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XIII

"Avviso tutti i passeggeri che a breve atterreremo a Jeju, siete pregati di allacciarvi le cinture"

Ji Chan si voltò verso il finestrino dell'aereo e osservò il mare e piano piano, la visuale si spostò sulla terra dell'isola. Il manto verde che riusciva a vedere era completamente illuminato dal sole e così anche i tetti dei villaggi circostanti. Si voltò e si allacciò la cintura come richiesta dall'hostess e mise nella tasca del suo zaino il libro di poesie che stava leggendo.

Si era quasi dimenticato che l'indomani sarebbe stato il compleanno di sua madre, se non fosse stato per quella chiamata inaspettata da parte di sua sorella, forse non si sarebbe fatto proprio vivo.

Erano tre anni che non li vedeva, e in quel momento non era ancora pronto ad affrontare i volti dei suoi genitori che li aveva fatti preoccupare. Nonostante il loro rapporto non sia mai stato dei migliori, aveva fatto di tutto. E si ricordò, quella volta che aveva deciso di abbandonare la sua isola per inseguire il suo sogno, sotto la rabbia del padre e la disperazione della madre. Era stato per lui un colpo molto forte.

Le ruote dell'aereo cominciarono a stridere sull'asfalto e voltandosi nuovamente verso il finestrino, notò la pista dell'aeroporto e in fondo, la scritta in caratteri cubitali "JEJU" compariva maestosa nonostante siano ancora a pochi metri di distanza.

E all'aeroporto, ad aspettarlo, vi era il suo migliore amico d'infanzia, sapeva con esattezza che i suoi genitori non si sarebbero presentati all'aeroporto. Ma questo a lui non gli importava. L'unica cosa che voleva fare era quello di riuscire a passare due giorni di totale riposo, come se non l'avesse fatto nei tre anni precedenti.

"Oh! Ji Chan!" sentì chiamarsi e si guardò intorno finché notò il volto del suo migliore amico.

Sorrise e si strinsero in un caloroso abbraccio.

"Come mai sei di ritorno? Cioè, sono rimasto sorpreso della tua chiamata" disse lui mentre lo aiutò con la valigia.

"Te lo dimenticato anche tu?" domandò ridendo. Ammise di non essere l'unico.

"Oh, giusto. Il compleanno di tua madre".

"Esatto" ridacchiò ancora e dopo aver caricato la valigia in macchina, salirono a bordo. Il suo migliore amico fece partire subito il motore e percorsero la strada che li avrebbero portati nella sua grande villa.

Non si era mai vantato della ricchezza della sua famiglia, con nessuno. Essere chiamato come il figlio del Ceo della Kang Banks, gli aveva sempre destato fastidio, forse per questo aveva deciso di essere riconosciuto con il suo nome, proprio intraprendendo la carriera dell'attore, scappando da un triste destino che suo padre voleva che intraprendesse.

Non gli era neanche mai importato del campo manageriale, o comunque di qualsiasi ruolo ricoprisse una grande azienda.

E quando suo fratello minore decise di seguire le orme di suo padre, lì tagliò i rapporti con tutti o almeno ci aveva provato fino a tre anni fa. Voleva non essersi mai ammalato ma, non gli dispiaceva troppo tornare in un posto a lui famigliare.

La villa si ergeva con i suoi muri a circondarla, sembrava una di quelle ville dei ricchi di un quartiere di Seoul, non cambiava molto. Non la differenziava da nessuno. Erano tutte uguali.

La porta del garage si aprì e fece comparire sull'uscio di esso due cameriere.

"Bentornato a casa, Kang Ji Chan" dissero all'unisono non appena lui uscì dall'auto. Lo aiutarono a scaricare la valigia.

"Ehi, Ji Chan" lo chiamò lui uscendo dalla vettura. Ji Chan si voltò. "Ci vediamo stasera vero?" chiese infine.

Ji Chan annuì e lo salutò.

Il giardino di casa era come sempre pulito ed ordinato, se non fosse per il giardiniere che ci lavorava ogni mattina, non avrebbe mai avuto quell'aspetto. La porta che dava alla sala da pranzo si aprì.

Sua sorella gli venne incontro sorridendo, era molto felice di vederlo e da dietro a lei, anche suo fratello sbucò nel suo arco visivo.

"Oppa!" gridò lei e corse ad abbracciarlo.

L'unica cosa che gli rendeva felice, erano proprio loro. I suoi gemelli che ha cresciuto ogni volta che i suoi genitori erano occupati con il lavoro.

"Oh, Ji Min!" disse abbracciando la sorella. I suoi occhi poi caddero sul fratello. "Hey! Ji Yoo, non sei felice di vedermi?" scherzò su e ciò lo fece ridere.

"Ovvio, hyung! Come potrei non esserlo?" ridacchiò e anche lui lo abbracciò per salutarlo. 

.

Come sempre, i suoi genitori non si degnarono di salutarlo, ma con sforzo consegnò il regalo alla madre e le augurò gli anni.

Ma ciò che più gli dava fastidio era proprio quel fatidico discorso che ha tanto odiato, sin dai tempi del college. Batté il bicchiere sul tavolo per il nervoso e sospirò.

"Mamma...non voglio nessun appuntamento al buio" disse risoluto e si contenne nell'alzare la voce.

La madre sospirò esasperata.

"Oh, Ji Chan! Per favore. Quando hai intenzione di sposarti se non vai a nessun appuntamento?" continuò lei, quasi insistente.

Il padre non degnò con lo sguardo nessuno dei presenti, continuava imperterrito a mangiare e il silenzio attirò anche Ji Min e Ji Yoo che, come se fosse quasi abitudine, abbassarono il capo verso il loro piatto.

Per questo era meglio se avesse dimenticato il compleanno, non voleva riaffrontare lo stesso argomento.

"Mamma...sono un attore adesso. Secondo il mio contratto con l'agenzia, non posso andare ad appuntamenti al buio"

E lì, questa volta, era il padre a battere la mano sul tavolo, infastidito del solito discorso che si andava a ripetere ogni volta che Ji Chan faceva ritorno a casa. Tutti si voltarono verso di lui, accigliati e sorpresi.

"Ora basta! – si fermò per qualche secondo – Senti Ji Chan, hai scelto tu di firmare quello stupido contratto. E dove sono i risultati? Sono ormai sette anni che va avanti questa cosa del fare l'attore".

Ji Chan non reagì, sapeva che avrebbe di nuovo dato la colpa a lui per aver scelto una strada completamente diversa.

"Ung Pyo, calmati, gli sto parlando io" cominciò la madre e si voltò nuovamente verso il figlio maggiore. "Ascolta Ji Chan...hai quasi trent'anni adesso, non credi sia ora di cominciare a pensare al matrimonio?"

Ji Chan sospirò per l'ennesima volta.

"Non è il matrimonio il problema, mamma – fece una pausa – ma non posso andare ad un appuntamento al buio. Poi lo so che lo stai dicendo per farti vantare con le tue amiche mentre giocate a golf".

Il silenzio calò nella stanza e lì, Ji Chan esitò un primo momento, voleva dire le cose come stavano, voleva fare chiarezza su chi era veramente e in più, aveva paura di non essere accettato per quello che è. Una paura che andava avanti da quando riuscì a confermare quel suo desiderio, quel suo essere diverso dagli altri ma allo stesso tempo essere sullo stesso piano. Perché diverso non lo era affatto, era solo la società che considerava diverso ciò che era lontano dalla loro normalità.

"Perché allora?" chiese la madre, il suo tono si addolcì e questo lo sorprese.

I due gemelli alzarono finalmente lo sguardo dal loro piatto e osservarono entrambi il loro fratello maggiore, lo videro esitare mentre stringeva con nervosismo il bicchiere di vetro. Poi, quando allentò la presa sospirarono silenziosamente.

"Perché...mi piace una persona"

Quella piccola confessione allargò, sul volto di sua madre, un enorme sorriso. Batté le mani dall'eccitazione. Poi si sporse verso Ji Chan.

"Chi è? È una bella ragazza?" domandò.

"No" rispose lui con fermezza.

"No?" dissero i gemelli all'unisono e il padre, che li stava guardando, inclinò il capo confuso. Anche sul volto della madre si dipingeva la confusione.

"È...è un ragazzo"

Il silenzio calò un'altra volta. E tra gli sguardi confusi e sorpresi dei suoi familiari, Ji Chan tirò indietro la sedia e senza dire nulla, forse per paura della loro reazione, si allontanò ed uscì di casa.

.

.

.

Il locale strabordava di gente, le luci continuavano a muoversi imperterrite su tutta la pista da ballo. Seduto al bancone Ji Chan buttò giù il suo shottino.

"Hey! Dovevi proprio dirlo al compleanno di tua madre?" urlò il suo migliore amico per farsi sentire e, anche lui buttò giù lo shottino.

Ji Chan continuò a guardare davanti a sé e con un gesto, chiese al barista un altro bicchiere. In quel momento voleva solo distrarsi e, quando la voce del suo amico gli attraversò un'altra volta i timpani si voltò infastidito.

"Ho capito! Ora voglio solo divertirmi. Per favore" sospirò, non era mai stato solito alzare la voce, ma in quelle circostanze, dove la musica era troppo alta, non gli rimaneva altra scelta che gridare. Anche più per come si sentiva, infastidito e deluso dalla pressione famigliare.

Quando si voltò verso il suo amico, rimase sorpreso, sorpreso di quello che stava vedendo. Proprio davanti a sé riconobbe quella capigliatura, quella permanente che ha sempre voluto toccare.

Era in compagnia di una ragazza e subito pensò che possa essere la sua migliore amica con cui era riuscito a beccarlo, seppur vedendolo da lontano, oltre a notare le loro foto che tappezzavano l'armadio di Ho Sook. Li aveva viste proprio ieri notte quelle foto, dopo quel fatidico bacio che gli diede lui da ubriaco. Arrossì e il suo cuore cominciò a palpitargli, a fargli il solletico e senza che se ne accorgesse si avvicinò.

"Oh, Ji Chan, dove vai?"

Non lo sentì, sia per la forte musica e sia perché voleva andare dall'unica persona che più gli interessava, voleva seguire il consiglio del suo ex manager, voleva avere la conferma di ciò che provava per lui. Poi si fermò.

Si fermò a pochi passi e, voltandosi verso il barista che stava parlando con l'amica di Ho Sook, sentì qualcosa che lo gelò sul posto.

"Hey Seo Byeol, quello lì è il tuo amico vero?" domandò il barista indicando Ho Sook con lo sguardo.

Seo Byeol, così il nome dell'amica, si voltò qualche secondo per poi tornare a guardare il barista sorridendo. Un sorriso che destò sospetti.

"Si, è quello di cui ti avevo parlato. – fece una piccola pausa – c'è l'hai vero?" disse infine.

Ji Chan, nonostante la preoccupazione si avvicinò, lentamente, cercando di riuscire a sentire oltre quella musica. Il barista parlò, ma non riuscì a sentir alcun suono della voce, ma ciò che testimoniò con un semplice sguardo, era la polverina bianca messa dentro un drink.

Seguì tutti i suoi movimenti, fino a quando fu proprio Ho Sook a prendere quel bicchiere. Non sapeva esattamente cosa poteva essere e né che strane intenzioni avevano. L'unica cosa di cui si preoccupava era quello di seguire Ho Sook, stargli dietro e non perderlo di vista, perché qualcosa di brutto poteva succedere da un momento all'altro.

Quando i due si spostarono al centro della pista, Ji Chan si fece spazio anche lui. Ma non passò molto tanto da quando lo perse di vista. Si voltò ancora, ma non lo riuscì a trovare.

Si spostò e sotto i suoi piedi qualcosa fece rumore, abbassò lo sguardo e vide del vetro rotto, con annesso liquido che si spargeva lentamente. In quel momento si fece seguire dall'istinto.

Spintonò la gente che ostacolava il suo cammino e quando riuscì a vederlo, notò che barcollava.

"Oh, cosa ci fa qui uno come te, tutto solo?" disse un ragazzo che era nei paraggi, mentre cercava in tutti i modi di portare via con sé Ho Sook.

E in un attimo, poco prima che perdesse i sensi a causa di una strana droga ingerita nel corpo, Ji Chan sferrò un pugno in faccia al ragazzo. Notò la presenza anche di Seo Byeol che strinse il braccio al ragazzo cui aveva colpito, stava tremando, lo si notava benissimo. In quel momento Seo Byeol aveva capito esattamente chi aveva davanti e trascinò via il tipo che, confuso la richiamò finché non sparì nella grande folla.

Ji Chan, quando ebbe la sicurezza che si fossero allontanati del tutto, si piegò sulle ginocchia.

"Hey! Ho Sook...mi senti?" prese il suo volto tra le mani, colpendo appena le sue guance con la speranza che potesse riprendere i sensi.

Ho Sook ormai era svenuto, quella strana polverina bianca lo aveva davvero messo k.o..

.

Se c'era un posto che tanto odiava, quello era l'ospedale. Ma in quel momento non aveva altra scelta.

Entrò correndo con Ho Sook svenuto sulle spalle, e si guardò intorno catturando l'attenzione di qualche infermiera. La cosa positiva del pronto soccorso, era che sono sempre disponibili e aperti e accolgono tutti.

"Cos'è successo?" domandò l'infermiera avvicinandosi a lui. Ji Chan era ormai con il fiato corto, ma cercò in tutti i modi di riuscire a parlare.

"Ha ingerito qualcosa che non doveva, ora ha perso i sensi..." non fece neanche in tempo a finire e subito l'infermiera lo portò verso il primo letto libero.

Adagiarono insieme Ho Sook sul letto, l'infermiera lo controllò e chiamò la sua collega.

"Vai a chiamare il professore"

"Subito" l'altra infermiera, girò i tacchi e corse verso l'ufficio del professore.

Ji Chan non disse nulla, aveva paura che, quella strana polverina bianca, potesse essere fatale. Strinse la mano a Ho Sook e la sentiva fredda e sudaticcia. Ci appoggiò la fronte e fece quasi per pregare che, tutto potesse risolversi e tornare alla normalità.

Dei passi che si avvicinavano lo fecero alzare subito in piedi. Il dottore si fermò di fronte ai due e ringraziò l'infermiera che era rimasta accanto tutto quel tempo.

"Allora, spiegami cos'è successo" esortò il dottore guardando Ji Chan. E Ji Chan gli raccontò tutto.

Non tralasciò nessun particolare di quello che era riuscito a vedere, a volte balbettava perché non sapeva esattamente come spiegare una determinata parte, ma il dottore sembrava seguirlo per bene.

"Okay, va benissimo. Ora vedremo che tipo di polvere bianca ha ingerito, faremo delle analisi. – si voltò verso l'altra infermiera – prepara le boccette e chiama il laboratorio" L'infermiera eseguì gli ordini. Si allontanò per prendere le boccette e andò subito a fare la telefonata.

Il Dottore eseguì il prelievo. Tre boccette piene di sangue erano state messe in un piccolo vassoio di metallo, per poi essere messe in una busta unica con il nome di Ho Sook attaccata su di essa. E, il tirocinante che in quel momento scese di corsa dal laboratorio, corse alla stessa velocità di prima per portare i prelievi.

"Ora può stare tranquillo, gli abbiamo dato un sedativo in modo tale da non svegliarlo. Aspetteremo il risultato delle analisi e poi potremmo procedere con l'eliminazione delle sostanze tossiche"

Ji Chan ascoltò tutto con attenzione, gli occhi erano così lucidi che a breve la vista si sarebbe offuscata, si inchinò con il busto ringraziando il dottore per la disponibilità.

"Stia tranquillo, rimani qui con lui, ci sarà anche una delle nostre infermiere a controllarlo" il dottore sorrise, poi si girò per tornare nel suo ufficio.

L'infermiera di prima tornò a controllarlo, lo fece due, tre, quattro volte. Prima per controllargli la flebo, dopo per controllargli il battito cardiaco e successivamente per controllare se l'ampiezza delle pupille siano normali.

Dopo una lunga ora, Ji Chan non si era proprio mosso da quella sedia, tutto l'alcol che aveva digerito prima si era completamente sfumato, sparì dal suo corpo.

Il dottore di prima, tornò ma Ji Chan era così stanco che rimase seduto, mentre tra le mani stringeva quella di Ho Sook.

"Abbiamo i risultati – fece una pausa e sorrise al ragazzo – Ragazzo mio, sei stato fortunato ad averlo salvato" cominciò.

"C-che cos'era?" domandò Ji Chan.

"GHB" rispose lui.

.

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N\A: Ed ecco finalmente con un capitolo flashback. Il motivo per cui Seo Byeol ha fatto un gesto del genere, lo scopriremo più avanti. Ma fortunatamente che Ji Chan era lì proprio in quel momento e che abbia salvato Ho Sook. 

Volevo allungare un po' di più il capitolo, ma sarei uscita fuori traccia, fuori schema. Perché l'intento del capitolo era proprio il raccontare ciò che Ji Chan ha visto in quel locale e cosa ha fatto per salvare Ho Sook. Rivelandogli così la verità, la vera faccia di quella che Ho Sook considerava la sua "migliore amica". 

Comunque, il prossimo sarà un pochino leggero e forse piacerà a molti...non saprei. Se volete lasciatemi un commento con il vostro parere e non dimenticatevi di votare il capitolo! - ciau :)

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