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51 - Vendicare


Care lettrici BASSioline e OLIVERine,
il 2025 è appena iniziato e io non potrei essere più felice di viverlo insieme a voi. Prometto che in questi mesi farò del mio meglio per sorprendervi ed emozionarvi con i miei super effetti speciali. 🥂

Grazie per il vostro affetto, per ogni parola letta e per essere parte di questo viaggio. Vi auguro un anno ricco di serenità, successi e tanti enormi sorrisi.

Buon anno.

Con affetto,
Manu 🖤❤️🎪


Layla

Il Natale ha sempre suscitato in me un sentimento contrastante, una sorta di amore mescolato alla repulsione che in realtà accomuna molti di noi circensi. Ogni anno, infatti, le festività mi ricordano quanto la mia professione sia legata a esse. Lavoro per portare gioia a chi si gode il tempo libero, e questo, il più delle volte, significa rinunciare a vivere le tradizioni familiari con i propri cari.

Al Fleurs, il venticinque dicembre si tenevano due o tre spettacoli consecutivi, e figuriamoci se durante la pausa ci venivano servite elaborate cene in stile film di Natale. Al massimo si trattava di un pasto caldo in un piatto di plastica da consumare in fretta, perché gli spettatori erano già in fila alla biglietteria. Un giorno come un altro, con un surplus di fatica.

Negli ultimi due anni, poi, la vigilia è sempre stata un momento di grande sofferenza.

La prima, due mesi dopo la morte di mio figlio, l'ho affrontata sotto l'effetto dei tranquillanti, sentendomi un automa per tutto il giorno.

Durante quella notte, però, mi svegliai di soprassalto, convinta di dover ancora impacchettare dei regali da lasciare vicino al suo lettino. Solo dopo qualche istante scoppiai a piangere, ricordandomi che Babbo Natale non avrebbe trovato nessun bambino nel mio camper.

In seguito a quella crisi di dolore così intensa, durante la quale smisi di respirare per alcuni secondi e persi il contatto con la realtà, Dubois mi ordinò di proseguire con le sedute dallo psichiatra. Avrei dovuto assumere degli antidepressivi, ma per la crescente paura che mi facessero ingrassare, interruppi quel percorso.

Neanche la vigilia dell'anno scorso, con Namira infiacchita dai dolori, può essere annoverata tra i ricordi più belli della mia vita.

Dio, a ripensare a quei periodi mi sento svenire ancora adesso.

Domani sarà una nuova Vigilia di Natale – almeno per noi, visto che la maggior parte dei russi la festeggerà tra due settimane – la terza senza di lui e la prima senza di lei, e mi chiedo come sarà.

Quest'anno devo ammettere che ho alcune situazioni in corso che mi aiutano a distrarmi. Poco fa ho infatti trovato un regalo fuori dalla porta della mia stanza, da parte di qualcuno che forse ci tiene a ricordarmi che il Natale non dovrebbe essere solo lavoro su lavoro, ma anche un momento per fermarsi e ricevere qualcosa.

Il contenuto, pesante e avvolto in una carta lucida con una coccarda dorata in cima, sarà certamente straordinario, ma forse un po' esagerato. Solo ora noto un bigliettino tempestato di glitter, fissato al pacco con un pezzo di nastro adesivo. Lo stacco e lo leggo.

"Vivace, fresco, burroso e a tratti dolce. Ho pensato che potesse piacerti, zuccherino. Proviene dall'uva dei bianchi di Borgogna, una raffinatezza di un certo peso, proprio come il tuo palato. Fammi sapere se ti piace. Per darmi un parere completo, devi scolarlo fino all'ultima goccia!

Buon Natale.

Melinda."

Lascio il biglietto e scarto il pacco. Sorpresa, provo a immaginare il costo di queste bottiglie di Chardonnay, chiedendomi perché io sia entrata così tanto nelle sue grazie.

Non può essere per simpatia. Sono ben consapevole di non potermi etichettare come una dipendente particolarmente affabile o gioviale. Non credo neppure che mi consideri come una parente o una possibile nuora, dato che tra me e il suo figliastro c'è tutto fuorché un rapporto da piccioncini che fanno coppia fissa.

Non saprei.
Ciò che so è che ho sete.

Così prendo una bottiglia e mi metto a svitare il suo sughero con un cavatappi d'argento, già incluso nella confezione.

Nel frattempo, mi domando cosa debba fare nel breve termine: forse ricambiarla con un regalo mio? E che le compro, visti gli standard? Una Birkin di Hermès?

Chiaramente, non ho tutti quei soldi. Potrei racimolarli solo se mi mettessi a fare la escort.
Potrei pensare di approdare su Only Fans, ma senza tette guadagnerei il nulla.

Appoggio le labbra all'orlo della bottiglia, alla ricerca di una soluzione che mi liberi dall'imbarazzo di sentirmi una perenne riconoscente.

Bevo, nonostante il bruciore allo stomaco che mi urla di smettere.

Bevo, ed Éclair, posato sul mio comodino, brilla nelle mie pupille con le sue ali di carta.

Sono passati alcuni giorni da quando Bass mi ha visto seminuda, e da allora lo sogno ogni notte, spesso intento a spogliarmi con quelle sue mani callose. Peccato che nella realtà non sia così. Peccato che, invece, io lo stia evitando il più possibile.

Mi limito a spiarlo durante le prove dei suoi numeri aerei, o in palestra. E in quella palestra... soffro. Ad ogni trazione alle sbarre, accompagnata da quei versi di sforzo dal tono rude e mascolino, mi chiedo perché Dio l'abbia plasmato a immagine e somiglianza del mio uomo ideale e me lo abbia fatto incontrare se non è destinato a me. Mi sembra puro sadismo.

Meglio bere e non pensare all'immagine di lui che tra una serie e l'altra canticchia The First Noel del tutto soprappensiero, o al suo modo aggraziato di tamponarsi il sudore dalla fronte con l'asciugamano, di stendersi a gambe divaricate e con i bicipiti sudati sulla panca per usare il bilanciere.

So che la magia non esiste, eppure la sento vibrare in ogni suo gesto.

Meglio bere, per il piacere e il dolore di bere.

Solo dopo pochi minuti, quando sento bussare alla porta, mi rendo conto che stasera in stanza avrei avuto ospiti. Claudine e Alizée sono fuori a divertirsi, e Scarlett si è offerta di organizzare un pigiama party da me per non lasciarmi sola.

Quando le apro la porta e vede le bottiglie che ho lasciato sul tavolo, non riesco a mentirle e le faccio leggere il biglietto. Decido di chiederle persino un parere. «Non ti sembra esagerato?»

Posa il suo beauty case rosa sul mio comodino, poi si siede ai piedi del letto e io la seguo. D'un tratto increspa le labbra in una smorfia tesa, mostrando più incertezza di me. È chiaro che qualcosa non le torna. «Solitamente, mia madre non è così generosa. Ai cantanti sui marciapiedi non dà monete, piuttosto corregge gli arpeggi vocali e fa notare le stecche. Riesco a rendere bene la sua personalità?»

«Forse ha preso un po' troppo sul serio il mio debole per gli alcolici» ipotizzo, massaggiandomi la parte alta dell'addome, dove l'esofago sembra erodermi. «E poi, c'è quella pelliccia. Penso che gliela restituirò. Mi sento... non so... Ollie dice che dovrei farlo.»

Scarlett respira profondamente. «Cos'è questa puzza?»

«Puzza?» chiedo, guardandomi intorno. «Sarà la spazzatura che ho accumulato nel pomeriggio.»

«No, è il tuo alito.» Ops. Si rimette in piedi e si avvia alla scrivania. Solleva la bottiglia aperta, dà un'occhiata al vetro e la agita. «Ma come fai a bere così?»

I suoi tratti si contraggono, tanto che avverto il desiderio di nascondermi da un'altra parte. Qualcuno sta giudicando il mio vizio: una bambina dai mille sogni e dalle cento allegrie che non voglio deludere. Mi affretto a sgomberare la scrivania, sperando che la sparizione delle bottiglie possa mettere a tacere il suo interrogatorio.

«Corro a lavarmi i denti, non preoccuparti.» Le mie parole coincidono con un brontolio gastrico davvero pungente, che mi costringe ad annaspare e a fermarmi. Mi accascio in avanti e il mio viso si accartoccia in un'espressione di dolore.

«Cavolo, Layla. Ma prima di bere hai mangiato, almeno?» chiede, preoccupata, sorreggendomi per le spalle.

Metà mela e mezzo pacchetto di salatini di riso oggi, che è tanto rispetto ai giorni in cui mi limito solo agli yogurt. Eppure, non riesco a confessarglielo, perché so che quel mio "troppo" per lei potrebbe essere spaventosamente poco.

Nel silenzio che segue, Scarlett si affretta verso lo zainetto che aveva lasciato accanto al battiscopa appena entrata. Lo apre, afferra il cellulare e, sbloccandolo, inizia a digitare un numero.

«Che fai?» domando con un filo di inquietudine nella voce, ma lei non risponde.

Chi vuole chiamare?
Bass? Meglio di no.
Piomberebbe qui con un chilo di pane in cassetta.

«Ti piace la pizza al prosciutto?» mi chiede dopo un po', lasciandomi spiazzata. «La prendiamo maxi, col bordo ripieno di formaggio. Ce la facciamo portare.»

Non sta chiamando lui.
Nessun Bass.
Nessun tenero, e potente, e inavvicinabile Bass.

Cita però il cibo più calorico esistente.
Il cattivissimo, e potente, e inavvicinabile cibo.

E che le dico, ora? Che faccio? Non le racconterei mai del mio desiderio di assottigliarmi fino a diventare simile a una bambina. Devo confondermi nella normalità, evitando di scandalizzarla. Per lei, infatti, è normale mangiare una pizza senza poi temere di vedersi la pancia gonfia.

«Mi piace, ma senza prosciutto.» Calorie aggiuntive quasi terrorizzanti per me. Già solo il formaggio mi provoca ribrezzo. La mozzarella, la salsa al pomodoro piena di zuccheri, i carboidrati dell'impasto... e il sale? Quanto sale ci sarà? A pensare di dover assumere tutto questo sudo a freddo. E queste fitte allo stomaco, dannazione, perché non si placano?

«La pago io» continuo a dirle dopo aver ingoiato un grosso groppo di saliva.

«Sì, va bene, anche perché non ho soldi con me.» Porta il cellulare all'orecchio e si dirige verso la finestra che dà sul cortile delle dépendance. Da lì, fa l'ordinazione. In seguito sospira leggermente e, fissando il panorama nebbioso, mi dice qualcosa che ha poco a che fare con il cibo. «È dolce, lui.»

«Chi? Il tizio della pizzeria?» chiedo, mordicchiandomi un labbro mentre con la poca forza che ho nascondo le bottiglie di vino sotto il mobile del televisore.

«Il nostro pagliaccio triste» risponde. «Mi ha raccontato tutto su Jonathan.»


Aggrotto la fronte, perplessa. Raramente Ollie racconta la storia di suo padre a qualcuno. Se lo ha fatto, significa che sta iniziando a fidarsi di lei.

«Ora conosci il suo passato» affermo. «Gli piange il cuore.»

«E non si può fare nulla?»

«Si potrebbe fare molto, ma è Ollie a impedirlo» rispondo, passandomi una mano tra i capelli scompigliati. La porto davanti agli occhi e noto che tra le dita sono rimasti almeno quattro capelli. Anzi, cinque. Sei?

Oddio...

Il confronto con la chioma fluente di Scarlett è immediato. Ricordo di averli avuti così anch'io alla sua età: un'età ribelle e leggera.

E mentre immagino il giorno in cui mi stempierò, sento in lei crescere una forma di determinazione che mi lascia di stucco. «E se quel molto per Oliver volessi farlo comunque?»

«Che hai in mente?»

Si volta verso di me, donandomi un sorriso luminoso. «Stai a guardare.»




Bass


Toglietemi tutto, qualsiasi cosa: Halloween, la banana dal porridge, un testicolo, Dan Reynolds degli Imagine Dragons per una carriera da solista, ma non il Natale.

Si tratta di un appuntamento fisso, una data che rincorro per dodici mesi. Mi rende felice perché è l'unico momento dell'anno in cui posso comprare biscotti alla cannella per un esercito, guardare tutti quei film natalizi che si somigliano l'un l'altro senza sentirmi dire che sto sprecando il mio tempo e cantare a squarciagola le canzoni di Michael Bublé come se fossi una rockstar.

Amo soprattutto la vigilia. Al Powell Circus ci riunivamo spesso per la cena, durante la quale gustavamo deliziosi manicaretti e ci raccontavamo aneddoti ripetitivi, ma sempre divertenti. Ci scambiavamo persino dei regali utilizzando il metodo del Babbo Natale segreto, che proponevo – imponevo – io stesso con un sorriso convincente già da... ehm, fine agosto.

Questa mattina è quella mattina e il mio entusiasmo è alle stelle. Tra noi intimi abbiamo mantenuto la tradizione e ho avuto il piacere di diventare il Babbo Natale segreto di Corinna. Le ho comprato un kit per la pittura che la farà impazzire, dato il suo amore sconfinato per la realizzazione di ritratti.

E per quanto riguarda il mio regalo?
Chi ci sarà dietro?

I miei sospetti ricadono su Nathan, il nostro clown, perché ieri l'ho visto trascinare nella sua dépendance una busta con il logo di un negozio di alta moda del centro. Ho la sensazione che mi abbia comprato un elegante cappotto da magnate dell'industria, il che avrebbe senso, visto che ha sempre detestato il mio vecchio giaccone di jeans.

Ma è inutile scervellarmi. Stasera lo scoprirò durante la cena che si terrà qui in hotel, alla quale parteciperà tutto il Carovana. In realtà, ho confezionato molti altri pacchetti, uno per ogni dipendente. Sono del parere che tutti debbano avere qualcosa da scartare. Ricevere un regalo inaspettato è una coccola al cuore. Ti permette di scoprire che sei stato nei pensieri di qualcuno.

Quest'anno, poi, ho più che mai bisogno del Natale, considerando che ho preso una decisione che mi stravolgerà la vita. Una decisione che ancora non riesco a comunicare. Già. Ho accennato a Melinda che ho qualcosa di importante da dirle, ma da giorni evita di rimanere sola con me, non si fa mai trovare. E io non posso dirle che la lascio davanti a Scarlett o ai nostri dipendenti. Dobbiamo essere soli, cazzo.

Contemplo il piccolo abete che ho introdotto nei nostri appartamenti, sistemato con cura vicino al divano. È alto circa un metro e presenta rami verdi e folti. Pagato una fesseria. Per vivacizzarlo, ho aggiunto una serie di mini-luci multicolore, insieme ad alcune palline di vetro, tutte decorate con glitter di neve che si muovono al loro interno. In cima troneggia un origami a forma di stella, che ho ridipinto con una bomboletta color bianco perla. Nel complesso è carino, anche se sobrio.

Per me, gli alberi di Natale – che siano piccoli o enormi, ben decorati o mal decorati – hanno un non so che di magico e mi ci affeziono. Da bambino davo loro dei nomi e li abbracciavo perché credevo fossero dotati di un'anima.

«The first Noel, m-m-m... m-m-mm-m» canticchio ancora, piegato sulle ginocchia. Allargo il più possibile i rami, le dita frusciano sugli aghi sintetici. Scarlett è dietro di me, seduta al tavolo, e sicuramente si starà chiedendo da dove provenga tutta questa carica di energia che uso per rendere i nostri spazi così natalizi.

Lo faccio anche per te, sciocchina, perché so che senza Terence questo non sarà un giorno felice-felice.

Quando si è adolescenti, basta poco per perdere il piacere di vivere appieno il presente. Ne so qualcosa.

«Ma... stasera?» esordisce, incuriosita. «Continuerai a interpretare il ruolo di dittatore del Natale anche se non siamo più al Powell Circus?»

«Può d-darsi.»

«Quindi ci costringerai a baciarci sotto il vischio e non ci farai entrare in sala senza un maglione rosso?»

«Ho pensato di a-appiccicarmi il vischio sulla fronte, a dire il vero. Così chiunque dovrà b-baciarsi al mio passaggio» le rispondo mentre sposto una pallina su un ramo più in alto.

Scoppia a ridere con un gorgoglio contagioso. «Ma queste follie quando le inventi? Durante gli squat, mentre urli quei "yooah" da vero macho?»

«Anche, sì.»

«Basta, è ufficiale: senza di te non potrei vivere!» La leggerezza della sua risata non può dissolvere l'intensità di queste parole. «Se non ti avessi come fratello, mi sentirei terribilmente spenta e sola. Tu sei l'espressione più pura e allegra dell'amore che io conosca.»

Sento gli occhi inumidirsi, accidenti.
Tiro su col naso.

«Non mi dire che stai per piangere. Tu non piangi mai.»

«Sì, non piango mai. Ma...» Mi giro verso di lei e mi tocco gli occhi. Il suo divertimento sfuma. «Devi sapere che esiste una combinazione che reputo d-davvero letale.»

«E quale sarebbe?»

«Sorellina che m-mi vuole bene + Vigilia di Natale.»

«Oh, Bass...» Piega la testa su un lato e mi manda un bacio volante. «Sei il mio piccolo elfo preferito.»

Tra l'elfo di Scarlett e il coniglietto di Oliver comincio ad avere crisi d'identità.
Per non parlare del banano di Layla.

Quest'ultimo non lo ascolto da un po', ma credo che la nostra lontananza sia una ripercussione che merito fortemente.

Ho fatto un profondo esame di coscienza e ho riconosciuto che quella mattina, al circo, ho esagerato. Purtroppo ho capito che in sua presenza il mio corpo va in tilt e agisce senza tener conto della ragione. E non mi piaccio così. Di sicuro non mi apprezza più neanche Layla. D'altronde, come potrebbe mai piacerle uno che si avvicina con l'intento di spiegarsi, solo per poi spogliarla e ringhiare che ha il cazzo sulla via di un'esplosione? Gliel'ho anche appoggiato sul culo, non so se mi spiego.

Sono un maniaco, signori e signore.
Un fottuto maniaco arrapato.
Ma arrapato solo di Layla.

Non c'è mai stata un'altra donna che abbia considerato con così tanta attenzione. Mi ha catturato al punto da non farmi più scopare con quella che era la mia compagna, il che fa riflettere. È come se il mio desiderio ora ruotasse attorno a lei, e qualsiasi altra cosa mi sembri priva di valore.

Ma è andata, Bass.
Basta.
Resettati il cervello.
E se non ci riesci naturalmente, datti un colpo in testa con una padella incandescente.

Abbiamo sepolto tutto, e va bene così.
Mi basta che sia serena.

Meglio che torni a concentrarmi su questa bella giornata: Scarlett preleva con il cucchiaio una notevole quantità di cereali dalla tazza di latte, li introduce tra le labbra e mastica a bocca semiaperta. Nel frattempo, lancia un'occhiata invadente al mio telefono, che ho lasciato vicino al tovagliolo. Sta guardando il video bloccato sul fotogramma di un tipo occhialuto seduto dietro a una scrivania. Il titolo recita: "Esercizi per correggere la balbuzie."

So che non la sconfiggerò mai del tutto, ma ho intenzione di migliorare, e seguire i consigli online di quegli esperti mi sembra utile. Anche se mi sto applicando solo da pochi giorni, avverto già qualche piccolo progresso.

«Hai finito?» mi chiede poi, dopo aver deglutito. Accenna con il mento a una ciotola accanto alla sua. «Il tuo porridge si sta raffreddando.»

«Ancora un momento.» Indietreggio sui talloni e osservo la mia creazione nel complesso. «Che ne dici? La s-stella è troppo grande per l'altezza dell'albero? Dimmelo se la trovi esagerata, n-non mi offendo.»

«Non lo sarà mai quanto mamma, questo è sicuro.»

La sua risposta mi sorprende. «Cosa vuoi dire?»

Subito, la raggiungo al tavolo. Mi siedo al suo fianco e impugno il cucchiaio per mescolare la mia poltiglia di avena, che nel frattempo si è ricoperta di una patina opaca.

«Non ti sei accorto di nulla?»

Soffio sul vapore, guardandola da sotto le ciglia. «Accorgermi di c-cosa?»

«Allora Layla non ti ha detto niente...» deduce, posando la ciotola sul tavolo. «Mamma sperpera i nostri soldi riempiendola di bottiglie: vini, birre, liquori, vodka. L'ha scambiata per un carrellino degli alcolici.»

Emetto un risolino incredulo. «Che? No, dai.»

«Non ci credi?»

Affondo la posata nel porridge. So che le due ogni tanto passano del tempo insieme, ma come ognuno di noi fa con gli altri, visto che conviviamo e lavoriamo a stretta vicinanza.

Né Melinda né Layla mi hanno mai parlato dei meccanismi e delle dinamiche del loro rapporto. Non sapevo nulla di queste bottiglie, tanto meno che le bevessero insieme.

Perché Scarlett non me lo ha detto prima?

Di me non rimane che il silenzio.

«Mamma non ha un rapporto così idilliaco con l'alcol, diciamocelo. Non vuole che si consumi al Carovana. E sì, beve, ma poco e solo fuori di qui. Ieri notte, durante il pigiama party, Layla mi ha invece raccontato che le propone continuamente aperitivi qui in hotel e insiste perché avvengano» mi riferisce, e un tremolio si insinua in ogni mio dito. «A volte lo fa anche prima dello show.» Ora sento persino lo stomaco chiudersi. «Vuoi sapere cosa ne penso, Bass? Da quando c'è stata la fusione, mamma sembra aver perso la testa.»

Lo schiaffo ricevuto in pista, gli ammonimenti, la mania di controllo e i timori derivanti dalla gelosia mi portano a sostenere la teoria di Scarlett. Mel sa che Layla è un'alcolizzata ed è evidente a tutti che non si nutre a sufficienza. Non vorrei che l'avesse incitata a bere per causarne il declino e vendicarsi del tempo che passa con me.

La reputo capace di questo?
Assolutamente sì.


I battiti del mio cuore sono così rapidi e forti che sembrano corrodermi il torace.

«È probabile che v-voglia solo creare un clima cordiale ed esserle amica» cerco di minimizzare la questione, dando una risposta poco aderente alla vena di collera che pulsa sulla mia tempia.

«Può anche darsi.» Annuisce, eppure la sua smorfia è dubbiosa. «Ma da quando l'amicizia si guadagna e si consolida a suon di shottini?»

Posso anche difendere Mel davanti a sua figlia, ma questo non significa che ora non sarei in grado di commettere un omicidio.

Lo dico, lo ripeto, lo ribadisco: nessuno deve permettersi di rendere difficile la vita di Layla, o di comprometterla.

Non posso accettare che una rivalità danneggi quell'ossatura quasi estinta, appartenente a un corpicino meraviglioso che deve solo rifiorire. Questo atto di perfidia non resterà impunito, anche a costo di rovinarmi il Natale.

Qualcuno bussa alla porta con una certa concitazione e, scoprendo che è Oliver, mi precipito ad aprirla barcollando, colto dalle vertigini per essermi alzato troppo in fretta dalla sedia.

«Che s-succede?» chiedo.

Si massaggia il torace, i ciuffi azzurri gli ricadono sugli occhi sbarrati. «Layla si è sentita male, Bass. Sto per portarla in ospedale.»

«Oddio» esclama mia sorella, e io per poco non mi sento mancare. Merda.

Oliver ci informa che accusa delle fitte lancinanti allo stomaco, tanto da non riuscire ad alzarsi dal letto. Subito inizio a pensare che ciò sia accaduto perché il suo corpo non regge più quello che beve.

Quelle bottiglie sono state il suo veleno. Melinda sta tentando di farla fuori.

E io sto per trasformarmi in un cazzo di bastardo capace di distruggere l'intero hotel e far cadere tutti i santi dal Paradiso.

I miti di cuore rimangono tali finché non viene minacciato ciò a cui tengono. Quando accade, possono trasformarsi in demoni infernali e vincere dieci guerre nello stesso quantitativo di tempo usato da un malvagio per perderne una. Questo perché loro, non impegnandosi mai in azioni intrise di cattiveria, hanno un'enorme riserva di energia da spendere nelle occasioni favorevoli.

E allora vai col turbo, Bass.
E tu scappa, Mel. Ti conviene.

Esco nel corridoio con rapide falcate, seguito da Oliver e Scarlett che si affrettano a raggiungere la stanza di Layla. La sua porta è spalancata e tra gli stipiti sostano Claudine e Alizée. Hanno le facce segnate dall'ansia. Ernest è lì, accanto a loro, con la solita compostezza, ma velato da una sottile nebbia d'inquietudine negli occhi. È venuto a controllare il suo stato di salute, così come altri del Fleurs, che si fermano fuori espandendo un mormorio apprensivo.

Io, invece, non mi fermo.
Non guardo nemmeno l'interno della stanza.

Stringo i denti e procedo, superando chiunque, con il respiro così corto che devo schiudere le labbra per incamerare un po' d'aria.

Non c'è spazio per le esitazioni, ma solo per una rabbia sorda che mi spinge in avanti. Mi avvio verso l'ascensore, i miei passi stridenti rimbombano nel silenzio del pianerottolo.

Quando finalmente raggiungo il piano terra, l'aria fredda che entra dalla porta scorrevole mi colpisce interamente, ma non placa il nervosismo che mi ustiona le guance.

Melinda è qui nell'ingresso, accanto alla reception, slanciata come sempre sui suoi vertiginosi tacchi a spillo. Sta conversando con Gérard Dubois e la giornata per lei sembra scorrere normalmente.

I due si scambiano idee brillanti sullo spettacolo di stasera, ma se fossi nei suoi panni non sarei tanto sicura di arrivare viva al jingle d'inizio.

«Per Natale, Lorenzo ha sempre concepito i progetti migliori. Quattro anni fa, organizzò un'esibizione che destò grande stupore. La mia Namira non collaborava mai con lui, ma quella volta si mostrò propensa a dividere la pista» dice il francese, assottigliandosi la punta del baffo candido tra le dita.

«In tutta sincerità, non penso che le esibizioni coordinate funzionino, caro Gérard» lo confuta Melinda, impettita nelle braccia conserte. «La gente non ama i dualismi quando si tratta di portare in pista diversi tipi di abilità circensi. Il focus si disperde e l'occhio migra incerto.»

«Un concetto un po' stantio, il tuo» ribatte l'uomo con un ridacchio bonario, pur sostenendo la sua tesi. «I tuoi figli, ad esempio, anche con un cambio di disciplina continuerebbero a essere una coppia vincente. Ci hai mai pensato?»

«Loro sono una magnifica eccezione, riuscirebbero in tutto. Lavorano insieme da quando Scarlett era in fasce. Hanno una chimica introvabile altrove.»

«Chi-chi-chimica, sì. In questo la mia matrigna ha ragione, signor Dubois» prorompo, sfoderando un finto sorriso mentre entrambi si soffermano a guardarmi. Cammino cauto, le mani intrecciate dietro i lombi, anche se ogni cazzo di muscolo è teso come una corda di violino. «Infatti, è l'unica coppia in c-cui credo, almeno tra quelle di cui faccio parte.»

«Giusto in tempo, figliolo. Sarei curioso di sentire un tuo parere ben argomentato a riguardo» mi invita Gérard, la cui reazione accogliente e cordiale contrasta con quella di Melinda, che incassa allarmata le mie frasi allusive. Dopo aver salutato Dmitrij, il receptionist, poggio la schiena al bancone. Muovendo la gamba, un piede finisce per accavallarsi sull'altro.

«Do ragione a-anche a lei, Dubois: ci vedrei bene Lorenzo a m-muovere le fila di uno spettacolo collettivo. Potremmo provare. In fondo, il Powell Circus è s-sempre stato un circo senza pretese, c-come un tema scritto a penna su un foglio di brutta. L'unione con il Fleurs ci ha resi coraggiosi, ma anche più eleganti.»

«Bastian...» mi richiama Melinda sottovoce, con un tono quasi oscillante, forse già intuendo cosa sto per dire.

«Voi, invece, siete s-sempre stati poesia su un velo di chiffon. E la poesia non va silenziata. Va d-divulgata. Mi dispiace solo averlo c-capito tardi.» Piego leggermente la testa e, dopo aver ricevuto un cenno di assenso dall'anziano padrone, rivolgo il mio sguardo a Melinda, fissandola negli occhi come per fulminarla. «Puoi mettere da parte i tuoi quaderni segna-spettacoli, Mel. È arrivato il m-momento di cedere la direzione artistica a quelli del Fleurs.»

Sollevarla dal suo incarico si potrebbe definire una spietata vendetta? Naah, io la chiamerei tenerissima giustizia.

«Grazie, Sebastian. Lorenzo ne sarà entusiasta» esclama Gérard, ovviamente, prima di essere colpito da un brusco attacco di tosse.

Melinda, sbarrando le palpebre colorate di ombretto color fumo, sembra impallidire. Le prendo un polso e, dopo essermi congedato, la trascino con delicatezza fin dove il campo visivo di Dubois consente di rintracciarci. Giunti all'ingresso della palestra, non mi preoccupo più di nasconderle la mia vera natura: stringo la presa del braccio e accelero il passo, costringendola quasi a inciampare tra il tapis roulant e il leg press.


«Bastian, puoi dirmi quale disdicevole pensiero ti rende così inquieto?»

«Il pensiero del mio gran cazzo rotto!» sbotto, stonato e tagliente. «Che ti s-salta in mente, mh? Cosa sono q-qu-quei vini e quegli aperitivi?»

Ansimante, la posiziono con la schiena davanti allo specchio a muro e le lascio libero il polso. Lei si dà una sistemata ai capelli, boccheggiando.

«Volevi a-a-ammazzarla per caso?»

«Sì!» replica, con uno strillo secco.

Questa ammissione mi colpisce alla nuca come una spada arrugginita. Mi copro il viso con le mani e lo strofino, deluso e sopraffatto dalla conferma di ciò che è capace di fare.

Mi chiedo chi ho amato per un decennio.
Per chi ho fatto sacrifici.
Per chi, a trentadue anni, mi ritrovo con il nulla più assoluto.

Nel frattempo, mi punta il dito contro. «Tu mi hai portato a fare questo! Perché sono disperata e non so più cosa fare per tenerti al mio fianco.»

Tenermi. Come se fossi un fottuto oggetto.

«Sai che altro ho fatto? Sono persino uscita con chi neppure conosci, pur di tentare di allontanarti dalla mente anche solo per il tempo di un po' di sesso orale.»

Fantastico, mi ha anche tradito.

«Caspita, complimenti. Direi che ti sei t-tenuta piuttosto impegnata.»

Devo ammettere che non provo dispiacere. Sento solo l'eco di una voce che mi sussurra: "Ora, almeno, in fatto di infedeltà siate alla pari."

Perde le staffe e inizia a spintonarmi, ma lo fa con così poca forza che non barcollo neppure. «Cos'è che ti fa, eh? Perché le permetti di distruggere la nostra relazione?» mi chiede in un lamento.

«Relazione?» Un risolino nervoso vibra tra i miei denti. «Quand'è che s-siamo stati in u-una "relazione" negli ultimi mesi?» Si morde la parte interna della guancia senza rispondere. «Siamo stati n-noi a distruggerci. Lo a-abbiamo fatto con le nostre mani. Layla non c'entra.»

«C'entra, invece. La colpa è sua. Tutta sua!» ribatte, gli occhi fuori dalle orbite. «Di quella patetica anoressica depressa sgualdrina che non vedeva l'ora di trovare un povero stupido come te da circuire!»

L'ira mi offusca la vista per un istante, rendendo tutto nero. Poi, in un impeto minaccioso, mi slancio verso il suo corpo e mi avvicino alla sua bocca, mettendole una mano alla base della gola. «Fai attenzione a c-come parli di lei, perché potrei cucirti ogni s-singola lettera sulle labbra, chiaro?» ringhio a denti stretti.


«Bastian... amore...» Le sue iridi cangianti si fanno lucide e mi sfiora il colletto del maglione con l'intento di calmarmi. «Che ti importa di quella sconosciuta?»

«Oliver la sta portando in ospedale, lo sai? E questo perché le fa così male lo stomaco che non riesce nemmeno a r-reggersi in piedi» le spiego. «Layla farebbe bene a d-denunciarti.»

«Io ci ho messo del mio, ma è stata lei ad alzare il gomito. Non l'ho costretta.»

«'Fanculo, non mi importa» replico, immediato, lasciando la presa. «Come non m-mi importa più di stare con te.»

«Fallo, lasciami, e ti giuro che... che porrò fine alla tua vita. E quella sgualdrina la caccio! La licenzio!» urla.

«Tu non farai proprio n-nulla» pondero ogni parola con tono duro, negando con la testa.

«No? E chi potrebbe impedirmelo?»

Mi indico.

Aggrotta la fronte. «Tu?»

«Ricordalo s-sempre, Mel: anch'io sono un proprietario del Carovana.»

L'ho detto e un fremito mi attraversa il petto al pensiero che sia vero e che mai, come ora, desideri esserlo.

Retrocedo senza distogliere lo sguardo dal suo, poi mi volto ed esco dalla palestra con un'unica disperata missione: correre da lei.


Su Instagram mi trovate come mf.autrice 🖤❤️ Vi aspetto!

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