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Strangers in the night


Flynn

Davanti a me, una Michelle distrutta, marchiata sulla pelle, ma non solo.

Le sue cicatrici, un pugno al mio stomaco, una fitta al petto, dove il mio cuore aveva smesso di battere per una manciata di secondi.

Michelle, cosa ti era successo?

Chi era stato a farti questo?

Rimanemmo uno accanto all'altra per svariati minuti, il pavimento freddo del bagno, non aiutava a risollevare la situazione.

Così impulsivamente, la presi in braccio, stando attento a non farle del male e mi diressi verso il letto dove avevamo speso gran parte del tempo quella notte. Sconfitta dallo sconforto, appoggiò il capo al mio petto, dove in quel preciso istante, per non so quale motivo, provai un forte calore che si irradiò fino alla punta delle mie orecchie.

Tralasciando questo particolare, appoggiai il suo corpo sopra al materasso con gentilezza, recuperando la mia maglietta ormai asciutta, gliela infilai addosso. Alzando le lenzuola, la coprii e poi mi coricai a mia volta mettendomi sotto.

Istintivamente mi avvicinai a lei, e le cinsi il fianco con il mio braccio attirandola, il suo dorso rivolto a me, e i suoi capelli castani vicini alla mia faccia, profumavano ancora di lavanda.

"Ne vuoi parlare?": chiesi sottovoce, inspirando profondamente, pronto a ricevere un colpo letale.

Non rispose direttamente, respirava lentamente pure lei, come se volesse calmarsi prima di rivelarmi il suo segreto.

"Perché dovrei parlarne con te? Io non ti conosco, come tu non conosci me. Siamo due estranei": rispose lei con voce roca dal pianto.

La mia mano sopra al suo ventre accarezzò il tessuto della maglietta, delicatamente, come se una lieve brezza marina fosse stata soffiata su di lei.

Le mie dita andarono in cerca delle sue, pronte ad intrecciarsi e le sue fecero lo stesso controvoglia.

Il mio pollice sfiorò il dorso della sua mano, lambendo dolcemente la sua pelle ruvida e graffiante.

"Proprio per questo, penso sia più facile confidarsi con qualcuno che non faccia parte della nostra vita, qualcuno che non possa giudicarci, qualcuno che possa darci la sua opinione esterna": controbattei io lasciandole un piccolo bacetto sulla sua spalla scoperta dal tessuto che la stava avvolgendo.

"Questo è quello che credi tu": sospirò lei afflitta, voltandosi verso di me, gli occhi lucidi splendevano sotto la luce della luna, e pensai di non aver mai visto qualcosa di così meraviglioso in tutta la mia vita. Se avessi potuto riprendere questo momento, lo avrei fatto con la mia Rolleiflex camera, la prima che io abbia mai ricevuto.

"E non credi che io abbia ragione?": domandai con un sorrisetto beffardo, rallegrando l'atmosfera fredda che si era instaurata tra noi due.

"Neanche un po'": sussurrò Michelle, il suo sguardo vacillò appena dai miei occhi blu zaffiro a un po' più sotto, verso le mie labbra.

"Ne sei sicura?": dissi io con tono persuasivo, avvicinando il mio viso al suo fino a far scontrare le punte di nostri nasi insieme.

Un bacio eschimese, viene definito così, così perché abitando in un luogo talmente freddo come il Polo nord, gli Inuit essendo coperti dalla testa fino alla punta dei piedi, come unica cosa di scoperto che hanno, sono parte della loro faccia e i loro nasi.

Un gesto talmente innocente, considerato uno dei più intimi.

"Sì": mormorò lei con le guance arrossate e le labbra appena schiuse, guardandomi con una strana luce, un modo tutto suo per studiarmi nel profondo.

Il mio sorriso si ampliò ancora di più tralasciando la maliziosità per introdurre la sincerità.

"Sei bellissima": sussurrai chiudendo gli occhi, strofinando il mio naso contro il suo, la sua guancia, la mascella, per poi finire verso l'incavo del suo collo che si riempì di brividi. Respirai a pieno il suo profumo muschiato, e travolto dall'istinto poggiai le mie labbra sul suo collo, tracciando una scia di baci dal sottogola alla clavicola.

Un sospiro di piacere scappó dalla sua bocca, così sovrastando la sua esile figura, continuai con questa dolce tortura fino a quando mi riavvicinai alle sue labbra per baciarla, ma a quel punto riacquistando lucidità, Michelle scostó il volto dal mio.

Allontanandomi di poco, con il respiro ancora accelerato chiesi : "Perchè?".

"Mi dispiace": sospiró tristemente spostandosi a sua volta.

"Perché?": ripetei di nuovo volgendo lo sguardo verso le pieghe delle lenzuola.

"Ho un ragazzo": disse lei accarezzandosi i capelli arruffati con una mano, stringendo le punte tra le sue dita, tirandoli un poco.

"E questo 'ragazzo' ha mai assistito ad un fenomeno del genere? Ti ha mai consolata dopo una crisi di panico? Perché era questo quello che ti è successo momenti fa...": chiesi io con vena velenosa, chiudendo le mani a pugno.

"No. Tu sei l'unico": rispose lei massaggiandosi le tempie.

"L'unico... Capisco": dissi sardonico alzandomi dal letto.

Raccogliendo i miei abiti, mi rivestii, e quando lei cercó di sfilarsi la mia maglia, le dissi di tenersela.

Presi i miei bagagli e prima di uscire dissi freddo : "È stato un piacere conoscerti".

Una volta fuori, il vuoto riprese spazio dentro di me, come sempre.

La mia permanenza era stata una mera illusione, un attimo intrappolato in un'altra realtà, un sogno ad occhi aperti.

E poi cosa?

Non aveva neanche provato a fermarmi.

Già, tendevo sempre a dare il tutto, ma in cambio cosa ricevevo?

Niente...

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Salve a tutti e buon 8 dicembre a voi.

Spero vi siate abbuffatti per bene come del resto io che mi ritrovo al ristorante con la pancia piena e una noia da colmare con un buon tiramisù.

Ho scritto questo capitolo con il cellulare, quindi ci potrebbero essere più errori del solito, abbiate pazienza, solo questo vi posso dire.

Grazie ancora per quelli che mi seguono.

CAM.

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