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V. Allineamento astrale

"Mi piace guardarti quando nessuno ti vede, mi piace la persona che sei solo con me"
-Virginia Woolf.

Genevieve fu svegliata da qualcuno che le carezzava la guancia.
Si svegliò, ma rimase con gli occhi chiusi.
Aveva ancora sonno e sentiva che il sole che le si posava sulla pelle diafana non era abbastanza caldo per essere l'ora di pranzo.
Di conseguenza, avrebbe avuto il diritto di dormire ancora un po'.
Si disse che se avesse finto di essere ancora profondamente addormentata, la persona che le aveva carezzato la guancia — perché era successo davvero? Magari se lo era solo sognata — se ne sarebbe andata.
Ma quella insistè.
"Bambina" era la voce dolce di Anne "sai che giorno è oggi?"
Genevieve mugugnò qualcosa.
La balia allora le diede un buffetto sulla guancia, ma vedendo che la principessa non batteva ciglio, prese a farle il solletico al naso.
Genevieve alla fine aprì i suoi occhi dorati e si guardò intorno assonnata.
Il sole entrava dalle finestre dove le tende erano scostate e la sua luce inondava la stanza dorata.
Incrociò lo sguardo di Anne che la guardava sorridendo.
Fin da piccola aveva sempre amato le piccole rughe che c'erano ai lati della bocca di Anne, perché sapeva che erano dovute ad una vita di sorrisi.
Quando era triste, il sorriso della balia sapeva sempre farla stare meglio.
Ricordò di aver pensato che se mai avesse avuto il cuore spezzato, sarebbe andata da lei perché Anne avrebbe saputo come fare a ricucirglielo.
"Buon compleanno, bambina mia" le disse e si sporse in avanti a darle un bacio in fronte.
Genevieve all'improvviso ricordò.
Come aveva potuto dimenticarsene?
Aveva finalmente diciassette anni.
In realtà non si sentiva per nulla diversa, ma non c'era bisogno che anche gli altri lo sapessero — specialmente Peter che continuava a prenderla in giro perché lui aveva un anno più di lei e in autunno sarebbe diventato maggiorenne.
Quando Anne fece per tirarsi indietro, Genevieve la tenne stretta abbracciandola e mettendosi a sedere.
La sentì ridacchiare e rispondere al suo abbraccio, accarezzandole i ricci castani.
"Ti voglio bene, Anne" le bisbigliò all'orecchio.
Non era facile per Genevieve ammettere ad alta voce ciò che provava.
Forse non avrebbe dovuto biasimare poi così tanto suo padre.
Era raro che anche lei dicesse a qualcuno quanto fosse importante.
Peter era stato il primo, tempo fa.
Erano nel loro fortino in riva al mare, sdraiati sulla sabbia fredda per il venticello serale.
Stavano guardando le stelle, dando dei nomi alle costellazioni che pensavano di vedere ma non conoscevano.
"Quello mi sembra uno stivale" aveva commentato Peter.
Genevieve aveva scosso la testa.
"Dove vedi uno stivale?" aveva ribattuto "Quello è assolutamente un unicorno in posizione rampante!"
"Gli unicorni non esistono"
"E allora? È una costellazione, può essere qualsiasi cosa io voglio che sia"
Si era voltata verso di lui, con una mano sotto la guancia.
Peter l'aveva imitata e per qualche istante erano rimasti a guardarsi negli occhi.
Gli occhi di lui erano già scuri anche alla luce del giorno, ma con il favore della notte lo erano ancora di più, così tanto da parere neri.
"I tuoi occhi hanno un bagliore dorato perfino al buio" le disse ad un certo punto.
Genevieve li aveva chiusi istintivamente.
Odiava i suoi occhi, al tempo.
"Non farlo" esclamò Peter.
La sua voce era ancora acuta a quel tempo, non più profonda come sarebbe diventata con il passare degli anni.
"Perché?" domandò lei, obbedendo "Sono orribili"
Peter scosse la testa.
"Sono belli"
"Ti voglio bene"
Le era uscito senza che nemmeno se ne fosse accorta.
Ma non appena aveva detto quelle parole, si era resa conto che le pensava davvero.
Era la prima persona a cui lo diceva, non l'aveva mai detto nemmeno a suo padre.
Peter aveva sorriso.
"Anche io ti voglio bene"
Mentre era immersa in quel ricordo, Genevieve sentì le stesse parole a cui aveva ripensato.
Ma stavolta erano state pronunciate da Anne, che si era staccata da lei e la guardava.
"Sei pronta per il ballo di stasera? Verranno tutti!"
"Shelley mi ha portato il vestito di mia madre. Quello dorato"
La balia fece un sorriso triste.
"Stava d'incanto quell'abito alla regina Leila" mormorò "sono sicura che su di te starà altrettanto bene"
Le scostò un ricciolo che le era ricaduto sul viso.
"Me la ricordi molto"
Genevieve ne dubitava, ma non disse nulla.
"Avete gli stessi occhi" continuo, con un'espressione in viso strana, come se fosse immersa in ricordi dolorosi.
"Non è vero" disse lei "io gli ho d'oro. Nessuno li ha come i miei"
Anne scosse la testa.
"Non il colore, bambina" la corresse "lo sguardo. La stessa determinazione e fierezza. L'acuta intelligenza e un lampo divertito che celate"
Non si era nemmeno resa conto di star sorridendo.
"Mi aiuti con il vestito?" le chiese.
Anne sorrise, annuendo.
Le porse la mano e l'aiutò a scendere dal letto, facendola posizionare poi davanti allo specchio.
L'abito che le fece indossare era rosa pallido, con molte balze sullo strascico.
Le legò infine i capelli in una crocchia sulla nuca, dicendo che aveva in mente per quella sera un'acconciatura magnifica.
Genevieve non ne dubitava.
Anne alla fine la lasciò, dicendo che avrebbe dovuto andare ad aiutare la cuoca.
"C'è la cioccolata calda a colazione" le disse sulla porta, prima di uscire.
"Davvero?" Genevieve sorrise "Anche se è estate?"
"So quanto ti piace e oggi è un giorno speciale"
La principessa le lanciò un ultimo sorriso e poi si voltò a guardarsi all specchio.
Si portò una mano al ciondolo a forma di chiave e lo strinse.
"Vorrei fossi qui" disse, fissando l'altra se stessa.
Guardò intensamente lo specchio, come per vedere l'immagine di sua madre almeno per una frazione di secondo.
Ma non successe nulla.
Lasciò cadere la mano e decise di scendere a colazione.
Quando aprì la porta, sobbalzò.
"Un uccellino mi ha detto che è il tuo compleanno oggi"
Killian era appoggiato alla parete dall'altra parte del corridoio e le sorrideva.
"Quell'uccellino si chiama Peter?" domandò lei, sentendo il suo cuore battere all'impazzata.
Killian era andato da lei, di prima mattina, solo per augurarle buon compleanno.
"Anne" la corresse lui.
Poi si staccò dal muro e le si avvicinò.
Con un sorriso, si inchinò e le fece un baciamano perfetto.
"Buon compleanno" disse a bassa voce.
Quando si alzò, Genevieve trattenne il fiato perchè erano incredibilmente vicini, con solamente pochi centimetri a separarli.
"Grazie" sussurrò lei.
Riusciva a sentire il delicato fiato di lui che le solleticava il viso.
Le mani cominciavano a pruderle e si rese conto che aveva un'incredibile voglia di passarle tra i ricci scuri di Killian.
"Ho qualcosa per te"
Il ragazzo interruppe bruscamente il loro contatto visivo, lasciando Gnevevieve a sbattere le palpebre come se si fosse risvegliata da un sogno.
Sei una principessa, si disse, mantieni il tuo contegno! Non sei mica Heather.
"Cosa?" chiese dunque.
Killian sorrise.
"Il tuo regalo di compleanno ovviamente"
In quel momento Genevieve si rese conto che per tutto il tempo lui aveva tenuto una mano dietro la schiena come se nascondesse qualcosa.
Infatti la tolse e le porse ciò che aveva celato.
Lei inarcò un sopracciglio, con un mezzo sorriso, e prese la scatola dorata che lui le porgeva.
C'era un fiocco bianco su di essa che, su incitazione di Killian, sfilò.
Quando tolse il coperchio della scatola, le sfuggì un verso sorpreso.
"Oh" esalò, prendendo tra le mani il disegno "santo cielo, è veramente..."
Si interruppe e lo guardò sorridendo.
Era come se fosse stata ipnotizzata da ciò che stava guardando.
Su quel foglio di carta c'era lei, disegnata a matita da una mano che rivelava attenzione e cura.
Genevieve era sul balcone fuori dalla sua camera, che Killian doveva aver studiato durante una delle loro passeggiate lungo la spiaggia perchè era ricreato alla perfezione, ed era ritratta dal busto in su: aveva tra le mani un libro aperto, però il suo sguardo dorato era perso lungo l'orizzonte.
Le sue labbra delicate erano atteggiate ad un dolce sorriso e un leggero venticello le muoveva i ricci castani che erano lasicati sciolti sulle spalle.
Sembrava il ritratto della felicità.
"Ti piace?" chiese Killian.
Per la prima volta la sua voce sembrava esitante, quasi timida.
Genevieve alzò lo sguardo e incontrò quello azzurro di lui.
Killian si accigliò.
"Stai piangendo" disse.
Lei si rese conto non fosse una domanda e, quando si portò una mano alla guancia, la trovò bagnata.
"È perchè non ti piace?" continuò lui e sembrava un po' deluso "Se vuoi posso provare a..."
Genevieve non aveva parole per descrivere ciò che provava vedendo il suo ritratto, la delicatezza che non poteva starsi immaginando nella curva del suo collo e il particolare sulla costa del libro che rivelava il suo titolo, ovvero Orgoglio e Pregiudizio – il grande segreto che gli aveva rivelato.
Sapeva solo che non voleva che lui pensasse non le piacesse e quindi decise di agire, come se per un momento avesse staccato il cervello.
Si sporse in avanti e lo abbracciò, stringendolo a sè.
Il suo profumo le pervase le narici: sapeva di mare come la prima volta che si erano incontrati.
Fu la volta di Killian di emettere un verso sorpreso, ma dopo un istante ricambiò l'abbraccio.
"Lo prendo come un sì?" mormorò.
Genevieve si ritrovò a sorridere.
Ma fu quando le venne istintivo posargli una mano sulla nuca, dove i capelli neri gli si arricciavano di più, che si rese conto di cosa stava facendo.
Oddio, pensò, cosa mi è saltato in mente?
Si allontanò di scatto, con le guance arrossate per l'imbarazzo e fu un vero miracolo se riuscì a guardarlo ancora negli occhi.
"Mi dispiace tanto" balbettò "io... non so perchè l'ho fatto. Non avrei dovuto, lo so, non sono di certo cose che si addicono ad una signorina per bene e-"
Si interruppe quando si rese conto che Killian stava trattenendosi per scoppiare a ridere.
"Che c'è?" si accigliò "Comunque avresti potuto non ricambiare l'abbraccio"
Stavolta lui rise per davvero, posandole una mano sul braccio.
"Ehi va tutto bene" le disse poi, quando anche lei aveva senza volere gli angoli della bocca alzati "non c'è nessun problema"
Poi si rese conto di starla ancora toccando e ritrasse la mano, schiarendosi la gola.
"Non... non ci ha visto nessuno" concluse infine, con un sorriso incerto.
Genevieve ebbe l'istinto di abbracciarlo di nuovo, ma questa volta si guardò bene dal farlo.
Per distrarsi, prese la scatola che nel trambusto aveva lasciato cadere e vi ripose con cura il ritratto.
"Te ne sono grata" disse "hai un talento naturale. Vorrei essere brava come te"
"Quindi ti piace"
Killian sembrava sollevato.
Lei gli fece un sorrisetto.
"Puoi contarci" rispose.

***

Genevieve si lisciò nervosamente le pieghe dell'abito dorato che un tempo era appartenuto a sua madre.
Le due guardie poste ai lati della grossa porta che dava sulla sala da ballo non la guardavano, ma sapeva che se avessero potuto le avrebbero detto di fare la sua entrata.
Avevano infatti il compito di aprire le porte e annunciarla agli invitati che già da un po' di minuti erano arrivati.
Re Malcolm aveva insistito perché fosse lui l'unico della famiglia reale ad accoglierli, differentemente dagli altri anni, dicendo che Genevieve meritava di fare un'entrata trionfale quando tutti fossero stati ad attenderla.
In realtà, aveva detto, un'entrata del genere si fa quando si diventa maggiorenni, ma lui voleva che ne facesse una completamente da sola, visto che l'anno dopo sarebbe stata accompagnata dal suo promesso sposo.
Il fatto che non avesse nominato Spencer Moore come promesso sposo le aveva dato un po' di speranza, ma Genevieve non osava illudersi.
Comunque, da topo di biblioteca che era, preferiva di gran lunga la consuetudine degli anni precedenti: per lo meno, se ne stava accanto al padre, sorridendo e ringraziando gli ospiti per essere venuti.
Non che fossero più di tanti, in realtà.
Si trattava per lo più della nobiltà dell'isola e delle piccole isole intorno, quelli che arrivavano più da lontani erano alcuni Laird scozzesi con cui gli Adler erano alleati da generazioni.
Suo padre aveva mantenuto queste alleanze e ne aveva create di nuove, come con la defunta famiglia di Peter.
Peter, pensò, che per tutto il giorno non si era fatto vedere da nessuna parte.
Di solito passavano il giorno del compleanno di Genevieve o quello di lui stesso insieme, ma quella volta lo aveva visto solamente a colazione, dove l'aveva abbracciata e le aveva augurato buon compleanno, ma poi era sparito di tutta fretta dal castello e nessuno aveva più avuto sue notizie.
Sentì la guardia pestare un piede per terra, come se fosse un movimento casuale, ma Genevieve non perse il fatto che le avesse lanciato un'occhiata.
"Datemi cinque minuti, per favore" disse quindi, facendo un sorriso gentile.
Lo sguardo le cadde sull'anulare destro, dove c'era l'anello che re Malcolm le aveva regalato quella mattina.
"È l'anello di famiglia" aveva detto, con una nota di malinconia nella voce "l'avevo dato a tua madre quando l'avevo chiesta in sposa. Ora è tuo"
Glielo aveva messo al dito e, colpito dalla luce, l'anello era parso ammiccare.
Era una semplice striscia di metallo, con incisi due cigni ai lati, il simbolo della famiglia Adler.
"Per ricordarti sempre chi è la tua famiglia" aveva aggiunto, quasi in tono sepolcrale "qualunque cosa accada"
Genevieve era rimasta colpita dalla scelta delle parole.
Sembrava... non sapeva bene cosa, ma era come se Malcolm volesse darle una rassicurazione.
Come se un giorno avrebbe dubitato della sua famiglia.
Che assurdità, aveva pensato, ma si era limitata a ringraziare il padre.
"Principessa?" la guardia che sembrava più irritata si voltò verso di lei, in attesa.
Genevieve fece per muovere un passo in avanti, decisa a fare la sua entrata il più in fretta possibile, quando una voce la fermò.
"Aspetta!" Peter la raggiunse.
Aveva il viso arrossato come se avesse corso, i capelli biondi e i vestiti un po' bagnati come se avesse fatto il bagno vestito.
"Come hai fatto a conciarti così?" chiese Genevieve, meno brusca di quanto avrebbe voluto.
Peter scrollò le spalle.
"Sono caduto" spiegò "ma ne è valsa la pena"
Le porse un fiore che non aveva mai visto prima: era bianco, quasi madreperlaceo, con petali abbastanza lunghi che si allargavano intorno ad alcuni semini centrali che erano blu.
"È bellissimo" sussurrò lei "è questo che hai fatto tutto il giorno?"
Improvvisamente non era per niente arrabbiata, al contrario.
Lui annuì.
"Si chiama falce di luna" disse "perché sboccia solamente quando la luna è in un certo punto della volta celeste. Secondo alcuni libri che ho trovato in biblioteca, sarebbe spuntato per la prima volta da dieci anni proprio ieri notte, quando la luna sarebbe stata allineata con Saturno"
La guardò con gli occhi socchiusi.
Le prese il fiore dalle mani e glielo infilò sopra l'orecchio, tra la treccia di capelli che fungeva da corona fatta da Anne.
"Mi ci è voluto tutto il giorno per trovarlo" continuò, sorridendo quando appurò che l'accessorio sortiva l'effetto che voleva "e alla fine si nascondeva su quella rientranza sopra la spiaggia. Aveva delle radici davvero profonde, così nel reciderle mi sono sbilanciato e sono finito sul bagnasciuga, ovviamente nel momento in cui l'onda fendeva la spiaggia"
"Ma sei riuscito a salvarlo" fece Genevieve, con un sorriso "grazie"
Si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia.
"Vieni con me?" gli chiese, porgendogli la mano.
Peter sorrise, ma era arrossito.
"È la tua entrata trionfale" disse e sogghignò, sapendo che Genevieve stava facendo di tutto per non entrare nella sala da sola "e poi devo cambiarmi. Sarò da te in un batter d'occhio"
Genevieve sospirò, ma si voltò verso le guardie.
"Sono pronta" annunciò.
Loro le fecero un breve inchino e poi aprirono le porte.
La sala ammutolì all'istante quando le guardie batterono le punte delle loro lance a terra.
"La principessa Genevieve Adler" dissero.
Genevieve si fermò sulla soglia della porta e fece volare lo sguardo sugli invitati.
C'erano signore che prima erano sedute sui divanetti ai lati della sala che ora si erano alzate, signori che stavano parlando di politica che le avevano imitate.
Tutti avevano sollevato il loro calice di champagne, in onore di Genevieve.
Lei sorrise come le era stato insgenato, in modo amabile e gentile.
Suo padre era in prima fila e la guardava sorridendo.
Eppure le sembrò di scorgere un velo di malinconia, proprio come quella mattina.
E accanto a lui... Genevieve trattenne bruscamente il fiato.
Killian era bellissimo in abito da sera, con la camicia inamidata e la giacca scura che faceva risaltare l'azzurro dei suoi occhi.
Ricambiò il suo sguardo, e notò che aveva sgranato gli occhi e la stava guardando da capo a piedi.
Poi il suo volto si aprì in un leggero sorriso.
Re Malcolm si fece avanti a porse il braccio alla figlia, portandola a ringraziare tutti gli invitati che nel frattempo avevano ricominciato a chiacchierare tra loro.
In realtà sarebbe dovuto essere il contrario, ma l'uomo aveva sempre insistito perchè fosse lui ad andare dagli invitati, essendo il padrone di casa.
"Ti piace la festa?" le domandò, dopo che il laird del clan Mackenzie e sua moglie tornarono da alcuni loro amici.
"È bellissima, papà" rispose Genevieve "ti ringrazio"
"Quando ti ho vista entrare mi è sembrato di vedere tua madre"
"Vorrei che fosse qui"
Re Malcolm la guardò con i suoi occhi chiari e aveva uno sguardo indecifrabile.
"Un giorno, forse..." lasciò la frase in sospeso "vado a dire all'orchestra di aprire le danze. Penso che Peter voglia avere il primo ballo con te"
"E tu?"
"Io sono troppo vecchio per i balli"
Genevieve lo vide allontanarsi, chiedendosi cosa intendesse dicendo "Un giorno, forse...".
La regina Leila era morta, non c'era la possibilità di sperare in un ritorno.
Era impossibile.
"Ecco la festeggiata" Peter la raggiunse, con i capelli asciutti e abiti puliti.
Sicuramente faceva la sua figura in abito da sera, proprio come Killian.
Per un istante si chiese cosa vedessero le ragazze più giovani invitate alla festa: un'attraente giovane uomo ancora scapolo su cui mettere gli occhi, l'affascinante figlioccio del re.
Ma Genevieve vedeva solo il suo migliore amico.
"Mio padre è strano" disse lei, continuando ad osservare l'uomo che parlava con il maestro d'orchestra "continua a guardarmi con uno sguardo malinconico. Come se stesse per succedere qualcosa di brutto"
Il sorriso morì sulle labbra dell'amico, che seguì lo sguardo di lei e aggrottò la fronte.
"A me è sembrato normale a colazione" disse "magari è solo stanco per aver organizztao il ballo"
Genevieve sospirò, ma annuì.
"Avrai ragione tu" si voltò a guardarlo e gli fece un sorriso "il fiore è abbinato all'abito, nemmeno a farlo apposta"
Peter ricambiò il sorriso.
"Parlando di balli" disse "che ne dici se..."
"Genevieve!" esclamò Killian "Mi avevi promesso un ballo, giusto?"
Genevieve stava per replicare che non gli aveva mai promesso un bel niente quando lui le prese la mano e la trascinò via, chiedendo scusa a Peter se gliela rubava per qualche minuto.
Lei perciò fu costretta a seguirlo al centro della pista e si rese conto che l'orchestra aveva inizato a suonare.
Le dolci note dei violini si scandivano nel Bel Danubio Blu di Strauss.
"Non ti ho mai promesso un ballo, Killian" disse Genevieve, inarcando un sopracciglio.
Killian le fece un sorriso affascinante, mentre le mettava la mano destra sul fianco e lei la sinistra sulla sua spalla.
"Davvero?" replicò "Devo essermelo sognato"
Genevieve rise.
Era così che si era sentita Elizabeth Bennet quando aveva ballato con il signor Darcy? Oppure Emma Woodhouse con George Knightley?
Killian ballava splendidamente, come se fosse quello per cui era nato.
Le sue mani erano leggere sul corpo di lei e la guidava con delicatezza, facendola girare per la grande sala.
"Sei bellissima, principessa" le disse.
Genevieve era ipnotizzata da quello sguardo azzurro che era incatenato al suo dorato.
Era come se l'intera sala da ballo fosse scomparsa e ci fossero stati solamente loro due, come se fossero stati gli unici esseri umani rimasti sulla terra.
Lo stomaco di Genevieve si esibì in una capriola degna di un equilibrista.
"Killian?" disse, solo per il piacere di dire il suo nome ad alta voce.
"Sì?" la voce di lui era bassa.
Era come se un istinto a cui non sapeva dare nome si fosse impossessato di lei, come quella mattina quando l'aveva abbracciato.
Ma ora voleva di più.
Gli posò la mano che prima era posata sulla spalla sulla sua guancia, come la prima volta in cui si erano visti.
Aveva sentito di essere legata a quel misterioso ragazzo fin da subito, come se loro due fossero degli archetipi che si ripetevano fin dalla notte dei tempi.
Sembrava che nella distanza che separava i loro giovani corpi fosse in corso una tempesta di elettricità.
L'aria pareva vibrare.
"Io..." iniziò, ma si interruppe.
Io cosa? Cosa gli avrebbe detto?
Si interruppe quando si rese conto che la musica si era fermata e tutte le coppie si stavano facendo l'inchino a vicenda.
Improvvisamente, Genevieve ritornò con i piedi per terra e arrossì.
Fece un passo indietro, lasciandogli la mano e inchinandosi un po' goffamente.
Anche Killian, che si era a sua volta inchinato, sembrava essere appena risvegliato da un sogno.
Cos'era stata sul punto di fare?
Non riuscì ad interrogarsi più a lungo, perchè Peter raggiunse i due.
Rivolse a Killian un sorriso gelido.
"Penso che questa volta sarò io a rubartela per un ballo" disse.
A differenza dell'altro, le porse la mano e aspettò che lei la prendesse.
Killian non replicò nemmeno, ancora con quella strana aria.
Genevieve si lasciò portare dall'altra parte della sala, mentre i musicisti cominciavano a suonare di nuovo.
Ballò con Peter, ma era come se non fosse realmente lì.
Lui le stava dicendo qualcosa, forse su Heather che voleva che lui la invitasse a ballare ma ballando con Genevieve aveva trovato una scusa per non farlo – anche perchè per natura non sapeva proprio dire di no –, ma la principessa si limitava a fingere di ascoltare.
Sentiva la mancanza di Killian come un male fisico, ma non riusciva a capire perchè.
Era qualcosa che non aveva mai provato prima.
Quando alla fine terminò anche quel ballo, Genevieve disse che andava a riposarsi per un po', approfittando del fatto che il figlio di un duca si era messo a parlare con Peter.
Si sedette sul primo divano che trovò libero e rimase ad osservare le altre coppie che ballavano.
Era questo il lusso a cui si era rferito quel ragazzo al mercato?
Gli abiti costosi, le bottiglie di campagne e una grande casa?
Come poteva il suo popolo pensare che gli Adler pensassero più a queste schioccezze che ai loro sudditi?
Vedeva la felicità riflessa negli occhi delle mogli strette tra braccia forti mentre guardavano i loro mariti, quell'amore che viene decantato nei libri che lei tanto amava.
Genevieve avrebbe mai guardato qualcuno così?
Ma soprattutto, qualcuno l'avrebbe mai guardata così?
All'improvviso, Killian comparve accanto a lei.
Le sembrò di aver ripreso a respirare.
"Non dirmi che sia io che Peter siamo stati così dei pessimi ballerini che hai già perso tutta la voglia di danzare il giorno del tuo compleanno" le disse.
Lei rise.
"Siete bravissimi entrambi" disse.
Poi si mordicchiò il labbro, indecisa se fosse il caso di dire ad alta voce quello che stava pensando.
Lui inarcò un sopracciglio.
"Cosa c'è?" chiese.
"Vieni con me" Genevieve si voltò e incatenò i loro sguardi.
"Dove?"
"Fuori di qui"
"Sei la festeggiata, non pensi che tuo padre noterà la tua assenza?"
Genevieve si alzò in piedi e lo guardò dall'alto.
"Fra poco qui tutti alzeranno fin troppo il gomito e nessuno saprà più chi avrà davanti, quindi nessuno si preoccuperà di me" spiegò, poi scrollò le spalle "in più non sarebbe la prima volta che vado via prima, penseranno che mi sia rintanata a leggere da qualche parte, magari con Peter"
"Viene con noi?"
Lei si voltò e vide che Peter stava ancora parlando con l'amico di prima.
"Non vorrei disturbarlo" disse, ma non era la verità.
La verità era che voleva stare da sola con Killian.
Doveva capire perchè il suo corpo reagisse come una molla quando lui era nelle vicinanze e, forse sotto sotto, voleva sapere se anche per Killian fosse la stessa cosa.
Killian fece un sorriso mesto.
Si alzò e le tese la mano.
"D'accordo" acconsentì "dove mi porti, principessa?"
Genevieve sorrise mentre prendeva la sua mano e intrecciava le dita con le sue.
"In un posto che non dimenticherai"

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