My eyes adored you
Michelle
Imboccando un sentiero sterrato avvolto dai rami intrecciati degli alberi, finalmente giungemmo presso una casetta di legno, nascosta all'interno del bosco.
Arrivati, il ragazzo smontò dalla moto color giallo senape, ed io spensi il motore e abbassai il cavalletto, scendendo a mia volta poi, mi avvicinai alla baita.
Inserendo la chiave dentro la toppa della porta, l'aprii e vedendo che era rimasto fermo, lo spronai ad entrare.
"Vivi da sola?": chiese lui un po' a disagio e a corto di parole.
"Sì, io sto qui, mia madre invece si trova in città": dissi io sbrigativa evitando discorsi articolati.
"Capisco": mormorò mettendo fine al nostro scambio di battute.
"Di notte la temperatura tende a scendere ma a quanto pare non posso accendere il camino; la legna si è bagnata stando sotto la pioggia, e mi sarà impossibile accendere un fuoco": constatai incrociando le braccia al petto con aria riflessiva, pensando a come sistemare il problema del riscaldamento.
"Beh... ci sarebbe una possibilità...": intervenne lui con un sorriso imbarazzato, spostando il peso da una gamba all'altra, passando allo stesso tempo una mano tra i suoi capelli.
"Stai suggerendo di dormire avvinghiati l'uno all'altra?": chiesi con un'espressione tra il buffo e l'irritato.
"Tu cosa proponi? Casa tua, regole tue...": si difese lui guardandosi i piedi che ad un tratto sembravano essere molto interessanti.
Sbuffando, piano piano mi arresi all'idea. Nessuno dei due aveva intenzione di morire di freddo quella notte, e anche se il disagio causato dalla situazione era tanto, la voglia di rifugiarsi al calduccio, batté ciò di cui mi ero tanto preoccupata.
"Se tu sei d'accordo, per me va bene": risposi alla fine io avvicinandomi a lui involontariamente.
"Per ringraziarti, che ne dici se ti preparo qualcosa da mangiare?": propose togliendosi la giacca fradicia di dosso, lasciandomi intravedere il guizzo che fecero i suoi bicipiti una volta flessi nell'atto di alleggerirsi dall'indumento appesantito.
"Non disturbarti, dopotutto qui sei l'ospite, dovrei io cucinare": intervenni io fermando le sue intenzioni.
"Insisto": continuò lui non demordendo, sfidandomi con uno sguardo beffardo.
"Va bene": acconsentii alla fine perdendo la lotta creatasi dallo scontrarsi dei nostri occhi.
Facendo qualche passo verso la cucina, si fece indicare dove si trovava tutto lo stretto necessario per mettersi all'opera.
Mentre aspettava che l'acqua bollisse, e nell'intento di mescolare il contenuto della padella domandai curiosa : "Dove hai imparato a cucinare? Pensavo che voi ricconi aveste il cuoco personale a casa".
Il ragazzo rise alla mia battuta, mentre vidi come i suoi occhi si offuscarono appena al ricordo di qualcosa.
"Sai, si dà il caso che io abbia imparato dallo chef migliore di tutti i tempi": disse con aria di superiorità ammiccandomi.
Interessata mi avvicinai a lui fino a lasciare poco spazio tra i nostri corpi, i nostri occhi fatalmente incastonati gli uni agli altri, si susseguirono nello studio dei nostri volti e solo da qui potei notare quanto fosse affascinante.
La sua non era una classica bellezza... Sì, era il tipico ragazzo dai capelli biondi dagli occhi azzurri, eppure qualcosa in lui, nel suo aspetto mi intrigava e non poco, qualcosa che avevo già osservato in un'altra persona a me nota.
"Ah sì?": la mia voce lo destò dall'osservarmi, riportandolo alla realtà.
"Sì": sussurrò spaesato con le labbra appena socchiuse, e continuando a studiarlo, uno strano calore prese il sopravvento all'interno del mio petto per poi irradiarsi verso basso, attorcigliandomi lo stomaco.
Girandosi e dandomi le spalle, controllò la pasta ed essendo pronta, la scolò. Versandola dentro alla padella col sugo, mescolò, lasciando poi il tutto a mantecarsi a fiamma bassa.
Impegnato a sistemare la cena nei piatti, potei ammirare i muscoli ben definiti del suo dorso, coperto da un'umile maglietta bianca attillata, che lasciava poco all'immaginazione. E anche se non mi aveva colta nel guardarlo, ero più che certa se ne fosse reso conto.
"A proposito, non so ancora il tuo nome": dissi io incuriosita e sorpresa del fatto di aver lasciato entrare un estraneo dentro casa mia senza neanche rifletterci per bene.
"Flynn": mormorò posandomi il piatto davanti.
Una volta accomodati, ci scambiammo un breve sguardo prima di cominciare a mangiare accompagnati da un silenzio confortante.
Mugolai in segno di approvazione, e a lui scappò una breve risata. "Suppongo sia di tuo gradimento Michelle": constatò con un sorrisetto compiaciuto.
"Deve essere stato eccezionale": ipotizzai io intenta ad infilzare la pasta con la forchetta.
"Stata, in realtà...": rispose malinconico versandosi un po' d'acqua dentro al bicchiere di vetro.
"E dimmi un po'... Cosa ci fa uno come te da queste parti?": mi intromisi.
"E' una storia lunga...": disse, la sua una risposta chiara nel farmi intendere di non ficcare il naso.
"Abbiamo tutto il tempo del mondo": persistetti scrutando la forma tesa che il suo corpo aveva appena assunto. Il suo un probabile tasto dolente.
Sbuffando e grattandosi la nuca in un gesto di nervosismo, sedutomi davanti cominciò a parlare : "Diciamo che la mia vita di prima non mi piaceva più, per non parlare delle pressioni alle quali ogni giorno mio padre mi sottoponeva. Ho iniziato a sentirmi soffocare in quel mondo così pacchiano, così finto... Pure quelle quattro mura di casa mia, causavano in me una sensazione di claustrofobia...".
Mentre si sfogava, potei percepire una miriade di emozioni nell'ascoltarlo. Le sue non erano semplici parole, le sue erano una silenziosa preghiera, un chiaro tentativo nel chiedere aiuto dal profondo del suo animo senza accorgersene. Una supplica per riuscire a ritrovare la tanto agognata luce, speranza rinchiusa nell'angolino più profondo e recondito del suo cuore.
Schiarendo la mia gola, tentai di cambiare discorso, rendendomi conto di essermi addentrata in qualcosa più grande di me : "Dunque di che cosa ti occupi?".
I suoi occhi a tale domanda si rischiararono : "Sono un regista... Beh, in realtà aspirante... Devi sapere che ho sempre sognato di diventare famoso quanto Hitchcock, Coppola, Scorsese, Spielberg... Il cinema è la mia vita...".
Quella scintilla comparsa nei suoi occhi, non sapevo come, eppure mi aveva intrigata. Così vicina a lui, riuscii a notare le mille sfumature di blu delle sue iridi e la sua voce calma e calda mi fecero pendere dalle sue labbra. Mentre parlava, la sua mente viaggiava sognandosi un mondo dove tutti i suoi desideri fossero diventati veri, ed io per qualche strano e malsano motivo mi dipingevo su quel canovaccio abbozzato e ancora grezzo come un diamante destinato a diventare il più luminoso. Le sue parole mi avevano talmente coinvolta che per un momento mi persi a vagare con la mia immaginazione da lungo tempo repressa.
Flynn che cosa mi stai facendo, fu il mio ultimo pensiero quella notte prima di addormentarmi tra le sue braccia possenti e tra il suo profumo a me molto familiare e al contempo non associabile a qualche mio ricordo recente.
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Yey, sono riuscita a finirlo finalmente....
Anche se, a dir la verità non mi convince molto.... Ditemi voi.
CAM.
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