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Epilogo. La discesa è facile

"Serviamo liberamente perché amiamo liberamente, giacché dipende dalla nostra volontà amare o meno; da essa dipende se stiamo in piedi o cadiamo."
-John Milton.

"Sta arrivando" disse.
Le ali gli pesavano sulle spalle, come se avesse un macigno legato sulla schiena che lo faceva sprofondare sempre un po' di più.
Si sentiva come Sisifo che era costretto a trasportare un enorme masso sulla collina dei Campi della Pena e poi, una volta giunto in cima dopo tanta fatica, era costretto a vedersela rotolare giù in un ciclo infinito che non si sarebbe mai interrotto.
Ma cosa aveva fatto, Sisifo?
Era sfuggito a Thanatos, il dio della morte, per due volte.
In confronto a Lucifero era un novellino.
Lucifero si era ribellato a Dio.
Quello con la D maiuscola, colui che aveva creato tutto in sei giorni e il settimo si era riposato.
Nonostante fossero passati millenni, le ali spezzate facevano sempre male e sempre lo avrebbero fatto.
Ma quello era il male minore, perchè sapeva che quando sua figlia fosse giunta all'inferno niente sarebbe più importato.
Sarebbe ritornato al suo antico splendore e allora i millenni di sofferenza gli sarebbero sembrati una bazzecola.
Spalancò le ali e un leggero vento si creò intorno a lui.
Alcuni dei suoi demoni, quelli più colti e incuriositi dal mondo mortale, gli avevano raccontato che un poeta italiano aveva scritto un opera molto famosa in cui lui compariva.
Ma quel fiorentino non aveva idea di come Lucifero fosse fatto.
Di sicuro non aveva tre facce e le sue ali non creavano laghi di ghiaccio.
E soprattutto, Lucifero non piangeva.
Non aveva mai pianto e mai l'avrebbe fatto.
Ricordava la mano di Dio, quella scarica di potere misto ad elettricità che lo aveva scaraventato oltre i cancelli del Paradiso dritto all'Inferno.
Ricordava di aver sorriso mentre sentiva il vuoto dietro di sè.
Meglio regnare all'Inferno che servire in Paradiso.
Non riusciva a rammentare per quanto tempo fosse caduto, sentendosi leggero come l'aria ma non potendo assaporare la sensazione perchè le sue ali si stavano spezzando, lentamente ma inesorabilmente, e bruciavano come il fuoco di cui sarebbe diventato il padrone.
Secondi o minuti?
Forse anni.
Quando aveva toccato terra, era sprofondato.
Non riusciva a ricordare neanche questo punto: quanto gli ci era voluto per giungere nel suo nuovo regno?
Secondi o minuti?
Forse anni.
Ad un certo punto si era fermato e in un gesto protettivo istintivo, che aveva visto fare ai suoi fratelli e alle sue sorelle in Paradiso per così tanto tempo, si lasciò avvolgere dalle proprie ali ignorando il dolore per la frattura.
E aveva sussultato.
Le sue ali che un tempo erano state bianche come madreperla, scintillanti come la luce che il Creatore emanava con la sua sola presenza, ora stavano diventando nere, creando un netto contrasto con le punte delle piume dorate.
Non riusciva a vedere l'attaccatura sopra le sua scapole, ma sapeva che si stavano scurendo.
Stavano diventando nere come pece, come la notte più buia, come l'oscurità che lo circondava e che l'avrebbe circondato per sempre perchè non avrebbe mai più rivisto la luce di Dio.
Alla fine aveva sorriso.
Erano nere ed erano più pesanti.
Ovviamente, perchè era la sua punizione.
Le ali sono la gloria dell'angelo, ma se queste vengono spezzate esso è ancora un angelo?
E così cominciò a trasformarsi nel diavolo.
L'antagonista di Dio, l'oscurità che era culla di tutti i mali del mondo.
Questo perchè?
Perchè Lucifero aveva osato riballarsi, inventando il libero arbitrio.
Era l'angelo più amato da Dio e ora era solo la pallida ombra di ciò che era stato un tempo.
Aveva scoperto fin da subito che un altro vincolo della sua punizone, l'ennesima sbarra della sua gabbia, era il non poter lasciare l'Inferno.
O almeno, era riuscito a farlo solo una volta.
Era relegato negli abissi della Terra che suo padre aveva creato, nascosto agli occhi di tutti.
O quasi.
Imparò ad insinuarsi nella mente delle persone che sono naturalmente più predisposte, così sussurrò all'orecchio di quel poeta inglese l'ispirazione per la sua opera.
L'Inferno altro non era che il Paradiso che Lucifero aveva perduto.
Con il passare degli anni anche la sua eterea e divina bellezza si stava sgretolando, lentamente, come un monito a ricordargli ciò che aveva fatto.
Dopo le ali, in modo più sottile e infido, anche i suoi capelli neri avevano cominciato a chiazzarsi di grigio, come se stesse invecchiando.
Era la punizione di Dio.
Lucifero era immortale, ma sembrava fosse relegato in un corpo mortale che invecchiava e si sgretolava con il tempo.
L'unica cosa immutata erano i suoi occhi dorati, così particolari perfino per gli angeli.
Era sempre stato l'unico a possederli così.
Un sorriso terribile si insinuò sulle sue labbra.
Ora non era più l'unico ad averli.
"Riesco a sentirlo" disse allora "mia figlia sta venendo verso di me"
Si voltò e incrociò gli occhi grigi che aveva davanti.
"Pensi che mi stia bene questo completo? Sai, la prima impressione è sempre la più importante, lo dico sempre"
Il suo interlocutore non rispose.
Lucifero si lisciò la guaccia nera sopra la camicia bianca, stringendosi leggermente il nodo della cravatta rossa.
"Avrei preferito una cravatta dorata, in modo che si abbinasse ai miei occhi, ma purtroppo il sarto che ho scuoiato vivo non l'aveva" pensò ad alta voce.
L'interlocutore fece un verso soffocato.
Lucifero alzò gli occhi al cielo.
"Oh d'accordo, devi essere sempre così fiscale?" ribattè "Il sarto che un mio servitore ha scuoiato! Questa è una delle cose che odio di più della mia eterna punizione: vorrei andare io stesso a fare spese e invece devo mandare miei subalterni che non hanno un minimo gusto in fatto di vestiti"
Lanciò un'occhiata ai suoi piedi nudi, sporchi di cenere.
"Delle scarpe!" esclamò "Ho chiesto delle semplici scarpe, non dei sandali egizi autentici!"
Poi sbuffò e si sgranchì nuovamente le ali.
"Non è divertente parlare con te, sai? Una conversazione per avvenire necessita che entrambe le parti parlino, non solo quella migliore"
Alla fine si passò una mano sul viso, sospirando.
"Bene, veniamo alle cose importanti visto che sembri tenerci tanto" disse.
I suoi occhi brillarono come se due fuochi si fossero accesi nelle sue iridi.
"Sai cosa devi fare" disse in un sibilo.
L'interlocutore esitò per un lungo istante, ma alla fine cedette.
Ovviamente: non avrebbe mai potuto vincere quella battaglia.
Lucifero vinceva sempre.
E così gli occhi grigi divennero azzurri.
I capelli rossi si allungarono e divennero castani.
L'abito diventò dorato, con una gonna non troppo ampia che si allargava a partire dalla vita, cinta da un nastro.
Il corpetto era sempre dorato, mentre le spalline un po' più spesse del normale erano in velluto e di una tonalità più chiara rispetto all'oro della gonna, dello stesso colore del nastro.
Lucifero per un istante credette davvero che la persona che aveva davanti fosse quella dei suoi ricordi, quella donna dal sorriso incantevole.
Ma non era così.
Battè le mani entusiata.
"Magnifico!" esclamò "L'unica cosa che manca è mia figlia"
Le sue ali fremettero e Lucifero sentì una fitta di dolore che lo attanagliò per qualche istante.
Un'altra piuma era diventata nera.
Quando tutte fossero diventate nere, il suo piano sarebbe giunto a compimento.

Il viaggio continua...

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