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"Ma guarda un po' chi ha la faccia tosta di farsi rivedere!": esclamò Kurt da dietro il bancone del bar con il suo classico sorrisetto.

"Già... Vi sono mancata?": inquisii io facendo qualche passo verso di lui per poi sedermi su uno degli sgabelli di fronte.

"Molto, soprattutto a Barnes. Sai ha chiesto di te": sghignazzò lui beffandosi di me mentre era intento a lavare un nuovo set di bicchieri da drink.

"Questo pomeriggio gli porterò i mie saluti": dissi aggirando il balcone per servirmi una birra ghiacciata.

Allo sbuffare di lui, chiesi stizzita : "Che c'è?".

"Una birra di prima mattina, seriamente?": ribatté lui guardandomi stralunato, scuotendo la testa in senso negativo.

"E' gratis, vero?": intervenni io, sorseggiando il liquido amarognolo e allo stesso tempo frizzante, che mi portò un po' di sollievo da quel caldo che aveva colpito i primi giorni di agosto.

"Sei la solita": sbottò Kurt roteando gli occhi per poi avvicinarsi a me, scompigliandomi quella criniera che avevo al posto dei capelli in segno d'affetto.

Tornando serio e guardandosi attorno per constatare se qualcuno ci stesse guardando, il barista sussurrò al mio orecchio : "Quindi parteciperai? Lo sai che puoi ancora ritirarti".

"No, non posso dare forfait adesso e poi i soldi mi servono": mormorai io sospirando pesantemente, grattandomi la nuca in preda al nervosismo.

"E' pericoloso, e lo sai che molta gente ci è rimasta secca, se ti succedesse qualcosa...": esordì lui con una vena preoccupata impressa su quelle due pietre di ghiaccio, non riuscendo a finire quella frase, perché un groppo gli era salito fino in gola.

"Ce la farò, per mamma, per me, e in gran parte per lui ": affermai io, con la decisione ormai presa stampatami sul volto e con una sfumatura di orgoglio misto ad ammirazione dipinta sui miei pozzi verdi.

"Spero solo che in questo caso la storia non si ripeti": sospirò lui pieno di rammarico, con la testa bassa, non riuscendo a sostenere il mio sguardo persistente.

"Non succederà": lo rassicurai, offrendogli un sorriso a trentadue denti, un sorriso che non tentò a vacillare neanche per un secondo.

"Dopotutto, l'hai detto tu, sono la migliore": mi vantai con occhi birbanti, simili a quelli di un felino, o di un gattino dispettoso, per quanto la pensava il mio amico.

"Non farmi ricredere": disse Kurt ridendo, cingendomi le spalle con un braccio in una stretta di quelle che solo due fratelli sapevano scambiarsi.

Staccandomi da lui e procedendo verso l'uscita, una volta arrivata davanti alla porta proclamai : "Non ce ne sarà bisogno".

Detto questo uscii.

Eravamo appena all'inizio, il resto doveva essere ancora decretato.

Flynn

"Non riesco ancora a capire perché tu sia qui": urlò Rafe da sotto l'auto, una bellissima Centoventiquattro Spider rossa del sessantasette, una rarità dalle nostre parti.

Il giovane era impegnato a sostituire un pezzo usurato. La schiena poggiata su dei cartoni impregnati di macchie d'olio, e una camicia arrotolata fino ai gomiti con qualche bottone mancante, mostravano il suo interesse e passione per le automobili.

"A questo punto non lo so neanch'io": sospirai con sguardo perso, mentre stavo seduto, per così dire, contro un banco da lavoro pieno di cianfrusaglie, che variavano da cacciaviti a bulloni, per poi passare a pinze fino a delle piccole fascette di plastica.

"Beh... Allora renditi utile e passami una chiave, prova a vedere se c'è la numero dodici": propose lui, strisciando fuori il braccio di poco, pronto per afferrare l'attrezzo richiesto.

"Dodici eh?": soppesai le sue parole, non avendo la più pallida idea di cosa mi avesse appena chiesto.

"La trovi vicino alle altre appese al muro alla tua destra": sbuffò lui per poi continuare : "Ma da che mondo vieni?".

Come se il suo fosse un mondo normale... Rafe dava per scontato che io conoscessi l'arte della meccanica e quant'altro, quando a malapena sapevo guidare. Ma lo avevo capito io che lui non aveva studiato per diventare meccanico o quello che era, lui ci era nato in questo mondo, lui aveva avuto un padre che gli aveva insegnato tutto quello che sapeva, tramandandogli ciò che lui molto tempo prima aveva appreso dal suo di padre. Io invece, in gioventù era una grazia se ne vedevo l'ombra del mio...

Porgendogli la chiave, l'altro esordì : "Finalmente, se uno dovesse aspettarti, morirebbe nel frattempo".

"La smetti?": dissi seccato incrociando le braccia al petto, gesto che lui non poté vedere però.

"Ah, a proposito vieni questo pomeriggio?": chiese il ragazzo tirandosi fuori, rialzandosi in piedi tutto unto, con le mani sporche di un nero pece.

"Dove?" domandai di rimando passandogli uno straccio per pulirsi.

"Scherzi? E' da settimane che se ne parla ovunque, ma dove ti sei nascosto?": rise l'altro con tono scherzoso, mostrando il bianco dei suoi denti, l'unica cosa raggiante di lui al momento.

"Ma di che cosa stiamo parlando?": chiesi confuso. Se avesse saputo dove mi trovavo e il perché mi fossi ritirato dalla circolazione, non ne avrei più visto la fine.

"La grande corsa, qui tutti sanno di che cosa si tratta, si tiene ogni quindici anni, un evento più unico che raro. Tutti i motociclisti dello stato si riuniscono qui, in questo buco di città, come l'hai definita tu, per gareggiare ma soprattutto per la grana in palio. Ovviamente un ricco borghese come te non l'ha mai vista una cosa del genere": spiegò Rafe con tale entusiasmo da coinvolgermi finché un dubbio sorse nella mia mente : "Hai detto tutti i motociclisti, quindi non c'è una distinzione di genere".

"Esatto, motivo in più per andarci": esultò lui tutto contento sorridendo maliziosamente, ammiccando per lasciar intendere un 'e belle pupe'.

"Tu sei tutto matto": sospirai io divertito dalla sua esuberanza.

"Ah, ho capito, tu sei uno di quelli a cui piace sistemarsi a vita": suppose lui intento a lavarsi le mani sul lavello vicino alla porta che divideva questo garage dalla sua casa.

"Non vedo quale sia il problema, invece illuminami tu della tua visione": dissi io curioso.

"Diciamo che io preferisco prima provarle, non so se mi intendi... Come un auto, prima la testi per vedere i suoi punti di forza, le sue debolezze e poi consideri se comprarne una o no. In caso di un responso negativo, passi ad un altra, semplice": espose la sua alquanto colorata tesi, interessante alle mie orecchie, improponibile per il mio cuore.

"C'è un piccolo dettaglio, una donna non è una macchina, e se una di loro venisse a sapere della tua teoria, te ne direbbero di cotte e di crude e non solo...": intervenni io piegandomi dalle risate dall'assurdità della cosa.

"Ehi, quelle che trovo sono tutte consenzienti soprattutto a le-": cominciò lui difendendosi ma lo interruppi verso la fine : "-Non ho bisogno di sapere cosa fai sotto alle lenzuola".

"Era per dire": mormorò lui, dirigendosi verso la porta.

"Allora che farai? Verrai o no?": inquisì.

"Verrò": sospirai acconsentendo, era molto probabile che Michelle si sarebbe trovata là, e con l'inquietudine addosso non potei rifiutare.

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Mi sento buona oggi, ecco a voi il seguito.

Interessati per la gara?

Eheheh si vedrà.

CAM.

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