14. Flora Fabulosa
Uscirono dal quartiere studentesco, comparvero i piccoli bar e le farmacie storiche con il disegno dei serpenti sulle porte di vetro, i lampioni divennero verdi, con arzigogoli di ferro battuto mentre la città dei giovani faceva spazio alla Mediterra più storica dei Mediterranei storici. Quando Chanej avevo scoperto che Kizia abitava in via Carriera era rimasta stupita. Non aveva l'aspetto o la spocchia dei mediterranei, non sfoggiava abiti di marca e un famiglio stravagante. Poi aveva sentito l'intera storia e tutto si era fatto chiaro. Il suo appartamento era piccolo ma la vista sui tetti dei vecchi palazzi con i balconcini decorati in vetro colorato era davvero invidiabile. Cato non si aspettava di trovare addirittura un gabbiotto del portiere quando entrarono nell'androne. "Non ti preoccupare, non hanno davvero il portiere" disse Tibu chiamando l'ascensore. La vecchia gabbia di ferro scese senza emettere un suono per poi fermarsi con un sonoro clac. Il ferro della gabbia era stato decorato con piccoli intrecci e fiori, in pieno stile anni 20, probabilmente a quando risaliva la costruzione originaria. Si pigiarono dentro con tutte le borse di Tibu e iniziarono a salire con uno scossone.
"Non sono certo rispetti le norme di sicurezza questo affare".
"Sono certa che non le rispetti, ma non cadremo. Ci sono due streghe a bordo, andrà tutto bene" gli rispose Chanej. Essendo vecchio era più lento dei moderni ascensori con le cabine chiuse e le luci gialle, quindi la salita fu lenta e silenziosa, mentre apprezzavano lo spaccato del palazzo. Mano a mano che salivano iniziarono a sentire un odore dolciastro e pesante. Chanej annusò l'aria e poi si annusò la sciarpa, ma prima che potesse capire da sola da dove venisse il profumo, raggiunsero il quinto piano, l'unico del palazzo ad avere un solo appartamento al posto di tre, oltre ai locali di manutenzione.
La porta d'ingresso era coperta di fiori vivi, dai quali veniva l'odore dolcissimo che invadeva l'aria con un'inaspettata violenza. La fragranza le prese a pugni il naso quando si avvicinò alla porta per suonare al campanello e fu sicura di sentire, per la prima volta, il suono del conato di un riccio provenire dalla propria tasca. Si tappò il naso con la manica della giacca e suonò il campanello. La cosa più surreale, oltre ai fiori più violenti che avesse mai odorato, era il fatto che dalla porta non trapelava alcun suono.
"Siamo sicuri che siano in casa?" chiese Cato.
"Dovrebbero" disse Chanej provando a suonare di nuovo con più insistenza, e la porta d'improvviso si aprì. La figura incorniciata dagli stipiti era qualcosa che tentava disperatamente di assomigliare a Kizia, ma non era Kizia.
"Grazie a Ecate siete arrivati. Sto per commettere un omicidio".
Chanej si prese due secondi per mettere assieme le informazioni. La voce di Kizia non corrispondeva alla ragazza coi codini e un miniabito salopette di tessuto tecnico rosa acceso che si trovava davanti. "Wow. Stai bene" commentò Cato.
"Non mentire, sono orrenda".
"Sì. Penso popolerai i miei incubi. Perché mai ti ha dovuta conciare così?" le rispose Chanej allungandosi finalmente ad abbracciarla, anche se Kizia era tesa come una corda di violino e si limitò a darle due piccole pacche sulla spalla. "Perché il tema della sua festa è Flora Festiva Fabulosa Nebulosa, e vi pregherei di non dire gli aggettivi nell'ordine sbagliato".
"Verremo conciate anche noi così?" chiese preoccupata Tibu e Chanej si rese conto che era una possibilità non troppo improbabile. "Io non voglio che nessuno mi vesta" commentò rigido Cato. "Non era scritto da nessuna parte che c'era un tema, non mi sono vestito a tema". Kizia stava per dire qualcosa ma fu interrotta da un'altra voce.
"Avresti dovuto esserci per il Simposio togato dell'anno scorso" disse un'altra voce provenire dall'interno. Pallia, conciata in qualcosa che si poteva solo definire come surreale. Era stata infilata in un capo di abbigliamento chiaramente inteso per qualcun altro. "Vi stavate per perdere la festa del secolo". Da una piega del suo vestito ricoperto di fiori iridescenti spuntò un musetto peloso. Gerda era tremendamente contrariata.
"Non capisco davvero cosa spinga voi bipedi a conciarvi in questo modo" disse con la sua vocina acuta ma risoluta. Si passò le zampe due volte sui baffi e si arrampicò fino a piazzarsi salda sulla spalla di Pallia. Anche la topina era caduta vittima involontaria della furia glitterata di Naria e sfoggiava una ditata di polvere opalescente sulla testa. Chanej si morse la lingua per non dire niente. Non aveva niente contro l'idea di Naria sgridato davanti a tutti da un topolino di campagna molto molto arrabbiato, ma avevano cose più importanti da discutere.
Gerda era una piccola matrona in miniatura, nonché l'unico famiglio che avesse mai visto in grado di parlare. Pallia aveva provato a capire il perché, ma a quanto pareva, era semplicemente fatta così. Voleva parlare, ed era anche una gran chiacchierona. "Entrate che prendete freddo" si affrettò a dire la topina. "Palli, su, falli entrare e prendi loro le giacche". E così entrarono. Chanej sentì un piccolo fischio nell'orecchio e prima che potesse dire o fare qualcosa sentì freddo e poi caldo sulla pelle. Quando arrivò dall'altra parte della soglia inorridì. Naria doveva aver impostato un qualche incantesimo di scambio sugli stipiti e ora si trovava avvolta in un maxiabito di tulle rosa confetto. Allungò le mani verso la testa per istinto e sentì che le erano spuntati anche dei fiorellini da campo sulla testa. "Se gli metto le mani addosso, giuro che..."
"Ho provato ad avvertivi. Tranquilla – disse Kizia, trattenendo appena le risate – è solo un incantesimo di illusione. Penso popolerai i miei incubi". Chanej la guardò esterrefatta e poi guardò gli altri due, ancora fuori dalla porta. "Che aspettate? Non voglio essere l'unica cretina conciata come un pagliaccio"
"Sembri più una fata che una strega" disse Cato, mettendosi una mano davanti alla bocca per soffocare una risata.
Chanej allungò di scatto una mano fuori e afferrò il polso di Cato, che fece in tempo a impuntarsi per opporre resistenza. Kizia però fu più veloce di lui e si allungò a prendergli anche l'altro. Lo tirarono dentro di scatto. Un altro sbuffo di fumo e al posto della felpa e dei jeans dell'umano era comparso un completo azzurro cielo, con delle nuvole ricamate e un farfallino di plastica trasparente. Cato rimase senza parole, fermo a fissare con orrore quel che si trovava addosso. Alzò lo sguardo arrabbiato su di loro, ma Chanej non riuscì a trattenere la risata. "Come sei turchino" gli disse, dandogli una pacca sulla spalla. "Avevo detto che non volevo entrare" le rispose, stizzito. "E io avevo detto che non volevo essere l'unica di noi tre vestita da cretina. Sul col morale, se è successo a te vuol dire che è successo anche a tutti gli altri". Mentre battibeccavano, Tibučin sospirò e attraverso la soglia. Ci fu lo sbuffo di fumo ma la strega ne uscì praticamente vestita come prima, se non per un paio di stivaletti più da festa, diversi dalle scarpe di prima. "Sì, però così non è giusto" mugugnò Pallia, incrociando le braccia contrariata, imitata subito da Gerda.
"Io sono sempre a tema Flora Fabulosa" disse Tibu accennando alla sua corona di fiori. "Siete voi che dovete adattarvi".
***
Era stato a diverse feste di compleanno, come qualsiasi normalissima persona di ventidue anni. Tuttavia, a essere completamente onesto con sé stesso, non era mai stato a una festa magica. E si rendeva conto che se non fosse stato presente non avrebbe mai compreso davvero la differenza. Se la porta aveva dato un indizio su quello che poteva esserci oltre, l'interno era di sicuro Fabuloso e Nebuloso. Era impossibile definire con certezza la struttura dell'appartamento a causa della luce innaturale argentea che proveniva da dei globi luminosi che aleggiavano. Il pavimento era invisibile, coperto da uno spesso strato di nebbia. La porta doveva avere qualche incantesimo dato che dentro la musica era forte, non assordante, ma abbastanza forte da impedire di sentire i propri passi. Kizia era evidentemente disturbata dalla confusione, ma l'oggetto più strano era un pascià seduto su un trono di fiori in soggiorno, intento a tenere banco con altri quattro elementi coi capelli rosa, vestiti come loro. Si sentì fuori luogo, improvvisamente conscio della propria normalità nonostante il modo in cui era stato conciato. I vestiti erano comodi, ma erano... troppo. Tuttavia, guardando Chanej e Tibu, questo doveva essere troppo anche per delle streghe dato che entrambe sembravano aver appena morso un limone. Soprattutto Tibu osservava i globi luminosi. Provò a toccarne uno quando le passò accanto e la sfera biancastra pulsò come viva, prima di allontanarsi di colpo.
"Non ti preoccupare Tibu, mi sono assicurata che l'evocazione di questi Fuochi fosse fatta correttamente" la rassicurò Kizia. "Me ne sono occupata io, Naria ha solamente attaccato le decorazioni di carta e noleggiato la macchina del fumo".
L'idea che il fantomatico coinquilino avesse deciso di illuminare la sua festa con degli spiriti veri e propri ma avesse dovuto noleggiare una macchina del fumo per l'atmosfera lo fece sorridere. Appese la giacca all'appendi abiti e notò il cappotto di panno di Livia già presente sul gancio accanto. "Sono arrivati i miei ospiti preferiti!" esclamò il ragazzo seduto sul trono. Si alzò di scatto, rivelando un fisico magro e allungato, coperto da un completo elegante che da lontano era sembrato rosa, ma che si rivelò cangiante e traslucido non appena il suo proprietario si mosse, come un ragno vestito per un baccanale. Aveva due mazzetti di fiori a incorniciare il viso, ma non erano la cosa che più distraeva del tutto. Quella menzione era dovuta al rossetto viola. Nel complesso gli faceva impressione, paura e ridere, tutto insieme. Indietreggiò di mezzo passo quando l'elemento vestito da unicorno si avvicinò a lunghi passi con una flûte di qualcosa di schiumoso e rosa in mano, evitando accuratamente ostacoli invisibili coperti dalla nebbia.
"Tesoro, vedi che stai bene senza tutto quel nero addosso" disse estasiato in direzione di Chanej dopo aver tamburellato con le unghie sul calice. Lei lo squadrò da capo a piedi. "Sì. Chissà chi devo ringraziare" disse di rimando incrociando le braccia. Il ragazzo, che a questo punto Cato iniziava a capire potesse essere Naria, sorrise come una bella statuina. "Non mi piace quando mi tratti in modo così aggressivo. Disturba profondamente la mia energia positiva".
"Tranquillo Naria, non servo io. Sei disturbato già da solo" rispose Chanej alzando le sopracciglia scure.
"Piacere, tu devi essere l'umano simpatico. Io sono lo strigo simpatico, Naria, piacere". Cato si vide porgere una mano dalle dita pallide e affusolate. La strinse inebetito. "Cato, piacere".
"Ottimo che hai scelto questo completo, è uno dei miei preferiti" gli disse e poi senza aspettare risposta indicò una porta dall'altro lato del soggiorno. "Se vuoi ne ho anche uno lilla con le margherite, me lo sono fatto fare su misura se vuoi provarlo". Poi prese un sorso dal suo calice, diede un buffetto a Tibu, che tollerò passivamente il contatto e rivolse un sorriso stellare a Kizia, la quale sembrava profondamente concentrata per provare a dargli fuoco con gli occhi. Naria si allontanò com'era arrivato, e seduti, imbarazzatissimi e immobili, Cato notò Livia e Adriano.
"Ibrahim si è nascosto in bagno" disse Pallia. "Mossa molto sveglia, se devo essere onesta. Avrei dovuto farlo anche io".
"Così quello è il tuo coinquilino" riuscì ad esalare, mente seguivano Kizia verso un angolo quieto del soggiorno, lontano dai salatini e dai vassoi coi bicchieri, lontano dalla folla. Kizia sembrava stanca oltre misura e si sedette subito. Pallia andò a recuperare gli altri tre. "Come è andata?" chiese una volta tornata mentre Livia salutava tutti, imbozzolata in un tailleur dal taglio bizzarro sui toni del verde menta, con piume sulle spalline. Avevano anche loro in mano un calice dello strano liquido rosa, ma nessuno sembrava aver bevuto nulla. Adriano e Ibrahim non erano troppo diversi da lui, solo in colori diversi. L'imbarazzo era uguale.
"Come ci aspettavamo" rispose Tibu incrociando le braccia e appoggiandosi con una spalla al muro. "Abbiamo fatto la votazione anonima per le mozioni preliminari da portare al consiglio, ma ovviamente hanno vinto quelle umane. Non erano presenti abbastanza magici per supportare le nostre. Anche se devo ammettere che ci sono stati dodici astenuti, il doppio della scorsa volta"
"Apter e Leviantina?" chiese Chanej.
"Nemmeno l'ombra" disse Tibu. "Penso che abbiano semplicemente dato forfait e puntino a vincere il posto come rappresentanti per la Magica e basta, senza investire oltre nella candidatura al consiglio di circoscrizione. Ma con quei due elementi non si può mai sapere".
Se in tram Cato si era sentito affamato, adesso la musica, la confusione e l'atmosfera gli avevano scombussolato lo stomaco. Non era così sicuro di voler assaggiare nulla.
"Poi in realtà abbiamo trovato una cosa in università" disse Chanej, estraendo il telefono dalla tasca nascosta sotto tutti gli strati di tulle del vestito. Cercò rapidamente tra le immagini e poi passò il telefono in mezzo al cerchio che si era formato. Pallia allungò la mano e lo prese. "Cos'è?". La domanda che si facevano tutti. Il telefono passò di mano in mano, il brusio della festa divenne impercettibile alle sue orecchie, mentre osservava le espressioni da curiose diventare confuse e nel caso di Livia preoccupata. Ibrahim aggrottò la fronte passando di nuovo il telefono alla proprietaria. "Non abbiamo idea di cosa sia" disse Tibu.
"Però li abbiamo trovati nei bagni del secondo piano alla Politecnica".
"Sopra l'aula Cicerone" disse Cato. "E mentre eravamo lì è arrivato qualcuno nel bagno delle donne, ed è possibile che abbia firmato il foglio che abbiamo trovato lì".
"Sospetto che sia qualcosa di poco simpatico. Perché mettere un foglio del genere nei bagni e firmarlo di sera, quando l'università è tecnicamente chiusa e non lasciarlo invece su una delle bacheche?" chiese Chanej. Vedeva chiaramente quale fosse il loro timore, e non negava di non avere una spiegazione migliore. Sembrava un foglio presenze, scritto in qualche strano modo incomprensibile.
"Voi avete mai visto qualche segno del genere?" chiese Livia, usando quel voi per definire chiaramente a chi si stesse riferendo la domanda. Le quattro streghe si guardarono le une con le altre, dubbiose, ma nessuna di loro disse niente. Solo dopo qualche secondo Kizia prese la parola, appoggiandosi con fare deciso le mani sulle ginocchia. "È chiaramente qualcosa che dobbiamo capire. Se vogliono guerra, guerra avranno".
Gli parve un po' esagerato. "Guerra mi sembra un po' una parola grossa" osò dire. Subito si trovò trafitto da tutti gli altri. "La guerra non inizia con le dichiarazioni, inizia con le pugnalate di questo tipo. Se è esattamente quello che pensiamo tutti che sia, vuol dire che la guerra era già iniziata e non ce ne eravamo nemmeno resi conto".
"Kizia ha ragione" disse Ibrahim. "La guerra inizia dal primo atto d'odio. Se davvero c'è un gruppo organizzato dietro alle minacce a Tibu, la cosa è grave. Estremamente grave. Vuol dire che è in pericolo, lei e tutti gli altri candidati". Cato vide delinearsi tutti gli scenari possibili di un atto del genere. "Impara, futuro ingegnere militare" disse Pallia scherzando. "Vi manderò l'immagine, così possiamo ragionarci. Lunedì proverò a controllare altri bagni".
"Io controllerò quelli delle donne" disse Livia. "Non penso voi ci possiate andare in pieno giorno".
"Grazie" disse Tibu guardando prima una e poi l'altro. Kizia si alzò dalla sua sedia dicendo: "Vado a prendervi un piatto di salatini, a meno che non vogliate digiunare".
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Buonasera a tutti!
Questa settimana capitolo più breve del solito, ma spero mi scuserete ✨ Per farmi perdonare ecco la prima fan-art della storia!
Dite tutti ciao a Pallia!
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