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31. Punti sul vivo

Era positivamente stupita dell'atteggiamento che la ragazza aveva avuto nei suoi confronti. Ovviamente l'aveva squadrata per classificare cosa fosse, cosa avesse davanti, ma una volta capito non si era limitata a quel che generalmente si diceva. Che differenza c'era tra il dare informazioni a un umano e dare informazioni a una strega? Ora che ci pensava, anche il signore all'ingresso non era stato maleducato, a parte dare per scontato che avesse bisogno del bagno e non di indicazioni all'interno dell'edificio. Era stata troppo concentrata a ricordarsi tutto quel che aveva detto per notare questa cosa, e per un attimo se ne fece una colpa. Si fermò giusto un attimo per controllare una mappa appesa lungo il corridoio che le aveva indicato e vide che stava andando nella direzione giusta. Le sarebbe bastato scendere di un piano. Sentì il motivetto di un ascensore appena arrivato dietro l'angolo e affrettandosi riuscì a salire nella cabina prima che le porte si chiudessero. In ascensore si raddrizzò lo scollo del morbido maglione fatto a mano che aveva scelto, sotto cui portava un dolcevita grigio. Vide che c'era una macchia che non aveva notato vicino all'elastico della gonna. Provò a sfregarla con il dito sperando che non fosse secca, ma la macchia resistette. Quando le porte si aprirono stava ancora cercando di togliere la macchia e alzò il viso solamente quando il livello di brusio percepito dalle sue orecchie divenne più intenso di quanto si sarebbe aspettata.

Vide un corridoio identico in struttura a quello che c'era al piano di sopra, ma al posto di bacheche coperte di avvisi e portaombrelli in metallo, questo corridoio era spoglio e l'unica cosa interessante erano le doppie porte di metallo e la targa "Aula Aurelio Illustre". Per il resto non riusciva a vedere molto altro dato il corridoio era zeppo di studenti che a colpo d'occhio le sembrarono tutti umani. Alcuni erano in piedi a parlare tra loro, alcuni addirittura seduti per terra o appoggiati alle pareti. Era un brusio ordinato però, più di quanto avesse inizialmente percepito.

Appena mise piede fuori dall'ascensore e qualcuno la vide fu come essere visti da un branco di lupi affamati. Uno la indicò, altri due si alzarono in piedi da seduti che erano.

"Eccone una!" esclamò indicandola una delle ragazze in prima fila in quel mare di persone davanti alle porte chiuse.

"Strega!" urlarono più voci e Tibu si trovò a pensare che quello era davvero un pensiero poco complesso. Sapeva di essere una strega, ma era giustificata a essere lì.

Uno di loro si fece avanti tra il vociare, avanzando a grandi passi verso di lei. Tibu strinse le mani sulla tracolla di stoffa della borsa e lo guardò dall'alto al basso quando arrivò a un metro da lei. Era considerevolmente più alta di lui ma riuscì appena a trattenere la paura, solamente grazie al pensiero di essere irrevocabilmente nel giusto.

"Tu in quell'aula non entri" disse parandosi davanti a lei con tutta la presenza morale che riuscì a mettere assieme, che Tibu dovette ammettere era più di quanto si sarebbe aspettata. Non era lui a spaventarla, era la massa rabbiosa dietro di lui.

"Non studio qui, c'è semplicemente una riunione a cui devo partecipare" rispose con semplicità, col tono più calmo possibile, senza muoversi. "Finita la riunione me ne andrò come sono arrivata".

"Non ci importa!" urlarono alcune persone dal piccolo esercito di razzisti.

La strega guardò oltre la corona di capelli biondastri del ragazzo davanti a lei, facendo vagare lo sguardo sugli altri. Aspettavano solo una buona ragione per scattare. Piccoli cani aizzati da un padrone poco gentile che aveva dipinto sulla fronte di tutti quelli come lei un bersaglio. Rimangiò immediatamente i pensieri che aveva avuto sulla ragazza della biblioteca: era un'eccezione, non un segno dei tempi.

"So che non vi importa, e io vi dico che non ho intenzione di farvi una maledizione, voglio solo partecipare all'assemblea per decidere sulle date delle elezioni", rispose sorridendo tranquilla, mentre il suo cervello cercava solamente il modo migliore di raggiungere la porta ed entrare. Avrebbe potuto spaventarli con l'evocazione di uno spirito, avrebbe potuto richiamare Bradamante e mettendo in stallo la situazione fino a che non fosse comparso qualcuno. Una parte di lei voleva davvero dimostrare a tutti loro di cosa era capace, piegare le leggi del mondo che conoscevano, ma la sua mente teneva a bada quell'istinto. Cosa che non stava succedendo nei suoi avversari, per cui l'istinto sembrava l'unica cosa su cui basavano il loro comportamento. Nella sua tribù un comportamento del genere sarebbe stato severamente punito, in modo costruttivo, ma punito come doveva.

Poteva immaginare cosa stava accadendo nelle loro testoline in questo momento. Era tutta vestita di bianco, indossava una fascia di ortiche essiccate intrecciate nei capelli, con mughetti e fiori di campo, le mani piene di anelli e gli occhi grandi brillanti che sapeva di avere. Come se nella loro testa fosse impossibile essere vestiti di bianco e operare un cannone, come se le loro stesse divinità non fossero tutte vestite di ricchi colori pastello e non avessero fatto le peggio cose al genere umano. Come se non pensassero che le sue mani delicate, il suo viso senza trucco, potessero nascondere un potere oltre le loro conoscenze e categorie. Poteva sentire le loro energie spirituali, inebriate d'orgoglio e avvelenate dall'odio delle persone che sono convinte di star facendo qualcosa di giusto. Tutte le loro essenze colme di conoscenze, senza la minima idea di cosa si celasse dall'altro lato, nel mondo degli spiriti. Padroni solo del mondo che conoscevano, che era meno di metà.

Alzò le mani senza fare assolutamente niente, in segno di resa. "Non ho nessuna intenzione di farvi del male, devo raggiungere la riunione. Poi una volta chiusa la porta sparirò dalla vostra vista. È quello che volete, no?"

Solo uno di loro fu così sprovveduto da urlare "sì" per poi essere zittito da quelli accanto.

"Questo è un picchetto. Non ti faremo passare come quelli prima di te. Non hai diritto di stare qui, è l'università di Vesta e tu non sei latina. Avete la vostra università, no? Perché devi venire a tentare di prendere decisioni sulla nostra?". La voce del ragazzo divenne più aggressiva mentre la indicava. "La cosa che voi streghe non avete mai saputo capire è quale sia il vostro posto. Vivete in uno stato latino e dovete seguire le regole di chi vi ospita, se no ve ne potete benissimo anche andare".

Questo colpì Tibu sul vivo. Lo guardò intensamente per qualche secondo e poi provò a fare un passo in avanti. Immediatamente il ragazzo ne fece uno anche lui per tenersi alla stessa distanza da lei. Faceva il gradasso ma era spaventato. "Lo sai che le elezioni studentesche sono proprio un organo creato dallo stato di Latezia per preservare gli equilibri dell'ambiente universitario? Secondo questo stesso ragionamento io ho diritto tanto quanto ognuno di voi di candidarmi e cercare di fare qualcosa di utile".

"Ci sono già candidati che fanno cose utili. Non c'è vera utilità ad avere dei magici candidati, soprattutto contato che rappresentano una percentuale minuscola degli studenti. Abbiamo i dati! Perché dovreste decidere su cose che non vi riguardano?".

"La stessa cosa si potrebbe dire di voi! Perché gli umani si permettono di decidere su cose che non li riguardano? Non ho mai visto uno di voi con un famiglio, o sbaglio?" rispose, sentendo il sangue affluire alle mani, facendole diventare pulsanti e calde. "Perché gli umani hanno questo dovere e questo diritto. Se venisse permesso a voi di partecipare alle elezioni cosa succederebbe dopo? Dovremmo direttamente permettere ai cani di iscriversi in università, perché no a questo punto". Qualcuno osò ridere. Tibu lo fulminò con uno sguardo affilato.

"Capisco" disse lapidaria. "Non è una questione di rappresentanza questa, è una questione di razzismo. Vi dà fastidio che io abbia dei diritti, non quali essi siano".

"Se la vuoi mettere in questi termini estremisti, sì. Non voglio che ci siano streghe in nessun consiglio di un organo pubblico. E sai perché? – sussurrò il ragazzo – Perché le streghe non sono come noi".

Sulle labbra di Tibu si formò un sorriso amaro, quasi compassionevole. "Meno male". Se essere allo stesso livello con loro significava essere così ottusi, allora preferiva essere idealmente inferiore. Tuttavia, la risposta non piacque. Qualcuno nella prima fila commentò. "Osa anche fare la spiritosa" disse, facendosi avanti. Era una ragazza alta quasi quanto lei, ma molto più piazzata, che sembrava non essere pervasa dalla stessa paura del ragazzo. "Ti credi tanto divertente? Dovresti portare rispetto" le disse, avvicinandosi pericolosamente al suo viso, abbastanza da farle confondere il sentore della sua energia, verde intenso, mostosa, con il suo odore.

Tibu si scostò di qualche centimetro, trattenendo il disagio. Cercò lo sguardo della ragazza dietro la fitta frangia marrone. "Ho solo espresso una mia opinione".

"La tua opinione è offensiva delle persone che ti permettono di vivere nel loro stato senza bruciarti su un rogo come qualche secolo fa, le esprimerei con più rispetto".

"Credo profondamente nella reciprocità dell'universo. Sarebbe impossibile incanalare del rispetto in questa stanza nemmeno se decidessi di spalarcelo fisicamente" rispose allungando delicatamente le mani per allontanarla da sé. "Grazie" disse sorridendo lievemente, appena la ragazza le lasciò un minimo di spazio personale. "Capisco che la divergenza di opinioni sia incolmabile. Farò avere una delega a qualcuno di presente all'assemblea in un altro momento" concluse, con il tono più pacifico possibile, desiderando tuttavia ardentemente ficcare un tubero in gola alla ragazza. Aveva un tono insopportabilmente paternalistico e minaccioso al tempo stesso, che le dava l'impressione di essere sempre sul punto di ricevere un pugno, cosa che per quanto stesse cercando di evitate non l'avrebbe stupita più di tanto. La cosa che ora di chiedeva era come avessero fatto gli altri candidati magici a entrare, addirittura membri come Apter avrebbero trovato pane per i loro denti contro un gruppo del genere fatto da bulletti di facoltà. Sospirò tra sé e sé. Sarebbe stato imbarazzante andarsene senza colpo ferire, ma anche la cosa giusta da fare. Evitare il conflitto era esattamente la bandiera dei moderati. Si sarebbe giocata buona parte della propria credibilità rispondendo a un atto violento con un altro atto violento.

"Vi lascio al vostro picchetto. Andrò a far presente la cosa a chi di dovere" disse, come avrebbe certamente fatto.

"Quindi fai la codarda, bravissima, come tutti voi" sputò il ragazzo incredibilmente rafforzato dalla presenza dell'altra.

"Passare per i canali ufficiali mi sembra il minimo. Vi auguro una buona giornata".

Indietreggiò e tornò all'ascensore dove premette il tasto di chiamata con lo sguardo fisso mentre il branco silenzioso la guardava di rimando. Uno di loro avanzò e si appoggiò alla parete di fronte a lei, con fare disinteressato, eppure Tibu sentì i brividi correrle lungo la schiena. Avrebbe potuto far aprire il muro e farlo cadere, e poi beccarsi un biglietto diretto per il tribunale. Cercò di ignorarlo, ma una ragazza, mentre l'ascensore tardava a presentarsi, si mise accanto a lei e iniziò a giocare con una delle frange della sua borsa. Tibu la allontanò di scatto e la guardò male nonostante la paura. "Sto cercando di andarmene, è quel che mi avete chiesto di fare fin da quando sono arrivata".

Nessuno rispose, e anzi, uno di loro le lanciò qualcosa addosso che la colpì in testa. Un foglio di carta appallottolato, che riconobbe essere uno dei suoi stessi manifesti per le elezioni, rotolò poco lontano da lei. Qualcosa di piccolo e giallo ci si appoggiò sopra e con un misto di orrore, Tibu capì che si trattava di un'ape. Non una qualsiasi, dato che non era esattamente stagione di trovarle in giro. E poi avrebbe riconosciuto quell'ape ovunque. Avrebbe voluto chinarsi e chiederle cosa cavolo ci facesse lì con lei, quando l'aveva volontariamente lasciata a casa per evitare di incappare in problemi. Però non poteva farlo e doveva sperare che una piccola ape passasse inosservata a tutti. Cosa che sembrò funzionare all'inizio, fino a quando l'ascensore non emise un pigolio che non era affatto simpatico e la luce sull'indicatore divenne rossa. Qualcuno la strattonò tirandole la cinghia della borsa e venne praticamente lanciata a terra. Il volo sarebbe stato più lungo e drammatico se fosse stata spinta da qualcuno della sua taglia, invece era stato il ragazzino pieno di astio che Tibu immaginava essere il più convinto di tutti di quel che stava facendo.

"Non vi sembra di esagerare" disse a voce alta, tirandosi seduta sul pavimento nel piccolo corridoietto laterale dove era stata spinta.

"E perdere l'occasione di insegnare a una di voi una lezione?" chiese la ragazza. "Te l'ho già detto, il vostro problema è che non riuscite a stare la vostro posto. Facci un incantesimo e ti mandiamo in tribunale".

Altri che non si erano fatti avanti prima trattennero il ragazzino. "Ha ragione, è un picchetto. Non stiamo facendo nessuna azione punitiva. Non era in programma niente del genere" disse una ragazza alta con una massa di capelli rossi infinita. Lui se la scrollò di dosso. "Pensate che si programmi di fare liberazione? O che si faccia e basta quando il dovere chiama?" rispose la ragazza alta di poco prima. "Non si era parlato di picchiare qualcuno" rispose di nuovo convinta l'altra impuntandosi come un bambino capriccioso. Tibu trovò una nota affascinante nella dinamica dell'interazione, se non fosse che era più preoccupata di essere in trappola, dove la sua unica via di fuga era direttamente tra le braccia degli aggressori. La ragazza più alta spintonò via quella coi capelli rossi e anche gli altri che si erano avvicinati per assistere o per intervenire decisero in fretta se volevano o meno avere a che fare con un pestaggio. Alcuni presero le borse e si allontanarono. Tibu sentì chiaramente i passi allontanarsi lungo il corridoio, non sapeva dove ma poteva immaginarsi un corridoio come quello da cui era arrivata anche lei al piano di sopra. Chi rimane, invece, non era pacifico e soprattutto aveva ben presente che era lei quella svantaggiata davanti alla legge. Qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe stata lei la colpevole, perché la magia non era considerata difesa personale, forse nemmeno gli incantesimi di difesa. Qualsiasi cosa le avessero fatto, non sarebbe stato nulla che Pallia o Kizia non avrebbero saputo mettere a posto. Tuttavia, quando il primo di loro si fece avanti per prenderla per il davanti del maglione come se fosse stato un bavero, sembrarono sorpresi che al posto di fare una magia Tibu ricorresse a una cosa che anche loro potevano fare.

Tibu urlò. Se non poteva fermarli da sola ci avrebbe pensato qualcun altro. "Aiuto!" gridò cercando di rompere la presa del ragazzo, infilando gli avanbracci tra i suoi pugni e spingendo forte all'esterno, per poi coprirsi il viso quando, una volta persa la presa, l'avversario pensò bene che fosse il momento per un pugno. Il colpo la prese sul polso, ma fece più di quello. Perché Bradamante decise che si era stufata di aspettare paziente di non essere scoperta. Era uno spirito, per lei tutti quei concetti non erano logici, aveva le sue regole da rispettare e non sarebbero stati un branco di bulletti a fermarla. Nel momento in cui gli altri due si avvicinarono per tenerla ferma una mano si avvicinò repentina alla sua faccia e le cacciò in bocca quella che doveva essere una sciarpa, e non fece in tempo ad allungare le mani per toglierla, perché le bloccarono immediatamente le braccia.

"Finalmente un po' di silenzio" sussurrò l'umana alta caricava un colpo. Non fece in tempo a concentrarsi, però, che l'ape iniziò a ronzarle vicino agli occhi e alle orecchie, facendola spaventare e confondere un momento. Cercò di allontanarla con la mano, come si faceva con un insetto qualsiasi, ma Bradamente non si arrese e continuò a evitare le botte da orbi, come se fossero state a rallentatore. Gli altri tre erano visibilmente confusi, tanto che quello piccoletto si avvicinò e cercò, con la sua sciarpa, di aiutarla ad allontanare l'ape, che però erano diventate due. Anche lui si meritò il proprio piccolo assillo personale. Le api iniziarono a spuntare dall'etere, probabilmente da una finestra lasciata aperta in un corridoio abbastanza vicino, o da un bagno, da permettere loro di entrare. Ci volle un attimo perché qualcuno connettesse l'improvvisa voglia di ronzare delle api alla strega che avevano in ostaggio in quel momento. Forse ci avrebbero messo di più se non fosse stato per il fatto che Tibu aveva, a un certo punto, iniziato a trovare estremamente difficile trattenere le risate. Era sempre stata convinta del potenziale scenico di Bradamante, ma vederla in azione era tutt'altra cosa. Terroristi in erba fermati dalla paura per le api. Era inutile quanto cercassero di liberarsene o di schiacciarle, loro erano più veloci, sempre presenti, e soprattutto molto più antiche e intelligenti di tutti loro messi assieme. Una piccola Bradamante corse a pungere la mano di uno di quelli che la teneva ferma, che fece del suo meglio per non mollare la presa.

"Sono tue! Bastarda!" si lamentò rabbiosa la ragazza, ormai costretta a coprirsi il viso col maglione. Tibu avrebbe voluto rispondere, ma la stoffa sottile della sciarpa glielo impediva. Rise e basta e fu certa uno dei due aguzzini vide le sue spalle scuotersi per la risata. Le diede un calcio sulla gamba, improvvisamente, forse per pura crudeltà o per una forma particolarmente acuta di stupidità. Tutte le api si fermarono per un secondo in quel che stavano facendo e si voltarono in massa verso il ragazzo alla sua sinistra, identificandolo come obiettivo del prossimo attacco, che non sarebbe stato così indulgente come quello di prima. Il ragazzo si spaventò e la lasciò andare e Tibu poté finalmente liberarsi dal bavaglio improvvisato, ormai intriso di saliva, e respirare liberamente, mentre davanti a lei si parava un piccolo muro giallo e nero, precisissimo e vibrante, pronto a muoversi come un corpo unico.

"Aiuto! No, lasciatemi!" urlò quello che l'aveva colpita, mentre le api gli si avvolgevano come un turbante attorno alla testa.

"Bradamante!"urlò Tibu. "Basta!"

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Buon anno a tutte le streghe, gli strighi, maghi, maghe, maghы e esseri magici di ogni genere!

Ogni tanto esce un capitolo, e va bene così ✨ 

Spero sia stata una buona lettura, alla prossima!

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