Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 3 - Perduto... (Parte Prima)

Yaro era sull'orlo di un attacco di panico. Quando quell'idea aveva iniziato a frullargli in testa, sulla via del ritorno, sapeva che si sarebbe cacciato nei guai prima ancora di attuarla. Aveva un sesto senso per quello; d'altronde, cacciarsi nei guai era sempre stata la sua specialità.

Ma il massimo della punizione che si era aspettato di ricevere era un'ennesima strigliata da zio Ryun. O una nuova sospensione da aggiungere alla collezione. O un qualunque altro castigo consono alla sua colpa.

Non un paio di catene ai polsi e dei capi d'accusa da cui difendersi.

"È un malinteso. Questo è solo un grosso malinteso" si ripeteva, camminando in tondo.

Il pavimento in pietra screziata della saletta d'attesa, in cui i Custodi del Tempio l'avevano rinchiuso mentre il Consiglio si riuniva, recava ormai le impronte dei suoi stivali. Ai divanetti accostati alle pareti e il tavolino che li intramezzava – attorno a cui stava girando – doveva aver causato il voltastomaco. E le edere che popolavano le colonne agli angoli e il perimetro squadrato del soffitto avevano cominciato a perdere foglie e fiori per lo stress.

"Zio Ryun parlerà al Consiglio e li convincerà scagionarmi da ogni accusa" si disse. "Anzi, non ci sarà bisogno di convincerli di niente! Mi scagioneranno e basta, perché non ho fatto nulla di sbagliato!"

La sua idea di spacciare Revi per un Esule, in fondo, non era propriamente illegale. E il plotone – a esclusione di Zev, che però aveva promesso omertà – gliela aveva approvata in pieno, perciò così malvagia non poteva essere. Raggiunto il Tempio, avrebbero vuotato il sacco e se le leggi per l'asilo non fossero state applicabili anche a Revi, l'averne varcato la soglia gli avrebbe garantito perlomeno il diritto alle cure.

E, soprattutto, l'avrebbe protetto finché non fosse stato fuori pericolo dalla legge che, al contrario, lo riguardava alla perfezione e pretendeva la sua esecuzione immediata.

Con un po' di fortuna, nel frattempo sarebbero riusciti ad appellarsi alla compassione dei Numi affinché Revi, una volta rimessosi, affrontasse un processo e non una lama.

Se sulla carta, i passaggi di quell'idea sembravano semplici e filavano lisci come l'olio, nella realtà, la loro buona riuscita dipendeva da una lunga serie di scommesse contro il caso da vincere. Tanto per cominciare, che né gli Urbici di guardia sulle mura, né la gente per strada, né i Custodi del Tempio avessero notato qualcosa di strano in Revi, e li avessero quindi fatti passare senza troppe domande; in secondo luogo che i Devoti avessero effettivamente accettato di prenderlo in cura, con i rischi che ne seguivano, invece di chiamare terrorizzati i Custodi per denunciarli; e infine che lui fosse sopravvissuto abbastanza da permettere loro di salvarlo.

Avevano perso alla prima.

Non appena avevano messo piede sulle mura, l'Urbico addetto al montacarichi si era accorto di aver caricato una persona in più di quante ne avesse scaricate quella mattina, e aveva chiesto spiegazioni. La scusa dell'Esule si era rivelata molto controproducente molto in fretta.

Perché il sopraggiungere di un Esule – specie in quelle condizioni pietose – scortato da un plotone di giovanissimi Messi malconci, nonché da un Guardiano privo di sensi, comportava un mucchio di burocrazia imprevista. Alla notizia, l'Urbico in questione era subito corso dal suo Capitano, che non soltanto aveva disposto di allertare seduta stante zio Ryun, gli Anziani e il Consiglio al completo, ma aveva pure ordinato a Kae di farsi sostituire con Revi e di pensare piuttosto a sé stesso, al suo plotone e a Keras mentre arrivavano i soccorsi.

Le loro proteste discordanti e la reticenza nell'obbedirgli non avevano fatto altro che insospettirlo e renderlo più ostinato. E quando gli animi si erano infiammati e Yaro, in preda al panico, l'aveva spintonato perché non scoprisse Revi – in entrambi i sensi – era già stato troppo tardi.

Il suo sangue rosso si era espanso davanti agli occhi di tutti oltre i mantelli con cui avevano tentato di nasconderlo, smascherandolo.

E a quel punto, con un sylcra di mezzo, non c'era più stata scusa che tenesse.

Yaro non aveva un'immagine chiara di cosa fosse successo dopo. Ma ricordava di aver visto gli Urbici circondarli e portare via Revi ammanettato. Senza Kae. Poco importava se Kae, che gli stava facendo pressione sulla ferita, era l'unica cosa a impedire che morisse dissanguato. Ricordava di aver scalciato e urlato fino a scorticarsi la gola mentre uno di loro l'aveva trattenuto a forza, ripetendogli che trasportare il sylcra all'Ala di Contenimento era il protocollo; che era per la sicurezza sia sua che dei figli della Dea. E ricordava di essersi preso tutta la colpa quando il Capitano li aveva interrogati.

In seguito, dalle mura esterne si era in qualche modo ritrovato nel Tempio. E quindi in una delle salette d'attesa del Tribunale, a tormentarsi e riflettere su quale, di preciso, tra le follie che avevano trasformato quella ragazzata in un crimine avrebbe potuto risparmiarsi.

"... Va bene, magari non avrei dovuto mettere le mani addosso a quel Capitano degli Urbici. E non avrei dovuto disobbedire a un suo ordine diretto. E non avrei dovuto insultare lui e i suoi colleghi. E non avrei dovuto... Oh, Dea, sì! Ho fatto tutto di sbagliato" ammise. "Ma per una buona ragione! Perché non lo capiscono?!"

Yaro si accasciò su uno dei divanetti imbottiti e sprofondò tra i cuscini sfumati di bianco. Le catene ai suoi polsi gli caddero pesanti e gelide in grembo, tintinnando tetre. Al solo guardarle, l'istinto di strapparsele di dosso rischiò di sopraffarlo; ma lo schiacciò sotto la consapevolezza che non aveva bisogno di aggiungere la tentata evasione alla lista dei suoi capi d'accusa. Fu la desolazione a sostituirlo.

«Stavo solamente cercando di fare la cosa giusta...» mormorò, quasi sperando che qualcuno lo sentisse.

"E ho finito per complicare tutto per niente... Se Revi non è morto nel tragitto, a quest'ora sarà già stato giustiziato." Si rannicchiò, faticando a trattenere le lacrime. "Stavolta, il mantello non me lo restituiscono. Stavolta, mi buttano davvero fuori dal Corpo. Sarò il primo Cedre della linea dei Comandanti a essere congedato con disonore... Dea, sono un Messo pure peggiore di quanto lei immaginava..."

Yaro controllò la porta d'ingresso in vetro opaco, per grazia divina ancora chiusa, immobile e silenziosa. Se non fosse stato un fascio di ansia e pensieri catastrofici, avrebbe colto l'ironia della situazione: per la prima volta nella sua vita, fissava una porta desiderando che non si aprisse.

E ancora una volta, la sorte si faceva beffe di lui riservandogli l'esatto opposto.

Perché zio Ryun, infatti, la spalancò e irruppe trafelato nella saletta d'attesa. Pareva essersi alzato dal letto in fretta e furia: aveva i capelli castano chiaro raccolti in un codino alto pietoso e già sfatto, con quelli rimasti sciolti all'altezza delle spalle annodati e arruffati. Si era abbottonato male il mantello da Comandante e l'orlo ricadeva in diagonale all'angolazione perfetta perché si intravedesse il lembo stropicciato della camicia sfuggito ai pantaloni.

Yaro scattò in piedi, ma tenne la testa bassa. Non avrebbe retto il suo sguardo deluso. Non in quel momento.

«Zio» abbozzò in un sussurro. «Mi dis—»

Zio Ryun azzerò la distanza tra loro e lo strinse così forte che, per un attimo, Yaro non conobbe che il calore delle sue braccia, il pizzico della sua barba e il suo profumo di dolci e fiori freschi. Non sprofondare nel suo abbraccio e scoppiare a piangere gli richiese fino all'ultima briciola di forza di volontà che avesse.

«Stai bene?» domandò, la voce profonda incostante e assottigliata dal fiatone. «Non sei ferito, vero?»

«No... Sto bene.»

Zio Ryun si allontanò il necessario per verificarlo di persona, non un seme di più, poi lo attirò di nuovo a sé e gli baciò la testa.

«Quando mi hanno detto del sylcra... e ho scoperto che era stato il vostro plotone a incontrarlo, io... ho temuto che... voi...»

«Ma non è successo» sottolineò Yaro. «Stiamo bene, zio. Derval ha un ginocchio rotto, nulla di più. Ormai l'avranno pure dimesso.»

«Sì. Sì, lo so... eppure...»

Yaro avrebbe voluto abbracciarlo a sua volta più di qualunque altra cosa, per il bene di entrambi; ma con le catene a costringergli i polsi, il massimo che poté fare fu aggrapparsi al bavero del suo mantello e poggiargli una tempia al petto.

Zio Ryun se ne ricordò soltanto nell'udirle sferragliare e si frugò frenetico in una tasca, tossicchiando per calmarsi. «Numi, ora te le tolgo. Non avrebbero dovuto mettertele affatto.»

«Sì, invece» obiettò Yaro. «Perché me le sono guadagnate con le mie stupide decisioni. E mi dispiace tantissimo.»

Zio Ryun si fermò con la chiave a un soffio dalla toppa e dirottò un palmo ad accarezzargli la guancia. «Non scusarti mai di aver combattuto per salvare una vita, a prescindere da quante leggi sei stato costretto a infrangere.»

«Vale anche se hai fallito miseramente?»

«Sì, Roro, anche in quel caso» affermò con lenta dolcezza. «Ma non è il tuo.»

Yaro alzò la testa. «Revi è ancora vivo?»

«È in condizioni critiche» specificò. «Ma sì. Per ora, sì. La Divina Lera l'ha fatto spostare nell'Ala di Guarigione e l'ha visitato di persona. Dice che le probabilità di farcela sono dalla sua.»

«Oh, grazie alla Dea!» soffiò Yaro.

"Almeno sarà servito a qualcosa..."

«No, grazie a te» ribatté zio Ryun. «Se di là c'è un ragazzino e non un cadavere, è merito tuo. E mi auguro che tu sia fiero di te quanto lo sono io.»

Yaro studiò esitante il viso di zio Ryun. Non tanto perché non riconoscesse l'orgoglio che gli ammorbidiva i lineamenti affilati tanto simili ai suoi – nonostante Yaro fosse un disastro con le persone e i sentimenti, zio Ryun non aveva più segreti per lui; quanto perché faticava a credere che fosse quella la reazione al suo guaio.

«... Questo significa che non sei arrabbiato?»

Zio Ryun inspirò a fondo e lo liberò dalle catene, che gettò sul tavolino. «Avrei preferito che aveste chiesto il mio aiuto, questo sì. Ci saremmo inventati un piano più sottile del mentire alle autorità e scarpinare con un ragazzino gravemente ferito per mezza città, pregando che nessuno notasse il suo sangue del colore sbagliato.»

Yaro arrossì. «Non avevamo tempo. E pensavamo di dovercela fare per conto nostro.»

«Tu pensavi di dovercela fare per conto tuo, come sempre» lo corresse, e Yaro si strinse nelle spalle. «Ma per quanto mi costi ammetterlo, forse dar retta alla tua cocciutaggine e procedere per vie traverse è stata la scelta migliore che avessi potuto compiere. È evidente che la mia influenza non avrebbe fatto granché. Non è stata sufficiente nemmeno a risparmiarti le catene all'arresto...»

«Beh, ma farà la differenza durante il processo, no?»

A Yaro non piacque affatto il modo in cui zio Ryun lo osservò.

«No?» insistette.

«Roro, non mi sarà permesso né votare né intervenire in qualunque maniera. Siederò al mio seggio come semplice spettatore.»

«... Cosa?»

«Sei mio nipote. E sono il tuo tutore legale. Sarebbe un conflitto di interessi in piena regola.»

«Ma ho bisogno di te e del tuo voto!»

«Ammi, non dipende da me. Ma andrà bene comunque, non preoccuparti. Dai rapporti—»

Un Custode bussò alla porta e si affacciò nella saletta con discrezione. «Comandante, il resto del Consiglio ha preso posto. Stanno aspettando voi per cominciare.»

"Sta succedendo" realizzò Yaro, saltando un battito. "Oh, Dea, sta succedendo davvero..."

Zio Ryun si voltò e annuì più e più volte. «Grazie dell'avviso. Arrivo tra pochissimo.»

«Con permesso» mormorò, ritirandosi.

Yaro litigò con il colletto della camicia, d'un tratto fin troppo stretto e alto. "Mi sento soffocare..."

«Stavo dicendo...» Zio Ryun tornò a fronteggiarlo e sussultò nel coglierlo a boccheggiare. «Roro! Attacco o crisi?»

«Non lo so!»

«D'accordo, tranquillo, non è importante» sciorinò. «Nel dubbio, sediamoci, sì?»

Zio Ryun lo aiutò a calarsi sul divanetto. Dopodiché, si affrettò a inginocchiarsi e gli raccolse una mano tra le proprie; l'altra gliela lasciò di proposito libera di avvitare e svitare, in caso di necessità, il portachiavi per l'ansia che gli aveva regalato.

Yaro lo cacciò dalla tasca all'istante. Se non avesse sfogato al più presto il turbinio indefinito che gli si agitava nel petto, era certo che ne sarebbe stato dilaniato.

«Ammi, andrà tutto bene» ribadì, e gli tempestò di baci la mano. «Respira.»

«Non, non ce la faccio a sostenere un processo, zio! Non posso

Zio Ryun accennò un sorriso. «Perdonami se non ti credo, ammi, ma non più di qualche ora fa hai gestito una situazione mille volte più spaventosa di questo processo.»

«Ma prima... non rischiavo di perdere il mantello e... finire a marcire nell'Ala di Contenimento!»

«Oh, ehi, Roro, no» farfugliò, sfregandogli una coscia. «Non è così neanche ora. Sono io il Comandante dei Messi, la decisione finale spetta a me. E sarò di parte, ma per quanto mi riguarda oggi tu hai incarnato ciascuno dei valori che quel mantello rappresenta. Dea, te lo sei riguadagnato per tutte le volte in cui l'hai appeso per una sospensione!» esclamò. «E non sarò di certo l'unico a pensarlo.»

Yaro smise di torturare il portachiavi. «Dici sul serio?»

«Sì» dichiarò perentorio. «E lo penseranno anche i Numi e i miei colleghi. Dai rapporti del plotone è chiaro che, malgrado tu ti sia trovato di fronte all'impossibile, sei stato capace di mantenere il sangue freddo e di agire con giudizio e compassione. Vero è che queste qualità le hai smarrite un po' sulle mura...»

Una risatina nervosa e imbarazzata uscì dalla bocca di Yaro.

«Ma hai appena vent'anni e tu e i tuoi amici non eravate preparati a nulla di quello che avete passato stamattina. Di sicuro non a essere responsabili della vita di un ragazzino vostro coetaneo. Il Consiglio comprenderà che ciò che avete fatto, l'avete fatto con le migliori intenzioni. E ti solleverà dalle accuse. Altro che condannarti all'Ala di Contenimento.»

Yaro tirò su col naso e si stropicciò un occhio. «Non l'avevo considerata da questo punto di vista.»

Zio Ryun sospirò. «Sì. Tu punti dritto allo scenario peggiore, quando succede qualcosa. Qualunque siano i presupposti in partenza. E, ammi, lo capisco perché ti venga spontaneo,» premise, con quanta delicatezza possedeva, «ma non è un comportamento sano. Ed è tempo che tu smetta di aggrappartici.»

«Lo so. Mi dispiace» replicò Yaro, mesto. «Mi sforzerò di... evitarlo. Di essere un po' più come Derval.»

Zio Ryun sgranò gli occhi azzurri. «Oh, Santi Numi, no! Quella è l'ultima cosa che devi fare. L'ottimismo sfrenato di tuo fratello non è da prendere a esempio. È tremendo quanto il tuo pessimismo» chiarì. «Promettimi semplicemente di non dar peso a quei pensieri negativi al punto da farti schiacciare.»

Yaro faticò a trattenere un sorriso. «Va bene.»

«Bravo il mio Roro.» Zio Ryun gli pettinò una ciocca dietro l'orecchio. «Ti senti meglio, adesso?»

Yaro si aggiustò il portachiavi che aveva quasi smontato e si grattò il collo. «Sì... Scusa se mi sono fatto prendere dal panico per niente.»

«Non per niente. Per un processo. Una cosa molto spaventosa e molto lontana dalle tue esperienze» puntualizzò. «Alla tua età, non sarei stato altrettanto—»

«Comandante?» lo chiamò il Custode al di là della porta.

Zio Ryun non rispose subito, prima guardò inquisitore Yaro.

«Sono pronto» gli confermò.

"Spero..." aggiunse, in un pensiero che tenne per sé.

Zio Ryun gli sfregò un ginocchio con affetto e si rialzò. «D'accordo. Allora, andiamo.»

I primi passi di Yaro, in particolare quelli che lo portarono fuori della saletta d'attesa, furono incerti e da capogiro, come camminasse sulle nuvole. E quando giunse al gigantesco portone del Tribunale, non avevano ancora ripreso molta stabilità.

«Non posso accompagnarti oltre» lo avvisò zio Ryun.

Yaro annuì comprensivo e gli strizzò la mano con rapidità per salutarlo. Zio Ryun tardò a mollare la presa.

«Non sei solo là dentro, ricordatelo» gli sussurrò. «Io sarò al mio seggio e tuo fratello e i tuoi amici saranno sulle gradinate.»

«Hm» mugugnò Yaro, perché un versetto era il massimo che era in grado di formulare al momento.

Zio Ryun espirò e gli piantò un ultimo bacio sulla fronte. «Che i Numi ti abbiano a cuore... letteralmente.»

Yaro lo contemplò sconnesso mentre saliva i pochi gradini sulla destra della scala principale che proseguiva dall'atrio, e distolse lo sguardo solo quando il corridoio in penombra lo inghiottì.

«Buona fortuna, piccolo» gli augurò uno dei Custodi che l'aveva scortato.

«Ti servirà» si accodò il collega.

Insieme, manovrarono il portone di legno intarsiato del Tribunale, che si schiuse con un cigolio greve e nefasto.

Yaro fu inaspettatamente accecato dalla luce del giorno che filtrò dallo spiraglio e indietreggiò. Il Custode meno amichevole lo afferrò per un braccio. Non lo strattonò in avanti, ma gli riservò un'occhiataccia che prometteva di fare quello e ben altro, se non si fosse dato una mossa.

Per cui, Yaro si schermò gli occhi con le dita e avanzò.

I raggi di Vampa si stavano riversando di prepotenza dal lucernario sul soffitto all'interno del Tribunale. Rimbalzavano e si specchiavano sulla pietra calcarea nel quale era stato scavato, specie sulle colonne che dal piano terra continuavano fino alla base della sua cupola, tronchi e tronchi sopra la testa di Yaro; e sui larghi archi che li intramezzavano, permettendo ai figli della Dea di affacciarsi sul Consiglio e sugli imputati dalle tribune ai piani superiori – entrambi di una tonalità di bianco più chiara, sebbene comunque screziata, del resto dell'architettura.

Un fascio cadeva perfettamente al centro dell'ambiente, proprio sulla piattaforma rotonda – rialzata di qualche gradino – che lo avrebbe ospitato durante il processo. Yaro si domandò se il Divino Kelon non l'avesse progettata in quel modo a posta, affinché la luce naturale vi si concentrasse a qualunque ora del giorno e, oltre che ad abbacinarli, inducesse negli imputati la sensazione di essere ancora più a nudo e sotto giudizio.

Dedusse di sì. Perché furono quelle sensazioni a travolgerlo nel momento in cui, raccolto il coraggio, vi salì.

Di fronte a una tale luminosità, la sua vista penò. E quando finalmente gli si schiarì, per prima cosa Yaro cercò zio Ryun. Lo trovò già a gambe accavallate sulla poltrona del suo seggio, a tamburellare le dita con nervosismo sulla cimasa semicircolare della balaustra scolpita a scrivania.

E per seconda, scandagliò le tribune vuote per individuare i suoi amici. Non fu difficile: Kae e Lyr, impegnati in un classico litigio fraterno, attirarono subito la sua attenzione con i gestacci che si stavano rifilando. Valia e Frina erano accanto a loro, l'una che si affannava a calmarli e l'altra in attesa che la sua ragazza rinunciasse per assestare loro la sgridata che li avrebbe effettivamente calmati – anche se soltanto per poco. Zev era nella loro stessa fila, seduta in disparte a esibire uno dei suoi pigli più stoici. E Derval e Tryn erano in piedi davanti al gruppetto, sporti dalla ringhiera.

"Tryn è venuta a supportarmi... Non fare il codardo mentre ti guarda!"

Nel fronteggiare i membri del Consiglio che incombevano su di lui dai propri seggi – ognuno posto almeno un ramo più in su del suo piccolo podio – spuntando dalle pareti ricurve come spine da uno stelo, il primo istinto di Yaro fu comunque di raggomitolarsi e scomparire.

Poi li osservò meglio e si rese conto che, a esclusione della Portavoce Raela, avevano tutti più o meno la stessa voglia che aveva lui di partecipare a quel processo. C'era chi la dissimulava con un sorriso cortese, come la Maestra Kipa o la Divina Slia. Chi non riusciva nell'impresa e tradiva il proprio fastidio o la propria noia con sbuffi e sbadigli, come la Divina Lera e il Rappresentante Torca. E chi, come il Divino Kelon – chino sui gomiti, con le mani sul volto e un bicchiere mezzo vuoto di quella che pareva dell'aspirina davanti – o la Divina Kital impegnata a scarabocchiare con i pastelli, non ci provava nemmeno.

Il Divino Guraz spezzò il silenzio con un colpo del suo bastone da passeggio. La nicchia tra le due tribune, in cui era incastonato il trono dorato della Dea, contribuì ad amplificarne il volume.

In quanto figlio maggiore della Dea, il Divino Guraz occupava il trono in sua assenza. Yaro non aveva dubbi sul fatto che avesse già accolto quell'onere in centinaia di occasioni, nel corso dei secoli. Però a giudicare da come vi sedeva rigido e con la pelle scura imperlata di sudore, non osando sfiorarne i braccioli per non schiacciare i fiori e i viticci che vi crescevano, faticava ancora a portarne il peso.

«L'imputato è al suo posto e tutti i membri del Consiglio disponibili sono presenti. Il processo inizierà a breve. Agli spettatori prego di mantenere un rispettoso silenzio a meno che non vengano chiamati a testimoniare» dichiarò. «Sia messo agli atti che il Consiglio è stato convocato a giudicare le azioni del Messo Yaro Cedre di stamattina, Primo Lika del Som Marcente del trecentosettesimo anno d.R., e a decretare che provvedimenti applicare a riguardo.»

«E se applicarne in primo luogo» precisò il Capo Fyn, dal suo seggio sulla destra.

Yaro lo ringraziò con un sorriso timido, e quello raggiante che gli fu restituito bastò a snodargli le corde vocali e rallentargli il cuore. Avere il sostegno del Capo Fyn per lui significava tutto. A maggior ragione visto che era rispettato tanto dai suoi fratelli quanto dai membri mortali del Consiglio.

«Certamente» concordò il Divino Guraz. «L'imputato ha qualcosa da dire in sua difesa prima di cominciare?»

Yaro si sbirciò oltre la spalla per adocchiare zio Ryun, che lo incoraggiò con un cenno del mento.

«Io... riconosco di aver sbagliato. Che avessi un intento nobile, non cambia questo fatto. Per cui, chiedo scusa per qualunque danno o... problema io abbia causato e mi rimetto alla vostra comprensione e al vostro giudizio.»

«Parole sagge e umili» lo complimentò il Divino Guraz, d'un tratto meno severo e impostato, sorridendo a lui e a zio Ryun. L'attimo seguente, si raddrizzò di colpo e si cancellò con aria mortificata qualunque traccia di emozione dal viso tondo. «... Ahem. Dunque, se non c'è altro da aggiungere, principiamo. Yaro, data la natura del tuo crimine, sarà la Portavoce Raela a rappresentare la parte offesa e condurre l'accusa. Portavoce, quando siete pronta, avete campo libero.»

La Portavoce Raela non perse tempo e si alzò in piedi. A guardarla dal basso, con quella lunga toga a pieghe indosso e la carnagione bronzea baciata da Vampa, più che una figlia della Dea sembrava una statua movente. «Stimati colleghi...»

Il Divino Kelon grugnì e si scolò il resto dell'aspirina. Forse con un pessimo tempismo dovuto al mal di testa che quel discorso d'apertura riecheggiante stava peggiorando; o forse con il tempismo perfetto per beffarsi di quella specifica scelta di parole. Quale che fosse il caso, la Portavoce Raela assunse il peggio e gli scoccò un'occhiataccia.

«... come si evince dai rapporti dei compagni d'armi dell'imputato» premise, con voce persino più ferma e alta, «il Messo Yaro Cedre ha dimostrato una profonda e consapevole insubordinazione nei confronti sia del Capitano del suo plotone sia del Capitano degli Urbici addetto al montacarichi Ovest dell'Anello del Clan Brya. Comportamento che, di norma, non varrebbe un processo. Se non fosse che questa è la sua nona offesa in appena sei mesi di servizio effettivo» enfatizzò. «Ed è collegata a diversi atti di violenza, due dei quali è il diretto responsabile. Pertanto, il popolo di Calàudi non si sente più rappresentato dall'imputato e ne richiede—»

«Un momento, questo è quello di cui accusate mio nipote?» proruppe zio Ryun. «Non di aver...»

«Contrabbandato un sylcra nei confini della città e approfittato di un cavillo nella regolamentazione della sanità pubblica perché fosse curato al Tempio?» suggerì il Divino Kelon, con le dita sepolte nella bassa e sfatta crocchia. «Beh, più che altro l'averci provato...»

«Non c'è alcuna legge che lo vieta o che lo punisce» rivelò la Divina Lera. «A essere onesti, non ce n'è nessuna che avesse previsto una follia del genere.»

«Abbiamo controllato» borbottò il Divino Kelon. «Tre volte.»

«Per cui, l'unico crimine reale commesso da Yaro è la ripetuta insubordinazione.»

«E il tradimento» aggiunse la Portavoce Raela.

Yaro trasalì e si affrettò a riordinare le idee per difendersi, ma la Divina Slia lo anticipò.

«Per l'ennesima volta, Portavoce, non ci sono le basi per arrivare a tanto.»

«A costo di suonare petulante, ci sono eccome, mio Nume» ribatté, toccando i documenti sulla scrivania sotto di sé. «E sono proprio in questi rapporti.»

La Divina Slia assottigliò gli occhi viola e Yaro rabbrividì nel captare in lei la stessa affilatezza della Divina Lera. Emergeva di rado poiché, pur essendo gemelle, le due dee erano l'una l'opposto dell'altra sotto qualunque punto di vista – persino quello fisico; ma quando emergeva, era inconfondibile e ugualmente pericolosa.

«Quei rapporti descrivono le reazioni istintive di Yaro, non le sue intenzioni. E pretenderle di conoscerle da quattro righe è pura superbia.»

La Portavoce Raela le dedicò un piglio altrettanto tagliente. «Perché non interpelliamo la fonte e fughiamo ogni dubbio a riguardo, se le testimonianze scritte non bastano?»

«Perché siamo nel bel mezzo di un'emergenza e non abbiamo tempo da perdere nella vostra caccia ai—»

«Sì! Lasciatemi spiegare!» gridò Yaro. «Ah, perdonatemi per l'interruzione, mio Nume! Ma l'idea della Portavoce mi sembra perfetta. Risolverebbe questa incomprensione alla radice.»

Nel Tribunale calò un silenzio ingombrante che Yaro riconobbe subito. Era del tipo che lo perseguitava da tutta la vita, che si creava sempre quando diceva qualcosa di strano o stupido e che finiva per riecheggiare nella sua mente per cicli interi in seguito.

"Cosa... cosa mi sta sfuggendo?"

Il Divino Guraz espirò a fondo e si sporse un po' dal trono, come per parlargli in confidenza. «Yaro, sei sicuro di voler esporre la versione completa dei fatti di oggi invece di limitarti a offrire la piccola deposizione di rito?»

«Uhm, una piccola deposizione non mi basta per spiegare ciò che devo.»

«Hm. Permettimi di riformulare: sei sicuro di volerti prestare all'interrogatorio che la Portavoce sta proponendo?»

Yaro controllò zio Ryun, che si stava coprendo la bocca, e la Portavoce che sorrideva sottile, e la sua confusione non fece che aumentare. "... Non dovrei?"

«Potrà porti ogni domanda che ritiene necessaria e tu saresti costretto a rispondere a ciascuna di loro con assoluta sincerità, anche a costo di autoincriminarti» continuò, forse proprio perché aveva notato la sua incertezza. «E per la sua intera durata, Kelon sarebbe autorizzato a setacciarti i pensieri per verificare che tu non stia mentendo. Ti è chiaro, questo?»

«Sì... Non ho niente da nascondere, mio Nume» asserì, lanciando un'occhiata al Divino Kelon, che adesso si era scoperto il viso, ma se lo reggeva comunque per le tempie. «Anzi, penso che così vi sarà ancora più facile capire le mie motivazioni e perdonare quello a cui hanno portato.»

Il Divino Guraz si ritrasse con riluttanza. «Se è questo che desideri... Portavoce, necessitate di qualche minuto per—»

«No, sono pronta» lo troncò.

«Yaro, tu ne necessiti di qualcuno per confrontarti con tuo zio?»

«Credo sia tardi per quello, mio Nume» intervenne zio Ryun.

«Molto bene» affermò, senza un briciolo di convinzione. «Allora, inizia pure a raccontare, Yaro. E non tralasciare alcun dettaglio.»

◄●►

Foto: Tribunale (come al solito, da intendere come vibes e non come ritratto accurato!).

E anche stavolta ce l'abbiamo fatta! Sorprendentemente pure in tempo. Lo vedete che sono capace di rispettare le scadenze, in fondo? In fondo, in fondo! Con questo primo tuffo nella mente del buon Yaro, avete conosciuto tutti e tre i protagonisti e scoperto l'alternanza di punti di vista con cui procederà Calàudi, complimenti per essere arrivati fin qui! Che idea vi siete fatti di questi tre sciagurati? Spero vi stiano almeno un pochetto simpatici!

Tornando al lato serio di questa comunicazione, come da annuncio, la prossima parte (e l'importantissimo meme di fine capitolo, motivo principale per cui leggete questa storia, ovviamenteh) sarà pubblicata a un giorno di distanza per approfittare del boost dell'algoritmo. Perciò, a domani! ^-^

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro