Capitolo 11
Codarda.
Ecco cosa sono. Dopo ciò che è accaduto in mensa ho pensato bene di evitare Harley per tutto il resto della giornata. Finite le lezioni sono corsa a casa e mi ci sono barricata dentro cosa che ha scatenato la preoccupazione e l'irritazione di Seth. Soprattutto irritazione per il fatto che non mi confido con lui quando ho un problema.
Bussano alla porta e mi irrigidisco sulla sedia. Sono ancora terrorizzata dall'idea che Gale possa essere tornato e mi faccia di nuovo del male.
Rimango ferma sulla sedia sperando che chiunque sia dietro quella porta se ne vada al più presto e mi lasci continuare a studiare ma non lo fa visto che bussa di nuovo.
Il mio respiro si fa pesante ed accelerato e credo che mi stia per venire una crisi di panico.
- Hanna - chiama. - Sono Harley, aprimi per favore.
Caccio un sospiro di sollievo e esitando mi avvicino alla porta. Prima di aprire mi sistemo un attimo lisciandomi le ciocche ondulate e stirandomi la maglia extralarge che ho indosso. Io e la mia maledetta mania di farmi bella per lui.
- È tardi che cosa ci fai qui? - lo accolgo sulla difensiva sbirciando l'orologio attaccato alla parete che segna le nove passate.
- Volevo controllare che stessi bene - si giustifica.
Arrossisco e abbasso lo sguardo sui miei piedi. È venuto fino a qui per me: è stato molto dolce da parte sua.
- Studi a quest'ora? È sabato, Hanna - lo dice come se fosse un rimprovero sbirciando verso dietro alle mie spalle. Mi giro anche io verso il tavolo disordinato pieno di fogli e penne.
- Mi porto avanti - asserisco facendo spallucce. La verità é che non ho di meglio da fare e glielo vorrei dire.
Se fosse per Seth sarei a qualche festa a casa di non so chi e l'idea non mi entusiasma granché.
- Posso farti compagnia?
- A studiare? - domando sorpresa.
- No, a farti passare un sabato sera come si deve - risponde ridacchiando.
- Sto a posto così, grazie - rispondo infastidita. L'ultima volta che mi ha proposto di divertirci non è andata molto bene.
- Non pensarci - mi interrompe dai miei pensieri guardandomi serio. - Voglio solo passare del tempo con te. Prometto di non toccarti, nemmeno sfiorarti con un dito.
Cedo. Finisco sempre per cedere quando si tratta di lui. Mi giro verso di lui dopo aver chiuso la porta.
- D'accordo. Che cosa vuoi fare di così tanto emozionante?
Le sue labbra si poggiano sulla mie e cominciano a muoversi lentamente. Chiudo gli occhi e lo lascio fare ma poi recupero un briciolo di razionalità.
- Avevi detto che non mi avresti toccata.
- Non l'ho fatto - mormora a pochi millimetri dalle mie labbra mostrandomi le sue mani fino ad allora nascoste dietro la schiena.
- Scusa ma è quasi una settimana che il ricordo delle tue labbra mi perseguita. Non sono riuscito a resistere - sussurra con voce roca e io ormai sono già persa.
- Comunque non ti avevo dato il permesso per baciarmi.
Nonostante tutto cerco di mostrarmi diffidente e scontrosa. Non posso dargli l'impressione di averlo già perdonato (anche se nel profondo l'ho già fatto).
- Posso baciarti? - mi domanda allora.
- Oh adesso me lo chiedi? - ribatto sarcastica.
Sorride e mi bacia di nuovo. Questa volta più a lungo.
- Non avevi il permesso neanche per questo e mi stai toccando - sussurro non volendo ancora dargliela completamente vinta. La sua mano scivola dietro la mia schiena portandomi contro di lui.
- H-harley.. - balbetto posandogli le mani sul petto e tastando i suoi muscoli.
Odio e amo quello sguardo. Quei maledetti oceani che mi fanno sentire desiderata e nessuno allo stesso tempo perché so che se mi lascio andare finirò scottata di nuovo e per lui sarà solo una notte come le altre con una fra le tante.
- Baciami, angelo.
Harley Colton. La mia salvezza. La mia rovina. La mia droga.
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