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Elizabeth - Now

Apri il tuo armadietto e riponi i libri nel loro apposito spazio, aggiustando una ciocca di capelli che non pare avere intenzione di trovare il proprio posto nella coda.

Ti guardi intorno ed impieghi poco a lasciarti scivolare dalle dita l'ultimo manuale di francese. Cade ai tuoi piedi, le tue scarpe di marca attirano i tuoi occhi e ti chini per trascinare le dita su un piccolo segno di sporco sul bianco.

Rialzi lo sguardo e noti che Catherine e Josh stiano ancora parlando. Lui la trattiene per un braccio e lei scuote la testa, non tenendo gli occhi all'altezza di quelli dell'altro.

Raccogli il libro, schiudendo le labbra, ma continui a fissare ardentemente i due ragazzi che si ritrovano a chiacchierare pochi metri distanti dall'armadietto di Carolina -- o delle foto di Carolina.

Chiudi la porticina grigia e ti avvicini senza dar troppo conto a quel che ti sta attorno. Fingi di star guardando al tuo cellulare ed emuli un sorriso, un audio alle tue amichette e rallenti il passo quando passi accanto a loro.

Catherine dice di no, non sai a cosa. Sta cercando di divincolarsi dalla presa di Josh e «Non puoi costringere gli altri a compatire.»

«Catherine, non essere sciocca. Se tutti ---»

«Tu non essere sciocco. Riporta quelle - abbassa leggermente il tono della voce calda ed avvicina le labbra all'orecchio di Josh; tu ti nascondi dietro la colonna e ti appoggi con le spalle come per trovare sollievo - lettere dov'è il loro posto. E dimentica, Josh.»

«Ma quel senso--»

«Quel senso passerà. Riporta le lettere dove diavolo è il loro posto e dimentica. È morta.»

Se ne va, ti passa di fianco e sta slacciando i primi bottoni della sua camicetta bianca a fiori, ti nota appena.

Tu lanci un'ultima occhiata a Josh che scava con le dita lunghe nella sua felpa nera. Abbassa il capo, non occorrono spiegazioni.

Scegli di inseguire Catherine, le corri dietro e sei intenta nel voler comprendere il perché di tanto nervosismo. Oh, dolce Elizabeth, tu non hai idea di chi ti sta osservando. Muovi la tua attenzione verso di me, mi chiedi cosa diavolo sta accadendo, ma ti sto invitando a sgambettare nella direzione della verità e ti infastidisco. Mi ignori, raggiungi la ragazza dai capelli ricci e l'affianchi, «Ciao, Catherine.»

Ti guarda, non concepisce cosa cerchi da lei e ti dona un semplice cenno col visino delicato. I suoi lineamenti hanno l'aria di chi ci sta pensando.

«Aspetta,» le dici che state scendendo di fretta le scale della scuola e lei si blocca, resta inerme nel cortile pressocché affollato, agganciando le braccia al petto con la sua giacca marroncina fra le mani. «Cosa?» si morde una guancia.

Non hai idea di che parlarle, il tuo cuore accelera in maniera impudica e vorresti che fosse facile come quando scrivi alle tue amiche che vuoi ucciderti perché una ragazza del tuo corso è più bella di te. «Stavi parlando con Josh.»

Lei annaspa e flette il corpo, guardandoti con disinvoltura. La sua espressione incute maggiore curiosità in te, seppure tenta di mostrarsi tranquilla e sorpresa. «È un reato?»

«Di compassione.»

«Tu parli di trucchi, io di compassione. Qual è il problema?» ti sta schernendo e vorresti gridare perché ti infastidisce perdere il controllo della situazione. Stringi in fessure gli occhi, le tue labbra ornate dal rossetto risultano serrate e vorresti farle notare i difetti. «Non è questo il punto.»

«In effetti, non c'è un punto. Ciao, Elizabeth.» vuole andarsene, ma l'afferri per il braccio e permetti alla tua borsa di cadere al pavimento. Ti tremano le dita, sono sudate e il volto di Catherine si incupisce.

«Io non ho ucciso Carolina.»

«Ne sei sicura?» ti sfida. I suoi occhi verdi ti lasciano impietrita. Senti dentro di te un mare incontrollabile spingersi contro le viscere, le pareti dell'intestino. Ogni tua cellula sta cedendo dalla colpa che dimora nel tuo cuore -- e nella tua testa.

«Carolina era --»

«Era una persona, Elizabeth. E le persone a volte sono diverse da noi. Negli atteggiamenti, nei modi di pensare o nel linguaggio. Pensavo fossi più matura di così: lei è morta ed ancora passi del tempo ad insultarla. Cresci, Elizabeth, c'è un mondo oltre l'apparenza.» getta al di fuori queste parole con rincrescimento, i suoi occhi risultano gelidi, vi si perde in una secchezza disarmante. Fai qualche passo indietro, una mano al petto.

«Lei si è gettata da un ponte, nessuno l'ha costretta.»

«E allora cosa vuoi?»

Non rispondi. . . Ma in effetti, cos'è che desideravi? Conferme? Di cosa? Ti volti nuovamente nei miei riguardi ed io ti faccio un cenno con la mano, quasi a dirti che non ti abbandonerò con tanta facilità.

Il cortile soleggiato della scuola diviene luogo soffocante. I suoi alberi secolari offuscano la tua vista, le chiacchiere liceali ti innervosiscono e l'interno ambiente allegro ti propone un ammattire lento e concreto. Catherine fa sì che tu le lasci andare la presa ferrea, per girarsi e andar via dai tuoi nascenti sensi colpa.

Imprimi il tuo sguardo confuso ovunque non sia la consapevolezza e percepisci con mancata sveltezza che si è voltata per un ultimo attimo verso di te e «Ma tanto, si farà sentire anche con te.»

«Chi?» riesci a brontolare, ma lei è già distante. Cammina e sembra sollevata, persino priva dei rimorsi che pochi giorni fa rumoreggiavano nei suoi modi di fare.

Ti ha mostrata la restante faccia della medaglia, quella ignorata fino ad adesso. E dall'altra parte è tutto disgustoso. Chissà che occhi avrà la morte, ti chiedi. E siedi, improvvisamente, che ti mancano le forze e porti le mani fra i capelli ancora raccolti. Li sciogli, hai bisogno di aria.

Il tuo sguardo viaggia poco più in là e noti il ragazzo dai capelli ricci che si muove al di fuori dell'edificio. Sai che non dovresti farlo.

Nemmeno fornisci al tuo organismo una spiegazione che la campanella suona e tu guardi attentamente gli studenti rientrare dopo la ricreazione. Dovresti fare altrettanto, incamminarti per la lezione di matematica, ma invii un messaggio di frottole sul tuo gruppo di amiche e ti avvii dove non avresti mai pensato.

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