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Capitolo 23 - Rivelazioni

Siamo giunti a Venezia da soli dieci minuti e il fascino di questa storica cittadina mi ha già colpita in pieno. L'acqua delle lagune ondeggia sotto i passi delle gondole che le attraversano in piena tranquillità, guidate da uomini vestiti da artisti e accompagnate da melodiche fisarmoniche in lontananza. Gli imponenti palazzi storici e gli appartamenti variopinti di colori accesi donano alle piccole vie un'aria rustica e piacevole alla vista. Numerosi turisti si apprestano a bere un caffè in alcuni dei bar più eleganti, riempiendo i tavoli posti all'esterno delle piazze per riuscire a godersi il panorama. Gli innamorati, invece, si godono la vista abbracciandosi sui famosi ponti, considerati tra i più romantici d'Italia. Riesco persino a percepire l'atmosfera accogliente degli abitanti che salutano sorridendo a chiunque e che, nonostante il freddo, mi scaldano il cuore.

Ci stiamo dirigendo a piedi in un hotel a pochi passi da Piazza San Marco, in cui alloggeremo per le prossime quattro notti, sperando di poter appoggiare velocemente la valigia e approfittare della meravigliosa giornata di sole per scattare qualche fotografia.

Un salone curato, ampio e bianco ci accoglie all'entrata della hall, dirigendoci tramite un piccolo percorso di mattonelle nere al bancone che troviamo in reception. Affiancati alle pareti sono presenti alcuni divanetti in pelle color crema e alcuni dipinti rappresentanti la città, che le riempiono di colore. Di certo non ha niente a che fare con i Bed and Breakfast in cui alloggiavo al liceo.

«Ragazzi, prestatemi attenzione solo cinque minuti, poi vi lascio alle vostre faccende» annuncia il professore quando arriviamo all'entrata. «Siamo in un hotel a cinque stelle, come ben sapete, compreso di tutto. Un intero piano sarà occupato da noi, perciò sarà facile incontrarci. Intanto, prendete una camera scegliendo un compagno, sono tutte camere doppie. Mi raccomando, in un posto del genere l'educazione è importante; non siete più alle elementari, quindi mi fido di voi» continua. «Detto ciò, oggi siete liberi, inizieremo la vera visita solo domani. Ci vediamo a cena» conclude.

«Sono tentata di chiuderti in camera con Leonardo e buttare via la chiave...» mi sussurra Ilaria, facendomi l'occhiolino.

Arrossisco visibilmente all'idea di averlo con me, soprattutto durante la notte. Lei sembra accorgersene e non perde occasione di ridacchiare. «Tuttavia, farò lo sforzo di lasciare Marco solo soletto e sarò tua compagna anche in questa avventura» mi tranquillizza.

«Rimani comunque una pessima amica: sai di dovermi ancora delle spiegazioni, vero?» Domando retoricamente, guardandola di traverso.

«Non sono io a dovertele dare, tesoro. Dai, andiamo ad appoggiare questi macigni!»

«Se ti sei portata l'intera casa in una semplice gita non è certamente colpa della valigia. Per caso ci nascondi anche il gatto, lì dentro?» La prendo in giro di rimando, mentre ci dirigiamo al secondo piano.

La camera numero centoventi ci accoglie con una bottiglia di vino bianco, accompagnata da un biglietto di benvenuto, poggiata su un piccolo tavolino di fianco a due calici di vetro.

«Quanta galanteria! Questa ce la scoleremo questa sera!» esclama Ilaria estasiata, mentre lascia cadere il suo trolley da sessanta chili. Ridacchio senza controbattere e mi guardo attorno, poggiando le mie cose a mia volta.

È uno spazio fin troppo ampio e potrebbe perfettamente essere considerata una camera tripla. Due letti singoli sono posti al centro della stanza, separati da due comodini su cui è situato un telefono e il giornale del posto. Ci sono due piccoli armadi di fronte ai letti, che non sono nemmeno sicura di utilizzare, tenendo solitamente i vestiti in valigia. Alla loro destra ci si può affacciare su un piccolo balcone interamente fatto di pietra, con una meravigliosa vista sulla laguna, il punto forte e costoso della stanza. Il bagno personale è abbastanza intimo, ma caratterizzato da una moderna vasca idromassaggio. I due lavandini sono interamente di marmo, su cui rimangono alcuni prodotti per la cura del corpo; i classici tubetti che porterò a casa come souvenir e marciranno nel cassetto.

«Che meraviglia» osservo, mentre apro la porta finestra e mi affretto a godermi la vista.

***

Ilaria mi ha seguita in Piazza San Marco per iniziare a scattare qualche fotografia, anche se sicuramente ci torneremo con l'intera aula. La prima novità che attira il mio occhio è la bellezza dell'architettura che ci circonda.

«Marco lo hai lasciato in camera?» le chiedo, estraendo la reflex dallo zaino.

«È in giro con Leonardo, credo che si stiano dirigendo a un bar qui vicino. Magari li incontriamo» risponde, guardandomi con un sorriso sornione.

Oggi voglio dedicarmi esclusivamente ai miei scatti e al turismo, non ai segreti che lui mi nasconde. Devo ammettere che voglio sapere tutto, solo non ora; godermi il pomeriggio è la mia priorità e lui sarebbe solo una distrazione. Una forte distrazione.

«Beh, vedi di evitare l'incontro. Non sono qui per questo, al momento» affermo.

Inquadro la Basilica per intero, riprendendo anche il campanile di San Marco in tutta la sua bellezza. Il cielo azzurro e la luce a favore mi permettono di scattare una prima fotografia turistica da vera e propria cartolina. Ilaria segue il mio stesso movimento.

«Tanto sai che lo vedrai ugualmente, se non ora, a cena o, addirittura, nel dopo cena» sentenzia, maliziosa. 

«Questo lo vedremo.»

Ci incamminiamo verso la Basilica per riprenderla più da vicino in ogni suo dettaglio. Cerco di scacciare pensieri sbagliati dalla mia testa, smettendo di parlare e concentrandomi. Ogni volta che visito una nuova città sono molto attenta a tutto ciò che mi circonda, volendo immortalare più particolarità possibili del posto, e guai a chi mi disturba. Ilaria sembra intuirlo e mi segue in silenzio, accompagnata dalla sua attrezzatura.

La piazza stessa, il palazzo Ducale, le imponenti statue santuarie, il campanile e persino i bar pieni di turisti, attirano la mia attenzione per l'intero pomeriggio, soddisfacendo il mio occhio e regalandomi un perfetto senso di relax che non sentivo da tempo, oltre a una schedina piena di scatti urbani.

Torniamo in hotel entrambe soddisfatte dei nostri lavori e bisognose di una sana rinfrescata.

«Sofia, io intanto salgo e mi fiondo nella doccia, ti dispiacerebbe andare a chiedere per che ora è la cena?» Chiede la mia amica, senza nemmeno darmi il tempo di risponderle; è sempre la solita.

Mi dirigo verso la reception e, mentre sono intenta a chiedere l'orario, noto Leonardo fare capolino all'ingresso. Mi lascia un cenno di saluto con la mano e si avvicina a me. Vorrei eclissarmi, ma sono consapevole di non poter scappare in eterno; d'altra parte, ho sete di sapere.

«Questa volta non scappi, quindi?» Dice, sorridendomi lievemente.

«Non più, vorrei evitare altri gesti plateali da parte tua» affermo decisa.

«Vieni con me, permettimi di spiegarti tutto dal principio.» 

Il suo tono è tornato a essere quello pacato di sempre e la sua voce profonda torna a fare breccia nel mio cuore, come se esso fosse il primo a soffrire della sua lontananza, così lascio perdere i miei dubbi e lo seguo senza controbattere. Ci dirigiamo verso una panchina isolata nel retro dell'hotel, cercando un luogo in cui parlare tranquillamente. Si siede al mio fianco e mi guarda di sbieco, mentre cerco di non fargli notare la mia agitazione, anche se è piuttosto evidente.

È così che ci si sente, perennemente in agitazione, quando si spera di poter condividere la propria felicità con qualcuno?

Ho paura di ciò che mi vuole dire, ma al contempo non ho nessuna sensazione negativa, come se ciò che ha detto in pullman mi avesse tranquillizzata. Sono pronta ad ascoltare, qualsiasi cosa mi dica.

«Non userò mezzi termini, perché voglio tentare di farti realmente capire ciò che provo, ma non è facile» inizia. «Ho avuto una relazione importante, è vero, ma come ti ho già detto è finita male. Non credo ti interessino i particolari, ma sappi che dal giorno in cui Chiara mi ha lasciato ho fatto fatica ad andare avanti» continua. «Ho pensato spesso a lei e, fino a pochi giorni fa, faticavo persino a pronunciare il suo nome. Si è trasferita a Torino per studiare medicina, lo stesso motivo per cui mi ha lasciato, a detta sua. È tornata qualche giorno fa ed è stata lei a cercarmi: ho accettato di incontrarla solamente per parlare, per chiudere un discorso che non è mai iniziato, ma non ho mai voluto tornare con lei, credimi» sospira.

Lo fisso, studiandolo e leggo nei suoi occhi l'importanza che da alle parole; sembra sincero. «E quel bacio, allora?» chiedo.

«Me la sono ritrovata sulle labbra senza aspettarmelo, ma per me era già tutto chiuso da prima. Da una parte, però, la ringrazio, perché mi ha fatto capire che le uniche labbra che vorrei assaporare, al momento, sono le tue» conclude alzandosi piano e guardandomi negli occhi. Le mie guance vanno letteralmente a fuoco e il cuore sembra volermi uscire dal petto. 

Fortunatamente, il mio sedere è ben saldo sulla panchina, ma le gambe diventano molli nel momento in cui mi rivolge uno suo sguardo intenso e sensuale, che farebbe galoppare gli ormoni di chiunque. Tremo sotto al suo sguardo, ma potrei perdere l'intera vita all'interno di esso e non lo avrei comunque mai guardato abbastanza a lungo.

«Quindi...» riesco solo a balbettare in un sussurro, mentre lentamente si avvicina.

Le parole, le spiegazioni, le preoccupazioni; tutto ciò diventa inutile nel momento esatto in cui sento le sue labbra, morbide e invitanti, premere sulle mie. Il mio cuore manca un battito e a stento schiudo la bocca, in segno di un timido apprezzamento. Il bacio, dapprima dolce, diventa lentamente sensuale e sento il bisogno di far danzare le nostre lingue all'unisono per l'intera serata. Un bacio carico di desiderio e paura al tempo stesso; eppure mi lascio trasportare dalla sua bocca esperta che disintegra ogni mio pensiero razionale e dalle sue mani che mi stringono la vita come se non volesse più lasciarmi andare, facendogli capire quanto vorrei che i nostri cuori, da questo momento, continuassero a battere simultaneamente il più a lungo possibile.


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