Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

8 - Litigare



Bass

Ieri, qui in accampamento, è morta una persona.

Adrian me lo ha comunicato poco dopo l'accaduto e, a quanto pare, gli artisti del Fleurs sono confluiti in un dolore disperato.

Non ballano più.
Non ridono più.

Piangono solo per lo strazio.

La mimatrice di origini an­daluse era molto amata da tutti, un punto di riferimento per chiunque entrasse a far parte della loro realtà. Avranno perso una parente più che una semplice collega. Aveva la leucemia e non posso fare a meno di pa­ragonarla a mio padre, che ha lasciato il Powell Circus in circostanze analoghe, a causa di un cancro al pan­creas scoperto troppo tardi. Anche per noi è stata una tragedia, soprattutto per Scarlett.

È ormai mezzogiorno e siamo nel van. Mia sorella si nasconde dietro la tendina parasole di uno dei nostri fi­nestrini, calata per metà. Da lì spia gli esterni. Non perde neppure un movimento dei "francesi" che, nei par­cheggi, salutano solennemente il feretro della ragazza.

Dai suoi profondi sospiri sembra che stia assorbendo il lutto e rivivendo quanto abbiamo affrontato molti mesi fa tra ospedali e chemioterapie.

Dà conferma alla mia deduzione, riflettendo a voce alta. «Quelli del Fleurs ora si sentiranno a metà.»

«Pur­troppo, sono cose che accadono» risponde Melinda stringendosi nelle spalle, dopo aver inghiottito un boc­cone della sua quinoa.

Quinoa che ho preparato io, perché in questa casa sono l'unico che sa cucinare. L'uni­co che si impegna anche a rifare i letti e a pulire il bagno. Mi occupo del loro bucato, stiro i vestiti, disinfetto le superfici, spolvero ogni giorno, riordino gli spazi, svuoto i cestini e differenzio i rifiuti. Loro sono un po' pigre, ma non importa.

Anzi, impegnarmi mi fa sentire utile, efficiente, e ci tengo a esserlo anche agli occhi della mia compagna. Lei è seduta al mio fianco, intorno al tavolo e, a giudicare dalla porzione generosa che si è servita, non sembra minimamente turbata dalla notizia. Per lei è un giorno come un altro. Io, inve­ce... mi sento un po' giù. Quando qualcuno muore, è sempre un dispiacere.

«Forza, torna a sederti. Vieni a finire il tuo pranzo» dice a sua figlia.

«Non ho più fame.» Scarlett si appoggia con una spalla al finestrino. Ha gli occhietti un po' persi, come quando era piccola e non voleva che le spegnessi la lucetta accanto alla culla per dormire. Dopo qualche istante di silenzio riflessivo, riprende a parlare. «Tra pochi giorni sarà l'anniversario di papà.»

Melinda posa la forchetta sul tovagliolo di carta, mentre le sue pupille si muovono alla ricerca delle mie. Mi trova già a osservarla mentre aggiungo sale alla mia porzione di cibo, un po' insipida oggi. Lei sgrana gli occhi a tratti e, con un cenno del capo, mi indica Scarlett, chiaramente chiedendomi di intervenire per consolarla, visto che lei non ci riesce mai.

Mi alzo, prendo Scorbuto dal bracciolo della mia sedia e lo porto con me verso la sua padroncina. Con due passi la raggiungo e le adombro le spalle come farebbe una montagna a ridosso di una piccola valle. Le acca­rezzo il braccio esile, e Scorbuto, forse intuendo la sua tristezza, le salta addosso, infilando le unghiette tra i suoi lunghi e lisci ciuffi di capelli. Scarlett volta la testa e mi guarda in silenzio.

«Soffriranno, è inevitabile» le dico. «Ma troveranno la fo-forza di andare avanti, così come abbiamo fatto noi.»

«L'abbiamo fatto, Bass?» mi chiede, con una punta di recriminazione nel tono. «L'abbiamo fatto davvero?»

Faccio spallucce e indico gli interni del nostro van. «Abbiamo quantomeno conservato tutto quello che ci ha lasciato in eredità.»

«Ma non nella modalità con cui avrebbe voluto conservarlo papà. Specialmente il circo.»

Citarlo in qualità di impresario significa chiamare in causa Melinda, che infatti ora si schiarisce la voce. «Mi incolpi di qualcosa, Scarlett?»

«Sì, forse. Ma quando Bass sarà a capo di tutto questo, torneremo ad avere un'identità.»

«Sei ancora arrabbiata per Terence, è evidente» deduce sua madre, che annuisce infastidita.

«Per lui e per tutti gli animali mandati via.»

«Sono al sicuro, è quello c-che cerco di dirti da sempre» mi insinuo nella discussione, prima che sia troppo tar­di. «Ricordi? È stata la mia...»

«Sì, la tua promessa» mi interrompe. «Ma Terence, a causa della fusione, è stato cacciato senza pietà.»

«Ho dovuto farlo» tuona Melinda, alzandosi in piedi. Poi si avvicina e si unisce al quadretto di famiglia. «Eravamo sull'orlo della rovina. Non ci sarebbe più stato alcun circo, nessun van, solo un addio definitivo a tutto ciò che possiedi ora. Ho dovuto rimaneggiare il nostro futuro e ridurre il personale. È stato il risultato di un grosso compromesso, lo sai.»

«Un compromesso in cui ci hai trascinati tu!» l'accusa, puntandole il dito contro.

«Mi odi, vero? Mi odi perché ti ho portato via l'amore melenso di un bambinetto?» trae le sue conclusioni, incrociando le braccia intorno al petto.

«Melenso? Ma come ti permetti? Noi ci amavamo davvero!» ribatte Scarlett, alzando la voce, con il volto che si accende per la rabbia.

«Ma lui addestrava i felini a cui abbiamo dovuto rinunciare. Ed è inammissibile che tu non riesca a mettere il bene del Powell Circus al primo posto.»

«È inammissibile che tu sia mia madre!»

Sopracciglia inarcate, bocca schiusa e, probabilmente, cuore in frantumi: queste parole sembrano ferire profondamente sua madre, e purtroppo assisto spesso a scene simili. Melinda che esagera, Scarlett che sostiene che lei sminuisca sempre le sue emozioni – soprattutto quelle più dolorose – e Melinda, ancora, che ha le crisi di nervi.

«Vuoi che ti metta in punizione?» incalza la mia compagna, sull'orlo delle lacrime. «Vuoi che ti chiuda a chiave per sempre, stupida ragazzina?»

Ecco, siamo di nuovo a quel punto, quello in cui tutto inevitabilmente si spezza, e io mi ritrovo costretto a prendere una posizione.

Quante sono le energie che spendo per tenere salde le viti di una famiglia bella quan­to piena di crepe?

Quanto può essere stressante?

Solo io e la mia salute mentale possiamo saperlo. 

«Basta, va bene» sbotto, con l'intenzione di mostrarmi deciso. «Adesso vi d-dico io cosa è ammesso.» Si ammutolisco­no e mi fissano nervose, aspettando il mio verdetto. «Che Scarlett m-m-metta se stessa al primo posto.»

«Bene! Benissimo!» Melinda ride riluttante, Scarlett invece esplode in versi entusiasti, come se avesse appe­na vinto un'Olimpiade. «Ottimo lavoro. Continua pure ad assecondare i capricci di un'adolescente. Compli­menti!»

Preferisco ignorarla, convinto che questa volta abbia davvero esagerato con Scarlett. Io credo nella giustizia, e questa situazione non mi sembra affatto giusta. Quindi mi rivolgo a mia sorella. «Durante la tournée passe­remo dall'Inghilterra. Perché n-n-non ne aaa-approfitti per andare a trovare Terence?»

«È pura follia!» sbraita di nuovo Melinda.

«Mamma non lo permetterà mai, lo sai. Dal circo ci si allontana solo per andare a scuola, perché in altre cir­costanze potrebbe accadermi di tutto» mi risponde, in tono rassegnato. «Basta un piede in fallo e un trauma alla caviglia, ad esempio, per dire addio alle acrobazie. E, in quel caso, per lei, prima ancora di essere una fi­glia ferita, potrei diventare una circense inutilizzabile.»

«Be', te lo permetterò io. Sono pur sempre tuo fratello. Puoi fare con Terence tutte le passeggiate che vuoi.»

Scarlett sbarra le palpebre, incredula. «Sul serio?»

«Sul serio-serio.»

Inizia a saltellare. Tutto nel van vibra. Poi mi salta addosso per abbracciarmi e il mio cuore esplode di gioia. «Ti amo! Dico davvero, Bass. Io... io ti amo!»

La sollevo di mezzo metro da terra. «E io ti amo di più.»

Credo di capire cosa la leghi a Terence; in questi ultimi mesi l'ho osservata abbastanza e ho letto in lei i tipici sussulti di una ragazza alle prese con la prima cotta.

E io? Sono geloso? Gelosissimo, dannazione.

Ogni volta che scrive il nome di quel ragazzo su un foglio di quaderno, mi sento ferito come se qualcuno mi avesse col­pito al cuore con cento colpi di fucile. Perché sono io il suo primo amore e questo pupazzetto mi ha spodesta­to, e anche perché ha solo sedici anni e vorrei che per vivere certe cose aspettasse qualche decade in più.

Ma, d'altra parte, non posso impedire al suo cuore di aprirsi ai sentimenti. Posso solo tenerla d'occhio e sperare che Terence non la faccia soffrire, perché altrimenti si ritroverebbe con il pisello amputato. Parola mia.

Que­sta bambina, bella come un tramonto d'estate, l'ho cresciuta con tanto amore e sacrificio, e non accetto che un pincopallino qualsiasi la rovini.

«Ma devi chiedere scusa a tua madre per averle detto ciò che le hai detto» aggiungo poi, per chetare ufficial­mente gli animi, mentre Scorbuto rimbalza da testa a testa.

Scarlett annuisce, forse riconoscendo di essersi scaldata troppo. Senza guardarla, chiede alla madre se possa perdonarla. Melinda risponde con un sì schivo, ma mentre noi torniamo a tavola per riprendere a mangiare, lei resta al finestrino.

Con uno scatto rapido, tira su la tendina e la luce del mezzogiorno inonda il van, rischiarandolo completamente. Fuori, il Fleurs è svanito: non rimane che un terreno deserto, pieno di camper inanimati, così come forse si sente lei ora, visto che non è riuscita a farsi valere con sua figlia.

«Forza, mamma. Vieni a finire la tua quinoa» la invoglia Scarlett, a bocca piena.

Melinda continua a guardare i parcheggi oltre il vetro. «Mi è passata la fame.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro