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CAPITOLO 10

Vado a cena. Ho la faccia sconvolta. I miei genitori la notano e mamma dice: -Ti senti bene? Hai una faccia. Ti fa male qualcosa?- -La testa- mento -oggi ho studiato troppo in biblioteca.- La bevono.

Mangio con difficoltà e con la testa da tutt'altra parte. Sono confusa, preoccupata, lunatica, triste, arrabbiata... Non so che pensare. Penso e ripenso se dire o no ai miei genitori di ciò che ho scoperto.

Decido di mantenere il segreto, per ora.

-Domani mattina vado a casa di Lizz- mento di nuovo. -Ok cucciola- dice la mamma in tono affettuoso. Finisco di cenare.

Vado in camera mia. Mi stendo sul letto.

Improvvisamente due figure compaiono dall'ombra della mia camera. Due volti conosciuti con gli occhi completamente bianchi, senza pupille, senza espressione, senza far alcun rumore. Si avvicinano di più, li riconosco: sono i miei genitori naturali. Ho paura. Hanno uno sguardo gelido. Mamma Emily è tutta spettinata, indossa un lungo vestito bianco ridotto a brandelli, catene alle caviglie, collana di piombo. Improvvisamente mi fissa. Il suo sguardo buca i miei occhi. Sorride. Un ghigno al dir poco agghiacciante. Ho lo pelle d'oca, inizio ad aver paura. I denti sono marci e la lingua tagliata. La paura sale. Cosa sta succedendo? Papà Ernest è avvolto da alcune bende nere, capelli grigi, vetri conficcati nella pelle lacerata, palle di piombo legate alle braccia, occhi senza espressione, labbra viola. Cammina verso di me. Si avvicina. Mi fissa. Oramai i due sono ai lati del mio letto. Non posso combatterli. Sono accerchiata. Emily si avvicina al mio orecchio e sussurra -Perché ci hai abbandonatooo, vieni con noi, per sempreee.- Ernest si aggiunge a lei: -Per sempre- e ancora insieme stavolta: -per sempre, per sempre, per sempre, per sempre...- Le parole sprofondano sempre di più nel mio animo. Sento il mio corpo abbandonare le forze. Cerco di ribellarmi, invano. La pelle comincia a cadere, e unghie si staccano, i vestiti si strappano, i denti si cariano, il mio sguardo si fa vuoto. Non vedo più niente, solo il nero più profondo. Grido.

Mi sveglio con un grido: era tutto un brutto sogno.

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