Project-X
Cady andò da Seth alle due e mezza.
Avevano fatto gran parte del lavoro in classe, mancava una relazione sensata da scrivere e un'immagine rappresentativa da stampare.
- Sei in ritardo di mezz'ora. - protestò Seth sulla porta.
Cady ridacchiò.
- Ho avuto un piccolo impegno... - si giustificò.
- Un impegno molto lungo.
- Fammi entrare, fesso. - lo liquidò.
Seth la fece entrare, poi si rese conto di quello che aveva detto.
- Mi hai chiamato fesso! - protestò.
- Zitto, sfigato. Dove lavoriamo?
Seth sbuffò sonoramente.
- Preferisci in sala da pranzo o di sopra in camera mia?
Cady si guardò in giro. Le pareti si alternavano fra verde acqua, lilla e bianco. Erano tutti colori che a Cady piacevano molto. L'arredamento stava sui toni del caffelatte per i divani e del legno chiaro per i mobili. Al centro del tavolo della sala da pranzo c'era un vaso di tulipani gialli. A differenza di molte ragazze che amavano le rose o i girasoli, lei amava i tulipani. Rossi, gialli, screziati... Erano sempre bellissimi per lei.
Se il salotto, cui seguiva la sala da pranzo, era a destra della porta d'ingresso, la cucina stava a sinistra.
L'intero ambiente era aperto, senza porte. Il bancone in marmo separava la cucina dallo spazio circostante, che dava un'idea di ampiezza e luminosità. Il parquet scuro creava uno splendido contrasto con la chiarezza della casa e Cady apprezzò il buon gusto di chi l'avesse arredata.
Di fronte alla porta d'ingresso, in fondo, c'era una porta che dava sul retro.
Cady e Seth salirono le scale affianco alla cucina.
Il piano di sopra era uno spazio quasi quadrato, con due porte a destra delle scale e due a sinistra.
- Qua a destra ci sono camera mia e il bagno. Da quest'altra parte ci sono la camera di mia madre e una stanza per gli ospiti. - spiegò Seth.
- Vivi solo con tua madre? - chiese Cady.
Non voleva chiedere direttamente cosa fosse successo a suo padre. Forse sarebbe risultato troppo diretto e indiscreto.
Qualcosa le disse che non era in buoni rapporti col padre. La piega che assunse il suo viso fu una lieve conferma.
- Mio padre è un marine. Ha scelto di esserlo, abbandonando mia madre e me a noi stessi. - rispose Seth.
Cady sentì una vanga scavare uno strato più a fondo dentro di sé. Si liberò in lei una strana cosa che aleggiava leggera... Al sapore di bontà.
Non era felice di aver scoperto quella parte di sé stessa, ma nemmeno triste. Era solo sorpresa.
Per distrarsi, Cady guardò la camera di Seth.
Era estremamente semplice, quasi anonima. Un letto posto al centro con lenzuola blu, una scrivania coordinata all'armadio in legno dipinto di bianco, una sedia rossa e vari libri sparsi.
Le pareti erano intatte, sul comodino c'era solo la sveglia e una cornice minuscola.
Cady si avvicinò e la prese in mano. Era un gattino bianco.
Improvvisamente sentì un altro po' di quella cosa strana invaderle il corpo.
Rimise l'oggetto al suo posto.
Prima di uscire, vide un pallone da pallacanestro all'angolo.
- Il gatto della foto era tuo?
- Lo è ancora. - sorrise Seth.
Si alzò e andò a prendere il gatto dall'esterno.
- Ecco Phil. - le disse, accarezzando il gattino tra le sue braccia.
Cady provò a sfiorarlo con due dita. Era... Peloso.
Ritrasse la mano, ma il gattino non parve contento. Alzò la testolina verso Cady.
- Credo che tu gli piaccia. - sorrise Seth.
Cady guardò i tulipani sul tavolo.
- Dobbiamo lavorare. Ci sarà tempo dopo per Phil. - disse Cady, cercando di riacquistare freddezza.
La freddezza era l'unica che le permetteva di pensare con criterio, senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni del momento.
- Hai ragione, lo riporto fuori. - acconsentì Seth, seppur un po' dispiaciuto.
Seth era molto affezionato a questo gattino. Lo aveva cresciuto, lo aveva istruito, lo aveva assistito.
- Io seguirei lo schema principale delle relazioni della Blake. - disse Cady.
Seth annuì.
Scrissero la relazione, poi tornarono in camera di Seth per stampare la foto da allegare.
A lavoro finito, Seth si offrì di accompagnare a casa Cady.
Lei gli sorrise e accettò. Poi ripensò a tutti i sorrisi che aveva sprecato con Jack. Il respiro si fece affannato, il cuore accelerò.
Chiuse gli occhi.
Quando li riaprì trovò gli occhi scuri di Seth a osservarla confuso.
A volte, pensò, è meglio non capire.
***
Max rollava la scarpa sui sassolini, annoiato.
Chiamò Ray per la quinta volta.
- Cristo, Max! Non ho il cellulare attaccato al culo, calmati! - attaccò Ray.
- Dove sei? - domandò Max.
- A scopare tua sorella. A casa, no? Pezzo di cretino.
- Sei sicuro di non avere il ciclo, amico? Sei peggio di Lexi, Gesù.
- Scommetto che sei in giro come un cane a fare un cazzo. Sbaglio?
- Dai, muovi quel culo flaccido da settantenne che ti ritrovi e vieni al parco. - ribatté Max.
- Arrivo, deficiente.
Max gli chiuse il telefono in faccia.
Come previsto, Ray lo richiamò. Max non gli rispose.
Passarono alcuni minuti in cui il nulla più assoluto dominava.
Max rifletté sul piano di Seth. Un alone scuro veleggiava sulla faccenda. Max non sapeva dire cosa significasse questa strana sensazione. Sapeva solo di avere ragione: niente sarebbe andato come Seth aveva pianificato.
- Che fai? - chiese Ray guardando Max.
- Niente. Secondo te funzionerà il piano di Seth?
- Penso di sì. Perché?
- C'è qualcosa che non quadra. Qualcosa di cui non abbiamo tenuto conto...
Max camminava nervosamente.
Poi, come un improvviso lampo di genio, capì.
- Cady.
- Che? - domandò Ray perplesso.
- Cady. Ma certo... Come ho fatto a non accorgermene prima? Lei è la nostra incognita. - disse Max, sentendosi un po' più tranquillo.
- Non capisco di cosa parli. Spieghi qualcosa anche a me? - disse Ray.
- Cady Wharton è la nostra incognita, Ray. È lei che ci sta ostacolando, ed è lei l'unica che potrà tornarci utile. - spiegò Max.
Ray aveva una faccia più confusa di prima.
- Ce l'hai un cervello?
- Sì... - sussurrò Ray.
- Allora connettilo, demente!
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