Elizabeth - Now
Raccogli ordinatamente le tue onde ricce e scure in una treccia, utilizzando più forcine che riesci. Sei ancora scossa dal contenuto delle due lettere (adesso con accuratezza riposte nel tuo cassetto), ma falsifichi il tuo malessere e decidi che stai bene; non ti hanno toccata, tu non hai colpe.
Un'ennesima notifica e abbandoni il guardarti allo specchio, scoprendo la pancia per osservarti come si deve. Cento messaggi dal tuo gruppo di amiche e li guardi attentamente. Necessiti di queste piccole condizioni, minima benevolenza di un trascorso non positivo con le persone. È che vieni divorata dall'invidia ad ogni passo che compi verso un nuovo individuo. È più bello, più intelligente, più ricco, più famoso, più corteggiato, più truccato -- più e tu resti nell'abisso.
Ma non ti guardi con concretezza, preferisci buttare l'intero tuo pensare sulla superficialità. Sorridi ad alcuni messaggi e commenti gli outfit delle altre ragazze, approcciando ad un cambiamento per il tuo. Forse il pantalone non ti risalta nella maniera adeguata e ti spogli, tracciando i contorni di grasso che reputi esserci dinanzi allo specchio. Ma è tardi, ci penserai dopo. Nella tua futilità, girovaghi per casa e scegli un nuovo paio di pantaloni, spegnendo la luce della camera disordinata che sai tua madre pulirà ed esci senza neppure salutare, semplicemente disperdendoti nei vari post di instagram e facebook del ragazzo che ti piace e ti aspetti che in questo modi trascorri il percorso in autobus.
*****
«Vi dicevo, sembra che Harold e Catherine abbiano una storia.» echeggia Daisy, mostrandoti la foto al suo cellulare dallo schermo rotto. Ero ubriaca, non mi ricordo cosa è successo, ha detto quando le avete chiesto spiegazioni. Ha persino riso, voi l'avete accompagnata -- tu, lo hai fatto. Ma non ti diverte. Non hai reali interessi, non hai gradimenti. Tu vuoi essere bella.
«Catherine? Ma se è ancora vergine.» esclama Louna, mentre si siede con più comodità sul tavolino di legno e fuma la sua consueta sigaretta. Passa una mano nei capelli biondi e scoppia a ridere quando Mary la guarda.
«Anche io e Gennie siamo vergini, Louna.» ammette ridendo sommessamente, aggiustando gli occhiali sul naso.
«Catherine non è male,» si ripropone Serena, arrovellando fra le dita alcuni dei suoi folti ricci neri. Avanza in avanti, al tavolo, appoggiandosi ai gomiti che gioca col suo cellulare appena acquistato. Una mano al mento e qualche sorriso nei tuoi riguardi. Ma stamane non ce la fai, vorresti rifugiarti nel caldo delle coperte.
Continuano a chiacchierare fra loro come da abitudine, cercando di condurti all'argomento, ma tu rispondi con cenni e parole biascicate, non interessata. Vorresti che non ti importasse, ma hai sottratto alla morte in maniera audace un premio di compassione che le apparteneva. Hai paura.
«-- Sì e io l'ho guardato, insomma, non poteva essere serio. Ma lo era. L'ho lasciato, troppo moccioso per me.» Daisy termina il suo monologo di straordinaria bellezza, raccontando del ragazzo che era troppo immaturo per lei. «Non voleva nemmeno ubriacarsi l'altro giorno: ho la ritirata. Ma vi pare che a diciassette anni ha ancora la ritirata?» le altre ridono, dandole corda. Tu maneggi col cellulare, nemmeno fai delle foto. Fissi i tuoi occhi ovunque al di fuori della conversazione, per scappare. Non da loro, perché tu sei esattamente allo stesso modo, ma dal nodo amorale che si stringe nella tua gola, devozione maligna alla compassione.
«Cazzo, i Porter.» interviene Louna, legando frettolosamente i capelli biondi e facendovi segno di dare un'occhiata. Si impegna persino a gettare la cicca a terra mentre i due coniugi addolorati attraversano il cortile.
Il padre attira la tua attenzione. Guarda a mezz'aria, tiene le mani ben salde alle spalle della moglie e ignora i chiacchiericci degli studenti. Parlano, è comune. Si è tolta la vita e loro sono venuti a ritirare i suoi libri, le sue cartelle e tutto quello che potrà donare ricordo della ragazza schizzofrenica che si è buttata da un ponte due settimane fa.
Il cuore ti sprofonda nello stomaco, diviene insito nell'intestino e non riesci a trattenere la profonda nausea che travia i tuoi sensi. Percepisci una eclissi a divorarti, tutti i tuoi credo si frantumano all'istante al vedere della madre che attacca diverse persone che l'accolgono. Non ha i capelli tinti correttamente, non è truccata ed è vestita di tanti --- forse troppi colori diversi, contornandosi di isteria. Sta attaccando la vicepreside, adesso, e le altre ridono.
«Carolina era schizzata quanto la madre.» strilla Daisy. Si accende una sigaretta e si becca una occhiata indecente da te e dalle altre, «Cosa? Quella donna non è normale.»
«Le è morta una figlia, Daisy, abbi la decenza di non dirle, certe cose.» ammette Serena. Il suo sguardo torna immediatamente allo schermo del cellulare ed abbandona la conversazione.
«Serena, non essere stupida,» rende la voce più acuta e mette gli occhiali, «È solo un bene che sia morta. Scassava le palle ed era una maniaca.» non è seria, lo sai, ma non sa prestare attenzione alle parole che usa.
«Ma quanto sei stronza!» interviene Louna, ma è sarcastica.
Ridono. Ma tu ti alzi e corri via, ti chiamano.
«Elizabeth?» è la voce di Gennie che, sporgendosi, lascia cadere in avanti i suoi capelli arrivanti ai fianchi. Porgi un sorriso e «Devo fare una cosa. Me ne ero dimenticata.»
«Ti serve una mano?» Louna che si appresta ad alzarsi, ma la interrompi col palmo. «No.»
Fai per girarti e ti salutano, qualche passo, fermandoti di improvviso, guardandole, «Solo. .» ti riprestano attenzione, tu dondoli sui talloni e mordi l'interno guancia, «Avete una penna?»
N/A: dalla prossima volta non sarò più io ad aggiornare ma una mia carissima amica, in quanto mi ritroverò a spendere il mio tempo da domani fino alla metà di agosto fuori casa. Risponderò io ai commenti, ma non sarò attivissima ye.
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