III. Nostalgia
"È uno strano dolore... morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai"
-Alessandro Baricco.
La luce del sole al massimo della sua ascesa entrava nella stanza, illuminandola completamente.
Quando Genevieve scostò la porta di legno nella maniera più silenziosa possibile, si fermò per un istante a contemplare la visione che aveva davanti.
Killian aveva gli occhi chiusi e il sole gli illuminava il viso, rendendolo dorato.
Lei fece un passo in avanti, incerta, e si rese conto di ciò che prima non aveva notato.
Il volto del ragazzo era davvero bellissimo.
La linea della mascella marcata ma che nonostante tutto aveva un che di armonioso con gli altri lineamenti eleganti del viso, come le lunghe ciglia scure che proiettavano una leggera ombra sugli zigomi alti.
I capelli scuri gli si erano arricciati intorno al viso, come la cornice di un quadro.
Aveva ancora una leggera traccia di rosso sulla guancia, dove Genevieve gli aveva posato la mano.
"Vi ringrazio per essere venuta"
Lei sussultò quando Killian parlò e temette di essere anche arrossita.
"Credevate stessi dormendo?" le chiese, con un leggero sorriso, aprendo finalmente gli occhi azzurri.
"Il dottor Jones mi aveva detto foste sveglio" rispose "ma devo ammettere che mi avete dato quell'impressione"
"Mi scuso" replicò lui "nell'attesa non sapevo cosa fare"
Rimasero ad osservarsi, in attesa.
Poi Genevieve ricordò le buone maniere.
"Avete sete?" chiese.
Killian annuì.
Lei allora si diresse verso il tavolo poco distante dal letto e, dopo aver preso la brocca di ceramica, versò un po' d'acqua nel bicchiere.
"Riuscite da solo?" domandò, una volta ritornata accanto a lui.
"Grazie al cielo sì" rispose Killian, prendendole il bicchiere dalle mani.
Socchiuse gli occhi quando si portò l'oggetto alle labbra e bevve piano.
"Vi fa male la ferita?" si interessò lei "Il dottor Jones ha detto che il taglio non è profondo come gli era parso all'inizio"
"E come era parso a voi, a quanto mi ha detto"
La soppesò con lo sguardo, senza rispondere alla domanda.
Genevieve rimase incatata da quegli occhi che la scrutavano come se potessero leggerle dentro.
Era come se vedessero attraverso di lei, direttamente nella sua anima.
Come qualcuno che impara a conoscere una persona già dal primo sguardo, che tipo di persona sia e se sia affidabile.
"Il dottore mi ha detto che siete stata voi a trovarmi" disse alla fine "vi ricordo a tratti, in realtà. Devo essere svenuto più volte mentre cercavate di salvarmi. Ricordo che mi avete chiesto il nome, ma io non conosco il vostro"
"Genevieve Adler" disse.
Killian drizzò a sedersi, facedo scivolare il copriletto alla vita.
"Siete la principessa Genevieve?" ripetè, sconvolto "La principessa delle Isole Shetland? È qui che sono, dunque?"
Lei annuì.
"Va tutto bene?" chiese, un po' preoccupata "Siete diventato pallido"
Lui si lasciò ricedere sui cuscini, con lo sguardo puntato verso il cielo azzurro oltre la finestra.
"Credevo di essere ancora in Scozia" ammise, a bassa voce.
Genevieve esitò un istante, chiedendosi se avrebbe interpretato il gesto che stava per compiere come sfacciato.
Alla fine, si sedette sul bordo del letto.
"Ricordate come siete arrivato qui?" chiese con gentilezza.
Killian, forse involontariamente, strinse i pugni intorno al lenzuolo.
"C'è stata una tempesta" raccontò "ero partito da Aberdeen per arrivare ad Edinburgo, ma i venti devono avermi portato nella direzione completamente opposta. Non ricordo nient'altro, perchè devo essere svenuto"
"Per fortuna ora state bene"
Killian esitò un istante, come se temesse ciò che stava per dire.
"Quando mi avete trovato" disse infine "ero da solo?"
Genevieve aggrottò la fronte.
"Eravate solo voi" ammise "le guardie hanno perlustrato la spiaggia, ma non hanno trovato anima viva. Santo cielo, volete dirmi che non eravate solo su quella barca?"
Lui non rispose.
"Pover'uomo" mormorò solo "voleva solo aiutare, darmi un passaggio. Non si meritava quella fine"
Lei lo osservò: c'era qualcosa nello sguardo di lui, il modo in cui fuggiva quello della principessa, che le faceva pensare non fosse tutta la verità quella che le aveva raccontato.
All'improvviso, un pensiero comparve nella mente di Genevieve.
"La vostra famiglia sarà in ansia per voi" esclamò "dobbiamo far sapere loro che state bene, Killian"
Poi si rese conto di averlo chiamato per nome e arrossì.
"Ehm signor...?" si corresse.
Killian la guardò e i suoi occhi parvero non avere nemmeno un briciolo di vita.
"Io non ho un cognome, principessa" rispose.
Genevieve fece per ribattere che era impossibile, quando la porta della camera venne spalancata.
Anne si precipitò all'interno e guardò la ragazza con rimprovero.
"Bambina, non lo starai assilando con mille domande, vero?" disse "Il signore è convalescente! Il dottore ha detto che deve riposare"
Genevieve sospirò.
Distolse a fatica lo sguardo dagli ipnotici occhi del ragazzo e si rivolse alla balia.
"Scommetto che questo te l'ha detto Peter" replicò "perchè è stato il dottor Jones a dirmi che il signore chiedeva di me"
"Ma si è comunque appena risvegliato da un'esperienza terribile! Quindi ora dobbiamo lasciarlo riposare, chiaro?"
"Sto bene, davvero" tentò Killian, sorridendo "non mi fa quasi più male il taglio"
"Oh non fate il modesto, signore. Avete la possibilità di venire viziato e così sarà. Forza, bambina, via di qui!"
Genevieve si lisciò le gonne ancora bagnate e guardò un'ultima volta Killian.
"Grazie per avermi salvato" fece lui.
"Non c'è di che"
Si diresse verso la porta, ma all'ultimo lui la richiamò.
"Sono contento che non piangiate più ora" disse.
Genevieve si chiuse la porta alle spalle con un sorriso dipinto in volto.
***
"Alzate le braccia, per favore"
Genevieve obbedì, lanciando un'occhiata alla porta della sua camera.
Perchè non arrivava qualcuno a dirle che c'era bisogno di lei?
Le sarebbe andato bene perfino dover andare a studiare come Pitagora arrivò al suo teorema.
Invece la porta rimaneva eternamente chiusa e lei bloccata a provare decine di abiti per il ballo del suo compleanno.
"Ora vi stringo il corsetto" la informò Heather, andandole dietro.
"Non è già abbastanza stretto?" provò Genevieve, con un sorriso tirato.
"Sciocchezze, principessa. È davvero troppo largo, fidatevi di me"
Con forza, tirò i lacci del corsetto – che in realtà era il retro del vestito – e Genevieve si ritrovò senza fiato.
"Ora la principessa non respira!" esclamò l'altra domestica, Shelley.
Scansò Heather e slacciò i nastri rossi dell'abito.
"Oh grazie" mormorò Genevieve "sentite, apprezzo davvero il tempo che mi dedicate ma si tratta solo di un compleanno. Questo abito è splendido, non c'è bisogno di provarne altri"
In effetti non mentiva.
L'abito non aveva le spalline, perciò le avvolgeva il corpo con una scollatura a cuore, cadendo ampio in tulle.
"Ah" fece Heather guardando con nostalgia davvero poco malcelata almeno un'altra mezza dozzina di abiti che si trovavano nell'armadio "siete sicura di non voler provare a vedere come vi stia quell'abito rosso fuoco? Non nego che il rosso corallo vi stia benissimo, ma penso che quello fuoco faccia risaltare le ciocche vermiglie dei vostri capelli"
"In realtà c'è un abito che penso vi piacerà davvero molto, principessa" fece Shelley, con la fronte aggrottata "ricordo che da ragazza lo vidi su vostra madre, al vostro primo compleanno"
A differenza di Heather, che aveva la stessa età di Genevieve ed era stata assunta solo pochi mesi prima, Shelley andava per la quarantina.
Un tempo, era stata la dama di compagnia della regina Leila e per questo la principessa sapeva che non mentiva quando diceva di avere un abito adatto.
E se era appartenuto a sua madre, tanto meglio.
Le sarebbe stata più vicina.
"Mi piacerebbe molto provarlo, Shelley"
"Torno dubito"
Heather si rabbuiò, probabilmente irritata dal fatto che Genevieve avesse preferito la proposta dell'altra, che nel frattempo era andata via.
"Come funziona ai balli, principessa?" domandò, mentre l'aiutava a togliersi l'abito rosso.
Chissà perchè, ma si aspettava proprio quella domanda, pensò Genevieve.
"Voi domestiche, una volta preparato tutto, potrete partecipare come invitate ufficiali" rispose, con un sorriso.
Gli occhi verdi di Heather si illuminarono.
"Ma è una splendida notizia!" esclamò "Quindi potremo ballare con gli ospiti, giusto?"
L'altra si trattenne per non scoppiare a ridere.
"C'è per caso qualche ragazzo che ha attirato la tua attenzione?" buttò lì.
La domestica sospirò con enfasi.
"Oh principessa" mormorò "non trovate anche voi che il signor Smith sia il ragazzo più bello che abbiate mai visto? So di ardire troppo pensando che lui potrebbe mai notare una come me, visto che poi lui..."
"Sei una splendida ragazza, Heather" la interruppe.
E Genevieve ci credeva davvero.
Certo, a volte era un po' insolente e petulante, ma non si poteva negare avesse un buon cuore.
In più i suoi lisci capelli biondi e gli occhi verde smeraldo erano davvero attraenti.
"E a Peter non importa il grado sociale delle persone, posso assicurartelo, se è questo che ti preoccupa" continuò.
Heather sembrò tornare alla realtà, perchè fissò dritto negli occhi la principessa.
"Non è questo il mio pensiero" disse, aggrottando la fronte "Oh cielo, non l'avete ancora capito? So che non mi guarderebbe mai come invece guarda- Ma è stupendo!"
La domestica si portò le mani a coprirle la bocca, con un sospiro estasiato.
Shelley era rientrata nella camera da letto e aveva con sè l'abito più bello che Genevieve avesse mai visto.
Era fatto di seta dorata, con una gonna non troppo ampia che si allargava a partire dalla vita, cinta da un nastro.
Il corpetto era sempre dorato, mentre le spalline un po' più spesse del normale erano in velluto e di una tonalità più chiara rispetto all'oro della gonna, dello stesso colore del nastro.
"Si intona al colore dei vostri occhi" disse Shelley, con gli occhi lucidi "vostra madre lo mise perchè diceva che la faceva sentire vicina a voi. Il colore dei vostri occhi non era abituale, così lei lo indossò per voi"
"Io..." le parole morirono nella gola di Genevieve.
Le venne un'incredibile voglia di piangere.
"Provatelo!" esclamò Heather.
La sua voce squillante la riscosse abbastanza da farla annuire.
Si fece aiutare dalle due e alla fine si ritrovò davanti allo specchio alto, dove la sua figura snella era riflessa.
L'abito le calzava a pennello.
"Sembrate vostra madre" disse Shelley "tranne per gli occhi. Per il resto, siete tale e quale"
Genevieve ricambiò il proprio sguardo allo specchio e si accorse di star stringendo in mano il ciondolo a forma di chiave.
Cercò di ricordare il sorriso di sua madre, ma non ci riuscì.
***
"Non pensavo che avrei trovato qualcuno qui"
Genevieve alzò lo sguardo e smise di spazzolare il manto candido di Artemis.
"Nemmeno gli stallieri?" replicò, con un sorrisetto.
"L'ora di pranzo dei signori è finita da un bel po' e quindi è il loro turno" ribattè Killian "dovranno pur mangiare anche loro"
Lei inclinò la testa di lato e lo osservò.
Il suo viso aveva un'espressione quasi... colpevole.
Sospirò.
"Vi prego" disse "non ditemi che siete venuto qui per scappare con uno dei nostri cavalli"
Killian si lasciò andare ad un sospiro e si sedette con la schiena appoggiata alla stalla.
Genevieve esitò un solo istante e poi lo affiancò.
"Non sarebbe stato molto pratico" disse poi francamente "visto che siamo su un'isola"
"Il pensiero mi ha sfiorato, lo ammetto" rispose lui "ma poi la vostra ragionevole affermazione è giunta anche a me, facendomi desistere dal mio proposito. Perciò ero solo veuto qui per vedere i cavalli"
Genevieve si mordicchiò il labbro, rimuginando.
Non sapeva nulla di quel misterioso ragazzo che aveva trovato svenuto sulla spiaggia solamente quella mattina, sarebbe potuto benissimo essere un delinquente oppure un ricco eriditiero che era scappato via da un matrimonio che non voleva.
Eppure, anche se non sapeva spiegarselo, si sentiva legata a lui.
Come... come se lo conoscesse da molto più tempo di quanto non fosse in realtà.
E il fatto che lo avesse sognato per mesi senza averlo già conosciuto le faceva venire ancor più domande.
"Perchè?" chiese poi, all'improvviso.
"Perchè cosa?" ripetè Killian, aggrottando la fronte.
Genevieve si voltò a guardarlo.
"Perchè volevate scappare" spiegò "vi abbiamo accolto a palazzo"
Lui distolse lo sguardo e lo posò sull'orizzonte.
"E ve ne sono immensamente grato, davvero" disse.
"Non avete risposto alla mia domanda"
"Non ho mai conosciuto una ragazza diretta quanto voi, sapete?"
Lei rimase stranamente in silenzio, perchè non aveva idea di come prendere quella frase.
Era un complimento?
"D'accordo, allora sarò ancora più diretta" si alzò in piedi e mise le mani sui fianchi, con aria autoritaria proprio come faceva Anne quando da piccola doveva obbligarla a fare il bagno "facciamo uno scambio: io vi rivelo il mio segreto e voi il vostro"
Killian alzò un angolo della bocca all'in su, osservandola con vivo interesse.
"D'accordo" disse infine.
Si alzò e le si piazzò di fronte.
"Prego" disse lei.
"Non dovrebbero parlare prima le signore?"
Genevieve fece un sorriso angelico.
"Insisto"
Lui sospirò.
"Non ho mai avuto una casa" raccontò.
Senza che Genevieve se ne fosse accorta, avevano cominciato a camminare lungo la spiaggia.
Il mare era poco distante da loro e sembrava essere in ascolto.
"Sono passato da orfanotrofio in orfanotrofio da che ne ho memoria" continuò "ho imparato a non affezionarmi a nessun posto perchè sapevo che prima o poi me ne sarei andato. Nel corso del tempo ho capito che avrei sofferto di meno se fossi stato io qello che sceglieva di andarsene invece che quello che veniva sbattuto alla porta. È un riflesso incondizionato che ho, in qualunque momento"
"Pensavate che vi sareste affezionato a questo posto?"
"Lo penso di ogni posto"
Genevieve lo osservò, in cerca di tristezza nel suo viso o nella sua voce, ma non ne trovò.
"È per questo che non avete un cognome, vero?" chiese a bassa voce.
Temeva di fare la domanda sbagliata, lei che da sempre diceva quello che pensava senza avere riguardo per le conseguenze.
"All'orfanotrofio non hanno mai fatto in tempo a darmene uno" disse, senza guardarla "mi cacciavano prima"
"Ma come potevano farlo? Eravate solo un bambino!"
"Nel mondo c'è tanta crudeltà, principessa"
Genevieve avrebbe voluto ribattere che lo sapeva, ma non era vero.
Non aveva mai sperimentato la crudeltà del mondo sulla sua stessa pelle e apprenderlo dai romanzi non era la stessa cosa.
Sarebbe stato come parlare di un paese di cui conosceva solamente i luoghi comuni, anche se non lo si aveva mai visitato.
"Perchè avete preso quella barca, Killian?" chiese quindi.
Killian le fece un sorriso che le parve più un sogghigno che altro.
"Il patto era un solo segreto" le ricordò "ora tocca a voi"
Decise di ripagarlo con la sua stessa moneta.
"Orgoglio e Pregiudizio è il mio libro preferito"
Il viso di Killian divenne sbigottito nella frazione di un secondo.
"Vi ho sorpreso?" fece lei, sorridendo "Mi credevate più una ragazza da Emily Dickinson?"
"Credevo mi avreste raccontato il vostro più grande segreto!" ribattè lui, un po' indignato "Che mi avreste aperto il vostro cuore, come avevo fatto io con voi!"
Genevieve scrollò le spalle, riprendendo a camminare.
"Non ho mai detto che il segreto sarebbe stato grande veramente" gli disse.
Poi si fermò, perchè si rese conto che Killian non era più al suo fianco.
Si voltò e lo trovò che la guardava, con un'espressione indecifrabile.
Improvvisamente si sentì in colpa.
Pensò che, nel voler essere spiritosa, forse era risultata indelicata.
Ritornò sui suoi passi e lo guardò mortificata.
"Mi dispiace" disse "volevo solo... vi sono grata di avermi raccontato queste cose. Dopotutto sono affari vostri e probabilmente non le raccontate a tutti"
"Veramente siete almeno al sedicesima persona a cui l'ho raccontato"
Quando Genevieve si rese conto di aver la bocca spalancata, si affrettò a richiuderla.
Il fatto che lui le avesse raccontato cose così private le aveva fatto piacere, perchè l'aveva fatta sentire... be', importante.
Come se fosse stata scelta da lui.
Killian la guardò brevemente, poi scoppiò a ridere.
Ma che modi erano quelli?
Riderle in faccia perchè si era scusata?
Quando lui poi smise di ridere, con una smorfia e si toccò la fasciatura la fianco, Genevieve non gli chiese se gli faccesse male.
Si limitò a guardarlo con la sua migliore espressione altera.
"Sto scherzando" disse poi, notando con che cipiglio fosse guardato "mi sono vendicato, principessa"
Il modo in cui pronunciava "principessa" aveva una vena ironica, quasi come se fosse un soprannome più che un titolo.
Avebbe dovuto darle fastidio, invece le piaceva come la voce di Killian si modellasse per pronunciarla.
"Siamo pari" ammise lei, con un piccolo sorriso.
Killian la guardò e lei si ritrovò a pensare che i suoi occhi azzurri fossero davvero belli.
Le sarebbe piaciuto averli di quel colore, perchè avrebbero contrastato con i suoi capelli scuri.
"Vi è caduta una ciocca di capelli sul viso" disse lui.
Con lentezza, alzò la mano e gliela rimise dietro l'orecchio, sfiorandole la guancia.
Un brivido corse per tutta la spina dorsale di Genevieve.
Fece un passo indietro, in imbarazzo e si schiarì la gola.
"Forse dovremmo darci del tu, Killian" balbettò "visto che... visto che non avete un cognome e quindi sono costretta a chiamarvi per nome"
Lui continuò a guardarla, con un sorriso che gli aleggiava sul viso.
"Chiamarti" si rese conto lei, arrossendo.
"E hai" la corresse, sorridendo per davvero.
Alla fine anche lei si sciolse in un sorriso.
Con sollievo, si rese conto che l'imbarazzo era passato.
Lanciò un'occhiata al cielo e calcolò più o meno che ore fossero.
"Propongo di entrare al castello e fare merenda" disse, tornando a guardare il ragazzo "ti va bene, Killian?"
Killian sorrise, annuendo.
"Puoi contarci, principessa"
Le porse il braccio in maniera galante e lei lo accettò di buon grado, conducendolo all'interno del castello.
Stavano parlando del più e del meno, quando all'improvviso da un corridoio sbucò re Malcolm, con in mano dei libri.
Genevieve si fermò di botto, travolta dal panico.
Non voleva che suo padre la vedesse, perchè l'avrebbe rimproverata per il suo comportamento di quella mattina oppure le avrebbe fatto una ramanzina riguardo al perchè fosse andata sulla spiaggia senza dire niente a nessuno, nonostante avesse salvato la vita di un ragazzo.
"Vieni, per di qua" esclamò, prendendo Killian per un braccio e trascinandolo via.
"Ehi ma cosa fai?" protestò lui.
Lei spostò in fretta un arazzo e aprì la porta che c'era dietro, spingendovi dentro Killian.
"Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?" chiese, incrociando le braccia sul petto e guardandola, nonostante la poca luce nel corridoio segreto.
In realtà, c'era proprio buio.
Genevieve alzò la mano verso la porta che si era richiusa dietro di loro.
"Mio padre era dall'altra parte del corridoio" disse.
Lui inarcò un sopracciglio.
"Ora che mi ci fai pensare dovrei proprio andare a ringraziarlo dell'ospitalità" saltò su "devo solo trovare la maniglia..."
"No!"
Lei si piazzò davanti alla porta, con le braccia aperte e facendo da muro.
"Abbiamo litigato, d'accordo?" sbottò "È una lunga storia. Fatto sta che non mi va di vederlo"
"Abbiamo tempo, visto che siamo rinchiusi in una stanza al buio"
Genevieve sorrise.
"In realtà no" replicò "siamo in un corridoio e siamo in ritardo per il te delle cinque"
Nell'oscurità, era più facile essere coraggiosi.
Perciò lo prese per la manica e lo condusse senza problemi verso l'altra uscita, orientandosi perfettamente anche al buio grazie ad anni di pratica.
Quando erano piccoli, lei e Peter si nascondevano lì dentro quando non volevano essere trovati perché uno di loro due era nei guai – e quasi sempre si trattava di Genevieve.
"Dove ti stai arrampicando?" domandò Killian.
"Fai silenzio o ci sentiranno" ribattè.
Lei salì sulla pila di libri vecchi che avevano piazzato lì, per poter vedere al di fuori del quadro su cui avevano fatto due fori in corrispondenza di due occhi troppo in alto perchè qualcuno potesse notare il difetto della tela.
Quando si fu assicurata non ci fosse nessuno, saltò giù e diede un spinta al quadro che si aprì.
"Veloce!" esclamò.
Killian saltò giù e Genevieve lo seguì.
"È stato emozionante" fece lui "quasi quanto viaggiare in una tempesta"
Lei scoppiò a ridere, portandosi la mano a coprirle la bocca.
Poi si gelò sul posto.
"Peter" disse, dopo un istante "ciao"
Peter era sulla soglia della biblioteca, con un libro in mano, e dalla sua espressione Genevieve non riuscì a capire se li avesse visti uscire da dietro il quadro.
Però vi leggeva sopresa, forse di vederli insieme.
"Il ritratto di Dorian Gray?" fece poi, cambiando velocemente argomento, attirata dalla copertina del libro "Ottima scelta"
"Il fatto che Dorian sia biondo come me mi ha aiutato nella scelta, lo ammetto" disse lui, con un sorriso.
"Non ci siamo presentati" aggiunse poi, facendo un passo avanti e tendendo la mano a Killian "Peter Smith"
"Killian" rispose l'altro, ricambiando il sorriso e la stretta.
Genevieve alternava lo sguardo dai due, come in attesa di un temporale che però non si verificò.
"Stavamo pensando di fare merenda" commentò "Peter, vuoi unirti a noi?"
L'amico annuì.
Quando si sedettero in salotto e Heather servì loro il te con i pasticcini – con tanto di sorrisi a trentadue denti a Peter e sguardi inizialmente ammirati e sorpresi a Killian – Genevieve si rese conto che era la prima volta che un ragazzo della loro età si trovava al castello.
Era una novità, ma non affatto brutta.
Lei vide la porta chiudersi dietro Heather e le tornò in mente una cosa.
"Prima Heather mi ha braccata definitivamente e mi ha fatto provare almeno una decina di abiti diversi" disse.
Peter sorrise.
"Ne avete scelto uno alla fine?" chiese.
"Shelley ne ha trovato uno che apparteneva a mia madre. È molto bello"
Genevieve si portò di nuovo una mano alla base del collo e strinse il ciondolo.
"Scusate" li interruppe Killian "un abito per che cosa?"
"Fra pochi giorni è il mio compleanno e mio padre ha organizzato un ballo" spiegò, poi il suo volto si illuminò.
"Ti è venuta un'idea" notò Peter, con aria un po' preoccupata "odio quando hai quell'espressione"
"Potresti venire anche tu" disse.
Killian fece per aprire bocca, ma lei lo precedette.
"Non si tratta di affezionarsi ad un posto" disse "si tratta solo di un semplice ballo"
Il volto del ragazzo si aprì in un sorriso mesto.
"Se la metti così..." disse.
Heather tornò per chiedere se desiderassero altro te e Peter ne approfittò.
"Gen, potrei parlarti un secondo in privato? Scusaci, Killian"
Senza aspettare la sua risposta, la fece alzare e la portò vicina alla finestra.
"Ma sei impazzita?" sbottò, mantenendo un tono di voce basso.
"Come scusa?" ribattè Genevieve, piccata.
"Non lo conosci nemmeno e lo inviti al tuo compleanno. Magari è un delinquente"
"Come il signor Moore? Andiamo, Peter, è un bravo ragazzo"
"Lo conosci appena"
"Ho una sensazione su di lui. Positiva, ovviamente. Mi fido di lui"
Peter si limitò a scuotere la testa.
"Probabilmente il fatto che gli ho salvato la vita ci ha legati irrimediabilmente" disse.
"Oh per favore!"
Genevieve gli diede un spintarella.
"Andiamo, sto scherzando!" rise piano "Senti, ormai è fatta. Vedrai che il ballo andrà benissimo"
L'altro non disse nulla, esprimendo così il suo disappunto.
Le dispiaceva che Peter non la pensasse come lei, ma ormai non poteva più farci nulla.
E poi voleva davvero che Killian andasse alla sua festa.
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