I
23 Dicembre 2015, Seoul.
Meno otto giorni al grande disastro.
— Ho una buona notizia, donzelle! — esordì Junhong, spalancando la porta dell'appartamento che condividevo con Ha Gi. Per poco non mi rovesciai addosso la cioccolata calda dallo spavento: odiavo quando quel cretino del fidanzato della mia migliore amica entrava in casa senza neanche avvisare.
— Ciao anche a te — sbottai, appoggiando la tazza bollente sul tavolino. — Ha Gi è andata in biblioteca, passa pure tra mille anni.
Junhong emise uno sbuffo colmo di frustrazione e si gettò a peso morto sul divano, accanto a me. — E io che volevo farle una sorpresa — mise il broncio, e non potei far altro che pensare che fosse molto carino. D'accordo, avevo una cotta per lui da due anni, proprio quando si fidanzò con Ha Gi, non ci potevo fare nulla. I suoi occhi scuri, il suo corpo magro e allenato, i suoi capelli neri come la notte e le labbra rosee mi avevano conquistata fin da subito.
— Piombando qui come una bomba atomica? A me hai solo fatto venire un infarto — scherzai, posando una mano sul torace. Cercai di sistemarmi i capelli passando le dita tra le ciocche corte, con il risultato di spettinarli ancora di più.
Lui scoppiò a ridere. Dio, quanto amavo la sua risata. — Non era questa la sorpresa. Hai programmi per Capodanno? — domandò, prendendo la tazza di cioccolata e bevendone un sorso.
Ci pensai su. A parte stare rintanata nella mia camera a studiare per l'esame di biologia e mangiare quanto un maiale... no, non avevo nessun impegno. — Nulla di emozionante — risposi, tirando le ginocchia al petto.
— Bene — si sfregò le mani. — I miei genitori finalmente hanno ceduto! Dan Bi, che ne dici di passare il Capodanno a New York? — aveva gli occhi che brillavano.
Invece io per poco non caddi dal divano. — C–che? — balbettai, incredula. Sapevo che Junhong proveniva da una famiglia schifosamente ricca, ma non credevo che sarebbero arrivati a tanto: andare a New York in questo periodo costava un patrimonio. — A quale essere magico hai chiesto aiuto per convincerli?
— Ho rotto loro le palle per circa un mese, e alla fine hanno detto di sì — disse, emozionato. — Di sicuro Ha Gi verrà, quindi non mi preoccupo. Che mi dici di te? E Daehyun Hyung?
Daehyun era il mio migliore amico, l'unico che era a conoscenza dell'amore sconfinato che provavo per la Tour Eiffel accanto a me. — A lui di sicuro piacerebbe l'idea. Ma... Lo sai, a differenza tua, noi due facciamo parte dell'umile plebe.
Junhong mi diede un buffetto sulla guancia. — Dan Bi, ho pagato tutto io, tranquilla! E ho anche preparato una scaletta, guarda, — infilò le mani in tasca ed estrasse un foglio spiegazzato, per poi aprirlo. — Noi risiederemo in un hotel vicino Times Square, così, quando ci sarà lo spettacolo della Ball Drop, potremo andare direttamente lì a vederlo. Il posto si chiama "DoubleTree Suites", ed è uno dei migliori hotel di quella zona. Poi andremo a vedere anche altri spettacoli, ma devo vedere ancora gli orari e prenotare e...
Lo bloccai, ridacchiando. — Dovrei aspettare dodici ore al gelo per vedere una palla che scende da un grattacielo? No, grazie — scossi la testa e posai la testa sul bracciolo. Sapevo già in anticipo che i miei genitori non mi avrebbero mai mandata a New York. Non solo era troppo lontano, ma anche perché mio padre era un tipo abbastanza protettivo nei miei confronti. C'era voluta la mano di Dio per farmi trasferire a Seoul per l'Università.
Il ragazzo mi lanciò un'occhiata curiosa. — Preferisci rimanere qui da sola a studiare l'apparato escretore degli esseri viventi? — alzò un sopracciglio, in attesa della mia risposta.
Di sicuro, in quel momento la palla che cadeva da un grattacielo mi sembrava una proposta allettante. — Mi avevi già convinto a "apparato escretore" — dissi, con un brivido.
Le labbra di Junhong si incurvarono in un sorriso allegro. — Perfetto! — piegò il foglio di carta e lo ripose nella tasca della felpa. — Non vedo l'ora di passare il Capodanno insieme ai miei migliori amici e la mia ragazza! — squittì, mentre si lasciava cadere sui cuscini del divano.
Sorrisi, quando in realtà volevo prenderlo a schiaffi e urlargli davanti al viso: "svegliati, fesso, mi piaci!". — Già. Mi piacerebbe molto andare in vacanza con una coppietta che mi ricordi la mia infelice vita da zitella — scherzai, stringendo la mia fedele tazza di cioccolata.
Junhong mi strappò dalle mani la coppa e bevve un sorso di quel nettare divino. — Dai, Dan Bi, troverai la tua anima gemella — disse, pulendosi la bocca con il dorso della mano. — Devi solo aspettare.
"Peccato che tu mi piaccia, razza di cretino", pensai. — Peccato che l'abbia già trovata, — gli diedi un pizzicotto sul braccio e riafferrai la tazza ormai semivuota, per poi sventolargliela davanti agli occhi. — La mia anima gemella? Il cioccolato.
— Farò il prete al vostro matrimonio, allora. E tu farai la damigella d'onore al mio con Ha Gi — posò le gambe sul tavolino e allargò le braccia.
Non mi accorsi della smorfia che comparve sul mio viso fino a quando Junhong non scoppiò a ridere con le mani poggiate sulla pancia. Allora gli gettai addosso il resto della cioccolata, ormai tiepida, sul maglione. — Tu sì che mi fai arrabbiare.
— Ma che ho fatto!
30 Dicembre 2015, Seoul.
Meno due giorni al grande disastro.
Ci vollero lacrime, minacce e sì, soldi, ma alla fine, mio padre si arrese.
Fino all'ultimo secondo tentò di farmi cambiare idea, anche mentre mi stava accompagnando all'aeroporto. Era venuto da Seonyudo (matto) solo per scortarmi e se ne uscì con dei: "Ma ti possono violentare", "Non voglio diventare nonno", "E' pericoloso!", "Non posso controllarti!", "Quel Junhong mi è sempre stato antipatico"; ma, ovviamente, io feci finta di nulla e gli promisi che l'avrei chiamato ad ogni ora, fregandomene del fuso orario.
Arrivammo all'aeroscalo con ben venti minuti di ritardo. Papà si difese con i denti, affermando che era colpa del traffico, ma un piccolo problema fece crollare la sua tesi: non c'era un'anima per le strade di Seoul.
— Finalmente sei arrivata! Il volo parte tra cinque minuti! — disse Ha Gi, correndomi incontro. Era una bella ragazza, dai lunghi capelli castani e grandi occhi scuri. Ci credo che Junhong fosse innamorato perso di lei, io al suo confronto sembravo un tricheco spiaggiato.
Trascinai la valigia e presi il biglietto dalla borsa, inserendomi con la mia amica nella fila per fare il check–in. — C'era traffico — fu la prima cosa che mi venne in mente. Lanciai un'occhiata a mio padre e lo vidi accanto all'uscita che mi salutava con tanto di sorrisone stampato sulle labbra.
Scossi la testa e seguii Ha Gi. Raggiungemmo Junhong e Daehyun, i quali erano impegnati in un'animata discussione riguardante quale piatto tipico dovessero assaggiare per primo una volta arrivati. — Ragazzi, è arrivata! — esordì Ha Gi, cingendomi le spalle con un braccio.
— Ciao — agitai la mano e misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
— Dan Bi! Finalmente, pensavo ti avessero rapita gli alieni! — enunciò Daehyun, correndo ad abbracciarmi. Si abbassò alla mia altezza (che ossimoro) e sussurrò al mio orecchio: — Mi hai lasciato solo con quei due! Non facevano altro che baciarsi come se ne dipendesse la loro vita. È stato orribile, non farlo mai più.
Ridacchiai e ricambiai la stretta. — Avrei potuto chiedere un passaggio agli alieni, ora che ci penso. Di sicuro sono più veloci di mio padre — mormorai, staccandomi dal mio amico. Anche lui era bello da far paura, tanto che molte donne si girarono a guardarlo con occhi sognanti.
Junhong passò il braccio attorno alla vita di Ha Gi. — Siete pronti? Non vedo l'ora, è il mio primo Capodanno passato all'estero! — cinguettò, felice come una Pasqua.
— E' la prima volta che vado all'estero — dissi fingendo il suo stesso entusiasmo.
— E' la prima volta che prendo l'aereo — mi affiancò Daehyun con un sorriso furbo.
Ha Gi sbuffò. — Oh, andiamo, la volete smettere di fare battute di questo genere? — chiese, avanzando e cercando il suo biglietto nella tasca del cappotto.
— No, perché sei adorabile quando ci rimproveri — sghignazzò Daehyun facendole l'occhiolino. Lei rispose con il dito medio e Junhong si morse le labbra a sangue per non scoppiare a ridere.
Alzai lo sguardo. — Okay, tesori, è il nostro turno. Non facciamoci riconoscere.
Una volta saliti sull'aereo, mi accomodai accanto ad Ha Gi e tirai fuori l'MP3 dalla borsa. La mia amica non faceva altro che girarsi dietro, in direzione di Junhong, e non volevo sorbirmi i loro discorsetti da persone schifosamente felici ed innamorate.
— Non vedo l'ora di portarti al Giardino Botanico di Brooklyn, è uno dei posti più romantici di New York! Potremo vedere i ciliegi in fiore... — stava pigolando Jun, con il mento poggiato sullo schienale del sedile di Ha Gi. Lei, d'altro canto, lo guardava con occhi sognanti.
Non potei fare a meno di replicare acidamente: — E' Dicembre, genio. — Appurando che il lettore era scarico, sbuffai e lo riposi con stizza nella tasca della felpa.
— Oh... Allora ti porto alla pista di pattinaggio di Rockerfeller.
— Ma non so pattinare... — mugugnò Ha Gi, giocherellando con una ciocca dei capelli neri di Junhong. Non ce la farò a resistere tredici ore e quarantanove minuti con questi due.
— Ancora meglio! Avrò una scusa per tenerti per mano! — A quel punto il mio stomaco ed il cervello decisero di non sopportare più quella sdolcinatezza. Mi voltai a rallentatore verso Daehyun, seduto due file dietro di noi, e lo sorpresi a ridere come un cretino.
"Aiutami", mimai con le labbra. Lui scosse la testa e rispose: "Ora è il tuo turno, tesoro", dopodiché mi fece l'occhiolino e indossò le cuffie.
Lo maledissi una ventina di volte.
— E tu, Dan Bi? — Ero così impegnata ad abominare il genere maschile, che non mi accorsi dello sguardo indagatore che mi stava inviando Junhong. — Io cosa? — domandai, mentre cercavo disperatamente il libro che avevo comprato il giorno prima.
— Tu cosa vorresti fare?
Assolutamente niente. Sono qui, in compagnia del fidanzato della mia migliore amica del quale sono innamorata; visitare New York non rientra nelle mie priorità. L'unica cosa che mi interessa è tornare a Seoul con il cuore integro. Mi mordicchiai le labbra e sorrisi. — Vorrei andare anche io a pattinare — risposi. Così posso vedere Junhong che cade di culo sul ghiaccio. — Così imparo cose nuove.
Gli angoli delle labbra del ragazzo si incurvarono in un sorriso spocchioso e arrogante, per poi venir sostituito da uno allegro. — Brava! Magari incontri qualche bel ragazzo e gli terrai la mano per tutto il tempo. Come farò con Ha Gi. — Sostenne il mio sguardo per qualche secondo, poi si dedicò completamente alla fidanzata.
Non sapevo cosa cavolo gli stesse passando per la testa. Era come se volesse sottolineare ogni volta che lui amava Ha Gi, e che nulla avrebbe potuto indurlo a lasciarla. Non c'era bisogno che me lo dicesse, lo sapevo fin troppo bene.
E soffrivo il doppio per questo.
Chiusi gli occhi e cercai di dormire, ma le risatine di quei due si facevano sempre più forti, come il rumore dei loro baci. Sembrate un rubinetto che perde, pensai, calando sul capo il cappuccio della felpa. C'erano buone probabilità che non mi vedessero piangere come una bambina.
Qualcuno mi scosse il braccio e sollevai stancamente le palpebre, ritrovando il viso di Daehyun ad un palmo dal mio. — Ehi, scambiamoci i posti — sussurrò.
— Perché? — Quasi non riconobbi la mia voce.
Un sospiro sommesso sfuggì dalle sue labbra. — Perché riconosco quando la mia migliore amica sta male. Alza il culo, avanti.
Obbedii e andai a sedermi sul suo sedile, accanto ad un'anziana coppia che si teneva per mano. Sono circondata da persone dannatamente felici ed innamorate.
Junhong chiese qualcosa a Daehyun, il quale rispose a voce insolitamente alta: — Oh, Dan Bi aveva solo bisogno di dormire, e con voi due che tentate di riprodurvi come conigli non ci riesce.
L'hostess inorridì ed Ha Gi avvampò fino alla radice dei capelli.
Io, invece, mi limitai a ridere ed adorare ancora di più quel cretino di Jung Daehyun.
31 Dicembre 2015, New York.
Meno un giorno al grande disastro.
Arrivammo in America alle due di notte. Dire che ero distrutta sia fisicamente che mentalmente è un eufemismo: non mi sentivo più le gambe e non vedevo l'ora di mangiare qualcosa di ipercalorico per dimenticare quella merdosa giornata grigia.
Prendemmo un taxi e ci dirigemmo verso l'hotel. Ne approfittai per restare con il naso incollato al finestrino ed ammirare New York: era una città stupenda, illuminata da una quantità inimitabile di luci di tutti i colori. I grattacieli si stagliavano verso il cielo come enormi titani ed i cartelloni pubblicitari cambiavano immagine ogni minuto.
— Non vedo l'ora di mettere qualcosa sotto i denti — annunciò Daehyun di punto in bianco, accarezzandosi lo stomaco. Quel ragazzo era un pozzo senza fondo.
— Anche io, sto morendo di fame — gli fece eco Ha Gi. Rettifico: quei ragazzi erano pozzi senza fondo.
Junhong si sporse verso il guidatore e domandò, in un perfetto inglese: — C'è qualche ristorante aperto vicino all'hotel?
Quello ci pensò su. — Considerando che il DoubleTree Suites è a cento metri da Times Square, vi consiglio il "R Lounge at Two". Potrete gustare piatti tipici americani — rispose, con gli occhi fissi sulla strada.
Studiavo biologia in inglese, quindi capii tutto ciò che disse l'uomo e lo ringraziai con un lieve inchino. Invece, Daehyun ci guardò uno ad uno con un sopracciglio alzato. — Allora? Che ha detto?
— Tranquillo, Jung, mangerai — fu l'aspra risposta di Ha Gi. Appoggiò la testa sulla spalla di Junhong e gli strinse la mano. Inspirai con forza dal naso e deviai lo sguardo in direzione della città che sfrecciava davanti ai miei occhi.
— Acida come un limone, as always. — Dae sorrise in modo beffardo. — Speravo che l'aria Newyorkese ti addolcisse un po', ma... Ho capito che non si può avere tutto dalla vita. — Accostò la fronte al finestrino gelido e sospirò rumorosamente.
Calò un silenzio pesante, rotto dal rumore delle ruote che graffiavano l'asfalto e dai clacson. — Credo che assaggerò il Chimichanga — dissi di punto in bianco, al fine di alleviare la tensione. Era da un po' che le cose non funzionavano bene, tra noi quattro, e non avevo la più pallida idea di cosa fosse successo. Ha Gi e Daehyun erano più combattivi del solito; e Junhong si comportava come se sapesse che provavo qualcosa per lui. Daehyun non poteva averglielo detto, aveva giurato con il sangue che non l'avrebbe mai fatto. Ha Gi non lo sapeva neanche... E allora...?
— Chimicosa?
— Un burrito farcito con tutto lo scibile umano, poi fritto, poi accompagnato con guacamole. Credo che le mie arterie esploderanno, ma deve essere davvero buonissimo — risposi, pensando a quel piatto celestiale che avevo cercato su internet giorni prima.
Daehyun annuì e mi mostrò il pollice alzato. — Ottima scelta. Io invece voglio un Corndog. Nell'Iowa si divertono a prendere i wurstel, pastellarli, friggerli e metterli su uno spiedo. Amo quelli dell'Iowa.
Junhong si unì alla conversazione, allegro, come se tutta la stanchezza ed il jet–lag fossero spariti. — Io punto al dolce, invece. Nel Mississippi c'è questa bellissima torta che chiamano "Mud Pie": un brownie che galleggia nella salsa di cioccolato. Ovviamente è deliziosa. — Si passò la mano sulla nuca e scosse la testa lentamente. — Ovviamente è letale per la glicemia.
Scoppiai a ridere.
— Avete dimenticato i cari e vecchi pancakes. Non vedo l'ora di assaggiarne uno — esordì Ha Gi, con un enorme sorriso stampato sulle labbra.
Anche io non potei fare a meno di riacquistare la mia solita vitalità: eravamo tornati "normali", gioiosi come quattro amici ventenni dovrebbero essere.
Di sicuro mi accorsi che Junhong non mi levava gli occhi da dosso, ma non ci diedi peso.
Ci fermammo ad un incrocio, di fronte ad una grandissima costruzione dalla porta a vetri, con un'insegna enorme che scandiva il nome del nostro hotel. Sopra di essa, un cartellone pubblicitario ci ricordava di andare a vedere lo spettacolo della Ball Drop il giorno di Capodanno.
Scaricammo i bagagli e pagammo l'autista. — Divertitevi — ci augurò, per poi sparire nel traffico di New York. Seguirò il tuo saggio consiglio, cittadino americano di cui non so neanche il nome.
— Oddio, è bellissimo! Dannie, non è fantastico? — Ha Gi mi abbracciò calorosamente. — Sono felice di essere con le due persone che amo di più e Daehyun!
Sentito il suo nome, il diretto interessato alzò lo sguardo dalla sua valigia che aveva subito una grave, gravissima ammaccatura. — Ehi! — protestò, accusando il colpo. Sorrise, scrollando le spalle, e abbassò nuovamente gli occhi sul trolley. Sembrava ferito.
— Ragazzi, andiamo. — Junhong prese la sua sacca (e la mano di Ha Gi) e varcò la soglia dell'albergo, seguito da noi due poveri comuni mortali.
L'atrio era stupendo: c'erano tavolini e sedie di pelle, un lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto e strane costruzioni di acciaio dalle forme più strane. Dietro il bancone in legno lucido della reception vi era un tendone di velluto blu.
Prendemmo la chiave della nostra suite e salimmo le scale con i nasi all'aria. Era tutto perfetto. Niente poteva rovinare la vacanza.
Però, appena entrai nella nostra camera, mi caddero le valigie di mano. Non perché era gigantesca, pulita, ben arredata, provvista di un soggiorno e una TV a schermo piatto da cinquantacinque pollici. Non perché il bagno profumava di rose e c'erano campioncini di sapone alla vaniglia. Non perché sul tavolo ci aspettava una confezione di cookies al cioccolato grandi quanto la mia mano. Ma perché c'erano solo due camere da letto; entrambe matrimoniali.
— Tu mi stai prendendo in giro. — Non era una domanda, ma un'affermazione. Il tono della mia voce era duro quanto la pietra.
— Fidati, non ti sarebbe piaciuto dormire su uno scomodo divano letto — ribatté prontamente il ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle e abbandonando il suo bagaglio a terra.
Annuii. — D'accordo. Ha Gi, tu sei in camera con me.
— Cosa? E perché? — Junhong sembrava sul punto di piangere ma, sotto sotto, mi parve di scorgere un sorriso. No, voi due non farete cose porche. Non con un misero muro a dividerci.
— Perché Daehyun è un giovanotto in piena crisi ormonale.
Il mio amico mi lanciò un'occhiata stranita. — Non essere cattiva, sai che sono innocuo — brontolò, cingendomi le spalle con un braccio.
Ridacchiai. — Daehyun, sono sei mesi che non fai sesso, dopo la rottura con Hyo Min. Il piccolo Jung ne risente. — Gli diedi un buffetto sul torace muscoloso e mi sottrassi alla stretta.
— Veramente, è un mese che non faccio sesso.
Junhong sbarrò gli occhi, incredulo, e la mia mascella per poco non si staccò. Ha Gi si strozzò con i biscotti e dovette darsi violenti colpi sul petto per smettere di tossire, appoggiata allo schienale di una sedia.
Mi avvicinai pericolosamente a Daehyun, infuriata. — E con chi?! E quando?! E perché non me lo hai detto, idiota! Io ti racconto tutto!
Lui si rese conto di aver parlato troppo e si morse il labbro inferiore. — Calma, calma, è stata solo una notte. Ero ubriaco, lei anche e... — mosse il capo a destra e sinistra. — Il resto lo puoi immaginare. È stata una cosa da niente.
Ha Gi assottigliò lo sguardo. — Una "cosa da niente"? Davvero fai? Forse quella ragazza non la considera una "cosa da niente"! — I suoi occhi lanciavano fuoco e fiamme, aveva le guance rosse e stringeva i pugni fino a far sbiancare le nocche.
— Forse quella ragazza non si ricorda nemmeno quello che ha fatto. Era ubriaca. Come una spugna.
— E ti sei approfittato di lei, ma bravo. — Batté le mani, lentamente, con scherno.
Junhong ed io ci guardammo, confusi all'ennesima potenza, e poi volgemmo di nuovo lo sguardo sui due.
Daehyun si passò la mano sul mento e, successivamente, si sfregò gli occhi. Era nervoso, ferito e sconfortato. Faceva sempre così quando si sentiva in quel modo. — Me lo ha chiesto lei, Ha Gi. Forse non se lo ricorda. Io le ho donato il mio cuore quella notte, e lei lo ha calpestato. — Sospirò e prese la valigia da terra. — Vado nella mia stanza. Con permesso.
Entrò in una delle camere da letto e si chiuse la porta alle spalle. Ha Gi seppellì il viso tra le mani e le sfuggì un gemito dalle labbra.
— La conoscevi? La ragazza che è andata a letto con Daehyun — volle sapere Junhong, accarezzandole dolcemente le spalle. Lei si allontanò di scatto, come se il contatto con il fidanzato le provocasse dolore. — S–sì, è una mia cara amica. Mi ha raccontato tutto: Daehyun si è approfittato di lei, se l'è portata a letto e poi è sparito. Gli importa solo di se stesso. — Passò le dita sotto gli occhi per asciugarsi una lacrima.
Scossi la testa. — Io conosco Daehyun, non sarebbe mai in grado di fare una cosa del genere. Può essere idiota, certo, ma non è per niente egoista — dissi, con voce ferma e autoritaria.
A quel punto, Ha Gi esplose. — Stai dicendo che la mia amica è una bugiarda?! — urlò, con il petto squassato dai singhiozzi.
Junhong si spaventò e rimase fermo al suo posto.
Io ero sorpresa dalla sua veemenza. Feci per avvicinarmi a lei, ma la ragazza si passò la mano tra i capelli e scosse velocemente la testa. — Scusa, Dannie, è che lei sta molto male. E se lei sta male, anche io sono triste. Mi dispiace. Vado nell'altra stanza. — Raccolse il bagaglio da terra e s'incamminò verso la camera, per poi sbattersi la porta alle spalle.
Calma.
Jun mi guardò. Lo fissai di rimando, e per poco non mi venne il torcicollo.
Infilò le mani nelle tasche dei jeans e dondolò avanti e dietro sui talloni. — Allora. Come va? — domandò, impacciato. — Nessuna... — mosse le braccia avanti e dietro. — Crisi sessuale... vero?
Non risposi.
Dovette prendere il mio silenzio per un sì. — Vero? — ripeté, mentre andava nel panico e si metteva le mani nei capelli.
Scoppiai a ridere e mi coprii la bocca con la mano. — Sì, sono zitella di nome e di fatto — risposi, prendendo la valigia e trascinandola accanto al divano. — Penso che questa notte dormirò qui. È meglio lasciarli soli per... qualche ora. — Mi sedetti e passai le mani sui pantaloni.
Quei due mi stavano nascondendo qualcosa. Ed ero intenzionata a scoprirlo.
— Va bene, allora io mi apposto su questa bellissima e comodissima poltrona. — Si buttò a peso morto su di essa e gemette a causa del cuscino troppo duro.
— Dan Bi...
— Mh? — Aprii il bagaglio ed iniziai a cercare lo spazzolino ed il pigiama. Mi era passata la fame e la voglia di distruggermi le arterie.
— Tu ne sapevi qualcosa? Dell'amica di Ha Gi? — Sollevai lo sguardo ed incrociai le iridi scure e colme di preoccupazione di Junhong. Si torceva le mani e tremava come una foglia.
Mi affrettai a scuotere la testa. — No, no... l'ho scoperto ora. Come te.
— Le amiche di Ha Gi sono... anche le tue, giusto?
— A meno che non abbiano cambiato identità, sì — risposi, inarcando le sopracciglia.
Junhong congiunse le mani e chinò il capo, muovendo su e giù la gamba destra. — E... qualcuna di loro... sembrava... triste? — Drizzò la testa e prese a mordicchiarsi il labbro superiore.
Feci mente locale: Rin Hee era felicemente fidanzata con Youngjae, mentre Sung Gi stava organizzando il suo matrimonio con Himchan. Cha Ni conviveva con Yongguk e Bo Na era in Francia con Jongup, in viaggio di nozze. Sospirai rumorosamente e scossi la testa. — Probabilmente si tratta di un'altra ragazza che non conosco... Ma perché sei così agitato?
— Perché conosco Ha Gi e Daehyun come le mie tasche. Erano ottimi amici... fino ad un mese fa. Da allora non fanno altro che punzecchiarsi e litigare — rifletté, accarezzandosi il mento con fare pensieroso.
— Giusto — assentii.
— E... E se fosse lei l'amica?
Tacqui. No, impossibile, Ha Gi amava Junhong, tantissimo. — No, Jun, non credo — dissi, sporgendomi verso di lui. — Tranquillo, sicuramente non è andata così. Lei ti adora troppo e lui è il tuo migliore amico. Non potrebbero mai farti un torto simile, non sono quei tipi di persone.
Gli angoli delle sue labbra si sollevarono in un sorriso cordiale e annuì. — Hai ragione, Dan Bi. — Allungò la mano e la posò sulla mia. — Grazie per avermi confortato.
Il mio cuore prese a battere a velocità inaudita e sentii le farfalle nello stomaco. Mi affrettai ad allontanare il braccio. — S–sì. Sei mio amico e non voglio che tu soffra per qualcosa che di sicuro non è successo. Perché siamo amici. — Sottolineai l'ultima parola e distolsi lo sguardo, concentrandomi sul bellissimo pigiama a forma di orso che stringevo fra le dita. Mi alzai e andai in bagno, non prima di aver sentito Junhong sussurrare un flebile: — Amici.
31 Dicembre, New York, ore dieci del mattino.
Meno quattordici ore al grande disastro.
Il mattino dopo, la mia schiena era a pezzi; come il mio umore e quello di Junhong.
— Dormito bene? — Mi misi a sedere, accarezzandomi una spalla.
— Sembra che una serie di camion mi sia passata addosso. — Junhong era sdraiato a terra, avvolto come un bruco nella coperta di lana che aveva preso dall'armadio.
— Ti capisco.
Ha Gi uscì lentamente dalla camera da letto, con i capelli in disordine e gli occhi arrossati. Era ancora in pigiama e stringeva tra le braccia uno spazzolino, diverse creme per il viso e dei vestiti. — Buongiorno. Perché non siete andati in camera? — domandò, con voce incredibilmente roca.
Feci per alzarmi in piedi, ma una fitta mi costrinse a rimanere seduta. — Pensavo che volessi stare un po' sola. Come stai?
Junhong si era riaddormentato.
— Meglio, meglio. Mi dispiace per ieri sera, facciamo finta che non sia mai successo. D'accordo? — S'incamminò verso il bagno come uno zombie, come se non avesse chiuso occhio tutta la notte.
Diedi un poderoso calcio al suo fidanzato. — Svegliati e vai a parlarle — ordinai, con un tono che non ammetteva repliche. Lui gemette rumorosamente e fece leva sui gomiti per sollevarsi da terra. Mi puntò addosso quei bellissimi occhi color cioccolato ed il mio cuore si sciolse come la salsa che mettono nella "Mud Pie". — Certo, prima però mettimi a posto la spalla. Slogatura.
Roteai gli occhi di fronte a tanta esagerazione, mi inginocchiai dietro di lui e cominciai a massaggiargli la schiena. Poi spinsi indietro la sua spalla e sentii un sonoro "crack". — Finito — esordii, alzandomi in piedi.
Junhong emise un gemito prolungato e crollò nuovamente sul tappeto, stringendosi il braccio. — Grazie, mi sento molto meglio — ansimò, con il sudore che colava lentamente lungo le tempie.
Ridacchiai tra me e me e gettai un'occhiata alla porta della camera dove dormiva Daehyun, incerta se sfondarla e prendere a pugni il mio migliore amico per non avermi detto nulla.
Decisi di seguire il mio istinto.
— Jung Daehyun! — strillai, spalancando la porta della stanza e chiudendomela alle spalle. Accesi la luce e lo vidi ancora sotto le coperte. O meglio, vidi una forma indistinta avvolta nelle lenzuola. — Alzati e andiamo a mangiare. I pancakes con lo sciroppo d'acero mi stanno aspettando.
Lui mugugnò qualcosa e si mise a sedere con fatica. Aveva i capelli spettinati, le labbra screpolate ed era pallido come un cencio. — Non ho fame — sussurrò, passandosi una mano dietro la nuca.
Corsi da lui, preoccupatissima, e mi lanciai sul letto. — Hai la febbre? — Gli toccai la fronte, ma non era caldo. — Di solito stai sempre male quando non hai fame.
Daehyun mi fissò e sorrise amaramente. — Io sto male, Dan Bi. Ho sentito tutto quello che ha detto Ha Gi ieri sera, e mi rende triste sapere che lei mi vede in quel modo.
Sospirai e decisi di chiederglielo una volta per tutte. — Ha Gi e la sua amica... sono la stessa persona, vero?
Lui scosse violentemente la testa, rosso in viso, agitato. — No, no, cosa vai a pensare! Lei è fidanzata con il mio migliore amico, mi credi capace di fare una cosa del genere? — Si stropicciò gli occhi e percorse il mento con le dita tremanti.
Non me la bevvi: riconoscevo quando mi mentiva o no. — Da quanto tempo, Daehyun? — volli sapere, prendendogli la mano.
Sorrise di nuovo e replicò, ricambiando la stretta: — Dalla prima volta che l'ho vista, Dannie. — Sospirò e si batté una mano in fronte, per poi lasciarla scivolare lungo la guancia.
— Quindi ho ragione? — Non rispose. — Daehyun, Junhong sospetta di voi due. Ti prego, devi dirmelo.
Questo parve risvegliarlo dal suo stato di coma. — Sì, sì, hai ragione. Io– Un mese fa... Ha Gi stava piangendo nel bar in cui lavoro come cameriere... era uno straccio e l'ho accompagnata a casa. Lei mi ha baciato, voleva che restassi finché non si sarebbe addormentata, ma... Insomma, alla fine l'abbiamo fatto — balbettò, torturandosi la faccia. — Continuava a chiamarmi "Junhong", e alla fine non ho retto. Me ne sono andato, Dan Bi. N–Non dovevo, lo so, ma... Io, quella notte, le ho confessato il mio amore, ma non se lo ricorda.
Senza dire più nulla, lo abbracciai e cercai di consolarlo mentre piangeva in silenzio.
Che merdoso buongiorno.
— —
Ore 13: 45
Meno dieci ore e un quarto al grande disastro.
C'erano tantissime persone – troppe persone – a Times Square, e faceva un freddo bestiale. La piazza era meravigliosa, questo è certo, ma la neve ed il gelo mi stavano prosciugando la vita.
Mi strinsi nel cappotto di lana e calai il berretto sulla testa. — Non vedo l'ora di guardare lo spettacolo, questa sera. E di mangiare il mio adorato Chimichanga — dissi, stringendo il braccio di Daehyun come se fosse un'ancora di salvezza. Il mio fiato creò una nuvoletta nell'aria gelida di New York.
— I pancakes erano davvero deliziosi. Credo che mi nutrirò solo di pancakes per il resto della mia vita — ci fece sapere Junhong, avvicinandosi alla sua fidanzata. Cercò di scaldare le mani di Ha Gi con le sue, ma le dita della mia amica erano viola e intirizzite.
Daehyun si tolse i guanti e li porse alla ragazza. — Tieni, a me non servono — disse, senza staccare gli occhi dal marciapiede. Per poco non mi misi a gridare a causa della sua dolcezza.
Lei scosse la testa. — Non dire sciocchezze, Jung. Stai tremando.
Daehyun sbuffò e lanciò i guanti a Junhong, il quale prese al volo quei divini pezzi di lana. — Mi scalderò in qualche altro modo. — Detto questo, infilò le mani nelle tasche del mio giubbotto e sorrise in modo beffardo.
Ha Gi lo ringraziò con un inchino ed infilò i guanti senza proferire parola; poi prese a braccetto il suo ragazzo ed iniziò a camminare tra i negozi ed i grattacieli, con noi due plebei dietro.
— Dio, se fa freddo — mi sussurrò Daehyun, sempre con quel ghigno stampato sulle labbra.
Ridacchiai. — Sei un vero gentiluomo. Ora, ti prego, non fare quelle smorfie. — Indicai il suo viso con un cenno del capo. — Sei inquietante.
— Vorrei smettere, ma mi si è congelata la faccia.
Scoppiai a ridere e Junhong si girò verso di me, inviandomi un'occhiata alquanto strana.
— Ma che ha Jun? — domandai, sollevando un sopracciglio.
Daehyun scrollò le spalle e premette ancora di più il suo corpo contro il mio. — Non ne ho idea — rispose, tremando per il freddo. — Perché me lo chiedi?
— Continua a fissarmi come se fossi una fetta di "Mud Pie" gratuita. — Tentammo di tenere il passo di Junhong e Ha Gi, ma loro erano troppo veloci e le persone troppo ammassate. — E' da un po' che si comporta in modo strano, come se sapesse della mia cotta per lui.
— Non so che dirti, Dannie. Da quanto tempo fa l'idiota? — chiese, estraendo le mani dalle tasche ed alitandoci sopra. Le sfregò, mi prese a braccetto e continuammo a camminare, irrigiditi come ghiaccioli.
Feci un paio di calcoli. — Un mese, o giù di lì — dissi, quasi a me stessa.
Daehyun tacque per qualche secondo, poi decise di esporre suo saggio pensiero: — Siamo un gruppo di disperati — concluse, ridacchiando sommessamente.
Non potei fare altro che dargli ragione: ero innamorata del fidanzato della mia migliore amica, la quale era andata a letto con il mio migliore amico, invaghito di lei da circa dieci anni. Oh, e bisogna aggiungere che il fidanzato preso in questione non faceva altro che guardarmi con scherno e ricordarmi quanto fosse felice della sua storia d'amore. Sì, eravamo proprio un quartetto di disperati.
Mancava ancora un sacco di tempo per Capodanno, quindi vagammo senza meta per qualche ora. Entrammo in negozi di abbigliamento, comprammo qualche souvenir per i nostri amici e parenti e mangiammo quanto maiali. Ebbi il piacere di provare il corndog, appurando che fosse un qualcosa di altamente delizioso.
Però, dopo sei ore, ero sfinita e sull'orlo di una crisi di nervi. Mi piaceva fare shopping, ma le persone continuavano ad aumentare a dismisura, tutte impazienti di vedere il Ball Drop.
Times Square era un concentrato di gente agglomerata come una scatola di sardine.
Mi fermai in mezzo alla strada, in mezzo alla bolgia, stanchissima. — Possiamo sederci un attimo? Per favore. Sono quasi le otto, non ce la faccio più — mi lamentai, trascinandomi dietro la quantità industriale di regali che avevo comprato. — I miei piedi chiedono pietà.
— Vuoi che ti aiuti? — si offrì Junhong, allungando il braccio per prendere una busta. Lo guardai come se fosse uno scarafaggio gigante e mi allontanai lentamente, ignorando la stretta allo stomaco. — Davvero fai?
Il ragazzo aggrottò la fronte. — Dan Bi, stai barcollando come uno zombie ubriaco, me ne sono accorto. Prima che ti veda cadere a terra insieme alle tue preziose buste, fatti aiutare da uno che ha più muscoli di te. — Acciuffò un mucchio di sacchetti e le nostre dita si sfiorarono. Certo, le mie erano coperte da guanti spessi come la lana della pecora, ma era comunque un contatto.
Sbuffai rumorosamente. — Prego, fa pure. — Mi guardai attorno, alla ricerca di Daehyun e Ha Gi, ma non c'era nessuna traccia dei miei amici. Iniziai ad andare nel panico. C'erano troppe persone, non riuscivo a scorgerli da nessuna parte: — Daehyun! Ha Gi! Dove siete? — gridai, mettendomi le mani nei capelli.
Il colore defluì dalle guance di Junhong. — Oddio, oddio, non mi dire che li abbiamo persi. — Gli caddero le buste dalle mani.
— Cristo santo! Non è possibile! Ci siamo fermati un attimo...
— Okay, calmati. — Junhong raccolse i sacchi e mi trascinò vicino ad un negozio, per poi prendermi per le spalle. — Non è successo niente, ora chiamo Ha Gi e vedo dove diavolo sono finiti, d'accordo?
Annuii, sempre più agitata. Avevo lasciato il cellulare in albergo, dato che era scarico, e mi odiai per questo. — Già quei due si odiano, potrebbero prendersi a pugni — pigolai, sull'orlo delle lacrime.
Junhong portò il telefonino all'orecchio, mentre si mordicchiava nervosamente le labbra. — Ma che dici, tra Daehyun e Ha Gi c'è una certa chimica — sibilò a denti stretti.
Temetti di aver capito male. — Eh?
— Accidenti, non risponde. Chiamo Dae–! — Qualcuno urtò il mio amico, che perse la presa sul cellulare e lo lasciò cadere a terra. Lo schermo si ruppe in mille pezzi e la batteria volò lontano, sparendo tra la folla. Mi chinai per prendere l'aggeggio, ma un altro tizio lo calpestò, rompendolo definitivamente. — Mi dispiace, è andato.
— Dio, ora siamo entrambi senza cellulare! E questo è il decimo che rompo in una settimana, perfetto.
Ignorai i suoi problemi da ragazzo ricco e proposi: — Vediamo se qua in giro c'è una cabina telefonica. — Mi alzai e pulii i guanti sul cappotto.
— A che ci serve? Non so il numero di Ha Gi a memoria.
Sbarrai gli occhi. — Non ricordi il numero della tua ragazza dopo due lunghi – lunghissimi – anni di fidanzamento?! — ululai, rossa in viso. Mi imposi di stare calma, dovevo stare calma per superare quella grave situazione.
— Non prendertela con me! Neanche tu ricordi a memoria il numero di Daehyun! — protestò lui, sulla difensiva. Infilò le mani in tasca e cominciò a dondolare sui talloni.
— Forse perché Daehyun... non è il mio fidanzato! — strillai, esasperata. Quel ragazzo aveva il potere di farmi perdere le staffe in un millisecondo con la sua stupidità.
Junhong mi fece il verso. — Scusa, non lo sapevo! Vi comportate come fidanzatini tutto il tempo, è normale che io pensi una cosa del genere. — Si appoggiò al muro ed incrociò le braccia al petto muscoloso, come se fosse offeso.
La domanda uscì dalla mia bocca prima che avessi il tempo di fermarmi: — E anche se lo fossimo? Quale sarebbe il problema?
Il ragazzo rimase in silenzio. Poi, il suo viso assunse una sfumatura rossastra e strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche. — Nessuno, okay? Nessun problema!
— E allora perché diavolo ti stai scaldando tanto? — volli sapere, abbassando il tono della voce. Le persone iniziavano a guardarci come se fossimo evasi da un manicomio.
Lui si passò le mani sul viso. — Sono solo preoccupato, va bene? Ha Gi non conosce New York, potrebbe finire in qualche quartiere pericoloso, come il Bronx o Harlem. E poi si sta facendo buio — disse quasi a se stesso, con la voce incrinata, per poi sospirare rumorosamente.
Non potei fare a meno di chiedermi che cosa avrebbe fatto se mi fossi persa io al posto di Ha Gi. — Ha Gi è con Daehyun. E non penso che sia così stupido da portarla in posti così pericolosi — conclusi, assottigliando lo sguardo.
— Anche Daehyun potrebbe perdersi, non è Superman — ribatté Junhong, glaciale.
— Si può sapere che ti prende? Non è solo la preoccupazione che ti fa parlare così — ribadii, appoggiandomi sulla parete accanto a lui.
Lui emise un sospiro colmo di frustrazione. — Senti, ho capito che Ha Gi e quell'altro sono andati a letto insieme, d'accordo? Non sono così stupido.
Cazzo. Non me lo aspettavo, non sapevo proprio cosa dire a discolpa dei miei amici. Mi mordicchiai il labbro inferiore e scossi il capo. — Senti... Non so come tu abbia capito che–
— Non ho capito un bel niente, ho sentito Daehyun che ne parlava con te questa mattina. — Mi guardò, ferito, arrabbiato, deluso. — Perché non me lo hai detto?
— Junhong, non potevo!
Alla fine, i sentimenti repressi del ragazzo sbalzarono fuori come un tornado. — Che cazzo mi significa "non potevo"?! Pensavo fossimo amici, Dan Bi! Ovviamente tu vuoi più bene a Daehyun, non è così? Ecco perché lo hai coperto per tutto il giorno. Vuoi sapere come mi sento? Lo vuoi sapere? Sto malissimo, d'accordo? Due delle persone più importanti della mia vita mi hanno tradito per un fottuto mese! E Ha Gi non si sente in colpa, non me lo dice!
Sentivo come se ci fosse una bolla colma di cose che volevo dichiarare nella mia gola, pronta a scoppiare da un momento all'altro. — Ascoltami... — tentai di dire con un fil di voce, ma lui mi bloccò. — No, non posso. Questa doveva essere una vacanza perfetta; magari Ha Gi mi avrebbe confessato tutto. E invece è andato tutto a puttane, e sono bloccato con te in questa piazza enorme!
Le lacrime minacciarono di colare lungo le mie guance quando la bolla esplose e tutta la mia furia si abbatté su di lui. — Perché cavolo te la stai prendendo con me, si può sapere?! Mettiti nei miei panni, Junhong, quei due sono i miei migliori amici! È il vostro triangolo amoroso, non il mio, sono l'unica in questo quartetto di disgraziati che non ha problemi del genere. Quando avrei dovuto dirtelo, ah?! Quando Ha Gi era presente? E cosa avrei dovuto dirti? — Mi asciugai il viso con il dorso della mano. — "Oh, Junhong, ho appena saputo che la tua fidanzata ha fatto sesso con il tuo migliore amico" — ormai stavo piangendo disperatamente, niente poteva consolarmi. — Beh, sai una cosa? Non potevo tradire Ha Gi e Daehyun, non in questo modo. E finiscila di fare il bambino e prendertela con persone che non c'entrano niente!
Junhong, di fronte alle mie lacrime, non seppe cosa dire. — Non volevo che finisse in questo modo — borbottò, incurante delle occhiate che ci stava inviando la folla.
Non avevo ancora finito di inveirgli contro, potevo continuare fino a Capodanno dell'anno dopo. C'erano troppe cose che volevo dirgli, erano troppe le volte in cui mi aveva spezzato il cuore, troppi i sentimenti che volevo vomitargli addosso. Volevo urlargli contro tutto il mio dolore, sputargli quanto era stato meschino, dirgli che sì, diamine, mi piaceva da impazzire, ma era comunque un puerile troglodita.
Volevo prenderlo a schiaffi, strillargli che nonostante mi stesse attribuendo la colpa di qualcosa che non avevo fatto, che fosse disgustato anche di stare un po' di tempo con me, continuavo ad amarlo con tutta me stessa, perché mi aveva conquistata tempo addietro. Perciò, alzai lo sguardo, e dissi, calmissima: — Tu mi fai arrabbiare.
— Mi dispiace, okay? Non avrei dovuto accusarti ingiustamente.
Mossi la mano come avessi dovuto scacciare un moscerino. — Tranquillo, sono abituata ai tuoi sbalzi d'umore. Guarda caso, ogni volta che sei arrabbiato, te la prendi con me per qualsiasi cosa. Oh, e sì, sono stata io a fare il buco nell'ozono.
Junhong spasimò, amareggiato, stropicciandosi gli occhi. — Finiscila di essere così sarcastica, per favore. — Puntò le sue iridi scure nelle mie. — Ti ho detto che mi dispiace.
Scoppiai a ridere, senza allegria. — Tutto qui? Un banale "mi dispiace"? Ma certo, cosa mi potrei aspettare da uno che non mi sopporta — lo sfidai, assottigliando lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.
Lui sbarrò gli occhi, incredulo. — Ma che stai dicendo?
— Non ho voluto io che stessimo insieme, va bene?
— Dan Bi...
— "Con te" — lo imitai, sputando le parole come se fossero del veleno. — Mi dispiace tanto, levo il disturbo. — Presi le mie buste da terra e mi incamminai dalla parte opposta, pestando i piedi come se volessi rompere il terreno. Non sapevo dove andare, non conoscevo New York e, francamente, non me ne fregava niente.
All'improvviso, sentii qualcuno che avvolgeva le braccia attorno a me in un abbraccio, soffice come una nuvola. La voce di Junhong mi arrivò ovattata alle orecchie. — Scusa, Dan Bi, sono un perfetto coglione. Scusa, mi dispiace un sacco. Oppa è dispiaciuto, davvero tanto. Non piangere, ti prego... — sussurrò il ragazzo, stringendo ancora di più il suo corpo contro il mio e posando il mento sulla mia testa.
Continuai a singhiozzare, ancora più forte.
— Se ti farà sentire meglio, puoi prendermi a schiaffi — offrì, abbassando il capo verso la mia guancia. Ridacchiai tra le lacrime e tirai su col naso, girandomi lentamente verso di lui. I nostri visi erano vicinissimi, quasi ad un palmo di distanza. Avrei potuto baciarlo, ma abbassai le palpebre e lo abbracciai, appoggiando il viso sul suo petto.
Lui mi accarezzò la schiena. — Dio, sei freddissima.
Mi strinsi ancora di più al sui corpo. Avevo bisogno di tanto affetto in quel momento. — Ora non piangere più, okay? Accidenti, mi ero ripromesso di picchiare chiunque ti avrebbe fatto soffrire; vuol dire che mi devo prendere a pugni da solo — scherzò, ma c'era una nota amara nella sua voce. — Me lo mostri un sorriso?
— Non posso... — mormorai.
— Perché? — fece lui, allarmato, sciogliendo l'abbraccio e prendendomi il viso tra le mani.
— Perché mi si è congelata la faccia.
Lui scoppiò a ridere e mi passò una mano sulla fronte, per scostare i capelli.
— Oh, just kiss her, you idiot! — gridò qualcuno alla nostra destra. Ci girammo, confusi, e vedemmo una signora anziana dagli occhi azzurri che ci fissava con interesse. S'incamminò nella nostra direzione, aiutandosi con il bastone da passeggio.
— No, no, siamo amici — replicò Junhong in inglese, scuotendo velocemente la testa. Ma, nonostante tutto, non aveva ancora spostato le dita dalla mia guancia.
La vecchina gli diede un poderoso calcio sul polpaccio. — Theese young boys are so stupid — commentò. Il ragazzo gemette, più per la sorpresa che per il dolore, e crollò a terra, stringendosi il punto dolente.
Mi coprii la bocca con la mano e mi inginocchiai accanto a lui, accarezzandogli la gamba. La signora si rivolse a me questa volta: — He is in love with you, but he hasn't noticed it yet — mi fece l'occhiolino e proseguì per la sua strada, sparendo dietro una casa.
Risi, viola come una melanzana. — Umorismo newyorkese — balbettai, aiutando Junhong a mettersi in piedi.
— Quella donna è come un ninja — sbottò il ragazzo, aggiustandosi la giacca e la sciarpa con fare da figo. — E poi non è umorismo newyorkese.
Sollevai un sopracciglio. — E allora che cos'è?
Junhong mi sorrise, un sorriso vero, pieno di gioia, con tanto di occhi che brillavano. Disse qualcosa a bassissima voce, ma io sentii lo stesso: — La verità.
— —
— E' tutta colpa tua — sbottò Ha Gi, spegnendo il telefonino in un moto di stizza. Junhong non le rispondeva, Dan Bi aveva dimenticato il cellulare in albergo ed erano finiti al centro di Times Square, davanti all'edificio da cui sarebbe caduta la sfera a Capodanno.
— Sì, hai ragione, è stata colpa mia — borbottò Daehyun, atono, tentando inutilmente di scaldare le mani infilandole nelle tasche del giubbotto. Aveva freddo, troppo freddo. E la febbre che lo aveva aggredito un'ora prima non aiutava di certo.
— E ora Dan Bi e Junhong sono soli. Soli! Sai che vuol dire?
Daehyun sbuffò sonoramente, esasperato. — No, non lo so e non mi interessa. Voglio solo trovare i miei amici prima che si facciano male — sbottò, appoggiandosi stancamente al muro di un ristorante.
Ha Gi si passò le mani sul viso. — Junhong è innamorato di Dan Bi, lo perderò per sempre!
Il ragazzo avvertì il sangue ribollire nelle vene. Era rabbia? O un effetto collaterale della febbre? Fatto sta che ridusse gli occhi in due minuscole fessure e decise di farla finita una volta per tutte. — Ha Gi, è un mese che va avanti questa storia. Lascialo! Te l'ha pure detto che vuole rompere con te, per quale motivo ti ostini a restare con lui?!
Gli occhi della giovane si riempirono di lacrime. — Perché io ho amato Junhong! L'ho amato tantissimo, lo capisci? E non voglio che la nostra storia finisca in questo modo barbaro! — Prese di nuovo il cellulare e chiamò il fidanzato, ma nessuno rispose alla sua chiamata.
— Ma smettila. — Daehyun sapeva di essere brusco, ma non gliene importava nulla. Si sentiva male e voleva tornare a casa.
— Ma qual è il tuo problema?
— Il mio problema?! Io ho un problema?!
— Certo. Quello di fare sesso con una ragazza e lasciarla lì, da sola. Come se nulla fosse successo — soffiò Ha Gi, rossa in viso.
— Ancora con questa storia? D'accordo, ora basta. Sei stata tu a chiedermi di restare con te. Sei stata tu che mi hai baciato. E sei stata sempre tu a chiamarmi "Junhong" mentre lo facevamo. Questo te lo ricordi? — Daehyun sentì il cuore spaccarsi in due una seconda volta. Ricordare quel momento era come una pugnalata in pieno petto.
— Ero ubriaca! E ti sei approfittato di me! — urlò la ragazza, mentre grosse lacrime le scivolavano lungo il profilo delle gote. Si sentiva umiliata, violata, presa in giro. Perché a lei era piaciuto, si era sentita protetta tra le sue braccia, si era sentita amata.
— Per me non era solo sesso, Ha Gi! — sbraitò Daehyun, furibondo. Perché si ostinava a non capire?
— No?! E che cos'era?!
Il ragazzo scoppiò a ridere, poi scosse la testa e stabilì di rivelarle tutto: — Io sono innamorato di te, Ha Gi! Te l'ho detto, quella notte! Ma tu non ricordi, non ricordi niente! E dopo averti confessato i miei sentimenti, hai continuato a chiamarmi "Junhong"! La verità è che non me la sono sentita di rimanere lì con te. Per questo me ne sono andato. Ovviamente ricordi solo ciò che vuoi ricordare. — Sentì un fastidioso pizzicorino alla gola e cominciò a tossire, con la mano premuta sulla bocca. Odiava essere malato.
Ha Gi era senza parole. — Daehyun...
Iniziò a girargli la testa e si appoggiò alla parete prima che potesse cadere a terra.
— Daehyun, che hai?! — gridò la ragazza, affrettandosi a stringere il braccio dell'amico. Quest'ultimo strizzò gli occhi e gemette, scivolando lentamente sul terreno, privo di forze. Ha Gi si inginocchiò accanto a lui e gli toccò la fronte con la mano tremante: scottava. — Hai la febbre alta — mormorò, sgomenta.
— Non me ne ero accorto.
— Finiscila di essere così dannatamente sarcastico! È una cosa seria, hai bisogno di cure. — La ragazza si sfilò la sciarpa e la avvolse attorno al collo di Daehyun; poi si tolse i guanti e li restituì al giovane. — Oddio, sei bollente.
Daehyun le mostrò un sorriso beffardo. — Grazie mille, è una cosa che mi dicono in tante.
— Non in quel senso — avvampò lei, sistemandogli il cappello sulla testa. Lo aiutò ad alzarsi e mise un suo braccio attorno alle spalle, al fine di non lasciarlo cadere come una pera matura. Iniziò a camminare.
— Dove andiamo? — chiese Daehyun con voce ovattata.
— In un posto dove si sta al caldo. — Si mordicchiò le labbra. — Che mi hai detto quella notte? Te lo ricordi?
— Sì. Ti dissi che eri bellissima, di non piangere, perché amavo il tuo sorriso. Ti dissi che ti amavo, che sognavo quel momento da tantissimo tempo, e mi scusavo mille volte per averti baciata. Ti dissi che ero felicissimo di passare del tempo con te, e ti chiedevo di nuovo scusa per tutto quello che stava accadendo fra di noi. — Sospirò e la guardò negli occhi. — Ti ho anche detto che quello che stavamo facendo era sbagliato, che non dovevamo tradire Junhong in questo modo. Ho maledetto il mio cuore per una trentina di volte, perché era attratto come una calamita da te. Ti ho baciata, ripetendoti quanto mi piacessi e da quanto tempo fossi innamorato di te.
Una lacrima colò dall'occhio destro di Ha Gi. — Mi dispiace così tanto, Daehyun. Mi sentivo tradita, capisci? Te ne eri andato, mi stavi lasciando sola anche tu... — tirò su col naso. — Mi è piaciuto stare con te, tantissimo. Ecco perché ero andata in escandescenza.
— Perché mi chiamavi "Junhong"?
— Perché volevo ricordarmi che lui era il mio ragazzo. Non avevo nessuna intenzione innamorarmi di te, Jung Daehyun.
Si bloccarono. Il ragazzo la fissò dritta nelle iridi scure e domandò: — E ora?
— E' da quella notte che non faccio altro che pensare a te.
Senza dire più nulla, Daehyun inclinò il viso e premette le labbra su quelle della ragazza, con dolcezza, come se tutta la debolezza ed il dolore fossero spariti. Attorno a loro, la folla eruppe in un'acclamazione.
— —
Cercammo Ha Gi e Daehyun dappertutto, ma sembravano spariti nel nulla.
Andammo a controllare in tutti i ristoranti, chiedemmo informazioni a tutti i proprietari dei chioschi di hot dog; ma nessuno aveva visto i nostri amici. Cominciavo seriamente a preoccuparmi. E se fossero davvero finiti nel Bronx?
— Ho paura per loro — dissi, una volta uscita dall'ennesimo bar. La tensione mi aveva fatto venire una fame da lupi, così avevo comprato una gigantesca ciambella ricoperta di crema e zucchero. Diedi un morso a quel dono divino e cominciai a parlare a vanvera: — E se si fossero messi nei guai? Daehyun ama i guai. "Guaio" è il suo secondo nome.
Junhong si passò la lingua sulle labbra e scrollò le spalle, prendendo il dolce dalle mie mani e addentandolo come se non vedesse cibo da un anno. — Anche io sono preoccupato a morte, Dannie. Non so che fare! Possibile che non li abbiamo incontrati da nessuna parte?! — mi ridiede la ciambella e si leccò le dita.
— Probabilmente si stanno facendo le nostre stesse domande. E sicuramente saranno più angosciati di noi, dal momento che hai rotto il tuo centesimo cellulare — avvolsi il dolce nella carta e lo riposi nella borsa, facendo attenzione a non sporcare la macchina fotografica.
Il ragazzo alzò un dito. — Veramente è il cento trentottesimo cellulare che faccio a pezzi.
Mi morsi la lingua per non ridere. — In quanto tempo, si può sapere?
— Due mesi.
Scossi la testa, divertita. — E poi c'è gente umile come me che ha un cellulare per miracolo divino — scherzai, per sdrammatizzare la situazione.
Dalla nube nera che si era addensata sulla città cominciarono a cadere soffici fiocchi di neve. Come se non avessimo già abbastanza problemi. Alzai lentamente lo sguardo verso il cielo plumbeo e strillai: — Mi stai prendendo in giro?! — iniziai a gesticolare e colpii parecchie persone, le quali mi guardarono come se fossi pazza.
Junhong scoppiò a ridere e mi prese per mano. — Vieni, andiamo a bere qualcosa — propose, con un largo sorriso.
Non potei fare a meno di sciogliermi come neve al sole e, sebbene fossi tentata ad acconsentire, protestai: — Ma... Ha Gi e Daehyun... Dobbiamo cercarli! — Mi volevo prendere a sberle da sola, davvero, ma i miei amici erano la cosa più importante in quel momento.
— Daehyun ed Ha Gi hanno vent'anni, di sicuro saranno andati in qualche locale a scaldarsi. Vieni, stai tremando. — Mi trascinò verso un ristorante, "The John's", ed entrammo, portandoci dietro una folata d'aria gelida. C'erano pochissime persone; tutti gli altri erano fuori ad aspettare che iniziasse lo spettacolo. Lanciai un'occhiata alla finestra ed annuii: potevo benissimo vedere la Ball illuminata anche da lì.
Prendemmo posto accanto al camino e, finalmente, mi tolsi sciarpa, cappotto e guanti intrisi di acqua gelida. — Ti prego, guardiamo il Ball Drop da qui — dissi, appendendo il soprabito sullo schienale della mia sedia.
Junhong annuì. — Certo. Neanche una porzione gigante di pancakes potrebbe farmi uscire da qui. — Fu percorso da un brivido ed aprì il menu, alla ricerca di qualcosa da mangiare.
— Che ore sono? — domandai.
Il ragazzo diede un'occhiata al suo orologio da polso. — Oh, mezzanotte meno dieci. — Sbarrò gli occhi e mi guardò, sbigottito, resosi conto della gravità della situazione. — Oddio, è quasi Capodanno! E non abbiamo ancora trovato Ha Gi e Daehyun! Dovevamo stare insieme...
Abbassai lo sguardo sulle venature del legno del tavolo e sospirai. — Mi dispiace tanto, Junhong — dissi, sinceramente rattristata.
— Già, anche a me. — Chiuse il menu e si alzò, dirigendosi verso la finestra attraverso la quale si aveva una completa visione della Ball. Abbandonai la borsa e le diverse buste accanto al nostro tavolo e lo seguii. Era dannatamente alto, accanto a lui sembravo uno gnomo da giardino.
— Facciamo un gioco — propose di punto in bianco.
Incrociai le braccia e lo guardai. — Che gioco?
Lui lanciò un'occhiata all'orologio. — Mezzanotte meno cinque. Abbiamo cinque minuti. Dobbiamo dire esattamente cinque buoni propositi per l'anno nuovo.
— Mi piace! Inizio io allora. — Ci pensai su, non era molto difficile. — Per prima cosa, vorrei passare l'esame di biologia. Poi... — Picchiettai l'indice sul mento. — Poi vorrei essere arruolata nella polizia scientifica, è il mio sogno da sempre.
Junhong agguantò dolcemente la mia spalla. — Wo, calma. Non è troppo pericoloso?
— Appunto per questo mi piace! — replicai, mostrandogli il migliore dei miei sorrisi.
Scosse la testa. — Allora uno dei miei buoni propositi è quello di arruolarmi con te. Così ti proteggo da eventuali assassini — mi fece sapere, per poi fare l'occhiolino.
Il mio cuore perse un battito, ma mi imposi di rimanere calma. Gli diedi un buffetto scherzoso sul braccio. — Non è ancora il tuo turno, devo dire gli altri due. — Schioccai le dita e lo indicai. — Poi vorrei organizzare una festa. Una mega festa, con tutti i nostri amici.
— Quest'idea piace anche a me.
— Poi vorrei trovarmi un fidanzato; e per ultimo... vorrei tanto che noi quattro la smettessimo di litigare come bimbi di un anno.
Junhong scoppiò a ridere ed iniziò, contando sulle dita: — Il mio primo proposito l'ho detto. Secondo... Vorrei passare l'audizione alla TS, ancora non mi hanno dato i risultati. Terzo... — Ci pensò su. — Vorrei sposare la persona che amo, subito. Poi vorrei laurearmi ed infine...
Stava per aggiungere qualcos'altro, ma iniziò il countdown e si fermò. Ci unimmo anche noi due, prima a voce più bassa, poi urlando come matti insieme alle poche persone nel ristorante. Dieci, nove, otto... Lo spettacolo era iniziato: questa grande sfera colorata stava scendendo, piano piano, contemporaneamente al conto alla rovescia della gente. Era uno spettacolo mozzafiato.
— Cinque, quattro, tre, due, uno...
Tutta New York urlò "Buon Anno" al mondo, e milioni e milioni di coriandoli furono sparati in aria. Battemmo le mani e ci abbracciammo, felici: finalmente era arrivato il 2016. Forse quest'anno mi avrebbe portato fortuna.
— Auguri, Dan Bi.
— Auguri, Junhong.
Il ragazzo puntò gli occhi nei miei e sorrise genuinamente. Mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio e posò delicatamente i polpastrelli sulle mie guance. — Auguri — ripeté, per poi baciarmi delicatamente sulle labbra.
Era come vivere in una campana di vetro: non sentivo più i suoni del mondo esterno, avvertivo solamente le labbra di Junhong sulle mie, le sue carezze dolci sul viso e la dolcezza dei suoi baci. Il cuore mi batteva velocemente nel petto e mi sembrava di volare.
Era tutto perfetto. Ma, ancora una volta, il mio cervello decise di prevalere sul mio cuore. So perché lo stava facendo, era evidente: era distrutto per la faccenda di Ha Gi e aveva bisogno di trovare qualcuno come sostituta.
Lo spinsi via. — Non possiamo, Jun — ansimai, rossa in viso, passandomi la mano tra i capelli crespi a causa dell'umidità.
— Perché no? — fece lui, impallidendo di colpo.
— Tu... tu sei fidanzato e- — balbettai, mentre avvertivo il panico impossessarsi del mio corpo.
Junhong si avvicinò di nuovo e mi prese delicatamente per le spalle. — No, non dire così, Dan Bi.
— Tu vuoi vendicarti di Ha Gi, ecco perché mi hai baciata. — Ingoiai le lacrime e finsi di sorridere. Dovette uscire una smorfia, perché il ragazzo mi baciò di nuovo, con foga.
Quando si staccò, mi prese le mani. — Dan Bi, è un mese che provo qualcosa per te. Ci ho messo tanto tempo a capirlo, e mi dispiace. La tua risata, la tua simpatia, mi hanno conquistato fino da subito. Mi rendevo conto che volevo te accanto, non Ha Gi. Sognavo te, volevo stringerti tra le braccia, mi piaceva un sacco abbracciarti senza motivo — disse, fissandomi dritta nelle iridi. Non sapevo se credergli o no.
Junhong sospirò rumorosamente ed insistette: — Secondo te, perché Ha Gi piangeva, quella notte? Per colpa mia. Le avevo detto che volevo lasciarla per... perché mi piaceva un'altra ragazza. Poi, ho capito di essere un completo idiota: tu ed Ha Gi siete molto unite, e non volevo rompere un'amicizia così duratura.
Abbassai lo sguardo, ma lui mi costrinse a sollevare la testa. — Park Dan Bi, sono follemente innamorato di te.
— Choi Junhong — replicai, mentre una felicità mai provata prima pervadeva il mio corpo. Le mie guance si colorarono di rosso e sentii gli occhi riempirsi di lacrime, questa volta di gioia. — Sono follemente innamorata di te.
Spiccai un salto e gli gettai le braccia al collo. Lui si abbassò e ricambiò la stretta, accarezzandomi la schiena; poi mi riempì il viso di baci dolci come il miele. — Siamo innamorati delle persone giuste, ma impegnati con quelle sbagliate.
— Ha Gi ti ha amato parecchio — mormorai.
— Anche io l'ho amata, tantissimo. Ma mai quanto te. Dan Bi, mi fai battere il cuore come se stessi correndo una maratona, diamine! Sono agitato quando mi rivolgi la parola, non faccio altro che pensare al tuo viso con un sorriso da ebete stampato in faccia. E, quando prima ti ho fatta piangere, mi sono sentito morire. — Ero sorpresa davanti alla sua dichiarazione, talmente sorpresa che non riuscii a dire una sola parola. Anzi, no, non mi sentivo sorpresa. Gli aggettivi giusti potevano essere questi: estasiata, felice, contenta, appagata, incantata, conquistata, rapita e chi più ne ha più ne metta.
Appoggiai il viso sul suo petto e chiusi gli occhi, imponendomi di non piangere. Non potevamo stare insieme, anche lui lo sapeva. Non avevo nessuna intenzione di fare quel torto ad Ha Gi, le volevo troppo bene per perderla in quel modo.
— Ti amo, Junhong.
— Anche io, Dan Bi.
3 Gennaio 2016.
Tre giorni dopo il grande disastro.
Avevamo trovato Ha Gi e Daehyun in hotel, addormentati nello stesso letto e circondati da coperte pesanti e antibiotici. Ormai era palese che fossero innamorati l'uno dell'altra.
Ci chiarimmo quella mattina stessa. Non ci furono né urla né litigi.
Ha Gi e Daehyun si fidanzarono ufficialmente il giorno dopo; mentre io e Junhong facemmo come se nulla fosse successo.
Sapevamo entrambi che non potevamo stare insieme. Non solo era un torto enorme verso Ha Gi; ma anche perché i genitori del ragazzo non avrebbero mai approvato il nostro rapporto: io non ero ricca come lui, e mio padre non era il proprietario di grandi aziende come quello di Ha Gi.
Ci limitammo a guardarci con occhi dolci e a qualche bacio rubato quando nessuno guardava. Era il nostro piccolo segreto.
To: Dan Bi
From: Junhong
Grazie per aver fatto in modo che completassi la mia lista di buoni propositi. Ti amo, Dannie.
[A/N] Allur. Questa doveva essere una OS per un concorso; ma, dato che non ho fatto in tempo a consegnarla, ho deciso di pubblicarla sul mio profilo pERCHE' SONO 10.000 PAROLE, UN PARTO.
Avrei potuto inviarla oggi così com'è, ma volevo aggiungere parecchie cose e non avevo il tempo materiale per scriverle. Eniuei. Spero che vi piaccia.
Adieu.
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