Tu sais je vais t'aimer
Michelle
"Andiamo Ruth, non è niente di che": mi lamentai io, mentre me ne stavo distesa sul letto posando una busta di piselli ghiacciati sul braccio sinistro.
"Niente di che!? Ma ti senti quando parli? Hai visto in che condizioni sei ridotta? Se ti fosse successo qualcosa...": esplose lei furibonda facendo avanti indietro per la stanza innervosita e allo stesso tempo preoccupata.
"E' solo un graffietto": intervenni io facendo spallucce, o almeno provandoci, visto che al momento tutto sembrava bruciare.
"Un graffietto, Dio Michelle, non so più cosa fare con te, sei praticamente ingestibile!": sbottò mia madre fulminandomi con sguardo severo.
"Per quanto ti riguarda, sono grande e vaccinata. Non stanno a te le mie decisioni, e se io dunque scelgo di partecipare, tu non mi puoi fermare. Ormai comunque è fatta, la gara non l'ho vinta, ed è tutta colpa di quel deficiente Barnes, se non mi fosse venuto addosso con quel catorcio, ora non mi ritroverei qui!": prorompetti io con tono rabbioso ma soprattutto deluso, dispiaciuto di non avercela fatta.
E come se lei avesse captato il mio malumore, avvicinandosi e sedendosi sopra al materasso sospirò addolcendosi : "E' inutile piangere sul latte versato Millie".
"Ma mamma, io, io ero ad un passo dal traguardo, ci sarei riuscita, ne sono più che certa, e invece eccomi qua a piagnucolare come una bambina. Io mi sento... No, in realtà non lo so neanch'io cosa sto provando, so solo che mi sembra di non valere quanto papà, probabilmente mi starà guardando dall'alto amareggiato...": mormorai io coprendomi il volto con le mani.
"Millie, non fare così, tuo padre sarebbe così fiero di te, tu sei la cosa migliore che sia mai successa nella mia intera vita, tu non te ne rendi neanche conto di essere così importante. Sei il mio tesoro e meriti di essere felice e spensierata, quindi non ti abbattere, perché questa non sarà di sicuro l'ultima corsa a cui parteciperai, stanne certa": disse lei rassicurandomi con quel suo sorriso, quello che ho sempre adorato.
"Adesso ti lascio, ché devo andare a lavoro, ma penso che qualcuno qui fuori ti stia aspettando": mi avvisò lei, piegandosi verso di me per lasciare un lieve bacio sulla mia fronte.
"A dopo e divertiti": mi liquidò lei con un occhiolino, la solita...
Alzandomi addolorata, mugugnando dal male, percorsi quel poco per uscire dalla baita : "Hai intenzione di entrare o no?".
"Non sapevo se venire dentro o no, e così ho deciso di aspettarti": spiegò Flynn facendo qualche passo verso la mia direzione.
Eccolo lì bello e splendente, con i suoi occhi cristallini dove sempre mi potevo rispecchiare.
Invitandolo dentro, procedemmo per accomodarci sul divano, una volta seduti, girando un poco il viso chiese preoccupato : "Come stai?".
"Come vuoi che stia? Sono distrutta, ho la schiena a pezzi, il braccio quasi non me lo sento più, ma se devo dirla tutta, quello che sta peggio è il mio orgoglio": sospirai afflitta mentre lentamente, sentendomi la testa pesante, senza neanche farci caso, poggiai il capo sulla sua spalla.
"Cosa posso fare per farti stare meglio?": domandò lui iniziando ad accarezzarmi i capelli, increspando le sue longilinee dita tra i miei ricci disordinati e sporchi.
"Non farlo, li devo lavare, però fisicamente non ho la forza di muovere un sol dito": sussurrai io con voce grave, chiudendo gli occhi.
Sentendo ciò, il ragazzo vicino a me si alzò dal sofà, poi pendendo verso di me, guardandomi con sguardo curioso e con qualcosa che non seppi definire, decise di prendermi in braccio. Troppo stanca per ribattere, e lasciandomi cullare dalle sue possenti braccia, ci avvicinammo verso quello che era il bagno.
"Perché siamo qui?": mormorai stanca.
"Hai bisogno di un bagno caldo e rilassante per distendere i muscoli": rispose lui con nonchalance, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
"E tu, in tutto questo che centri?": chiesi con un sorriso sghembo una volta che mi fece scendere.
"Ti aiuto": disse semplicemente, sicuro di sé, guardandomi con quei due pozzi che piano piano mi stavano attirando a loro, facendomi sprofondare nelle loro profondità.
"Aiutami allora": sussurrai io lasciandomi andare ad un desiderio a lungo represso, quella voglia di contare per qualcuno, un qualcuno che ci tenesse a me senza secondi fini.
Avvicinandosi alla vasca da bagno, ruotò il rubinetto facendo scorrere l'acqua tiepida. Poi, ritornando a me, fece scendere lentamente le sue mani lungo le mie braccia, i mie fianchi, il dorso, le spalle fino ad arrivare al mio viso.
Con tutta la calma del mondo, iniziò a spogliarmi. Alzando la mia maglietta, accarezzando il mio ventre, mi liberò da quello strato di stoffa, lasciandomi seminuda di fronte a lui. Senza mai distogliere lo sguardo dal mio, abbassò le spalline del mio reggiseno, per poi arrivare in fondo fino a sganciarlo.
I miei jeans, presto fecero la stessa fine, e in ultima, abbassando le sue pietre preziose che avide, strisciavano sulla mia pelle, agganciando l'ultimo pezzo che preservava la mia sicurezza, rimasi indifesa senza alcuna barriera a proteggermi.
"Lascia che io mi prenda cura di te": sussurrò lui facendomi entrare dentro l'ormai calda tinozza.
Immergendo tutto il corpo restai ad aspettare la sua prossima mossa. Svelto, pure lui si liberò da quei superflui strati, per poi venire dentro.
Sporgendo verso di me, attirandomi a sé, lasciò una scia di baci lungo la mia mascella, lambendo e assaporando la mia pelle, inalando ingordamente il mio profumo, e inevitabilmente inclinando di lato il collo, gli permisi di inoltrarsi verso una lunga, dolce e tortuosa discesa.
Il suo tocco leggero e delicato, provocò una scia di brividi, che tediosa, si propagò per tutto il mio corpo, invadendo e contrattaccando la stanchezza e il dolore.
"Sei la donna più bella che io abbia mai visto": mormorò lui sulla mia pelle, sfiorando con le labbra un punto debole, e al contempo massaggiando e sciogliendo quei nodi di tensione radicati nelle mie spalle.
"Non ne avrai viste tante allora": gemetti io inarcando la schiena facendo scontrare i nostri petti.
Un suo respiro mozzato, fu la prova di quanto quello che stavo provando, non stesse influenzando solamente me, ma anche lui.
"Non ti preoccupare per quello, però piuttosto parliamo di te e del fatto che tu non riesca ad accettare un semplice complimento": biascicò lui, afferrando i miei fianchi con le sue solide e forti mani, stringendo la carne, imprimendo il suo tocco sul mio corpo.
Fissando le sue iridi, che bramose, sembravano parlare con le mie in un linguaggio a noi del tutto ignoto, dissi io : "Forse perché, nessuno me ne ha mai fatti".
"Sono degli stupidi allora": rise lui prendendo in mano il flacone di sciampo che fino a poco fa poggiava sulla mensola vicino alla vasca.
"Penso proprio di sì": concordai anch'io sorridendogli in uno di quei sorrisi, che riguardavo solo per le persone più care.
Versandosene un poco sul palmo della mano, cominciò a strofinare il contenuto sui miei capelli, frizionando dolcemente la mia cute. Una volta finito, sprofondai sott'acqua per risciacquare la mia chioma.
Riemergendo, aprii gli occhi spalancandogli appena, quando due labbra morbide e carnose presero possesso delle mie, vogliose di ricordarsi il mio sapore.
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Ciaooo
Allora che dite?
Piaciute le "coccole", o secondo voi è troppo affrettato?
CAM.
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