Michelle
Michelle,
Michelle ma belle.
Il giorno di quel tempestoso incontro, è ancora impresso nella mia memoria.
Eravamo poco più giovani di quello che i nostri figli sarebbero stati adesso.
Io, quello stolto sognatore e tu, quella ribelle che sempre mi faceva impazzire.
Due ingenui giovani che guardandosi negli occhi si facevano la guerra e l'amore allo stesso tempo.
Michelle,
Michelle ma belle.
E la tua Honda 500 four.
Con due accelerate eri già lontana.
Appena potevi, giravi il mondo con quella moto, quella di tuo padre, la persona che adoravi di più di tutti.
Le moto, la tua passione, ancora oggi non riesco a capacitarmi come tu facessi ad esserci tanto legata.
Le moto, ciò che ha portato via la cosa a te più cara.
Eppure, non so come, forse quel fatto ti ha condotto nel mondo dei motociclisti, quello di tuo padre.
'Cafe Racer', così ti chiamavano.
Ma per spiegare il significato di questo appellativo, dobbiamo prima tornare indietro, molto indietro.
In quel giorno pioveva.
Posso ancora sentire l'odore dell'asfalto rovente di quell'estate dei lontani anni settanta, che piano piano iniziava ad inzupparsi d'acqua, riempirmi i polmoni.
Non riuscivo a comprendere cosa mi avesse portato in quel bar di una cittadina sperduta in mezzo alle montagne.
Però ero certo che quel qualcosa, mi avrebbe cambiato la vita radicalmente. Fosse stato un bene, a quel tempo non lo sapevo ancora.
Aspirante regista, quello ero. Il mio sogno, lo era stato da sempre, da quando ne avevo memoria.
Andando contro il volere di mio padre, ero partito lasciandomi una vita ricca di pregi e benessere alle spalle, per inseguire la mia passione.
Il cinema.
Il perché mi trovassi in questo posto, vi potrà sembrare strano, sinceramente lo era anche per me, ma a quel punto volevo andare avanti con le mie forze, da solo, osservando ed imparando a capire quale fosse la vita vera.
Entrando dentro a quel locale, che aveva poco a che fare con un'ambiente accogliente, mi andai a sedere nel luogo più appartato che ci potesse essere. Un tavolino nell'angolo più nascosto di quella topaia. Con un gesto meccanico spostai all'indietro i capelli color cenere che con quell'acquazzone estivo, si erano appiccicati alla mia fronte.
Guardandomi attorno, la luce soffusa celava all'occhio il lerciume del pavimento che con i piedi invece si poteva percepire. Una serie di tavolini circondava la pista da ballo, qualche coppia danzava ancora al ritmo di quella ballata che il complesso stava suonando.
Un paio di clienti seduti al balcone stavano venendo serviti da una ragazza, che dal posto in cui ero seduto, non riuscivo bene a vedere.
Un signore intorno ai trenta le si avvicinò ed iniziarono ad conversare, la ragazza sembrava quasi scocciata delle inutili avances, però continuò lo stesso a parlare.
Alzandomi da quel posto, silenziosamente mi avvicinai per udire meglio il loro scambio di battute, e come nulla fosse, mi appostai vicino al bancone cercando di non dare nell'occhio.
"Ehilà Cafe Racer, da quanto tempo! E' un piacere rivederti": disse l'uomo di fronte alla cameriera, sfoggiando un ghigno arrogante pieno di nota.
"Non posso dire lo stesso, Barnes": rispose lei servendo una birra ad un cliente.
Il soggetto in questione rise e in seguito ribatté : "Schietta... Mi piace". Intento ad osservarla, si asciugò l'angolo delle labbra bagnato con il rum che aveva appena trangugiato in un sorso.
"Tieni l'entusiasmo a bada": lo fulminò lei con un solo sguardo incenerendolo sul posto.
"Non faccio promesse che non posso mantenere...": rise di nuovo e avvicinandosi appena le sussurrò qualcosa all'orecchio che le fece corrucciare le sopracciglia in un cipiglio alquanto curioso.
La ragazza calma all'apparenza dentro stava per esplodere, ma per non lasciare trasparire la rabbia, disse allontanandosi da lui : "Tu pensa alla tua di moto, che io penso alla mia".
L'aria cominciava a saturarsi di tensione e diventando sempre più pesante, il proprietario del locale, avanzò verso di loro e con un sorriso chiese : "Ehi, che sono questi sguardi omicidi?".
"Ma niente di che... Ci stavamo solamente divertendo, non è vero Mitch?": domandò l'uomo fingendo entusiasmo.
"Si... Nei tuoi sogni": sbottò silenziosamente l'interpellata, mentre puliva il balcone dagli aloni lasciati dalle pinte di birra.
"Giù le mani dalla mia barista preferita": lo avvertì l'altro squadrandolo, facendogli ben intendere che non sarebbe più stato accolto a braccia aperte, se solo si fosse azzardato a sfiorarla con un solo dito.
"E va bene": sbuffò Barnes alzandosi per poi indirizzarsi verso la sua nuova preda che aveva appena adocchiato.
"Grazie Kurt": disse la giovane mentre il suo datore le stava dando le spalle per guardare la situazione in sala.
"E di che? Questo ed altro per te Mitch...": rispose lui rigirandosi verso di lei per ammiccarle, ma lo sguardo contrariato di lei, gli fece intuire di non avere nessuna possibilità.
"Adesso chi è che ci prova?": chiese la cameriera esasperata inchinandosi verso terra per prendere delle bottiglie nuove, per sostituirle con quelle che erano state consumate dalla clientela di quella sera.
La risata nervosa di Kurt introdusse la sua visione : "Un uomo può sempre tentare":
"Meglio prevenire che curare": intervenne lei rialzandosi per guardarlo dritto negli occhi con i suoi di un colore indecifrabile da qui, ma che per una frazione di secondo mi avevano tolto il fiato.
"Curare?": chiese interdetto finché lei si prestò a servire una coppia di giovani ragazzi con due sode.
"L'occhio nero che ti beccherai se non la smetti": disse lei con nonchalance.
"Ok, ok... Non ti disturberò più": concluse il suddetto 'Kurt' alzando le mani in segno di resa per poi dirigersi verso un uomo che avevo appena notato trovarsi all'entrata di questo piccolo bar.
Impegnata a pulire alcuni bicchieri, non si accorse del gruppo che si era seduto al bancone di fronte a lei.
"Scusi vorremmo ordinare": intervenne una voce baritonale destandola dalla precisione con cui stava asciugando il bicchiere.
"Si? Ditemi pure": fu la sua risposta mentre riponeva l'oggetto nelle sue mani verso il ripiano in alto alla sua destra.
I ragazzi si apprestarono a fare l'ordinazione e nel tempo in cui lei stava preparando i drink, uno di loro raccogliendo il coraggio si fece avanti: "Te l'hanno mai detto che sei bellissima? Ha due labbra stupende, per non parlare dei tuoi occhi castani, profondi e deliziosi come il cioccolato".
La giovane alla confessione rise e con tutto il tempo immaginabile che si prese a pensare ad una risposta sensata, infine disse : "Sai... A due isolati da qui si trova un'oculista; ti consiglio di andarci".
Un coro di OOOO... riempì la sala e uno di loro parlò : "Uhhhh... Ti sei trovato proprio una tosta".
Decidendo di mettermi allo scoperto e facendo qualche passo in più, dissi poi di fronte al ragazzo : "Sarà per un'altra volta, amico". Lasciando una pacca sulla spalla di costui poi, mi avvicinai alla ragazza intenta ad ascoltare senza fiatare.
"E sentiamo, perché?": domandò il giovane irrequieto con uno sguardo di sfida, innervosito dal fatto di essere stato appena respinto.
"Beh... Il colore dei suoi occhi è molto particolare. I suoi occhi sono selvaggi, silvani, rappresentano a pieno il suo spirito indomabile, ma allo stesso tempo traspare sicurezza da loro e anche malinconia, tristezza, malessere, sofferenza, dolore... Magari la perdita di qualcuno ha causato tutto questo, li ha incupiti, spenti. Ecco perché all'apparenza sembrano castani, un gran eufemismo se volete la mia": dissi io che con un solo sguardo, scrutando per bene le sue iridi, ero riuscito a capire così tante cose di lei.
Mandando giù il groppo che le era salito fino alla gola la ragazza parlò : "Se hai finito con la psicanalisi, puoi ordinare, oppure tornare dal buco da cui sei apparso. Non abbiamo bisogno di perditempo o di piantagrane".
"A quanto pare ha rifiutato pure te, amico": disse l'altro soffocando una risata.
"Non ho bisogno di una come lei": constatai io a mia volta con una risata di scherno, passando una mano tra i miei capelli umidicci.
A questo punto, non potendone più decise di intervenire : " La lei di cui stai parlando, ha un nome!".
"E sarebbe?": chiesi fingendo noncuranza quando invece la curiosità mi stava divorando dall'interno.
"Michelle, il mio nome è Michelle": rispose lei tuffandosi nel mio blu che evidentemente l'aveva catturata da una manciata di minuti.
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Salve, finalmente, ecco a voi il primo capitolo.
L'incontro tra questi due eh........ ahahahahah
Ditemi come sempre i vostri pareri.
CAM.
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