II
Ci impiega dieci giorni Simone prima di uscire nuovamente di casa.
E lo fa solo perché il frigo piange miseria e il gattino, Paco, di cui ha deciso di prendersi cura da un paio di mesi, gli rammenta miagolando e strusciandosi addosso che se ha scelto di non mangiare più, non per questo anche lui deve patire la stessa sorte.
Nel silenzio tombale del salotto, l'unico suono percepibile è il crepitio delle crocchette che a cascata scendono nella ciotola azzurra, ricordando lo scoppiettare della grandine improvvisa nei temporali estivi.
Simone osserva Paco nutrirsi e dopo, soddisfatto, allungarsi sul pavimento e rumoreggiare in maniera strana.
Sembra una fisarmonica - pensa - e l'immagine così assurda gli fa sbuffare una fiacca risata.
La prima dopo un po' di tempo.
Vestendosi di emozioni cupe e spente, ha passato i precedenti giorni a rimuginare su quanto accaduto, colpevolizzandosi oltremodo e vergognandosi profondamente.
La sera stessa della presentazione, rientrando in casa con il cuore in panne, ha accartocciato dentro una pagina di giornale walkman e cassettina e li ha relegati nell'angolo più nascosto del suo armadio.
E' più di una settimana quindi che non ascolta la voce di Manuel e si sente stupido a tenere il conto e stupido a comportarsi così.
Ma lui un fidanzato vero e proprio non l'ha mai avuto e presume sia questo il modo in cui dovrebbe stare chi ha amato tanto solo per poi scoprire di averlo fatto inutilmente.
Accarezza dalla base della collottola fin sulla punta della codina morbida il micio acciambellatosi affianco a lui sopra il divanetto di casa e le fusa che riceve indietro sono un balsamo per la sua anima stanca e sola.
La luce della televisione accesa gli riflette sul viso la storia di due ragazzi che si sono conosciuti e innamorati in meno di 48 ore fra le scomode sedute di un aeroporto e la brutalità di queste immagini felici - di questo amore nato con reale percezione di un'altra esistenza e non sulla base di idealizzazioni astratte - lo ferisce nell'orgoglio costringendolo ad alzarsi di scatto e spegnere tutto prima di scoppiare in lacrime.
Paco, quasi ruzzolato giù con lui nel brusco movimento, lo guarda in tralice e borbotta un miao che non le manda a dire.
"Scusami amore, scusami" mormora Simone stringendoselo al petto e baciandogli il pelo soffice.
La pace ritrovata lo porta a stendersi nuovamente e recuperare un vecchio libro talmente dimenticato nel tempo da essere rimasto incastrato nei cuscini del divano.
In un momento di lucidità realizza che non ha la minima idea di quando sia stata l'ultima volta che ha sfogliato e letto pagine con la sua stessa voce, anziché ascoltarle solamente da quella più calda e avvolgente di Manuel.
Tutto per settimane ha ruotato attorno a lui e ora che si sta imponendo di venirne fuori gli sembra di vedere per la prima volta ciò che realmente lo circonda.
E non gli piace manco un po'.
La fissità messa in eterno dall'inchiostro stampato di quelle parole lo incupisce, così come gli toglie qualunque slancio vitale possibile l'angosciante silenzio della loro forma.
Legge e rilegge Simone, ma non cava nemmeno un'emozione da esse.
Manuel invece darebbe calore ad ogni singolo lemma, caricandolo di un peso specifico e unico che renderebbe gelosi tutti quelli che sotto la sua lingua calda e fra le sue labbra morbide non passeranno mai.
Un pensiero intrusivo lo sta per travolgere con violenza in una collisione inevitabile.
E' lo squillo del telefono di casa a impedirlo.
Con Paco che gli passa in mezzo alle gambe, fluido come un serpentello di campagna, Simone si accosta al dispositivo abbandonato sopra un pugno di vecchi vinili.
Di solito il padre lo chiama sempre in tarda serata, ma presume che dopo il suo mutismo degli ultimi giorni abbia cercato di aumentare la frequenza dei contatti.
Non ha molta voglia di interagire - ammette a sé stesso alzando la cornetta - anzi, vorrebbe solo crogiolarsi nel suo bozzolo di miseria fino a nuovo ordine.
Però poi si trova a ripeterlo addirittura per tre volte il "pronto?" flemmatico prima che, a chiamata quasi chiusa pensando ad uno scherzo, un sospiro familiare arrivi a fermarlo.
Simone alla fine lo ha sempre saputo che le sue continue macchinazioni mentali altro non erano che la premessa di una lieve follia, ma quello che sta pensando adesso è troppo persino per lui.
Malgrado ciò, caricando la singola parola in gola come un tuffatore sul trampolino, si prepara comunque al lancio nel vuoto.
"Manuel?"
E il silenzio prolungato dal capo opposto del filo lo porta a stringere gli occhi, scuotere la testa sconvolto dalla sua stessa stupidità e reclinarla contro il muro alle spalle.
Cosa credeva che sarebbe mai successo?
Che di punto in bianco, senza nemmeno conoscerlo, Manuel Ferro lo avrebbe contattato e lo avrebbe-
"...Simone?"
chiamato per nome.
Non ha bisogno di pizzicarsi per capire che sta accadendo davvero, non quando ci pensa Paco a graffiargli una caviglia nel tentativo fallimentare di arrampicarsi sui suoi pantaloncini.
Emette un lieve verso di dolore che non riesce a trattenere e si lascia scivolare sulla parete fino a sedersi a gambe incrociate sul pavimento.
Paco gli si accoccola subito addosso.
"...Simone ci sei?" lo richiama intanto il ricevitore del telefono e lui, ancora incredulo, si rende pateticamente conto che mai come ora si, c'é.
Ed è come ricevere di colpo una tardiva affermazione d'identità, come non aver mai avuto un nome finché non l'ha sentito pronunciato in questo modo da questa voce.
Che però non dovrebbe affatto saperlo.
Gli manca l'aria mentre "come- come mi hai trovato?" balbetta esitante.
Manuel tentenna un po', ma sembra sincero nel raccontare di aver recuperato il libro perso in libreria e di avervi poi scoperto il biglietto dell'evento con le sue generalità stampate sopra.
"...quindi t'ho cercato sulle Pagine Bianche e da lì ho chiamato al numero tuo." conclude semplicemente, quasi ad ammettere che a lui la telefonata non è costata alcuna fatica o ansia.
Un atto come un altro, questo è per Manuel l'istante che per Simone invece sembra così decisivo, e la prova gli arriva dal seguente e spietato "...m'era dispiaciuto per sto libro smarrito così."
Per il libro! Ecco perché ha chiamato, si ripete affranto e con il labbro inferiore che trema appena.
Neanche riesce a godersela la voce non più registrata, ma viva e attuale che sente nell'orecchio.
Non quando a lui il cuore batte da impazzire al solo sentirla e a Manuel invece non frega proprio nulla.
Che a questa consapevolezza Simone preferiva arrivarci poco alla volta, grazie tante.
L'avrebbe fatto con i suoi tempi, certo, ma si sarebbe comunque arreso all'impossibilità di alcuni eventi.
Non è scemo e non c'era mica bisogno di sbattergliela in faccia con tanta violenza.
E' così preso a ragionare sulla catastrofe incipiente da non accorgersi che Manuel seguita a parlargli e l'unica cosa che recepisce del suo eloquio sorprendentemente disorganizzato è un finale quanto inatteso "e- e poi al di là di tutto, tu... tu mi sei rimasto impresso."
Con occhi sgranati e mano premuta sull'addome a fermare il chiaro infarto in procinto di coglierlo, Simone comincia a chiedersi se quel pizzico di cui prima non sia il caso di darselo davvero.
Che l'altro alla presentazione nemmeno l'ha guardato in faccia, come fa ora a dire una cosa del genere?
"...Manuel" e già solo poter pronunciare di nuovo il nome gli sembra parte di un'esperienza onirica irripetibile "scusami ma mi è difficile crederti...tu non- tu lì non mi hai proprio considerato" replica in un guizzo improvviso di amor proprio.
"Ti ho chiesto il nome appena mi sei arrivato davanti..."
"Era letteralmente l'unica cosa che chiedevi a tutti!" ribatte col tono che sembra quello di un fidanzato indispettito e che lo fa immediatamente pentire di averlo detto.
"Si, ma il tuo mi interessava davvero saperlo..."
Ah.
"...me lo sono tenuto a mente per tutto sto tempo anche se a stento lo avevo capito" aggiunge quando il silenzio dura troppo.
Simone vorrebbe così tanto credergli, così tanto accettare l'idea che almeno un'infinitesima parte di ciò che prova lui sia ricambiata, ma "stava scritto sul biglietto... non hai dovuto fare grandi sforzi di memoria" gli esce fuori avvilito e prima che possa fermarlo.
"Ti ringrazio comunque per esserti premurato del libro" continua poi carezzando Paco incurante di lui e dei suoi melodrammi "non dovevi e-"
"Hai un piccolo neo sul naso." lo interrompe brusco Manuel facendolo trasalire.
"Cos- cos'ho io?" chiede nervoso tastandosi istintivamente il punto detto, quasi che si ricordasse solo ora di possederlo.
"Hai un piccolo neo... sulla punta del naso" reitera l'altro con una voce che nemmeno sembra la sua "degli anelli alle dita e un orecchino al lobo, credo il sinistro, non ne sono sicuro... Ma soprattutto c'avevi sto sguardo che sembrava t'aspettassi qualcosa da me e io però non so stato in grado di dartelo e il pensiero mi tormenta da giorni, ecco." conclude col fiato corto.
Simone sbatte le palpebre tre volte, si morde disperatamente il labbro inferiore e "mi dispiace...?" mormora incerto "io-" pensavo fossimo anime gemelle? Ero ammaliato dalla tua bellezza? "Io non volevo darti questa idea..." si limita invece a dire portandosi anche una mano sull'orecchio per tastare il cerchietto d'argento.
E' sollevato nel trovarlo proprio a sinistra, come se l'eventualità di scoprirlo a destra, di dover nel caso correggere un banale errore, lo ferisse in maniera inaccettabile.
Manuel asserisce con un verso gutturale che riverbera ancora di più dalla base della cornetta.
"E che idea volevi darmi allora?" chiede con tono improvvisamente roco.
E in questa voce tanto profonda Simone si lascia affogare senza pensarci.
Già ne era asservito quando non si rivolgeva manco a lui, figurarsi ora che sembra parlargli così.
"Non- non lo so..." borbotta strappando via l'ennesima pellicina dalla bocca.
"Ti sei presentato con sta faccetta d'angelo" sente dall'altro capo e le guance gli si surriscaldano in un attimo "prima me fissavi co' du occhioni enormi e spauriti e poi dal nulla te ne scappavi... io invece dovevo stare la a firmà autografi, fare moine a gente di cui non me ne fregava niente, mentre pensavo solo a te e al nome tuo che forse avevo pure sentito male. Te sembra corretto?"
"No... no."
"Bene perché manco a me. C'ho messo quasi due settimane per trovà il coraggio di chiamarti lo sai Simone?"
E Simone al momento non sa più nulla a dire il vero.
Riesce solo ad annuire senza emettere alcun rumore e guardarsi attorno allucinato.
Manuel sta parlando con lui e non a lui e l'incredulità è talmente forte da renderlo incapace di reagire.
Allora semplicemente fa quello che con l'altro ha sempre saputo fare: lo ascolta.
Lo ascolta mentre gli rivela dell'inspiegabile scossa elettrica avvertita per una breve stretta di mano, del tormento nel leggere e rileggere il nome sul biglietto senza poterlo tirare fuori da quello stupido foglio e infine del sentirsi alla stregua di un folle a cercarlo dopo un contatto così effimero da parere di averlo sognato.
"Che m'è bastato vederti una volta per non capire più niente" ammette con timbro grave "eri così diverso da tutta quella gente che stava accalcata là dentro..."
"In- in che senso diverso?" domanda Simone confuso e forse anche timoroso della risposta che può ricevere.
"Nel senso che tu mi guardavi veramente, non ero solo una voce per te, il tramite di un racconto... ero-"
"Una persona reale" completa la frase al posto suo e "lo sei stato da subito... che mi è bastato ascoltarti una volta per non capire più niente..." osa aggiungere sbuffando una risatina imbarazzata.
Il cucciolo che nel frattempo gli riposava addosso - con un tempismo chiaramente terribile - decide di risvegliarsi di soprassalto, manco avesse avuto un incubo, e cominciare a emettere dei flebili miagoli.
Simone lo nota subito e, staccando l'orecchio dalla cornetta con un veloce "un attimo solo", porta il volto vicino al musetto per bisbigliare parole dolci e confortevoli.
Il verso di approvazione che ottiene come ringraziamento lo rasserena.
"Cos'era? Un gattino?" sente dal ricevitore non troppo distante.
"Mh-mh..." la mano libera scorre sul piccolo ora di nuovo acquietatosi.
"E come si chiama?"
"Paco."
"Paco" ripete Manuel accarezzando il nome con la bocca "e perché?"
"Perché è pacato, tranquillo..." sorride Simone mentre fissa il micio allungarsi in tutta serenità "la mia- uhm... la mia terapista qualche mese fa mi ha consigliato di avere un animale domestico di cui prendermi cura. Diceva che mi avrebbe stimolato a essere anche più presente a me stesso..." spiega prima e si pente poi.
Senza manco accorgersene ha appena raccontato qualcosa di molto personale ad uno che - per buona pace dei suoi assurdi desideri - è solo un perfetto sconosciuto.
"Deve essere proprio adorabile sto scricciolo che hai..."
"Anche a te piacciono i gatti??" indaga allora con rinnovato entusiasmo.
Che questa semplice frase gli fa già immaginare di poter avere anche altre cose in comune con Manuel e-
"Sono più tipo da cani in realtà."
oppure no.
"...però so sicuro che quel micio lì me conquisterebbe subito... soprattutto se c'ha due occhioni come i tuoi."
Ed è allucinante la velocità con cui il sangue ritorna ad affluire rapido alle gote di Simone, come se trovasse un canale preferenziale e in un lampo salisse poi sul viso che avverte scottare al tatto.
Si passa una mano fra i ricci caotici, guarda Paco che zampetta via dalle sue gambe e nel mentre cerca parole che non trova nel cervello oramai liquefatto.
Fortunatamente è Manuel a parlare di nuovo.
E lo fa con un tono leggero, addirittura timido, quando chiede di poter magari un giorno conoscere il gattino e borbotta pure un "spero di stargli simpatico", che ci tiene a "fare una buona prima impressione", chiosa.
Simone resta stregato dalla naturalezza che piano piano riescono a costruire nel loro dialogare sempre più fitto e vivace.
Una minuscola parte di sé continua a ricordargli che lui questo tizio non lo conosce davvero come crede, ma un'altra - più forte - lo tranquillizza, gli fa presente che in effetti la sua voce l'ha ascoltata per tanto tempo e che l'unica cosa diversa adesso è il poterle finalmente rispondere.
Quando, dopo più di un'ora, l'altro annuncia dispiaciuto di doversi congedare, Simone crede che un macigno gli sia sceso fra cuore e polmoni.
Stava già iniziando a farsi tanti pericolosi castelli in aria e vederli crollare sotto il peso del ritorno alla desolante realtà che incombe è insopportabile.
Manuel però non lo permette.
"Posso richiamarti? Domani magari?" prega infatti sorprendendolo sia per la richiesta che per l'irruenza.
E Simone annuisce prima di rendersi conto che nessuno può vederlo e solo dopo pigola un dolcissimo "si! Si, per favore Manu..." al quale il ragazzo risponde con un roco quanto sincero "non vedo l'ora di risentirti Simo."
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