The first time ever I saw your face
Michelle, mi chiamo Michelle.
Così aveva detto la giovane barista di fronte a me, la sua espressione, un chiaro segno della sua indignazione.
"Michelle": assaggiai il nome di lei sulle mie labbra, lasciandomi un agrodolce sapore sulla lingua.
"Ebbene ordinerò. Un Martini, shakerato non mescolato": dissi citando una famosa battuta di James Bond.
"Raffinato, il figlio di papà": sbuffò lei intenta a preparare l'insolito drink. Di solito il massimo che serviva, equivaleva a boccali di birra, shots di vodka e whiskey.
"Da cosa lo deduci? Solamente per la scelta di questa bevanda? Potrei essere un poveraccio che si atteggia a fare il benestante. Questi abiti potrei averli rubati, potrei sembrare un malvivente che invece si sta nascondendo sotto le vesti di un agnellino. Ma tu, dopotutto, che ne sai?": intervenni io con uno sguardo di sfida e un sorriso malizioso.
"Posso vedere le tue mani?": domandò lei con uno sguardo curioso.
"Certo": fu la mia risposta all'insolita richiesta. Portando le mani davanti, le mostrai inconsapevolmente la prova chiara del non essere ciò che avevo insinuato. Toccandomele, se le rigirò più volte, accarezzandole con le sue ruvide e callose, le mani di chi lavorava duramente.
"Le tue mani, non hanno mai visto un giorno di fatica": concluse lei per poi ritornare alla preparazione del drink.
"Bella e intelligente, un cocktail micidiale": risi sorpreso.
Quando Michelle mi avvicinò il bicchiere, mi prestai a tirare fuori dalla tasca dei pantaloni qualche bigliettone e lasciandoli sul balcone, raccolsi le mie cose che avevo portato con me per il tempo a venire.
Appena volsi le spalle dissi poi : "Bevilo tu".
Dopo la mia dichiarazione, procedetti verso l'uscita, con la tempesta pronta ad aspettarmi.
La pioggia mi stava completamente inzuppando, ma sinceramente non me ne stavo rendendo conto.
Non sapevo neanche con che coraggio le avevo offerto quel Martini, io, che alle donne non avevo mai prestato molta attenzione.
Quel contatto, quel tocco così delicato come la carezza materna, ma al contempo graffiante come la mano di un operaio edile.
Quel contatto, che aveva sprigionato sentimenti nuovi che nessun'altra aveva mai suscitato in me.
E che dire dei suoi occhi, così intensi da sembrar raggiungerti l'anima?
Michelle, il tuo incontro, la mia rovina.
Con un tumulto interno mi incamminai per la lunga strada costellata da platani secolari, tortuosa ed irta verso le montagne.
Senza meta continuai a vagare alla cieca per quelle che sembrarono ore.
All'imbrunire poi, inaspettatamente il rombo di di una moto mi destò dall'inquietudine che aveva preso spazio dentro me.
La luce del fanale proiettata in avanti creava un effetto chiaroscuro tra il fogliame delle piante, illuminando le gocce della pioggia fresca appena terminata.
"Hai un posto dove stare?": chiese una voce distorta femminile alquanto familiare.
Girandomi verso la motociclista, restai sorpreso della persona che mi trovai dinanzi.
"Michelle": un sospiro, il suo nome baciato sulle mie labbra.
"Allora?": domandò annoiata, i piedi poggiati a terra, le mani ben salde al manubrio.
"No": la mia, una risposta secca. Con una mano picchiettò la parte dietro della sella in pelle color nero, e senza ripensamenti montai sopra, cingendo le mie braccia intorno ai suoi fianchi.
Il viaggio, un eterno momento di stallo, pietrificato nel tempo.
Gli unici particolari rimasti nella mia mente incisi, furono il profumo di lavanda dei suoi capelli che svolazzavano, talvolta sfiorando la mia faccia e la perfezione che creavano i nostri corpi uniti l'uno all'altro.
Un'alchimia di calore e sentimenti percepibile nel vento che ci sferzava incauto, perché nessuno dei due era rimasto immune alla vicinanza così ristretta.
Il suo, il mio, due petti intenti a muoversi allo stesso ritmo.
Il suo, il mio, due cuori già entrati in contatto.
I nostri animi riconoscenti di questa beatitudine scesa insieme al vespro e ai suoi colori disarmanti.
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Buonasera, allora siamo arrivati alla fine del secondo capitolo.
Che ne dite? Vi piace?
Fatemelo sapere come sempre.
CAM.
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