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12 - Migliorare

Scarlett

Se qualcuno ti fa soffrire più di quanto ti renda felice, devi mollarlo. Ma se qualcuno ti rende così felice da dissolvere anche la più piccola sofferenza che porti nel cuore, allora devi legare la tua anima alla sua per sempre. La mia è intrecciata a quella di Terence, e nulla al mondo potrà mai spezzare il nostro amore. Nean­che la distanza.

«Come fa quella canzone dei Goo Goo Dolls? Ah, sì. "And I'd give up forever to touch you
'cause I know that you feel me somehow,
you're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't wanna go home right now".» Avvicino meglio l'iPhone alla bocca, dondolando lentamente per la dinette. Se c'è una cosa che amo fare è ballare. E cantare mentre ballo è per me un atto di liberazione, come quando salgo sulle montagne russe e urlo nelle discese ripide. «È bellissima, non trovi? Mi capita spesso di sentirla alla radio e mi fa pensare a te.»

«Tu ed io vivevamo di musica.»

Oh, Terence, io in realtà vivo di te.
Sei una parte del mio tutto elevato alla terza.

Mi accorgo che la sua voce sta diventando sempre più matura. Oggi, in particolare, suscita nel mio stomaco il volo di mille farfalle. Non che la voce di prima non mi piacesse. Era semplicemente più infantile.

Mi sono innamorata di lui quando non era ancora entrato in pubertà, mentre viaggiavamo insieme con il Powell Cir­cus. Non ricordo neppure un giorno in cui non l'abbia trovato interessante. Era il mio bambino preferito tra i figli dei circensi che lavoravano per noi. Ora, invece, è la mia persona prediletta. In una classifica basata sull'affetto che provo per le persone, occupa il secondo posto, subito dopo il mio super-mega-fenomenale fratellone.

Non posso rinunciare alla telefonata quotidiana con il mio ragazzo. Cercare il suo contatto rapido e cliccarci sopra soddisfa un bisogno quasi fisiologico, come mangiare o dormire.

«Ricordi quando Bass cercava di insegnarmi a volare sui tessuti? Metteva quella canzone che ci faceva impazzire. Forse erano i Coldplay o gli U2, e tu ed io ballavamo come due impossessati. Ah, quella sì che era vita!» dice in tono malinconico. Avverto quanto desideri ancora essere qui con noi, a girovagare per l'Europa. «Ora frequento una scuola fissa, ci credi? Ci vado tutte le mattine fino alle quattro.»

«Che effetto fa?» chiedo, curiosa. «Voglio dire, come ti senti ad avere dei compagni che saranno con te fino al diploma?»

«È... strano. Facce tutte uguali, cose tutte uguali, azioni tutte uguali. Non so se mi abituerò mai a questa mo­notonia. Ho trascorso tutti i miei sedici anni in modo diverso.» Emana un lungo sospiro, che riempie il mio timpano. «Ma mio padre ha trovato lavoro. Farà il commesso in un negozio di animali nella periferia di Li­verpool, e mia madre lavorerà come baby sitter nel fine settimana.»

«Bene. Queste, almeno, sono buone notizie.»

Mi tuffo sul divano letto di Bass. Sopra le lenzuola di cotone ben sistemate, noto un oggetto che avevo già visto qualche giorno fa durante la mia consueta operazione di spionaggio dietro la tendina parasole, rivolta verso gli sconosciuti del Fleurs. Sollevo il tamburello e lo osservo: ha la struttura in plastica, rivestita superficialmente da una membrana di pelle scorticata, segno evidente dell'età avanzata dello strumento.

Nella mia mente riaffiora il ricordo della bara di Namira Serrano García riposta nella macchina funebre, e della ragazza dai lisci capelli dorati, alta e magra come un chiodo, che piangeva senza riuscire a respirare su un coro di lamentazioni bibliche, stringendo questo tamburello al petto.

Mi chiedo perché ora ce l'abbia mio fratello. Mmh.

Terence si esprime con una confessione intima che mi fa subito capire, nonostante il mio prolungato silenzio, che non ha riattaccato. «Sai, Raggio di luna, nei miei sogni ci sei sempre, e tutto è come la notte prima della mia partenza: Cannes, io, il parcheggio e te, con quel corpo che avevo immaginato solo dai top. Stupendo.»

Un sorriso lusingato si forma sulle mie labbra. «L'inverno prossimo saremo in Inghilterra e Bass mi ha dato il via libera: verrò a trovarti e lo faremo ancora. Faremo l'amore, te lo prometto. Tante volte.»

«Se solo lo sapesse tua madre.» Gli sfugge un risolino divertito. «Penso che ti ucciderebbe.»

Sì, probabilmente, amore.

«Lei è la padrona del nostro circo, ma io sono la padrona della mia vagina» ribatto, diretta. «E poi, non c'è bisogno che lei lo sappia, giusto?»

«Giusto.»

Sento il tintinnio di una chiave nella serratura e, poco dopo, vedo Bass irrompere nel nostro van. Cavolo, oggi è davvero un figo bestiale: si è fatto la barba, finalmente, e se avessi dieci anni in più e non fossi sua sorella, mi innamorerei perdutamente di lui.

A mio parere è di una bellezza inequivocabile, con un viso da cucciolo e due smeraldi verdissimi al posto degli occhi.

Inizia a mostrare qualche segno d'età, come una piccola ruga fissa sulla fronte, ma questo non diminuisce il suo fascino. Peccato che, nonostante la sua bellezza, sia così insicuro. La balbuzie è per lui il suo peggior difetto, un ostacolo che talvolta lo mortifica e lo intimidisce più di quanto dovrebbe.

Il problema di linguaggio – che si trascina sin da quando era bambino – non gli è mai stato corretto da un logopedista. Potrebbe provare a risolverlo ora, ma sostiene che sia troppo tardi e che abbia altre priorità. Sua madre lo trascurava parecchio, o almeno così mi ha detto la mia, di mamma. E papà... Papà si dedicava esclusivamente ai suoi animali e al circo.

Bass è distratto dalla lettura di un libro che sorregge tra le mani. Non fa attenzione ai passi e per poco non calpesta una zampetta di Scorbuto. Il mio figlioletto peloso è però così intelligente da scansarsi in tempo. Anche lui sembra sconvolto nel vedere Bass leggere.

Non posso credere che questa immagine sia rea­le, visto che non ha mai letto un libro in vita sua. Si annoia persino a consultare i volantini dei negozi di elet­tronica, per intenderci. Per un periodo, ho pensato persino che fosse dislessico.

Cosa gli sta succedendo?

La curiosità mi spinge a congedare Terence, rassicurandolo con la promessa di richiamarlo più tardi, dopo la riunione tra i due circhi che si svolgerà in aperta campagna, alla quale io e Bass siamo già in ritardo.

Quando lo vedo sorridere dopo aver letto una frase, il mio volto si increspa in un cipiglio esageratamente perplesso, in sintonia con le tante ipotesi che mi vengono in mente. La più plausibile è che desideri am­pliare il suo vocabolario per impressionare una ragazza con frasi poetiche.

Forse gli piace una delle contorsioniste del Fleurs, tutte graziose, sebbene più giovani di lui di almeno sette o otto anni.

Questa teoria mi entusiasma fin troppo.
Vorrei tanto avere una cognata.
Una persona che possa essermi sia amica che parente e che mi aiuti a "gestire" mamma quando ha i suoi attacchi di nevrastenia.

Finora, però, Bass non ha mai voluto legarsi a una donna e una volta mi ha persino confessato di essere quasi certo di essere stato programmato per rimanere scapolo a vita.

E... anche vergine?

Poco tempo fa, però, nelle chat di gruppo con gli artisti del Powell Circus, ha inviato per errore una foto di gel lubrificanti. Da lì ho dedotto che potrebbe avere rapporti occasionali con persone che non conosco, magari nelle sere libere dagli spettacoli.

Non escludo neppure che possa essersi scoperto attratto dagli uomini.

Spiegherebbe il motivo per cui non abbia mai avuto una compagna in quasi trentadue anni di vita. In passato ha addirittura rifiutato i corteggiamenti di una bravissima ragazza del circo, ora che ci penso.

«Con chi parlavi?» d'un tratto mi chiede, non staccando le pupille dalle righe e biascicando poi, persistente­mente rapito, frasi di difficile comprensione.

«Terence. Ti saluta» rispondo, intensificando il mio sguardo. «E tu? Posso sapere cosa stai facendo?»

«Io?» Il suo interesse è finalmente catturato dalla mia domanda, che lo distoglie dal suo impegno. Mi guarda e fa spallucce. «Beh, smetto di fare schifo. Gérard Dubois parla di estremismo s-s-ssscenico. Quelli ballano, cantano e recitano. Possono fare un musical.»

«I loro spettacoli sono dei musical» preciso.

«Ma c'è di più» riprende, posizionando un pollice al centro della spina per non perdere il segno. Chiude il li­bro e lo fa oscillare a mezz'aria. «Quelli del Fleurs l-leggono, studiano e fanno i matematici: sono dei cervello­ni. Tipo Frankenstein e simili.»

«Einstein, Bass. Albert Einstein.»

«Non ho mai letto un libro» ammette, mentre sul suo volto si disegna un'espressione di vergogna, intrecciata a quel complesso d'inferiorità che sembra sopraffarlo ogni giorno. «Forse è arrivato il m-momento di rimedia­re.»

Ho capito. Non c'è nessuna graziosa contorsionista all'orizzonte, purtroppo. E forse neanche un uomo. Que­sto mi rattrista, ma non del tutto, perché apprezzo la sua improvvisa voglia di acculturarsi.

Credo fermamente che dobbiamo impegnarci ogni giorno per diventare la migliore versione di noi stessi, anche se a volte anch'io vorrei solo restare a poltrire sul divano anziché andare a scuola, a interfacciarmi con coetanei che mi guardano strano.

Non dobbiamo lavorare su di noi per compiacere gli altri o per ricevere elogi, ma perché ce lo dobbiamo. Ognuno di noi merita di evolversi e brillare.

Mio fratello più di chiunque.

Non c'è persona che vorrei vedere vincere e farcela più di lui. In questi sedici anni mi ha cresciuto con immensa pazienza, proprio come farebbe un padre, e solo per questo mi aspetto che la vita lo ricompensi cento volte tanto.

Fisso la copertina del suo libro: il naso di legno è inconfondibile. La sua scelta di lettura mi fa una te­nerezza infinita. A volte sì, sembra un papà, ma altre volte sembra proprio un bambino.

«Pinocchio, eh? Avvisami quando deciderai di passare a una lettura per chi ha più di dodici anni. Te ne presterò uno io.»

«Senti qui.» Bass torna a concentrarsi sul libro, riaprendolo e avvicinandolo così tanto al viso da sembrare sul punto di tuffarcisi dentro. «In questo m-m-mondo, quando si può, bisss-bisogna mostrarsi c-c-c-cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.» Fa un giro su stesso, poi si inchina con un movimento da principe davanti a me. «Io? Ti s-sembro cortese?»

Scoppio a ridere. «Dai, a volte.» Riprendo in mano il tamburello e approfitto della citazione per appianare il mio dubbio. «E questo coso? Ti è stato ceduto con cortesia? Che ci fa qui?»

Inarca un sopracciglio. «Dove l'hai trovato?»

«Era qui, sul tuo letto. Perché ce l'hai tu? Non mi dire che l'hai rubato.»

«Ma ti pare?» si difende con un falsetto allibito. «L'ho sss-semplicemente trovato al tendone, su uno dei sedi­li della tribuna. Non ho idea di chi possa essere e nessuno è venuto a reclamarlo in ufficio. Avevo pensato a Bob, ma...»

«So a chi appartiene» lo interrompo. «È di una ragazza del Fleurs. Magari potrei restituirglielo e cominciare a familiarizzare con loro.»

Bass si illumina con un sorriso ampio. Deve aver captato il mio tentativo di aprirmi verso gli sconosciuti, dopo giorni passati a mostrarmi distante. Lui è sempre per la pace e la concordia, io no, ma forse è il momen­to di cambiare atteggiamento, visto che, se tutto va bene, con quelle persone dovremo conviverci a lungo.

Si avvicina e si inginocchia davanti a me. Con la mano fasciata mi accarezza la guancia, poi mi prende dolce­mente il mento. «Chissà, sorellina, magari s-scoprirai che il Fleurs ti piace e diventerai un'estremista anche tu.»

«Amoruccio, io sono già un'estremista» dico con fierezza. «Quando mi vedranno esibirmi, si sentiranno così inferiori che andranno a nascondere le loro teste da qualche parte. Non sanno con chi hanno a che fare.»

«Mi sa c-che hai ragione.»

In seguito lascia il libro sul letto e si gira di spalle. Con un leggero movimento, ruota il viso di tre quarti verso di me, indicandosi la schiena con il pollice. «Forza, salta su e aggrappati. L'unico m-modo per ar­rivare in tempo alla riunione è correre.»

Sì, andiamo.
Vediamo che succederà oggi tra Fleurs e Powell Circus.

Mi aggrappo alle sue spalle come un koala, avvolgendo le gambe attorno alla sua vita. Lui blocca i miei pol­pacci con le mani, si solleva in piedi con un piccolo verso di sforzo e si dirige verso la porta del van.

Una volta fuori, inizia a correre.
Corre all'impazzata.

E io... io urlo e rido spensierata.

Un giorno sposerò Terence e, se avrò un figlio maschio, lo chiamerò Bass, proprio come lui. Come la persona che mi ama più di chiunque al mondo, quella che si getterebbe tra le fiamme di un incendio pur di salvarmi.

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