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XI. Perfetti sconosciuti

"Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano, amori indivisibili, indissolubili, inseparabili."
-Antonello Venditti.

Quando il sole spuntò quella mattina oltre l'orizzonte, Genevieve aveva già gli occhi aperti.
Come avrebbe potuto dormire quella notte?
Era il giorno del suo matrimonio.
Ma non era quello il motivo per cui non aveva chiuso occhio, nemmeno lontanamente.
Perchè il matrimonio non ci sarebbe stato.
Lei e Peter sarebbero partiti di nascosto per andare a Londra, a cercare le porte dell'Inferno.
Differentemente da tutti gli altri sovrani, gli Adler non possedevano una nave reale, perchè tutti gli Adler avevano paura dell'acqua, da moltissime generazioni.
Tutti tranne Genevieve, ma lei in fin dei conti non era una Adler.
Così avevano pagato l'equipaggio di una barca che era attraccata da poco nel porto dell'isola, dicendo che avrebbero dovuto portare i novelli sposi a Londra, dove si sarebbe svolta la loro luna di miele.
In realtà, Spencer non avrebbe saputo nulla, rimanendo ignaro in chiesa ad attenderla mentre Genevieve partiva alla ricerca di sua madre.
Era ancora sdraiata nel letto, sentendo un guazzabuglio di emozioni nel petto, quando Heather entrò.
Era emozionata per l'impresa che stava per compiere, ma allo stesso tempo era terribilmente spaventata, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Non aveva idea di cosa sarebbe successo una vota giunta all'Inferno, se mai fosse riuscita a giungervi, e non aveva idea di come contrattare con Lucifero.
Era il diavolo, dopo tutto.
Moltissime persone nemmeno credevano alla sua esistenza, come non credevano in quella di Dio, e invece lui esisteva ed era suo padre.
Genevieve era convinta che all'inferno avrebbe dovuto fare uno scambio: la propria vita per quella di sua madre.
Non pensava che Lucifero l'avrebbe uccisa, probabilmente l'avrebbe intrappolata all'Inferno perchè lui aveva bisogno di lei per qualche strano ed assurdo motivo.
Lei avrebbe svolto un ruolo importante in... che cosa? Nel piano del diavolo?
Ma qual era questo piano poi?
"Oggi è il grande giorno, principessa" disse Heather, voltandosi verso di lei e sorridendole.
Il sole che entrava nella camera da letto dalle finestre che la domestica aveva spalancato si rifiletteva sui suoi capelli biondi, rendendoli dello stesso colore del grano.
Genevieve si chiese se avesse ancora una cotta per Peter.
"Quindi non c'è tempo da perdere" aggiunse Anne, porgendo una mano a Genevieve.
Quando lei la prese e fu aiutata a rimettersi in piedi, uscendo da letto, gli occhi nocciola della balia la guardarono in modo penetrante.
Entrambe sapevano quanto fosse davvero il "grande giorno".
Heather aprì l'armadio e tirò fuori con cura l'abito da sposa confezionato da un importante sarto del continente, aiutando Genevieve ad indossarlo.
Si guardò allo specchio, apprezzando veramente la fattura del tessuto.
Era bianco, perchè era qualche anno che si era stabilita questa moda da quando per la prima volta la Regina Vittoria si era sposata vestita di quel colore.
Il corpetto era avvolto da un tessuto trasparente bordato di pizzo, lo stesso che le fasciava le braccia magre e scendeva aprendosi in una gonna ampia che si allargava intorno alla sua figura snella.
Il suo ciondolo dorato a forma di chiave spiccava nel mezzo della scollatura netta, dando un che di armonico.
Osservò Anne che le acconciava i capelli castani in una treccia che le cingeva il viso, mentre il resto dei ricci era raccolto in un'elaborata crocchia bassa.
Quando la balia si sporse in avanti per sistemarle meglio alcune ciocche in modo che le ricadessero delicatamente sul viso, Genevieve parve scorgere dietro di lei il bagliore argenteo delle sue ali d'angelo.
"Sei bellissima" sussurrò Anne al suo orecchio "peccato non si terrà alcun matrimonio"
Genevieve si limitò a guardarsi allo specchio.
Avevano deciso di farle indossare lo stesso l'abito da sposa, perchè dovevano salvare le apparenze.
Se qualcuno l'avesse vista sgattaiolare via dal castello – anche se lei e Peter avrebbero dovuto fare molta attenzione – avrebbe solo pensato fosse qualcosa sposa, come un ultimo ripensamento o cose del genere.
Avevano detto all'equipaggio che il matrimonio si sarebbe svolto molte ore prima della realtà, così giunti in città non avrebbero incontrato nessuno perchè tutti probabilmente in quel momento sarebbero stati sulla via del castello.
In realtà, Genevieve ci sperava.
Al funerale di re Malcolm non si era vista nemmeno l'ombra del popolo, perchè al matrimonio dell'erede degli Adler ci sarebbe dovuto essere qualcuno?
Incrociò gli occhi verdi di Heather, che le sorrideva riflessa nello specchio.
"Oh vorrei essere bella come voi!" esclamò.
Si asciugò una lacrima che le era ricaduta sulla guancia, forse per l'emozione.
Genevieve si voltò di scatto e la guardò.
"Cosa..." balbettò la ragazza "cosa succede?"
Ma la principessa l'aveva già abbracciata.
Aveva sempre trovato Heather insolente e fin troppo sfacciata, ma non così tanto perchè potesse darle davvero fastidio mentre le provocava solo un certo divertimento.
Ma non si era mai fermata a riflettere quanto si fosse davvero affezionata a lei, come se fosse diventata sua amica, e il pensiero che avrebbe potuto non rivederla le strinse il cuore.
"Oh ehm grazie" fece Heather, smarrita, ricambiando all'inizio timidamente poi con enfasi l'abbraccio di Genevieve.
Lei rise, come non rideva da tantissimo tempo.
Quando si allontanarono, Heather aveva un sorriso a trentadue denti.
"D'accordo" annunciò "non vedo l'ora di vedervi percorrere la navata accanto al signor Smith! A fra poco, principessa"
Dopo essersi inchinata, lasciò Anne e Genevieve da sole.
"Peter ti aspetta fuori dalle stalle" disse la donna.
Lei annuì.
"Voglio solo..." esitò, chiudendo gli occhi e poi riaprendoli "andare a vedere un'ultima volta il ritratto di mia madre in sala da pranzo"
"Bambina..."
"Farò in fretta, promesso"
Anne la guardò con scetticismo.
"Per favore" disse Genevieve "sto facendo tutto questo per lei"
"D'accordo" l'altra sospirò "non metterci troppo, tutti stanno già andando verso la chiesa. Non c'è molto tempo"
Genevieve annuì e poi fece un respiro profondo.
Quando fece per uscire dalla camera, all'improvviso si fermò perchè un pensiero le era passato per la mente.
Anne la guardò interrogativa.
Lei si siflò l'anello di fidanzamento dall'anulare sinistro e lo posò sul comodino, sopra la copertina di Orgoglio e Pregiudizio, che accarezzò come un vecchio amico.
"Non mi servirà più" sentenziò.
"Mi si spezza il cuore nel vederti partire" fece la balia, a bassa voce "ma è il tuo compito"
"Lo so"
Genevieve le rivolse un sorriso coraggioso, totalmente falso, e si avviò verso la sala da pranzo.
Scese innumerevoli rampe di scale, osservando gli arazzi posti lungo le pareti di pietra oppure le armature dove da piccola era convinta si celassero dei fantasmi.
Quelle pareti le erano così familiari che non pensava possibile dimenticarle, nemmeno se fosse stata lontano da casa.
Era la prima volta che si allontanava dalle isole Shetland ma non per questo la sua memoria sarebbe venuta meno.
Eppure... forse quella sarebbe stata l'ultima volta in cui poter camminare per quei corridoi, scendere quei gradini e ammirare quelle opere d'arte.
Strinse i denti e proseguì, mentre l'abito bianco frusciava a contatto con il pavimento.
Quando spalancò le porte del salone, una marea di ricordi la investì.
Lei che se ne andava arrabbiata dopo che Malcolm le aveva rivelato che avrebbe dovuto sposarsi con Spencer, lei che metteva in pratica il suo potere.
E poi ricordi più antichi, che parlavano di amicizia e affetto, di gioia e allegria, legati da quella sensazione di calore nel petto quando ci ripensi.
Le colazioni con Peter, quando Genevieve si nascondeva dietro le tazze di te per poi spostarle e fargli un'espressione diversa, facendolo ridere.
Le volte in cui incrociavano le dita sotto il tavolo perchè entrambi speravano che dopo cena Dawn avesse preparato anche la torta al cioccolato o quella con le fragole come piaceva a lui.
O ancora quando Malcolm leggeva il giornale a pranzo, in una posizione tale che il suo viso era completamente nascosto dalla carta, e desiderava il completo silenzio; così Peter e Genevieve parlottavano dagli estremi opposti del tavolo e quando il re abbassava di scatto il giornale per coglierli in fallo, entrambi di affrettavano a fingere indifferenza.
Sorrise al ricordo, spontaneamente, e alzò gli occhi.
Sopra il camino spento svettava il ritratto di sua madre, la regina Leila, che osservava tutti con il suo sguardo gentile e il suo sorriso caldo.
"Verrò a salvarti, mamma" disse nel silenzio della grande sala, strigendo tra le dita il suo ciondolo.
Le sembrò che l'aria all'interno della armature poste lungo il contorno della sala sibilasse, come se Lucifero stesso avesse sentito la sua promessa.
"Credi che ci sarà già il cibo in tavola? Ho una fame!" esclamò una voce che Genevieve non riconobbe.
Sapeva di averla già sentita, ma non riusciva a ricordare dove.
Sembrava provenisse dal corridoio adiacente alla sala da pranzo.
"Oh ma andiamo, che sfortuna!" continuò quella, che apparteneva ad un ragazzo, come se stesse parlando con qualcuno "È il momento migliore, non preoccuparti, sono tutti fuori dal castello per... non ricordo. Cosa succedeva oggi? Il compleanno della principessa?"
"Il compleanno della principessa è stato due settimane fa" rispose il compagno, con voce indecifrabile.
Genevieve sentì il suo cuore fermarsi e poi come se tutto intorno a sè si fosse immobilizzato.
Non avrebbe mai potuto dimenticare il suono di quella voce.
Come poteva essere lì?
Non credeva che l'avrebbe mai rivisto.
Non sapeva da quanto tempo fosse lì, ferma impalata, poco distante dall'entrata del salone.
Le sembrava un'eternità, ma forse erano passati solo pochi secondi.
Il tempo sembrava immobile.
Finchè Killian non entrò dalla porta di servizio, davanti a lei.
"Killian" mormorò Genevieve, così a bassa voce che probabilmente non l'aveva nemmeno sentita.
Lui strabuzzò gli occhi azzurri, completamente stupito, ricambiando il suo sguardo.
Era diverso dall'ultima volta in cui l'aveva visto.
Sempre bellissimo, con i capelli scuri arricciati intorno al viso e i brillanti occhi azzurri, ma c'era qualcosa nel suo sguardo, quando tornò normale, che lo rendeva differente.
Era come se i suoi occhi non fossero più limpidi come prima, come se... se avesse innalzato uno scudo intorno a sè.
Erano indecifrabili.
Killian la squadrò e quando realizzò che ciò che aveva indosso era un abito da sposa, trattenne il fiato.
"Il matrimonio" disse.
All'improvviso, Genevieve si sentì sollevare da terra e le mancò il fiato quando un paio di forti braccia le cinsero la vita.
"È qui la festa?" le sussurrò una voce all'orecchio, la stessa di prima.
"Henry!" gridò Killian, alzando le braccia verso di loro "Aspetta!"
Ma Genevieve era già scattata.
Si divincolò tra le braccia dell'estraneo e, prendendo lo slancio, riuscì a tornare con i piedi per terra.
Con forza, calpestò lo stivale del ragazzo che imprecò, mollando la presa.
Lei non perse tempo, correndo verso l'armatura più vicina e prendendo la spada che essa aveva in mano, voltandosi a fronteggiare il suo assalitore.
Henry, lo stesso ragazzo che odiava la casa reale da più di un anno, da quando il fratello aveva perso tutto al gioco per colpa dei debiti, la guardò con uno sguardo che le fece paura.
Sembrava che stesse guardando il mostro peggiore del mondo, che lei fosse il mostro peggiore del mondo.
"Brutta..." borbottò a mezza voce.
Killian si avvicinò  a lui e lo prese per la manica della camicia.
"Cosa ti è preso?" sbottò "Cosa volevi farle?"
"Cosa volevo farle?" ribattè Henry, spingendo via l'altro "Ucciderla! Era questo il piano"
"Il piano era fare un sopralluogo per il saccheggio del castello, non uccidere i suoi abitanti!"
"Ma di cosa diavolo state parlando?" esclamò Genevieve, con il fiato grosso e gli occhi che si posavano ad alternanza sui due ragazzi "Killian?"
"Ah quindi si ricorda il tuo nome" osservò Henry, in tono ironico.
Si passò una mano tra i capelli castani che erano più lunghi rispetto all'anno prima, tanto che gli arrivavano appena sopra le spalle.
"Vai via" disse Killian, senza guardarla.
Aveva la mano sull'elsa della spada, in una posa così naturale che pareva lo facesse da una vita.
"Ma no!" s'intormise l'altro, in tono beffardo "Ha il diritto di sapere cosa sta succedendo. Le principesse hanno il diritto di sapere tutto, non è vero?"
La guardò dritta negli occhi.
"Siamo pirati, mia cara" spiegò, con un inchino "e siamo qui con il nostro equipaggio, sotto l'ordine del capitano Morrison, per saccheggare il tuo castello. Oh e io penso proprio che ti ucciderò"
"Allora provaci" ringhiò Genevieve, d'istinto.
Strinse più forte l'elsa della spada che aveva nella mano destra, distanziando i piedi sotto l'ampio abito come le aveva insegnato Peter.
Avrebbe potuto chiamare aiuto, ma non sarebbe servito a nulla.
Era l'unica persona presente nel castello.
E poi sentiva come il bisogno di riuscire a salvarsi da sola da quel prepotente.
Non lo voleva mostrare, ma il fatto che Killian fosse di nuovo con lei e non desse segno dell'amore che aveva decantato nella sua lettera, l'aveva ferita.
Ora era un pirata e tutti sapevano che tipo di persone fossero i pirati.
Perchè?, si chiese, Perchè si è unito a loro?
Henry guardò la spada che Genevieve impugnava con un sopracciglio inarcato.
"Non dovresti giocare con il fuoco" la mise in guardia.
Gli occhi dorati di lei parvero accendersi, acquisendo l'intensità di mille soli.
"E se fossi io il fuoco?"
"Basta!" gridò Killian "Mettete giù le spade!"
"Quindi dovrei lasciarvi saccheggiare il mio castello, casa mia, come se niente fosse?" sbottò Genevieve, lanciandogli uno sguardo arrabbiato.
Se solo non fosse stata innamorata di lui, sarebbe stato tutto molto più facile.
"Henry" continuò Killian, a bassa voce, avvicinandosi all'altro e mettendogli una mano sulla spalla come a tranquillizzarlo "andiamo via. È un piano stupido. La vendetta ti farà stare bene per cinque minuti e poi tutto sarà come prima"
"Mio fratello si è ucciso per colpa di suo padre!" gridò Henry, indicandola con la mano libera "Ma visto che ora il re è finalmente morto, tocca a lei pagare"
"Henry"
Killian incatenò i loro sguardi, il suo particolarmente persuasivo.
Sembrò fosse avvenuta una conversazione muta tra loro, perchè alla fine Henry chinò di poco la testa.
"Sai quanto sia importante per me" mormorò dunque.
Sembrava un ragazzo del tutto diverso, senza più arroganza o sfacciataggine.
Sembrava più umano di quanto lo fosse stato nei cinque minuti precedenti.
"Lo so" disse Killian, con gentilezza "ma non ne vale la pena"
Henry annuì piano.
Killian alzò lo sguardo e incontrò quello di Genevieve, per un solo istante.
"Non dire niente di quello che è appena successo" le disse.
Poi si voltò e si incamminò verso l'uscita, seguito dopo un istante dall'amico.
"Cosa?" mormorò lei, sconvolta "Killian!"
Lui non si voltò.
E questo la fece infuriare.
Come poteva pensare di ripresentarsi dopo un anno di lontananza, con un pirata che aveva intenzione di ucciderla, senza degnarla di una spiegazione?
Dov'era stato?
Cos'era successo?
Perchè era diventato così distante e freddo?
Sembravano perfetti sconosciuti.
"E la lettera allora?" gridò.
Killian si fermò sulla porta, come immobilizzato da qualcuno di superiore.
Lentamente, si voltò.
"L'hai trovata?" disse, in tono indecifrabile.
Genevieve annuì, mentre sentiva gli occhi pungere.
"La lettera è stato un errore" disse lui, dopo un po', con voce fredda quanto una lastra di ghiaccio "non sono più la persona che ero un anno fa"
Genevieve trattenne il fiato.
Ho sempre amato il mare, le aveva detto la notte del suo compleanno, il modo in cui a volte sia gentile e calmo, bagnando dolcemente le coste del mondo. Ma a volte diventa spietato, ha un'incredibile forza distruttiva che può erodere la roccia e buttare giù interi paesi. È indomito, come se nessuno potesse controllarlo.
Quella era l'altra parte di Killian, la parte che come il mare poteva distruggere tutto ciò che lo circondava.
Le sembrava che qualcuno avesse preso il suo cuore e avesse deciso di stritolarlo tra le proprie mani.
"Questo non ti dà il diritto di venire a casa mia per saccheggiarla" disse alla fine.
Doveva reagire e attaccarlo era l'unico modo che le venne in mente.
Era sempre stata fin troppo impulsiva.
"Però ha dato il diritto a tuo padre di cacciarmi dal castello senza darmi uno straccio di spiegazione, non è vero?" ribattè Killian, con gli occhi furenti "E tu dove sei stata in quel momento? Ti avevo rivelato il mio più oscuro segreto e tu non sei nemmeno venuta a salutarmi"
"Mi hanno impedito di venire, Killian! Mi conosci abbastanza per sapere che altrimenti sarei stata con te"
"Ma non c'eri"
Killina serrò la mascella e strinse i pugni.
"Mi sono voltato, mentre le guardie mi trascinavano via di forza. Ho guardato verso il balcone della tua camera, ma non c'era nessuno"
"Che cosa?"
Genevieve andò indietro con la memoria a quel giorno.
Lei era stata lì, sul balcone, con il cuore spezzato.
Ma allora come aveva fatto a non vederla?
All'improvviso realizzò.
Ricordò di aver desiderato di essere invisibile, perchè non voleva che Killian vedesse le sue lacrime.
Il mio potere, pensò.
Ma come poteva spiegarglielo?
Se fossero stati da soli, avrebbe potuto rivelargli la verità su Lucifero, ma c'era anche Henry.
Già la odiava, se avesse detto di essere la figlia del diavolo di sicuro non avrebbe guadagnato punti.
Eppure Henry odiava Malcolm, perchè lo credeva la casua dei problemi economici, quando in realtà era davvero la stessa Genevieve il problema.
No, avrebbe fatto meglio ad aspettare il momento giusto.
Ma sarebbe mai arrivato?
Sembrava che lei e Killian fossero sui due cigli opposti di un burrone e che a dare loro la possibilità di tornare ad essere insieme ci fosse solamente una fune che stava piano piano sgretolandosi.
"Io ero lì" mormorò alla fine lei "anche se non mi hai visto"
"Ah improvvisamente hai la capacità di diventare invisibile?" replicò lui, sarcastico "Un'altra cosa che hai scordato di dirmi oltre al fatto che eri promessa sposa a qualcun altro?"
"Per favore, se solo mi lasciassi spiegare..."
Kilian incrociò le braccia sul petto.
"Forza, ti ascolto" disse.
Genevieve lanciò uno sguardo ad Henry che stava osservando la conversazione con curiosità.
"Preferirei fossimo da soli" disse.
"Io non vado da nessuna parte" ribattè Henry "finalmente mi sto divertendo"
"Tutto ciò che vuoi dire a me, può sentirlo anche lui" assentì Killian.
"Killian" fece lei, guardandolo negli occhi.
Lui sostenne il suo sguardo, che la ferì come una pugnalata in pancia.
C'era così tanta freddezza in quegli occhi solitamente così allegri e aperti che stentò a riconoscerlo.
"Come pensavo" disse alla fine "dovresti affrettarti o arriverai tardi in chiesa"
Si girò e sparì oltre la soglia della porta di servizio.
Lei gli gridò di fermarsi, ma Killian non l'ascoltò.
Henry era sulla soglia, dietro al suo amico, quando si voltò per guardarla un'ultima volta.
"Ora siete pari" disse, con freddezza "come ci si sente ad avere il cuore spezzato?"
Poi scomparve alla vista, finchè non si sentirono più nemmeno i loro passi.
Genevieve barcollò e dovette appoggiarsi alla parete accanto all'armatura per non cadere.
Quando la spada cadde a terra, rimbombò in tutta la grande sala.
Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasta lì, probabilmente non molti minuti, ma le sembrarono un'eternità.
Continuava a sentire nelle orecchie la voce distante di Killian, i suoi occhi freddi e tutto ciò che che le ricordava quanto le cose fossero cambiate.
Aveva il fiato grosso e la vista appannata, probabilmente dalle lacrime.
Aveva un'incredibile voglia di gridare.
Sarebbe cambiato qualcosa se al posto dell'illusione avesse avuto il potere di andare indietro nel tempo?
Forse è stato il fato narrato dai poeti che tanto ami a farci incontrare.
Probabilmente non sarebbe cambiato nulla, perchè se davvero il destino esisteva, allora le cose si sarebbero susseguite allo stesso modo.
Quindi era così?
Era quello il momento in cui la loro storia aveva la parola fine?
Il momento in cui le Parche in cui credevano gli antichi Greci tagliavano il filo della loro vita insieme?
"Finalmente ti ho trovata! Cosa diavolo ci fai qui?"
Peter le corse incontro, con lo zaino di pelle contenente le loro provviste e dei vestiti di cambio in spalla.
La sua voce suonava vagamente irritata, ma quando Genevieve alzò lo sguardo e lui vide la sua espressione, la sua voce si velò di preoccupazione.
"Cos'è successo?" bisbigliò.
"Killian è tornato"

***

Il porto era davanti a Genevieve e Peter, che correvano a perdifiato per arrivare in tempo.
Dopo avergli raccontato dell'incontro con Killian ed Henry, Peter si era arrabbiato come raramente era successo.
Alla fine lei era riuscita a calmarlo, dicendogli che arrabbiarsi non avrebbe portato a nulla.
Perciò avevano deciso di correre al porto – visto che prendere un cavallo sarebbe stato un problema: dove avrebbero potuto lasciarlo? –dove la loro nave sarebbe partita in poco tempo.
Quando finalmente arrivarono, Genevieve aveva il fiatone e il cuore che le batteva all'impazzata nel petto.
Si guardò intorno, alla ricerca della nave dalle vele bianche.
"Oh no" mormorò, quando la individuò.
"Com'è possibile?" fece Peter, seguendo il suo sguardo.
Le vele erano nere.
"I pirati" disse lei "ora appartiene a loro"
"Gen, come facciamo ad arrivare a Londra?"
Lui si voltò a guardarla, riprendendo fiato.
Genevieve prese a pensare furiosamente, ma non aveva idea di cosa fare.
Non potevano perdere tempo.
Sua madre aveva abisogno di lei e quella nave era l'unica occasione per arrivare a Londra.
"Pagheremo il capitano" disse alla fine, in tono sommesso "e ci faremo portare a Londra"
"È un pirata!" ribattè Peter, in tono scettico.
Lei raddrizzò le spalle e alzò il mento.
"Ma è anche un uomo" disse, avanzando "e tutti gli uomni hanno come debolezza l'oro"
Genevieve procedette verso la nave che si stagliava enrome davanti a lei, imponente come il colosso di Rodi.
Salì sulla passerella, seguita da Peter, e si rese conto che sul ponte della nave Henry era di fronte ad un uomo sulla quarantina, con folti capelli rosso fuoco.
"Perciò il giro di sopralluogo è andato completamente a scatafascio" stava dicendo lui.
"Capitano..."
Il capitano Morrison scoppiò a ridere, tenendosi la pancia.
"Come adoro quando usate quel tono con me!" esclamò, rovesciando la testa all'indietro.
Nel farlo, incontrò lo sguardo di Genevieve.
"No, Swift!" disse, in tono fintamente sorpreso "Non l'hai nemmeno fatta fuori? È perchè l'hai vista in abito da sposa e hai avuto pietà? Che diavolo di pirata sei? È tutto il viaggio dalla Scozia che mi preghi di saccheggiare proprio questo castello invece che fare rotta verso l'Irlanda perchè devi assolutamente vendicarti della casa reale e quando ne hai la possibilità, non uccidi la principessa? Sei proprio un rammollito"
Henry arrossì e chinò la testa.
"Non è stata colpa di Henry" disse una voce.
Genevieve fece volare lo sguardo verso il resto dell'equipaggio che stava osservando il colloquio tra i due e vide che Killian si faceva avanti, per affiancare il suo amico.
Le lanciò uno sguardo veloce quanto un alito di vento.
"Alcune guardie erano rimaste a palazzo e ci hanno sorpreso" continuò "così siamo dovuti scappare"
Genevieve trattenne il fiato.
Non era vero, loro se ne erano andati spontaneamente.
Killian stava mentendo per proteggere il suo amico.
Lei si ritrovò a pensare che allora doveva esserci ancora speranza, per forza, perchè i pirati non avevano distrutto tutta l'umanità di Killian.
C'era ancora il ragazzo che lei aveva conosciuto e di cui si era innamorata, dietro quell'armatura di freddezza e distacco.
"Questo perchè siete due incapaci" ribattè Morrison.
Killian serrò la mascella.
"O forse perchè voi non avreste dovuto concepire un piano così stupido"
Il capitano smise completamente di ridere e tornò mortalmente serio, affilando il suo sguardo verde.
"Attento a come parli, orfano" disse in tono glaciale.
Genevieve era convinta di star assistendo a qualcosa di importante, come ad una svolta.
"Qui le cose non andranno a finire bene" bisbigliò Peter al suo orecchio "dovremmo andarcene. Arriverà un'altra nave"
Lei gli fece cenno di tacere, mentre Killian alzava il mento.
"Dico solo la verità" rispose lui.
"Credi di poter essere un capitano migliore, orfano?" lo sfidò.
Un sogghigno che fece rivoltare lo stomaco di Genevieve spuntò sulle labbra dell'uomo.
Credeva che Killian si sarebbe scusato e avrebbe chinato la testa, come un cagnolino obbediente.
Per tutta risposta, lui sguainò la spada e gliela puntò al petto.
Henry fece un passo indietro, guardando l'amico con un cipiglio preoccupato.
"Mi stai sfidando, orfano?" chiese Morrison, sguainando anche la sua arma.
Killian gli fece un sorrisetto.
"Voi cosa dite?"

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