condoglianze.
Lui non risponde. Riattacca poco dopo, invece: -A parte il resto, ho capito che forse è quello il motivo per cui sono qui nella Datospiana.
Per suo padre?
Vorrei tanto dirgli che ha compiuto un gesto nobile. Peccato non sappia neanch'io se mai servirà a qualcosa.
-Solo che ora che ci sono dentro mi chiedo se servirà a qualcosa davvero.
Ma comunichiamo telepaticamente?
Continua: -Tu, invece? Ricordi qualche motivo?
Scavo nella mia memoria. Nella mia infanzia, ormai in gran parte sfocata. Ed in che altro? Ho avuto solo quella. La mia adolescenza è stata nella Datospiana, in cui non ho avuto una cazzo di vita. Ho solo corso avanti e indietro. -No, Quassus. È passato davvero troppo tempo.
Lui abbozza una smorfia triste. Sembra pensare a qualcosa da poter dire.
Ma i miei occhi si illuminano immediatamente vedendo l'icona diventare sul tablet diventare piena. Dato che voglio tirarmi fuori da questa conversazione malinconica, esordisco: -Finalmente l'ha scaricata! - sfodero un ghigno. -Pronto a perdere male, Quassus?
-Mmh... facciamo che se vinco io tu resti qui per tutta la giornata?
-Eh, no, Quassus, hai detto fino a mezzogiorno ed ora non si torna indietro! – È una giustificazione abbastanza stupida, ma lui se la beve.
-D'accordo, allora facciamo che chi perde va a riempire all'altro due bicchierini da shot di vino.
Capisco immediatamente che la vera posta in gioco non è il vino, ma semplicemente il gusto di sfottere l'altro anche solo con gli occhi per esser stato costretto a comportarsi come uno schiavo. Ma sono certa di potercela fare, così: -Accetto.
-Io preparerei i bicchierini, se fossi in te – dice sfoderando un sorriso malevolo.
-Fallo tu, a me non va.
-Dovrà andarti – dice lui aprendo l'applicazione, come intuisco dalla suoneria di apertura, al che io faccio lo stesso.
L'icona di una R su un campo giallo, che mi ricorda tanto un livello della Datospiana di cui ora non riesco a rammentare il numero, si dissolve mostrando una schermata di registrazione, che io compilo rapidamente col mio nome vero ed una password stupida. –Ti invito io, Yeela, come ti chiami?
-Yeela.
Lui mi guarda in cagnesco: -Dico nel gioco.
-Sempre Yeela.
-Ah.
Penso che dovremmo ridere, ma invece restiamo col broncio. Ed almeno Quassus fa bene, dopo la sconfitta che gli inferirò: sarà così divertente ridergli in faccia mentre si rosica dentro (sperando che non mi afferri di nuovo i polsi per buttarmi sul letto).
Poco dopo ricevo un avviso nella finestra: "QuassusTheRuzzleKing vorrebbe fare una partita con te".
Io sorridendo premo "OK", ed apro il primo round. Mi si para davanti una tabella di lettere, ma devo dire che tutti questi anni in cui non ho visto molte parole scritte mi hanno svantaggiato, considerato anche che non ci ho mai giocato. Ho paura che Quassus ci abbia giocato nel mondo reale, ed ora approfitterà della sua abilità per ridurmi in fettine.
Ma non mi arrendo: nei primi trenta secondi mi carico di coraggio trovando dieci parole, che ovviamente non bastano, solo che non riesco a trovarne altre, così per altri trenta secondi scrivo tutte parole stupide di due lettere come "ed", "re", "ti", "te", "tu", "uno", "una", "uni", "une", "il", "oro", "pi", "per", "ad", "se", "ci", "di", "non", "no", "si", "vi" eccetera eccetera... almeno mi vengono in mente queste, non sto pensando molto a quelle che trovo: già all'inizio, ma molto più adesso sono tesa all'idea di dover servire del vino a Quassus come fossi una cameriera. Sono sicura che mi sfotterebbe in mille modi, ed io non resisterei a mollargli un pugno rovinando tutta quella tensione stemperata e l'aura di civiltà che avevamo iniziato a costruire, e ciò mi fa stranamente ridere. A partire da questa risata comincio a trovare qualche altra parola, ma poche, praticamente una decina in 50 secondi o giù di lì. Quando sento il gong che stranamente proviene da entrambi i tablet, visto lo schermo dico a Quassus: -38 parole. – E sfodero un ghigno.
-43. – Risponde mostrandone uno ancora più malvagio.
Vorrei mandarlo ora a quel paese, ma io sono una donna d'onore. E lo sfotterò combattendo onorevolmente.
Stranamente, mi accorgo solo ora di essere discesa ai piedi del letto, su cui Quassus invece è seduto, il che crea un quadretto che penso darebbe una singolare impressione visto in foto. Ma per qualche motivo preferisco il beneficio del dubbio.
-Non è finita qui – ringhio, facendolo sorridere.
Passo al secondo round: per fortuna ne ho ancora due.
Ma non sembra procedere per il meglio. Infatti al secondo tentenno parecchio e finisco, con mia grande delusione, col cavarmela con le sole parole piccole, che alla fine sono 50 (il che mi dà occasione di sfottere Quassus che ne ha trovate 38, infatti devo riconoscere che è parecchio bravo, confermando implicitamente ma senza garanzie anche la mia precedente ma quasi ovvia ipotesi che ci giocasse prima di raggiungere la Datospiana), ma comunque portano con sé solo una miserabile quantità di punti. Quassus diventa sempre più sorridente, ed io fatico sempre di più per resistere alla tentazione di ammazzarlo a pugni per poi infierire sul suo corpo lacerandolo con le unghie.
Ugh, che idea macabra. È troppo persino per me.
Il terzo round invece è pieno di caselle speciali che sfrutto per bene, trovando ai primi secondi dieci parole con cui totalizzo 500 punti, poi per il resto del giro il ritmo resto un po' lenta, ma ottengo comunque un punteggio degno d'ogni rispetto: 48 parole, che mi valgono 2000 punti.
Non voglio chiedere stavolta a Quassus quante parole ha fatto: mi godrò di più lo sfottimento per la vittoria che gli darò quando mi servirà il vino riverendomi.
Guardo trepidante lo schermo dei risultati, e poi compare l'avviso "HAI PERSO!"
Cosa...? E poi guardo il punteggio, e neppure i miei occhi riescono a credere che Quassus mi abbia battuto per soli 8 punti (una parola, in pratica) che non sono riuscita a recuperare in questo fortunato (si fa per dire) ultimo round. –Ma...!
Stavo per imprecare gettando a terra il mio tablet, ma mi trattengo: non voglio rimanere con uno solo come è successo a Quassus, per di più per un motivo tanto stupido. Ma brucio vedendo Quassus sorridere per poi annunciare: -Allora, Yeela?
Vorrei prenderlo a pugni proprio ora, ma purtroppo le scommesse vanno onorate.
Così, furente, esco disinvolta dalla baita cercando di nascondere la mia delusione, scendo in cantina per prendere una damigiana di vino (piuttosto pesante), e, una volta risalita, prendo i bicchierini da shot posati su uno scaffale, ne riempio un paio e li porgo a Quassus che con un sorrisetto sfolgorante come un fulmine pronuncia: -Grazie, schiava.
Ed io altrettanto crudelmente ribatto: -Prego, baro. – Anche se in realtà il mio progetto sarebbe di percuoterlo dopo averlo sbattuto contro il pavimento con una violenza inaudita. Ma dopotutto, quello era solo un gioco.
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