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05. A Little Too Much

"She would not show that she was
Afraid, but being and feeling alone
Was too much to face. Though
Everyone said that she was so strong,

What they didn't know is that she
Could barely carry on".

"Fa sempre così?" chiesi, dopo svariati attimi di silenzio da parte mia e di confabulazione da parte loro.

Mike si voltò lentamente verso di me, che avevo lo sguardo inchiodato al soffitto, e lo vidi con la coda dell'occhio fissarmi incerto, probabilmente perché non aveva ben capito a cosa o a chi mi stessi riferendo. Poi scrollò le spalle, rassegnato, ma non capii subito se lo avesse fatto per rispondermi, o perché non aveva inteso la domanda. Optai per la prima ipotesi, e girai la testa verso di lui.

"Come mai?" proseguii con l'interrogatorio, interessata ad arrivare a fondo alla faccenda.

Non avevo mai incontrato una persona così scorbutica e antipatica, e speravo almeno che avesse un motivo valido per comportarsi in quel modo. Di certo non mi aspettavo che il migliore amico vuotasse il sacco, ma volevo solo capire se era la mia presenza che, per qualche strano e oscuro motivo, lo turbava, o era effettivamente gay e io mi stavo preoccupando per niente.

"Davvero non lo sai?" Mike sgranò gli occhi e mi guardò scioccato, come se avessi detto di essere una pornostar.

"Dovrei...?" scossi la testa, confusa, aggrottando le sopracciglia.

Gli occhi di Lindsay sembravano le palline di un flipper: passavano da me a lui alla velocità della luce. Mike deglutì, allibito, e scosse il capo a sua volta, riconcentrandosi con Lindsay sul loro fantomatico progetto. Sospirai e ripresi a osservare il soffitto. Avrei dovuto smetterla di pensare sempre a quel ragazzo, che, per giunta, non meritava neanche una mia minima attenzione, per come si comportava con me. Ma non ci riuscivo. Non ci riuscivo proprio, e non ne capivo il perché. Ma ci sono molte cose che non possono essere spiegate con la ragione, me lo ripeti spesso anche tu, per cui dovremmo semplicemente accettarlo e rassegnarci.

×××

"Quindi quando ci rivedremo?" si informò Colin, impaziente e scocciato.

"Sono qui a stento da una settimana, Colin! Piuttosto, pensa a come farmi recapitare i miei vestiti il prima possibile, perché sono stanca di mettere queste cose da nonnetta" lo rimbeccai, arrotolandomi una ciocca di capelli tra le dita e osservando Lindsay arricciarsi i capelli corti in morbidi boccoli.

Era sabato sera, e non so con quale espediente Mike l'avesse convinta a uscire. Ma non m'interessava: ero contenta che si fosse lasciata persuadere. Stava prendendo il college un po' troppo seriamente. O forse ero io che la prendevo troppo alla leggera. Fatto sta che ero stata invitata anch'io, e, come potrai facilmente dedurre, Colin mi stava intralciando, impedendomi di prepararmi a mia volta.

"Come vuoi. Vedrò di spedirteli il prima possibile: non ho avuto molto tempo, ultimamente" si giustificò, abbassando il tono di voce, facendomi intendere il motivo del perché non avesse avuto tempo.

Annuii, anche se non poteva vedermi, e lo salutai, dicendogli che la mia coinquilina mi stava chiamando in aiuto perché non aveva la minima idea di come si usasse un arricciacapelli. Cosa abbastanza veritiera, visto che Lindsay si stava dando fuoco ai capelli. Ridacchiando, le diedi una mano a sistemarli, e colsi l'occasione per farle il terzo grado.

"Come mai tutta questa accortezza ai particolari, stasera?" indagai, con un'espressione maliziosa in volto.

"Oh, no. Non è come pensi" si affrettò a troncare i miei film mentali, mentre sussultava perché l'avevo accidentalmente scottata con l'arnese.

"E com'è, allora? Vorresti dirmi che il dolce Mike non ti piace neanche un po'?" la provocai, sorridendole, completando l'ultimo ricciolo.

"In verità, tutto il campus pensa che sia interessato a te... Sai... vi hanno anche... dato una sottospecie di soprannomi..." balbettò, sfrecciando in camera per non guardarmi in faccia.

"Cosa?!" chiesi, allibita, augurandomi di aver capito male, mentre arrotolavo la spina dell'arricciacapelli attorno all'aggeggio e lo riponevo al proprio posto.

Mi affrettai a raggiungerla e mi posizionai alle sue spalle, bloccandola tra l'armadio aperto e me, in modo che non potesse sgusciare via come aveva fatto poco prima. Lei inspirò, poi si voltò lentamente verso di me, cominciando a fissare il pavimento.

"Beh, sì, sai... Lui è sempre qui, e a pranzo si siede con noi..." mi spiegò, gesticolando.

"Ma è con te che sta facendo un progetto, no?" puntualizzai, in modo ovvio, turbata.

Quella situazione non mi piaceva per niente. Certo, era meglio che essere soprannominata "la troietta della scuola", però non mi andava a genio che si creassero delle congetture del genere su di me e un ragazzo con cui a stento parlavo.

"Non esiste nessun progetto... In realtà non so perché venga qui, ma ogni volta non fa altro che tempestarmi di domande su di te..." ammise, alzando le spalle e sorpassandomi per andare a sedersi sul letto a infilarsi le scarpe.

"Stai scherzando?!" mi allarmai, alquanto sconvolta e stranita.

"Sì" rispose, ridendo a crepapelle, mentre litigava con il cinturino di una scarpa.

"Sì cosa?" mi accertai.

"Sì, sto scherzando. Avresti dovuto vedere la tua faccia! - seguitò a ridere fragorosamente, mentre si rimetteva in piedi e si sistemava meglio i capelli, guardandosi allo specchio - In ogni caso, il fatto dei soprannomi è vero. Hai presente i due tipi di Monsters & Co.? Quel cartone animato della Pixar? Ecco. Il caso vuole che il tuo cognome sia lo stesso del protagonista. Sai, quel mostro tutto blu? Mentre Mike ha lo stesso nome del suo braccio destra. Quindi, non è niente di allarmante: vi chiamano solo 'Sulley e Wazowski'. Tutto qui. E ora muoviti: non ti sei ancora vestita e tra dieci minuti dobbiamo essere nel parcheggio. Io vado a vedere a che sta Abigail, tu sbrigati" disse tutto d'un fiato, senza darmi neanche il tempo di assimilare tutto, perché era già uscita rapidamente dalla porta.

"Sulley e Wazowski". Mi domandai che razza di scherzo del destino fosse quello. Non volevo essere paragonata a un mostro blu a pois lilla che andava girando assieme a una palla verde con un occhio solo! Mentalmente stavo lanciando tutti gli insulti possibili e immaginabili a quello stupido college del cavolo.

×××

Il locale era strapieno, e, per un momento, pensai che saremmo stati costretti a mangiare in piedi. Poi, però, dopo che Mike ebbe parlato con un tizio del personale, riuscimmo a sistemarci tutti e cinque a un tavolo libero in fondo alla sala. Sì, era (non so come) venuto anche Peter. Non sapevo ancora se temere o ammirare le tecniche persuasive di Mike.

"Voi che prendete?" s'informò quest'ultimo, con il menu in mano, mentre lo sfogliava, indeciso.

"Io penso un hot dog... Tu, Abigail?" Lindsay fu la prima a parlare, e poi sia Abigail che Mike stesso si espressero.

Mancavamo solo io e Peter all'appello, quando Mike ci si rivolse.

"Pete? Sulley?" chiese, con una punta di divertimento nella voce.

Distratta dalla vasta scelta di panini sul menu, non mi accorsi subito dell'appellativo che mi aveva riservato. Oppure feci appositamente finta di non averlo notato. Non ricordo particolarmente bene.

"Un cheeseburger" esclamammo io e il ragazzo scontroso all'unisono, provocando un piccolo sorriso sulle labbra di tutti i presenti attorno al tavolo.

Mike annuì, sorridendo ancora, e alzò l'indice della mano sinistra in aria, per richiamare l'attenzione di una cameriera. Dopo averle comunicato anche le bibite che avevamo scelto, lei se ne andò, sorridendoci e lasciandoci con un "Arrivano subito". Ma tanto sapevamo tutti che, per quanto era affollato il locale, quel "subito" non sarebbe arrivato tanto presto. Mike era "l'anima della festa" del gruppo. In effetti, era lui quello che teneva in piedi la maggior parte delle conversazioni, e che cercava di coinvolgere un po' tutti.

"Allora, Celeste... C'è questa domanda che vorrei farti da quando ti ho vista per la prima volta..." confessò, poi, con il mento tra l'indice e il pollice di una mano, mentre fingeva di pensarci su.

Aveva bevuto solo un quarto del suo bicchiere di Coca Cola (da ricordare che la Coca Cola non è neanche alcolica), ed era a quei livelli. Immaginai che il Mike ubriaco dovesse essere davvero uno spasso. Mi dovei poi ricredere qualche giorno dopo, però.

"Spara" lo incitai, mentre mi accorgevo che Peter si era improvvisamente irrigidito e interessato alla conversazione, e che stava fissando l'amico con uno sguardo visibilmente preoccupato.

"Come mai... hai scelto quel colore? Sembra che un unicorno ti abbia cagato in testa" constatò, per poi iniziare a ridere fino alle lacrime.

Non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridere a mia volta, immediatamente seguita a ruota da Lindsay e Abigail. Ebbi addirittura l'impressione di scorgere un tenero sorriso anche sulle labbra di Peter.

"È il primo a cui ho pensato" mentii, preferendo omettere la verità.

Mi osservarono circospetti, e dovetti assicurarlo più di una volta, per essere creduta (sebbene Peter continuasse a guardarmi dubbioso). La serata proseguì bene o male così, con Mike che ci intratteneva e noi tutti che ridevamo. C'era anche Abigail che continuava a insistere dicendo che c'era un ragazzo carino a qualche tavolo di distanza che mi fissava, ma io non le diedi molto peso. Poi ci fu il momento in cui mi sporcai il vestito con il ketchup che era schizzato fuori dal mio cheeseburger, ma quelli sono dettagli. E non dire che sono la solita imbranata; non era stata colpa mia! Verso fine serata, guarda caso, sia Abigail e Lindsay, che Mike, ebbero una "chiamata urgente" e dovettero correre in bagno. Di conseguenza, mi lasciarono sola con Peter. Non che la cosa mi dispiacesse, ma avevo la stranissima sensazione che ce l'avesse con me per non sapevo quale assurdo motivo, e quindi l'idea non mi entusiasmava particolarmente. Ero, poi, a conoscenza del fatto che quei bastardi ci avevano lasciati soli apposta. Sospirai, sconsolata, e sollevai il cellulare dal tavolo per verificare se avevo dei messaggi da leggere.

"Non era quello il motivo... Non è vero?" sentii domandarmi, e fui più che sconvolta, quando mi resi conto che era stato lui a parlarmi.

Sgranai gli occhi e il mio cuore accelerò inspiegabilmente i suoi battiti. Non capii a cosa si stesse riferendo. Almeno, non subito. Poi lo vidi fissarmi i capelli, ed ebbi lo strano impulso di portarmene una ciocca dietro un orecchio.

"No... Io... Ho solo perso una scommessa, molto tempo fa..." ammisi, a disagio, perché era la prima persona a cui lo dicevo.

Annuì, abbassando lo sguardo sulla lattina vuota che aveva tra le mani e con cui aveva iniziato a giocare, e lo vidi aprire la bocca per aggiungere qualcosa, ma fu preceduto da qualcun altro.

"Ciao!" esclamò, allegramente, una persona in piedi al mio fianco.

Mi voltai e scoprii che si trattava dello stesso ragazzo che Abigail aveva insinuato mi stesse fissando da tutta la sera.

"Uhm... Ciao!" gli sorrisi cordialmente anch'io, mentre vedevo Peter alzarsi e afferrare la sua giacca.

"Di' a Mike che lo aspetto fuori" mi avvisò soltanto, per poi lasciare dei contanti sul tavolo e andarsene.

Perché un attimo prima sembravo stargli, se non simpatica, almeno non sulle palle, e quello dopo mi trattava come se fossi stato l'essere più ripugnante sulla faccia della Terra, non riuscivo a spiegarmelo.

"Ho interrotto qualcosa?" inquisì il biondino, prendendo posto di fronte a me e poggiando i gomiti sul tavolo.

"No... Nulla. Assolutamente nulla" precisai, sorridendogli ancora.

"Sometimes it all gets a little
Too much, but you gotta realize
That soon the fog will clear up".

N/A

Capitolo revisionato.

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