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Capitolo ventuno

Ardy attraccò la barca vicino la piattaforma galleggiante che ospitava l'abitazione di Lilah, la Proiezione che, a detta di Shyla, ci avrebbe nascosti durante il nostro breve pernottamento.

Dopo aver assaggiato l'effetto dell'incantesimo di Somnium ed essermi calmata, mi feci spiegare da Shyla chi fosse questa donna che ci avrebbe ospitato, mentre Ardy ci trasportava nei meandri della città. Lilah era colei che aveva accolto Shyla quando, tre anni fa, quest'ultima aveva lasciato Siderous. Aveva avuto una figlia, Lily, che le aveva regalato due nipoti, ma purtroppo la più piccola morì per una malattia; Lilah allora si prese cura del nipote maggiore, Vik, perché Lily, troppo provata dal lutto e dal conseguente abbandono del marito per stargli vicino, sparì. Quando Shyla entrò nelle loro vite, la nipotina di Lilah era già morta, e in casa della donna c'erano solo lei e Vik. Non conobbe mai Lily, né il marito, cioè il padre di Vik.
Shyla si sentì sempre a casa; Lilah la guardava con gli stessi occhi con cui avrebbe guardato Lily, mentre Vik la considerava una figura simile a una sorella maggiore, sebbene all'inizio dovette abituarsi alla sua presenza. Vissero tutti e tre in pace, fino a una fatidica chiamata.
Lilah sapeva che Shyla pianificava di andarsene, dopo la telefonata di Eduar. Nonostante avesse paura, la appoggiò e le promise che avrebbe potuto contare su di lei, qualsiasi cosa fosse accaduta. Per questo motivo adesso ci dirigevamo da lei.

Ascoltai quella storia con molta attenzione, e non potei fare a meno di pensare che Shyla, per tutta la vita, avrebbe cercato quel calore familiare che non aveva mai avuto da bambina e che, dopo averlo trovato, aveva perso a causa della rivolta di Emeros. Una famiglia che la amasse. Non desiderava altro.

Eduar stava scoprendo insieme a me il modo in cui Shyla avesse vissuto in tutto quel periodo successivo alla loro rottura, dato che non si parlavano da allora, poco prima del mio misterioso arrivo. Chissà cosa ne pensava. Chissà cosa provava per lei. L'amava ancora? Certo che sì. L'avrebbe sempre amata, anche se si fossero allontanati. Lo percepivo dal suo sguardo. Perché era uno sguardo che io non avevo mai ricevuto in vita mia.

«Eccoci a destinazione. Vi auguro buon viaggio, ragazzi. Abbiate cura di voi» disse Ardy, dopo averci aiutati a scendere dalla barca. Era più gentile di quanto immaginassi. Non si era intromesso nel racconto di Shyla e non ci aveva fatto troppe domande scomode. Discreto, semplice e pacato, l'uomo ci salutò, ripartendo per tornare al porto.

Una volta rimasti soli, salimmo le poche scale del portico. La dimora di Lilah presentava lo stesso stile di tutte le case di Somnium, ed era sommersa nell'acqua per poco più di metà. Shyla batté il battiporta provocando un suono secco e duro. Dopo qualche secondo, una donna aprì: i capelli erano ormai segnati dall'età, diventati grigi come nuvole cariche di pioggia; allo stesso modo anche delle rughe attorno agli occhi, alla bocca e al collo intersecavano il viso piccolo, che però appariva gentile e addolcito. Gli occhi, tuttavia, brillavano di vita, di giovinezza. Erano di un color ambra intenso, sembravano raggi di sole confrontati a quel corpo tanto prossimo al raggiungimento della vecchiaia. Si spalancarono di stupore nel vedere Shyla, uno stupore pieno di preoccupazione e insieme gioia per averla rivista. La abbracciò per un istante, poi ci invitò a entrare in casa.

L'ambiente era accogliente. L'hidrakon gli conferiva dei riflessi blu e violacei. Ci accomodammo nella prima stanza che seguiva l'ingresso, provvista di un tavolo e una cucina. I mobili erano stravaganti, decorati da intagli ricurvi come l'esterno delle case. Vari oggetti e utensili si accatastavano uno sopra l'altro. L'effetto generale era un disordine in cui ogni cosa si amalgamava ma si poteva distinguere. Mi sembrava essere entrata in una casa incantata, come in un film di Miyazaki.

La luce calda contenuta nel lampadario a forma di sfera che pendeva dal tetto illuminava, in un chiaroscuro, il volto di Lilah.

«Non credevo sareste arrivati così presto». Spostò una sedia da sotto il tavolo. «Sedetevi pure».

Eduar, invece di sedersi, le strinse la mano. «È un piacere conoscerla. Io...»

«Tu devi essere Eduar» lo interruppe Lilah. Lo guardò con fermezza. «So tutto».

L'ex comandante annuì, a disagio. Lanciò un'occhiataccia a Shyla e non proferì parola.

Io stavo a braccia incrociate, per evitare che il sangue dei vestiti si notasse. Quando Lilah mi prestò attenzione, abbassai il capo. «Grazie per la sua ospitalità. Non tutti lo farebbero».

Lei non disse nulla. «Sediamoci» ripeté, «abbiamo molto di cui discutere».

«Dov'è Vik?» chiese Shyla, prima di sedersi insieme a noi.

«Sta dormendo. Lo sveglieremo dopo».

Era gentile, ma anche dal pugno fermo. Si percepiva che avesse l'animo temprato dagli ostacoli della vita e saggio per l'esperienza degli anni che aveva vissuto.

Spiegò a Eduar che sapeva la reale portata del nostro viaggio. Sapeva che volessimo tentare la fuga da La Gabbia e che io fossi un'aliena. Non era d'accordo, perché esserlo significava tradire Eris e considerarsi una ribelle, cosa che non poteva accadere dato che doveva prendersi cura del nipote. Ma non voleva nemmeno abbandonare Shyla. Così, per il breve soggiorno a Somnium, ci avrebbe offerto vitto e alloggio, a patto che non rimanessimo per più di quattro giorni.

Mi parve ragionevole. Stava rischiando anche lei, tenendoci nascosti. Fossi stata io avrei sbattuto tutti fuori di casa.

Aveva un modo schietto e diretto di esprimersi. Mi chiesi se fosse un tratto della sua personalità o un condizionamento dell'incantesimo di Somnium.

«In questo piano è impossibile mentire?» domandai, disturbando il monologo esplicativo di Lilah circa le condizioni del nostro pernottamento. Non riuscii a trattenermi, quella domanda mi ronzava in testa da quando eravamo arrivati.

La Proiezione mi fissò. «Non è proprio così.» Si alzò e andò a prendere dei rotoli di pergamena.

«A Somnium si dice la verità. Si esprimono le proprie emozioni nel modo più sincero possibile, nel modo in cui il tuo subconscio vorrebbe dirle. Ma l'incantesimo si può gestire».

Srotolò una delle pergamene. Raffigurava la mappa del terzo piano. La città era circondata da scogli e grotte; si stendeva per gran parte della mappa, con il porto a ovest. A est, invece, la città si diramava per lasciare spazio a una zona non toccata dalle Proiezioni, completamente naturale, piena di rocce e caverne. La legenda sulla mappa la indicava come "zona sacra".

«L'effetto del piano si può contrastare» continuò Shyla, riprendendo il discorso di Lilah. «Si può mentire, manipolare, soffocare le proprie emozioni. Le bugie piccole e innocue non hanno peso. Ma quelle importanti...».

Lilah srotolò l'altra pergamena. Raffigurava un enorme animale, o meglio, una bestia. Coda lunga e ripugnante, pinne deformi, denti affilati, il busto come quello di un tritone ma ricoperto di squame appuntite; il viso terrificante come quello di un pesce lanterna e le orecchie aguzze. Sembrava la versione più disgustosa di una sirena.

«Quelle importanti vengono assorbite da lui. L'Oneiro.» disse Lilah. «Un mostro che riceve i sentimenti repressi di chi finge, e che a causa di essi diventa sempre più orribile. Per vendicarsi, infesta gli abitanti di incubi sulle emozioni che vengono soppresse».

Incubi? La testa mi faceva male al solo pensiero. Ma le Proiezioni sapevano cosa fosse un minimo di libertà? Non potevano spostarsi quando volevano, non potevano ribellarsi, non potevano andare in un cimitero normale a piangere i defunti, e ora non solo non potevano esprimere ciò che desideravano, ma neanche sognare liberamente.

«Com'è possibile tutto questo?» chiesi.

«Eris» rispose Eduar, i gomiti poggiati sul tavolo e le mani chiuse di fronte a sé. «Tutti gli incantesimi dei piani sono possibili grazie a lei. La sua magia è come un canale. A Siderous collegava gli umori delle Proiezioni all'incessante temporale; a Lycoris i lutti non superati ai gigli; qui i sentimenti repressi all'Oneiro.».

«Gli incubi ci distruggevano» Lilah riprese la parola. «Perché prima gli abitanti di Somnium si ribellavano all'influenza del piano. La situazione divenne insostenibile. Così si decise che tutti dovevano impegnarsi a seguire l'influsso dell'incantesimo e mentire il meno possibile. Furono ammesse solo le bugie innocue, per non infastidire troppo l'Oneiro. Oggi siamo in pace rispetto agli anni passati. Purtroppo, però, l'Oneiro non smetterà mai di esistere e a volte gli incubi ritornano feroci».

Forse sarebbe stato meglio non dormire in questi giorni. Io verrei devastata: la mia fossa piena di emozioni lasciate a morire era eccessivamente piena.

«L'Oneiro si trova qui» Shyla indicò la "zona sacra" della mappa. «È anche il luogo in cui si trova l'Ascensium. Il mostro ne è il Custode».

«Cosa... Perché?» incredula, fissai l'immagine dell'Oneiro sulla pergamena. Perché doveva essere sempre tutto così complicato? «Come faremo ad andarcene se quel mostro è di guardia all'Ascensium?»

«Non abbiamo altra scelta» disse piano Eduar. «Dovremo obbligarlo a sbloccare l'Ascensium. Altrimenti dovremo ucciderlo».

Cadde il silenzio dopo quell'affermazione. Un silenzio grave, consapevole. Ciò che dovevamo affrontare era l'ennesima prova che confermava quanto fosse forte il nostro desiderio di libertà.

«Io non riesco a capire» ruppi quella quiete gravida di sangue. «Avete appena detto che l'Oneiro non smetterà mai di esistere, quindi come muore una creatura simile?».

Shyla mi guardò. «Vedi, i Custodi degli Ascensium provengono da famiglie i cui antenati erano Proiezioni Originarie. Sin dall'infanzia viene insegnata loro l'arte della magia antica che permette di controllare i congegni. Solo a Lycoris le varie razze si alternano, essendo un cimitero. Ma poi, in ogni piano, il Custode è qualcuno che discende dalle Originarie autoctone.

La maledizione di Somnium vale per i discendenti delle Originarie del terzo piano. A uno di essi tocca la sorte di diventare Custode e trasformarsi nell'Oneiro. Se il mostro viene ucciso, la maledizione passerà a caso a un altro discendente e si creerà un nuovo Oneiro. E così all'infinito».

«Dal momento della morte dell'Oneiro al passaggio della maledizione, l'Ascensium resta scoperto. È in quell'istante che scapperemo» concluse Eduar.

Ripensai a ciò che avevamo subito a Lycoris e continuai a non comprendere il motivo per cui dovessimo spingerci a tanto. «Abbiamo evitato di uccidere Lund per non creare troppo scompiglio. Ora, invece, possiamo uccidere l'Oneiro senza essere catturati dai Guardiani?».

Eduar incrociò le mani sul tavolo. «Hai ragione» ammise, gli occhi cremisi che saettavano sulle mappe. «Ma non abbiamo fatto del male a Lund perché c'era un altro modo per sbloccare l'Ascensium. Qui non c'è un altro modo. Inoltre dovevamo accertarci di non essere scoperti dai Guardiani di Somnium perché, essendo presente qui la seconda base dei Guardiani, sarebbe stato rischioso e più semplice venire catturati. Biblion, invece, è sprovvista di sedi».

«I Guardiani di Biblion, in genere, sono soldati in ricognizione che provengono da Somnium o Cerasus» continuò Shyla. «Anche se venissimo scoperti, ci metterebbero più tempo a organizzare le unità, e noi avremmo un momento in più per trovare un nascondiglio sicuro».

Quindi era tutta una scommessa. Nascondersi, muoversi di soppiatto, uccidere per fuggire e sperare di non essere presi. Ecco cosa significava diventare ribelli ne La Gabbia e nemici di Eris. Avremmo agito così in loop finché non avremmo vinto.

Abbassai lo sguardo, già stanca per ciò che mi aspettava. Non potevo fermarmi per nessun motivo. Dovevo proseguire fino allo stremo delle forze. Ricordai a me stessa l'obiettivo che mi ero prefissata a Lycoris: io devo uccidere Eris.

«Se trovaste un modo per non togliere la vita all'Oneiro, andrebbe a vantaggio di tutti» commentò Lilah, che era rimasta in silenzio da qualche minuto.

Shyla la guardò. «Domani io ed Eduar ci procureremo una nave. Nel frattempo cercheremo di escogitare un piano».

Lilah annuì, poi si alzò e prese dei piatti da uno scaffale. «Andate a riposarvi ora. Avrete bisogno di energia. Vi chiamerò per pranzo».

Ascoltammo il suo consiglio, ma prima che potessimo andare via un ragazzino arrivò in cucina. Intimidito, si nascose dietro Lilah. I suoi occhi, anch'essi ambrati, ci squadravano con sospetto.
«Vik!» esclamò Shyla, aprendo le braccia. Dopo averla riconosciuta, il giovane la abbracciò con affetto. «Sei tornata!».

«Solo per qualche giorno».
Gli accarezzò i capelli corti e castani. Lo trattava con lo stesso amore che si poteva riservare a un fratellino. In quei momenti mi chiedevo se non avesse fatto meglio a restare lì, con la nuova famiglia che aveva trovato, piuttosto che seguire me ed Eduar nel nostro folle desiderio di liberazione.

Si staccarono dall'abbraccio. «Sei stata a Lycoris? Per caso hai visto mia sorella?».
«Vik, lo sai che Shyla non l'ha mai conosciuta. Anche se l'avesse incrociata, non avrebbe potuto sapere che fosse lei» lo riprese Lilah. Nonostante l'impostazione severa della voce, si percepiva la malinconia per la nipotina perduta.

Osservando i lineamenti di Vik, una terribile intuizione mi attraversò la mente. Come avevo fatto a non accorgermene subito? Il taglio degli occhi, il colore dei capelli, i lineamenti dolci del viso... erano familiari.

«Come si chiama tua sorella?» chiesi, mentre mi alzavo da tavola.

Vik lanciò un'occhiata verso di me. «Il suo nome è Isy».

Isy?

L'immagine della piccola che piangeva sul corpo della madre sbranato da Ybris squarciò la vista come un fulmine. Rifiutai di crederci. «Dov'è tua madre?» chiesi ancora, le unghie che affondarono nei palmi delle mani.

«Mia figlia Lily è scappata anni fa, dopo la morte di Isy» intervenne Lilah. «Non mi sorprenderei se si trovasse a Lycoris».

«Shyla...» la chiamai. La voce tremava e non riuscivo a farla smettere. Gli occhi si inumidirono. Lei mi fissò senza capire la mia reazione. «Quando lui è arrivato... e tu lo hai attaccato... quella donna...».
Non fui in grado di formare una frase di senso compiuto, ma mi capì lo stesso. Lily era morta davanti ai nostri occhi e non lo sapevamo. Ybris l'aveva divorata, impedendole di morire nell'illusione di vivere con Isy. Come potevamo dire a Lilah che oltre alla nipote aveva perso anche la figlia? E che la causa eravamo noi?

Io e Shyla ci guardammo sconvolte. Poi mi voltai verso Lilah. La sua espressione stranita tradiva anche un filo di consapevolezza. «Mi dispiace tanto» fu l'unica cosa che dissi. «Mi dispiace. Mi dispiace tanto».

La donna interruppe ciò che stava facendo e mi prese le mani. Respirò profondamente. Forse aveva compreso qualcosa. «Perché non ti stendi un po'?» propose, una patina lucida le coprì le iridi. «Ci sono tante camere. Puoi prendere la prima al piano di sotto».

Annuii, asciugandomi una lacrima. Cercai l'approvazione dei miei compagni di viaggio, i quali mi fecero intuire che si sarebbero occupati loro della sistemazione delle nostre provviste. Vik si offrì di accompagnarmi. Scendemmo delle vorticose scale a chiocciola ed entrammo nella prima camera del corridoio. Essa conteneva un letto, un piccolo armadio e una bellissima libreria che occupava un'intera parete. Dietro il letto, invece, un muro di vetro fuso con un leggero strato di hidrakon apriva il paesaggio al fondo del mare, come se fuori si trovasse un enorme acquario, essendo quella parte di casa immersa nell'acqua. Ringraziai Vik e, rimasta sola, sfogliai i dorsi dei libri sugli scaffali. Narravano miti, leggende, favole che avevano come protagonisti le Bambole o Eris. Alcuni trattavano anche di storia. Mi soffermai su un libro intitolato Le Originarie, genesi. Andai a sedermi sul letto e incominciai a leggere. Necessitavo di una distrazione per non pensare a Isy e alla sua famiglia distrutta da La Gabbia e da Ybris. Inoltre acquisire nuove informazioni faceva sempre comodo.

Il libro parlava delle diverse peculiarità delle Proiezioni Originarie. Ogni stirpe di Originarie era stata creata da Eris in base alle caratteristiche di ciascun piano. Quelle di Siderous avevano i capelli tendenti al platino, la pelle pallida e gli occhi grigi; erano abili nella tecnologia e fortemente stacanovisti. Costruirono una società in cui l'uguaglianza fosse alla base di ogni cosa. Ma la linea tra uguaglianza e omologazione risultò molto sottile.

Quelle di Emeros avevano i capelli neri e gli occhi cremisi, come Eduar. Nonostante vivessero in un ambiente pacifico e sereno, ironia della sorte, erano guerrieri. Da generazioni occupavano posizioni di rilievo tra i Guardiani. Non mi stupiva che, stando al racconto di Shyla, Egelan volesse far continuare la tradizione a Eduar. Chissà quanto lo avesse schiacciato il peso delle aspettative del padre.

Le Originarie di Somnium, dagli occhi color ambra e i capelli castani, come la famiglia di Lilah, erano affetti dalla maledizione del terzo piano. A causa di essa e anche dell'incantesimo di Somnium, svilupparono lievi capacità telepatiche che le portavano a provare una forte empatia per gli altri. Riflettei sulla possibilità che, se avessimo ucciso l'Oneiro, la maledizione avrebbe potuto toccare Vik o Lilah. Non potevo sapere se fossero rimasti altri discendenti di Originarie, però, che avrebbero corso lo stesso rischio di ricevere la maledizione. Un motivo in più per non uccidere il Custode. Continuai a leggere.

Le Originarie di Biblion non avevano connotati definiti: potevano spaziare dai capelli biondi al color miele, e dagli occhi verde chiaro ad azzurri. Profondi religiosi, erano tra i fondatori del Culto di Eris e dopo secoli ricoprivano ancora ruoli di prestigio nel Culto. Ogni tre anni inviavano un membro della famiglia tra i volontari in sacrificio alle Bambole. Sospirai. Che destino tremendo.

Infine, le Originarie di Cerasus. Dai capelli rossi e occhi blu scuro, erano una stirpe nobile capacissima nella costruzione di armi magiche. Erano abili anche nel controllarle. Pensai a Shyla. I suoi capelli rossi erano una coincidenza? Aveva imparato a usare la sua lancia grazie ai duri allenamenti a cui si era sottoposta, o possedeva il talento naturale delle Originarie di Cerasus? Aveva mai indagato sui suoi genitori biologici?

Lessi che, con il passare degli anni, le Originarie si erano mischiate. Esistevano ancora dei discendenti Puri, sebbene fossero rari, e si potevano distinguere grazie ai connotati: se avessero presentato le stesse fattezze delle prime Originarie, si trattava di discendenti Puri. Gli Impuri, invece, erano tutte le Proiezioni rimanenti. Queste ultime, tuttavia, variavano nel grado di impurità e, in base al grado, le abilità delle Originarie potevano più o meno svilupparsi. Ad esempio, un figlio nato da due Puri discendenti da due stirpi di Originarie diverse era Impuro perché presentava le caratteristiche di entrambe, ma meno Impuro di un figlio che, nato da due Impuri, forse non avrebbe manifestato nessuna abilità. Ci misi un po' per capire questo passaggio, infatti rilessi la pagina più volte.

Eduar, dunque, non solo era Puro, ma anche l'ultimo della sua stirpe. Shyla invece era Impura, ma ignoto il suo grado di impurità. Chiusi il libro, lo misi in grembo e mi sdraiai, ripetendo a mente ciò che avevo imparato. Avrei escogitato di tutto per non rimanere sola con le mie emozioni, specialmente in un luogo come Somnium. Prima le Originarie, poi i discendenti Puri, poi le Impure... Eduar, Shyla e Lilah... Somnium, l'Oneiro e i Guardiani... con la testa affollata e affaticata dai pensieri, chiusi gli occhi. Cullata dal rumore in sottofondo dell'acqua smossa dai pesci al di là delle vetrate, mi addormentai.

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