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Capitolo 8 - Un fiore per te

I miei genitori sono dovuti scappare, per così dire, da casa mia nel bel mezzo della cena. Hanno contattato mio padre per un'emergenza in azienda e sono ripartiti insieme, lasciandomi prima del previsto. "Ci dispiace molto Sofia, ma sai com'è il mio lavoro. Ci faremo perdonare. Se hai bisogno, correremo da te" hanno concluso in coro Claudio e Jessica mentre avevano già un piede fuori dalla porta. Dopo il mio trasferimento, il dovere viene prima di tutto. Del resto, si sono sempre fatti in quattro per assicurarmi un buon futuro e lo dimostra anche il pagamento delle rate accademiche, ma la mia assenza ha indubbiamente intensificato i loro impegni.

Sono solamente le dieci di un altro banale sabato sera ed è troppo presto per disattivare il cervello e dormire. Dando un'occhiata al mio letto, scorgo il pacco arrivatomi oggi pomeriggio e di cui mi ero completamente dimenticata.

Presa dalla curiosità, cerco qualche oggetto contundente per liberarlo dai quintali di nastro adesivo presenti all'esterno, ma l'unica cosa che riesco a trovare è una forbice a punta arrotondata. Mi sento la protagonista di uno di quei programmi per bambini dove ribadiscono la pericolosità di un oggetto simile.

Il fiore si nasconde nell'erba, ma il vento sparge il suo profumo.

Leggo la citazione su un biglietto bianco, anonimo, all'esterno di quella che sembra una scatola. Scartando il tutto, intuisco la motivazione della frase, rimanendo meravigliata; contiene un piccolo scrigno trasparente, di vetro, in cui è rinchiusa una splendida rosa, probabilmente dipinta dato il suo colore insolito di un verde giada. Sembra uno di quei meravigliosi fiori che si vedono nei film, chiusi in teche trasparenti e luccicanti.

La osservo sorridente e pensierosa al tempo stesso, domandandomi chi potrebbe avermela inviata.

Perché mai proprio una rosa verde? È un colore insolito per un fiore, oltre a non essere un colore da me adorato.

Prendo il cellulare dall'altra parte del letto e decido di scrivere un messaggio all'unica persona che ormai ritengo amica, Ilaria, sperando che risponda. Potrebbe aiutarmi a trarre delle ipotesi e, curiosa com'è, si divertirebbe a indagare.

"Ho bisogno di te!" Le inoltro.

"Che è successo? Ti hanno forse rapita? ;)" Risponde lei, ironica.

"Haha! No, ti devo raccontare una novità!" Annuncio, sapendo di aver appena innescato la miccia per la sua curiosità. Non faccio in tempo ad attendere una risposta che il telefono inizia a vibrare.

«Pronto?»

«Ma quale pronto e pronto! Sono io con il numero di casa, sputa il rospo!» esclama Ilaria. I miei timpani chiedono pietà.

Pensavo i telefoni fissi si fossero estinti nello stesso momento in cui hanno inventato Whatsapp.

Le spiego del pacco e dell'insolito regalo al suo interno, sottolineando il fatto che fosse del tutto anonimo.

«Ma qui abbiamo un ammiratore segreto! Mi hai appena risparmiato uno dei sabati sera più noiosi degli ultimi vent'anni!» dice.

«Ma quale ammiratore segreto, Ilaria. Non siamo in un film!» controbatto, mentre lei scoppia in una sonora risata, ponendo definitivamente fine al buon funzionamento del mio udito.

«Sono seria, sai? Se è anonimo e ti manda una rosa, devi per forza piacergli. È un gesto estremamente romantico. Non sospetti proprio di nessuno?»

Sospiro, pensante. «Non saprei proprio...»

«Capisco. Comunque per mandartelo deve avere il tuo indirizzo e, dato che qui non conosci praticamente nessuno, potrebbe averlo chiesto in accademia. Fa un po' la figura dello stalker, ma non ci hai pensato?»

«Se fosse qualcuno dell'accademia probabilmente me lo avrebbe consegnato di persona, non credi? Che senso ha rimanere nascosti?»

«Magari è solo una persona timida. Domani hai da fare?»

«No, i miei genitori sono dovuti ripartire sta sera, quindi sono libera.»

«Perfetto, allora è deciso! Ci vediamo domani alle dodici davanti a parco Sempione, mangiamo qualcosa e poi mi accompagni a fotografare una modella. Nel frattempo possiamo parlarne meglio. Niente scuse, a domani!» sentenzia, chiudendomi il telefono in faccia.

Una delle sue tante particolarità è che a lei non puoi dire di no, perché non ti da nemmeno il tempo di pensare ai tuoi possibili impegni. D'altra parte, passerei una domenica in casa tra il letto e le serie televisive, perciò non posso che gioire dell'invito.

***

Ilaria mi raggiunge all'entrata del parco con la sua attrezzatura fotografica e una busta di plastica in mano, raggiante come sempre.

«Ciao, ragazza dei fiori!» mi saluta, ironica.

«Ciao, ma non dovevi avere una modella con te?» le chiedo, notando che è sola.

«Ci raggiungerà più tardi, non volevo ascoltasse. La modella, in realtà, è un'amica di vecchia data ed è anche una grande impicciona, seppur sia bellissima.»

«Oh, allora tanto meglio» concludo.

Entrando nel parco noto un cambiamento radicale dei colori che ci circondano, rispetto a qualche giorno fa. Diverse sfumature aranciate riempiono gli alberi e alcune foglie iniziano a cadere da essi. Le persone passeggiano indossando i primi maglioncini, segno di un autunno imminente.

Prendiamo posto sull'erba, in cui noto coppie intente a coccolarsi, rubandosi qualche bacio, alcuni gruppi di amici presi dai loro pranzi abbondanti e gli anziani con i loro nipoti, impegnati a farli divertire.

«Mi sono fermata sotto casa a prendere della pizza al taglio, spero ti piaccia, altrimenti me la pappo da sola» mi annuncia Ilaria scherzosa, mentre svuota la busta di plastica, appoggiandone il contenuto sopra.

«Chi non ama la pizza?» ribatto, con una certa serietà non voluta.

«Giusto, mi ero dimenticata del tuo amore verso il cibo» afferma, mentre ne addenta un pezzo abbondante. La trovo buffa; è talmente minuta e carina, ma quando mangia sembra uno scaricatore di porto... un po' come me. Solo che, per me, sembrare un senza tetto affamato mentre mangio è normalità.

«Quindi? Questo spasimante segreto? Ho un primo nome in mente, ma non mi crederesti, perciò vedremo.» Mi sorride maliziosa.

«Chi?» le chiedo, guardandola di traverso.

«Tranquilla, te ne accorgerai da sola. Se i miei occhi vedono giusto, non tarderai a scoprirlo.»

Non ribatto, sapendo che avrebbe la risposta pronta. Questo dubbio, conoscendomi, mi terrà compagnia ogni giorno finché non troverò la risposta.

«Ciao ragazze!» cinguetta una voce femminile, mentre cammina in nostra direzione.

«Oh, eccoti Judy! Ti presento Sofia, la mia fedele compagna di posto e studio in accademia. Partecipa anche lei al progetto per cui ti ho chiamata.»

«Ciao, piacere, Giuditta» si presenta.

La osservo, mentre mi stringe la mano; è davvero bellissima, come ha affermato Ilaria. Indossa un abito nero, lungo fin sopra il ginocchio, smanicato, con una fantasia floreale sul verde e delle Converse basse, bianche. Dei lunghi capelli biondi e ondulati le arrivano fin sotto il seno, ha dei bellissimi occhi di un castano chiaro e mi sorride con le sue labbra carnose, messe anche in risalto da un leggero rossetto rosa. Sembra spuntata da una rivista di moda e ritoccata con Photoshop, invece è tutto naturale. Almeno penso.

«Piacere mio.» Ricambio il saluto, mentre realizzo che le fotografie di Ilaria saranno le migliori del progetto, con una modella così.

***

«Sofia, se vuoi scattarmi qualche foto anche tu, non esitare a chiedere.» Si rivolge a me Giuditta, mentre Ilaria è intenta a riprenderla nel bel mezzo dell'immenso prato.

Sento nell'aria una leggera mania di protagonismo.

«Grazie, sei gentile, ma oggi non ho con me l'attrezzatura. Sono sicura che la nostra amica ti scatterà delle fotografie perfette!» Declino l'offerta con gentilezza.

«Bene, allora io credo di aver finito» annuncia Ilaria. «Che ne dite se andiamo a prendere qualcosa da bere? Il chiosco di fronte è sempre aperto» propone.

Sono ormai le cinque di pomeriggio e qui, seduta al bar in buona compagnia, non faccio altro che pensare ancora alla rosa.

«Per me un caffè normale, grazie» dico al barista, distratta.

«Allora Sofia, sei di Milano? Non ti ho mai vista in giro...» si rivolge a me la bionda, interrompendo i miei pensieri.

«No, sono di un paesino in provincia di Roma. Mi sono trasferita qui per studiare.»

«Ah, certo. Dove abiti adesso? Ti trovi bene?»

Gli interrogatori mi hanno sempre messa a disagio, come il finto interesse. C'è un detto che ho sempre amato, adatto alla situazione: chi si fa i fatti suoi campa cent'anni.

«Abito a pochi passi dal Duomo e sì, mi trovo bene» le rispondo brevemente. Mi alzo con un sorriso di convenienza, decidendo che è ora di tornare a casa, prima che le domande diventino troppo personali.

Ilaria, che deve aver compreso il mio disagio, si alza e mi abbraccia, intimandomi alcune scuse all'orecchio.

«Mi incammino verso casa, ho delle fotografie da sistemare che mi aspettano. Ciao Giuditta e Ila, ci vediamo domani!» Scappo, non dando nemmeno il tempo alla ragazza di rispondermi. Mi avrà presa per insolente, ma poco importa.

Mi guardo attorno un'ultima volta, ammirando le meraviglie di questo parco.

Mentre sono quasi all'uscita, noto un ragazzo intento a fotografare quella che presumo sia una modella. Li fisso per qualche minuto, non riuscendo a distogliere lo sguardo. Rimango perplessa; è Leonardo che, appena finisce di scattare una fotografia, si avvicina a una ragazza, stringendola a sè, proprio come una coppietta felice. 

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