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Capitolo ventisei - parte 2

1h prima

Eduar chiuse lo zaino da viaggio. Quelle ultime ore sembravano essere passate al rallentatore. A ogni minuto la sua preoccupazione cresceva sempre di più. Si era immaginato tutte le situazioni possibili in cui si fosse potuta trovare Monia. Era viva? Che tipo di ferite aveva? Come stava? La risposta a ognuna di queste domande includeva una Monia in fin di vita, da qualche parte a Somnium, abbandonata a sé stessa. Immagine che non gli dava pace.

L'incantesimo del terzo piano amplificava ogni emozione, ma sapeva, in cuor suo, che quello che stava provando fosse reale. Non riusciva a identificarlo e, probabilmente, una volta lasciata Somnium, sarebbe sparito. Ma in quel momento, mentre si approssimavano a partire, sembrava non esserci nulla di più importante che salvare Monia. Non si sopportò: detestava la debolezza che potevano causare quei tipi di sentimenti.

«Possiamo andare. È tutto pronto» disse Shyla. Eduar prese lo zaino e si avvicinarono alla porta.

Lilah li salutò per quella che sarebbe stata l'ultima volta. Era ancora provata per ciò che era successo. Shyla l'aveva aiutata a riordinare la camera incriminata affinché Vik, tornato a casa da scuola, non assistesse a quel brutto spettacolo. Pulire il sangue di Monia dal pavimento l'aveva scombussolata ancora di più. Quando Vik era tornato a casa, aveva capito comunque che qualcosa non andava. Ora abbracciava Shyla, triste perché lo avrebbe lasciato di nuovo.

«Fate attenzione» raccomandò Lilah, gli occhi lucidi. Si sentiva come se sua figlia andasse a cercare la morte.

«Non so se ci vedremo ancora» Shyla sciolse l'abbraccio con Vik. Parlava sia a lui, che a Lilah. «In voi ho trovato una famiglia. Mi avete accolta e amata. Non vi ringrazierò mai abbastanza per questo».

Abbracciò Lilah, la quale non riuscì a trattenere una lacrima. «Tutto ciò che voglio è che tu sia felice. Se per esserlo devi fuggire, sopporterò il fatto di non vederti più. Però, ti prego: sopravvivi».

Shyla annuì. Ormai anche lei piangeva. Accarezzò i capelli lisci di Vik e accennò un sorriso. Lui sembrava frastornato, indeciso se dire o meno ciò che il cuore gli suggeriva. Alla fine, parlò.

«Portami con te» disse, lo sguardo ambrato che ardeva di desiderio d'avventura.

«È troppo pericoloso» commentò Eduar.

«Sono un discendente Puro. Potrei aiutarvi con l'Oneiro».

Shyla sospirò e si accovacciò di fronte a lui, prendendogli le mani. «Vik, ascoltami...»

«Ti prego, Shyla. Nemmeno io sopporto La Gabbia».

Lilah si coprì la bocca con una mano.

«Vik. Non puoi venire con noi. Rischi di morire ancor prima di uscire da La Gabbia. Preferisco saperti al sicuro, piuttosto che vederti rischiare la vita ogni giorno accanto a me».

Quelle parole parvero colpirlo. Smise di insistere, ma il viso cominciò a rigarsi di lacrime.

«Non dev'essere per forza un addio» continuò Shyla. «Ma resta qui. Fallo per Lilah».

Il ragazzino guardò la nonna, tutto ciò che gli era rimasto della sua famiglia biologica. Poi annuì, nonostante il senso di abbandono che lo opprimeva. Stava perdendo ciò che avesse di più simile a una sorella. Ancora. E non avrebbe potuto impedirlo.

Gli ultimi sguardi prima di lasciare quella casa furono i più dolorosi. Esprimevano tanto senso di perdita e preoccupazione, nonché il rimpianto per non aver goduto abbastanza dei momenti passati insieme.

Shyla pensava a quanto fosse crudele il tempo, mentre raggiungeva il porto insieme a Eduar. Il tempo non aveva mai avuto pietà con lei: non le aveva permesso di immaginare un futuro felice in nessun luogo. Era trascorso troppo lentamente in orfanotrofio e troppo velocemente a Emeros; troppo lentamente a Siderous, quando soffriva per Eduar, e troppo velocemente a Somnium. Sapeva di aver scelto lei di rompere quel miracolo di quiete, volendo fuggire da La Gabbia, ma era convinta che quello fosse il suo destino. Non avrebbe mai coronato il sogno di avere una famiglia stabile, però, almeno, sarebbe stata libera.

«Sai, Eduar» lo chiamò, senza rifletterci troppo. Arrivarono al porto e aspettarono la nave di Nailee sul molo dai cui partivano le imbarcazioni dei Guardiani. I visi erano coperti dai cappucci del mantello. Cercarono di non attirare l'attenzione, mentre attorno a loro le Proiezioni svolgevano i propri compiti.

«Non basta che un solo piano si ribelli a Eris» continuò Shyla, a bassa voce. «È questo che ci ha fatto fallire». Lui la fissò esterrefatto.

«È una rivoluzione ciò di cui avremmo avuto bisogno. Tutti i piani contro Eris.»

«Sei impazzita?» Eduar, nonostante lo stupore, mantenne un tono di voce basso. Monia stava rischiando la vita e lei rifletteva sul passato, aprendo vecchie ferite?

«Volevamo liberare prima Emeros e poi, uno ad uno, gli altri piani. Lo sai. Avevamo poca influenza per una rivoluzione. Avremmo solo causato un massacro più grande».

«Forse era necessario. Come lo è adesso. Se la smettessimo di agire da egoisti e coinvolgessimo le Proiezioni... forse avrei potuto portare Vik e Lilah con me».

Eduar non credette alle sue orecchie. Pensò che quelle parole provenissero più dall'incantesimo di Somnium che da Shyla. Il dolore di perdere le Proiezioni che considerava una famiglia le provocava quei pensieri, ed essi venivano amplificati dall'incantesimo.

«Stai perdendo lucidità e non è da te» si limitò a dire.

«Succede, quando crei dei rapporti veri con gli altri» rispose lei, lanciandogli un'occhiata provocatoria.

Eduar non riuscì a trattenersi. «Hai ragione, dovrei seguire il tuo esempio e fidarmi di chiunque. Come con Nailee, ad esempio, che non si è ancora fatta vedere».

«Arriverà».

Eduar stava battendo il tallone sul pavimento del molo da una manciata di secondi, senza accorgersene. «Se lo dici tu».

«Arriverà» ripeté Shyla, «lo so. Ho letto molto odio nei suoi occhi. Un gran desiderio di... vendetta».

Eduar fissò l'acqua limpida del mare sotto di loro. La foschia rendeva l'orizzonte inquietante, come se ci fosse qualcosa di terribile pronto a distruggerlo non appena si fosse diradata. Somnium gli aveva sempre fatto questo effetto. Anche i suoi sogni, lì, erano pieni di incubi in cui il passato tornava più feroce del solito, oltre la foschia delle bugie che si raccontava da anni. Odio e vendetta? Non c'era giorno in cui non lo lasciassero in pace. Però li provava nei confronti di sé stesso e li esprimeva tramite la maschera del comandante gelido e crudele.

«Se non si presenta con ciò che ha promesso, giuro che io...» iniziò, ma la minaccia fu interrotta dall'arrivo di un galeone in hidrakon che si accingeva ad attraccare al molo. Sulla bandiera, issata sull'albero di mezzo, era disegnato il simbolo dei Guardiani, costituito da vari rombi contenuti in un cerchio, nei quali comparivano i simboli dei piani: un fulmine per Siderous, un giglio del ragno rosso per Lycoris, la coda dell'Oneiro per Somnium, un libro per Biblion e un petalo di ciliegio per Cerasus. Il simbolo campeggiava su uno sfondo bianco. Sul castello di prua, Nailee sorrideva, impaziente di cominciare la missione.

«Visto? Te l'avevo detto» disse Shyla.

La nave fece il suo debutto con imponenza ed epicità. La sua stazza creò un'ombra che inghiottì il molo e i due ribelli. Eduar si stupì per quanto fosse grande e attrezzata. Nailee non avrebbe potuto scegliere mezzo migliore per catturare l'Oneiro. Quando venne posizionata la scala per salire a bordo, Nailee sfoderò un ghigno soddisfatto. «Che ve ne pare? Forza, muovetevi: abbiamo una missione da compiere».

I due, dopo essersi lanciati un'occhiata d'assenso, salirono a bordo della nave. Era piena di Guardiani che lavoravano, tra chi puliva, chi si occupava delle vele, chi della sistemazione delle armi.

«Dov'è la chiave?» chiese Nailee, non appena andò loro incontro, non badando a convenevoli.

«È stata rapita. Dobbiamo recuperarla prima di raggiungere l'Oneiro» spiegò brevemente Shyla. Eduar fissò entrambe infastidito: Monia sembrava davvero un semplice oggetto da non lasciarsi rubare.

«Che cosa?» saputa quella notizia, la sicurezza tipica di Nailee vacillò. Gli occhi cremisi bruciarono di rabbia. Si voltò verso l'equipaggio. «Tutti pronti a partire, e subito!» gridò. I Guardiani eseguirono gli ordini immediatamente, armeggiando con le vele.

Percorse la nave fino al ponte di poppa, seguita dai due ribelli. Il rumore dei suoi passi sull'hidrakon sembrava urlare il fastidio provocato da quell'inconveniente, come se fosse stata l'ennesima seccatura da affrontare. Era questo che percepiva Eduar, squadrando l'andatura di Nailee.

Salirono le scale del ponte ed entrarono nella sala di navigazione. Shyla si chiuse la porta alle spalle. La stanza, illuminata da una lanterna pendente dal tetto, era tappezzata di mappe e sulla scrivania fogli ricchi di numeri per calcolare le rotte si confondevano tra loro.

«Come avete potuto lasciare che la rapissero?» sbottò Nailee. Armeggiò con i fogli sulla scrivania, in cerca di qualcosa.

«Non potevamo prevedere che quel pazzo di Ybris sarebbe arrivato a tanto» rispose Shyla.

Nailee alzò gli occhi, furiosa. Il nome dell'Orgoglio sembrò alimentare la rabbia. Schioccò la lingua contro il palato e si lasciò sfuggire un ghigno strano.

«Ybris...» sibilò. Poi prese la mappa di Somnium e la schiacciò contro il tavolo, osservandola a lungo.

«Non può essere andato lontano» continuò.

«Sei molto turbata per il rapimento di una ragazza che nemmeno conosci» commentò Eduar, le mani poggiate sulla scrivania. «Che animo sensibile».

Il sarcasmo di quella frase aleggiò sentenzioso, ma Nailee non assecondò la provocazione. «Quando ti viene tolto tutto, o diventi così oppure un mostro senza cuore».

Eduar sapeva bene il significato di quelle parole. Eppure, non scorgeva negli occhi di Nailee la sua stessa sofferenza. Non riusciva a provare chissà quale empatia per lei, e si chiese se non avesse scelto, negli anni, di diventare un mostro il cui cuore non percepisse più nulla a parte altro dolore.

«Ragioniamo» disse, ignorando la morale del comandante. «Se fossi una Bambola, dove la porteresti?».

Nailee si morse l'interno della guancia. Avrebbe voluto smetterla con quella recita, ma doveva aspettare il momento giusto.

«Probabilmente in un posto isolato» indicò sulla mappa una zona a nord-ovest, poco lontana dal porto, «e distante dall'Ascensium per limitare qualsiasi possibilità di fuga».

«In qualche grotta qui vicino, magari isolata rispetto a quelle in cui lavorano le Proiezioni per le miniere di hidrakon» osservò Shyla, «ma non possiamo controllarle una ad una, perderemmo troppo tempo».

«Non è la prima volta che Ybris fa qualcosa del genere» mentì Nailee. Si ricordò della grotta in cui lo costrinse a mangiare il braccio del pescatore che aveva ucciso. Quella Bambola idiota poteva essere andata lì. «Ha un posto preferito per queste cose e io so dov'è».

Eduar la fissò con sospetto mentre tracciava la rotta. Quella ragazza gli infondeva una sensazione sinistra. I nodi si scioglievano troppo facilmente: era impossibile che fosse piovuta dal cielo una Proiezione pronta a risolvere tutti i loro problemi.

«E se non fosse lì?»

«Fidatevi, la troveremo». Prese la mappa e uscì dalla stanza, seguita da entrambi. «Adesso andate a sistemare le vostre cose» indicò loro le scale per raggiungere il piano inferiore. «Qui ci penso io». La videro dirigersi verso il timone.

Una volta arrivati agli alloggi, -stanze tutte uguali divise da un sottile muro di hidrakon in cui il letto sembrava più un'amaca che un vero letto- posarono lo zaino e i mantelli e si assicurarono di essere armati: Shyla con il coltellino alla caviglia, Eduar con la pistola alla cintura.

«Non mi tolgo di dosso questo brutto presentimento» confessò Eduar.

«Troveremo Monia, se è questo che ti stai chiedendo».

«E se ci stesse portando dritti in una trappola? Perché non ti poni nessun dubbio?».

«Perché in Nailee vedo una Proiezione che ha sofferto molto per i suoi ideali, proprio come noi. Ci sta aiutando ed è questo che conta».

Eduar scosse la testa, contrariato, e il gesto fece sbuffare Shyla.

«Se fosse stato per te, anche Monia sarebbe un nemico, adesso. Non ti stanchi a dubitare di tutti?» fece per andarsene.

«Infatti non dubito più di lei».

A quelle parole, Shyla si fermò. «Ah, giusto, lei ti ha salvato a Lycoris».

Eduar le rivolse uno sguardo confuso. «Prima vuoi che mi fidi di lei e ora sminuisci il gesto che ha compiuto per non farmi uccidere mia madre?».

C'era una cosa che Eduar non aveva capito di Shyla. Un sentimento sopito che a causa dell'incantesimo di Somnium stava uscendo fuori e che persino lei non sapeva come controllare: la gelosia. Non parlava in quel modo per cattiveria, anzi, aveva dato per prima una possibilità a Monia e voleva ancora proteggerla. Si preoccupava per lei ma, da quando qualcosa negli occhi di Eduar era cambiato nei suoi confronti, le emozioni che Shyla aveva condiviso insieme a lui erano riaffiorate con prepotenza. Non vedeva l'ora di superare Somnium e liberarsi dal peso di quei sentimenti.

«Hai ragione» disse. «Mi dispiace».

Tornarono al piano superiore. Il vento li investì. La nave solcava il mare veloce come una lama che lacera la pelle. Attorno a essa, solo acqua e foschia.

Shyla fu catturata dalla figura di un Guardiano che impartiva ordini e amministrava il lavoro della sua squadra. Riconobbe i suoi occhi color nocciola e i capelli corti, quasi rasati, che gli conferivano un'aria seria e rigorosa.

«Jovid?» lo chiamò, andandogli incontro. Lui le sorrise.

«Che cosa ci fai tu qui?» domandò Eduar, non mascherando il fastidio.

«Seguo gli ordini del mio comandante» rispose. Guardò Shyla. «Non è la missione a cui speravo di essere assegnato, ma non posso sottrarmi».

«Hai cambiato idea, di nuovo. Non mi sorprende».

Shyla lanciò un'occhiataccia a Eduar. «Sono felice che ci sia anche tu. Tornerai da tua sorella sano e salvo». Si abbracciarono sotto gli occhi al cielo di Eduar.

«Sai con precisione dove Nailee ci stia portando?».

«In una grotta a nord-ovest, non so dirvi altro se non che ci vorrà più o meno un'ora».

Eduar chiuse gli occhi. Un'ora. Un'altra ora in cui Monia rischiava di morire.

Shyla annuì e lo ringraziò. Andò ad aiutare dei Guardiani che annodavano delle corde, ma prima si voltò verso Eduar. «Fai qualcosa per ingannare il tempo, così non rischi di impazzire».

****

«Guardiani, ci siamo!» esclamò Nailee.

Eduar alzò lo sguardo dal nodo che aveva appena creato. L'equipaggio si radunò sotto il ponte di poppa.

Vide Shyla insieme a Jovid e scostò subito lo sguardo. In quell'ora non si erano rivolti la parola. Si toccò il fodero della pistola. Fremeva di scendere da quella nave e uccidere Ybris una volta per tutte.

«Armatevi e tenetevi pronti. Coglieremo la Bambola alle spalle e salveremo l'ostaggio. Si concluderà così la prima parte della nostra missione. Calate le scialuppe!».

Le Proiezioni obbedirono. Oltre la foschia, le ombre degli scogli disegnavano dei contorni sbiaditi. In lontananza, il retro di una grotta si faceva spazio nell'aria rarefatta. Secondo Nailee, Monia si trovava lì.

Li raggiunse alle scialuppe. «Eduar, Shyla, con me. Jovid, tu e la tua squadra prendete le altre due scialuppe» poi si rivolse all'equipaggio. «Tutti voi restate qui a difendere la nave».

«Sì, comandante!» si udì in coro.

Si calarono in mare insieme alle barche e cominciarono a remare verso l'obiettivo, finché la nave non divenne una figura pallida. L'aria fredda si depositava sotto la pelle. L'unico rumore che si sentiva era quello dei remi che fendevano l'acqua.

Shyla teneva in mano il coltellino, pronta ad allungarlo non appena le fosse servito. Nailee caricò la pistola.

Arrivati vicino a degli scogli stretti e lunghi, legarono le scialuppe a qualcuno di essi, dopodiché si arrampicarono sulla superficie petrosa da cui sorgeva la grotta. Nailee fece cenno di silenzio alla truppa di Jovid e poi, con la testa, indicò a una parte di loro di andare dall'altro lato. Tutti si mossero con cautela, la schiena schiacciata contro il muro ruvido della grotta, le armi cariche e i respiri corti la cui aria si condensava non appena uscisse dalle loro bocche. Così circondarono la zona e, una volta arrivati quasi all'ingresso della grotta, aspettarono il segnale di Nailee.

«Stai mentendo» disse la voce irriconoscibile di Ybris.

«Se mi strangoli, non scoprirai mai la verità e morirai come un insetto. È questo che vuoi? Non desideri una vera vendetta?».

Eduar sentì una scossa lungo la schiena al suono della voce di Monia. Era viva. La voce sembrava stanca e tremante, ma lei era viva.

«Cosa c'è di meglio per vendicarmi di Eris, se non uccidere te?».

«Cosa c'è di meglio?» ripeté lei. «Be'... vedere Eris morire».

Eduar non capì il senso di quel discorso, ma immaginò che Monia stesse cercando di aiutarsi in tutti i modi possibili. Voleva sbrigarsi a intervenire, ma Nailee glielo vietò con lo sguardo.

Ybris rise compiaciuto. «Eris non può morire. Nemmeno per mano tua».

I fili che intrappolavano Monia cedettero completamente, spezzati dalla pietra appuntita. «Vuoi scommettere?». La conficcò nel fianco destro della Bambola e fu allora che Nailee urlò: «Adesso!».

I Guardiani irruppero nella grotta e circondarono Ybris. Eduar incontrò gli occhi di Monia e gli sembrò di poter tornare a respirare.

Era macchiata di sangue sul collo, sulle braccia e continuava a sanguinare dall'addome. La pietra che aveva usato le cadde dalle mani. Cercò di alzarsi tenendosi sulle pietre, ma era troppo debole.

Ybris liberò i fili contro i Guardiani. Alcuni di loro vennero trafitti e caddero in mare. Con Monia dietro di lui, non riuscivano a sparare per immobilizzarlo, così Shyla piombò nella grotta e scagliò la lancia contro il suo petto. La Bambola cadde in ginocchio con un grugnito di dolore e frustrazione. Eduar si precipitò da Monia.

La prese tra le braccia e si accorse che stava piangendo. «Va tutto bene» le sussurrò all'orecchio. «Sei stata brava». Le asciugò le lacrime e la strinse a sé, provando un enorme sollievo nel vederla al sicuro insieme a lui.

«Sapevo che saresti arrivato» disse lei. I suoi capelli pungevano piacevolmente sul collo di Eduar. Quel corpo ferito sembrava scomparire nelle sue braccia, per quanto sangue aveva perso.

«Ti porto via di qui». Eduar si allontanò da Ybris e condusse Monia fuori dalla grotta, mentre la Bambola si era liberata dalla lancia di Shyla e i Guardiani aprirono il fuoco.

Ripercorse la strada al contrario e la fece sedere sulla sua scialuppa. «È tutto finito, sei al sicuro adesso» la tranquillizzò. Fece per tornare sul campo di battaglia, ma lei lo prese per mano.

«Eduar» era spaventata. «Ho perso troppo sangue. Se non dovessi farcela, dovresti sapere che...».

«Non voglio saperlo!» la interruppe. Si sentiva esplodere, ma tentò di darsi un contegno. «Perché tu non morirai, hai capito?». Era un ordine che nascondeva una supplica.

«Aspettami qui» continuò, posandole una mano sulla guancia. «Ybris merita di morire».

Monia annuì. Le mancavano le forze per contraddirlo. Lui le lasciò la mano e si fece guidare dalla rabbia, raggiungendo i Guardiani in lotta.

L'Orgoglio continuava a sfoderare i suoi fili ferendo degli alleati, ma ormai era molto indebolito. Rigettava i proiettili, ma la pelle faticava a guarire. Il buco all'altezza del petto, causato dalla lancia di Shyla, grondava ancora di sangue mentre la pelle si sforzava per richiudersi. Eduar non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Più lo fissava, più rivedeva il volto stravolto di Monia e più la rabbia cresceva.

Esausta, la Bambola si inginocchiò e Nailee fece cessare il fuoco. Gli legò polsi e caviglie, poi disse: «Tornate tutti alla nave. Mi occupo io di lui».

Eduar si fece spazio nella truppa di Jovid e raggiunse il comandante. «No. Devo farlo io» ringhiò, puntandogli la pistola alla testa.

«Esegui gli ordini, Eduar». Nailee risuonò minacciosa all'interno della grotta. Si ritrovò l'ex comandante a un palmo di naso, in preda alla furia.

«Vattene da qui o ucciderò anche te».

Il cremisi degli occhi della ragazza brillò contro il suo. «Tu sei troppo coinvolto» sibilò, sprezzante. Fece un cenno ai suoi sottoposti e loro lo presero per le spalle, allontanandolo.

«Non era necessario!» le disse Shyla, prima di rimpicciolire la lancia e seguire Eduar fuori dalla grotta. Lui si dimenò, ma lo lasciarono andare solo quando si trovarono vicini alle scialuppe.

Rimasta sola con Ybris, Nailee rivelò il vero colore dei suoi occhi: le iridi cambiarono da rosse a viola, taglienti e maligne. Tirò i capelli dell'Orgoglio, alzandogli il viso, e le puntò nelle sue, tanto cristalline da sembrare vuote. «Cosa diavolo ti è saltato in mente?» sussurrò.

Alla vista di Nemesis, Ybris rise. Rise disperatamente, arreso, come un pazzo che non aveva più nulla da perdere. «Stai recitando proprio bene» commentò. «Che bel regalo che abbiamo ricevuto, eh? Saper manipolare».

Rise ancora, così tanto che Nemesis gli diede un calcio sul petto ferito. Gli si spezzò il fiato e tossì, in cerca di aria.

«Come ti sei ridotto» lo giudicò la Vendetta. «Cosa speravi di ottenere rapendo quella ribelle?».

«Morirò con dignità» rispose, dopo aver sputato del sangue. «Rovinerò i progetti di Eris».

Questa volta fu Nemesis a ridere. «Sei folle». Lo slegò e lo afferrò per il colletto della divisa azzurra, costringendolo ad alzarsi. «Sparisci da qualche parte oppure...».

Ybris la spinse, alterandosi. «Oppure cosa? Morirò? Niente di diverso dalla condanna al digiuno!».

«Eris ha fatto la cosa giusta, cacciandoti. Vai a morire da verme: sarà un sollievo per tutti».

Barcollò in avanti. «Eris ha fatto la cosa giusta anche quando è morto Lux, vero?».

Nemesis non sentiva quel nome da anni. Pronunciato dalla bocca dell'Orgoglio sembrava così sporco e sbagliato. Quelle uniche tre lettere le riportarono alla mente troppi ricordi, molti macchiati dalla colpa e dalla vendetta. Dalla dannazione di essere una Bambola. Bastarono per un colpo di pistola, netto e senza alcuno scrupolo, dritto nella nuca di Ybris. Lui cadde a terra con un tonfo. Sapeva che non fosse morto, perché non bastava una semplice pallottola alla testa per uccidere una Bambola, ma almeno lo sarebbe sembrato e questo la soddisfaceva abbastanza. Se ne andò, gli occhi lucidi tornarono color cremisi. La testa si riempì delle urla di quel giorno in cui l'incendio divampava a causa sua, urla che comprendevano quelle di lui. Lui che preferì spararsi in testa, piuttosto che farsi ammazzare da lei. Lo sparo le rimbombava nelle tempie e Nemesis non capì se fosse ancora lo stesso di quel giorno o quello per Ybris.

Quando tornò alla scialuppa, vide Eduar e Shyla preoccupati, dato che Monia aveva perso conoscenza. Mobilitò la squadra per ripartire immediatamente, mentre dentro di sé il disgusto si insidiava come una macchia, coprendo ogni cosa.

L'amore... che nausea.

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