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Carpe Diem

«Mi piaci! Mi piaci così tanto». Nel dire questo la osservava attentamente, per cogliere le sue reazioni.

«No, non ti piaccio, altrimenti non mi faresti tutto questo!»

«Ma cosa vai dicendo? E' proprio perché mi piaci da impazzire che mi comporto così. Non posso fare a meno di te».

Mentre la guardava un rivolo di bava gli usciva dalla bocca.

Lei lo guardò ed esclamò con tono suadente:

«Se ci tieni a me così tanto non mi trattare così!»

«Trattarti come?» Replicò lui.

«Non lo vedi che qui sei una regina, cosa vuoi di più?»
«In questa posizione sto scomoda, non ce la faccio più! Lascia che cambi posizione, almeno!»

«Ehi bimba, l'hai capito che qua sono io che comando e quello che decido io è legge e non si transige su questo!»

«Ti prego!», sussurrò lei.

«Quando ti dico no è no chiaro, mi sono spiegato? Ma fatti vedere meglio cara. Quanto sei bella, nessuna è bella come te, quanta grazia e quanta leggerezza. Sei stupenda tesoro e lo sai, a quelle come te io riservo un trattamento molto speciale».

La mattina era luminosa, i raggi del sole erano diretti e caldi, il cielo era azzurro, l'erba era di un verde smeraldo, gli uccellini cantavano nel cielo, i fiori stavano sbocciando. I mille colori della primavera apparivano timidamente sui prati.

Continuò lui: «Guarda quanto è bello tutto questo, è il dono che la natura ci offre, per ringraziarti. Accettalo anche tu e non stare a crucciarti».
Lei per tutta risposta cominciò a piangere, un pianto silenzioso e rassegnato allo stesso tempo. Alzando gli occhi verso di lui gli chiese: «Cosa dovrei fare?»

Lui non le rispose, stette zitto. Aveva il suo lavoro da fare e quindi la lasciò sola per un bel po'. Nessuno la guardava, nessuno la notava. Era il suo destino. Sarebbe rimasta lì, ma per quanto tempo ancora? Aveva paura, voleva e doveva scappare, ma era in trappola. Doveva chiedere aiuto a qualcuno, ma se non ci fosse riuscita, cosa avrebbe fatto? Provò a muoversi, ma invano, non ce la faceva a liberarsi. Che disdetta! E pensare che stamani si era svegliata anche con il buonumore.

Dopo un tempo lunghissimo ed estenuante lui tornò, si fece annunciare dal suo vocione, quindi le si avvicinò ancora e con fare compiaciuto disse:

«O mio bel bocconcino. Cosa hai fatto oggi? Ti sono mancato?».

Lei fece finta di sì, che gli fosse mancato. Era meglio assecondarlo, non si sa mai.

Le si stava lentamente avvicinando. La voleva tutta per sé:
«Stasera si festeggia cara. Sei contenta?»

Avrebbe voluto dirgli di no che non era contenta, ma sarebbe servito a qualcosa?
Ormai aveva deciso di fare tutto di testa sua e nessuno l'avrebbe distolto dal suo intento principale.

Se solo ci fosse stato uno spiraglio, una breccia, sarebbe potuta scappare. Non c'erano vie d'uscita. Aveva osservato tutto con una certa attenzione e niente non c'erano. Sarebbe rimasta lì fino a quando non avesse soddisfatto il desiderio del suo signore. Poi sarebbe stata lasciata libera, chissà! Lui le si avvicinò ancora di più.

Lui era bello sì, ma crudele.

Peccato tanta bellezza sprecata, pensò con un certo rammarico. Aveva il fascino del tenebroso, un bel tipo smilzo e nero. Sai quante lo avrebbero voluto. Ci avrebbero messo la firma. Lui però, desiderava solo lei. La passione per lei era cresciuta oltre il limite e adesso la voleva. Doveva essere sua e solo sua e così sarebbe stato per sempre, perché lui era un tipo molto geloso e possessivo. Iniziò a guardarla con quei suoi occhi neri profondi e famelici, due pozzi neri e scuri, nel fondo dei quali c'era una luce di dannazione eterna.

Sarebbe stato gettato agli inferi per quello che si apprestava a fare. Avrebbe accettato tutto pur di potersi fondere con quella creatura straordinaria. Fondersi in una cosa sola, lui e lei insieme per sempre.

Iniziò a danzare intorno alla sua bella, mentre con la sua gamba la accarezzava dolcemente, strappandole gemiti; inizialmente i gemiti di lei erano di paura, ma poi divennero di piacere. Tremava ma fu solo un attimo, l'audacia di lui la conquistò.

Era molto bravo, un seduttore nato. Ah, allora anche lei godeva molto, lo sentiva dal tremolare vibrante delle sue parti e dal colore del suo incarnato che si accendeva sotto il suo magico tocco. Iniziò a sfiorarla intimamente sempre di più e lei ci stava, lo accoglieva, fremeva, sentiva il suo piacere fondersi con il suo. Mille colori attorno a loro, mille odori, l'estasi era questa, ma l'orgasmo non era stato ancora raggiunto. Pregustava l'attimo in cui ci sarebbe stato e allora avrebbe rischiato di perdersi e morire. La danza di lui beffardo continuava, mentre si lisciava il ventre, mentre lei tutta nuda si faceva accarezzare sempre di più. I fili argentati si agitavano al soffio magico del vento d'Aprile e brillavano sotto l'effetto dei raggi solari, creando arcobaleni di luce. L'atmosfera era idilliaca e il canto degli usignoli faceva da sfondo al sipario. Lei era succube di lui. Lui si avvicinava, poi si allontanava, quindi si accostava di nuovo a lei, facendola pentire amaramente di essersi anche solo per un momento lasciata andare. Infine le fu addosso, investendola con la sua bava libidinosa. Ricominciò a toccarla piano piano, cercando di non sciupare quel momento. Lo voleva assaporare tutto fino in fondo e voleva farlo assaporare anche a lei.

«Ti amo!» Le disse prima di muoversi con lei in una danza frenetica in cui non si riconoscevano più né l'uno, né l'altra.

«Mia amata», ansimava.

Bocca contro bocca si stavano assaporando, l'uno assaggiando dell'altro il sapore e l'odore. Quanto sarebbe durata ancora questa danza? Chi avrebbe avuto il sopravvento? L'azzurro si spense e diventò nero come gli occhi di lui. Un singulto, un fremito, un tremito e poi più niente. I due amanti erano ormai una cosa sola. Lei aveva abbandonato la sua ritrosia e la sua paura e si era concessa a lui, donandogli il suo splendido corpo. Lui l'aveva assaporato, aveva raggiunto un estasi dei sensi insieme a lei, alla sua vittima. L'aveva baciata e baciata e penetrata più volte dolcemente in profondità e lei aveva goduto fino all'inverosimile e poco importava che ci fossero stati altri spettatori ad assistere al loro incontro. La magia non sarebbe svanita. Fusi in un corpo solo. Il suo ultimo sussulto di gioia e di paura insieme, mentre il bacio di lui diventava mortale e la inghiottiva in un buco fondo e nero, dal quale non sarebbe mai più uscita. La mangiò ben bene, assaporando le sue tenere carni, masticando, mentre lei entrava a far parte di lui. Che cosa romantica! L'avrebbe portata con sé per sempre. L'azzurro era scomparso, il nero aveva avuto il sopravvento, sui fili argentati non c'era più alcuna traccia di lei, era scomparsa per sempre dentro al suo stomaco avido.

Il ragno giaceva nella sua tela soddisfatto e con la pancia piena, dopo il lauto pasto; i fili argentati cominciarono piano piano a diventare invisibili, via via che la luce del sole si attenuava per lasciare il posto alle prime ombre della sera.

Ragno pensò alla prossima e incauta preda, che sarebbe caduta nella sua trappola micidiale e un sorrisetto compiaciuto distorse il suo muso nero. 

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